Ancora una pronuncia sul deposito del reclamo cautelare: analogico o telematico?
20 Dicembre 2016
Massima
Il reclamo avverso il provvedimento cautelare non introduce un nuovo e diverso giudizio, bensì una ulteriore ed eventuale fase, dinanzi al collegio, facente parte integrante dell'unitario procedimento cautelare già instaurato dinanzi al primo giudice; esso, pertanto, non veicolando la costituzione della parte in giudizio, è da ritenersi assoggettato all'obbligo di deposito telematico. Non è ammissibile, in caso di deposito in forma analogica del reclamo avverso il provvedimento cautelare, la sanatoria della nullità per vizio di forma in base al principio del raggiungimento dello scopo, in quanto il principio di libertà delle forme si riferisce alla forma degli atti processuali e non alle modalità di trasmissione all'ufficio degli stessi. La cancelleria è tenuta a non ricevere ed, anzi, a rifiutare il deposito in forma cartacea degli atti processuali delle parti già costituite, salve le eccezioni di cui ai commi 8 e 9 dell'art. 16-bis d.l. n. 179/2012.
Il caso
L'ordinanza in commento si pronuncia sul tema, ampiamente discusso, delle modalità da seguire per il deposito di un reclamo avverso un provvedimento cautelare, fattispecie che costituisce un tipico esempio per comprendere quanto siano inadeguati i parametri normativi fissati per delimitare l'obbligo di deposito telematico nel processo civile. Nel caso in esame, il reclamante ha depositato con modalità cartacea un ricorso per reclamo avverso un provvedimento emesso ex art. 669-duodecies c.p.c. e – per quanto qui interessa – la parte resistente ha eccepito la nullità assoluta e/o l'inesistenza del reclamo in quanto depositato senza seguire la modalità di deposito telematica sancita dall'art. 16-bis, comma 1, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179. Il Tribunale di Locri, allineandosi ad un orientamento già diffuso in giurisprudenza, ha accolto l'eccezione e dichiarato nullo il reclamo, pur prendendo atto del fatto incontestabile che l'impugnativa aveva comunque consentito l'instaurazione del contraddittorio, tant'è che la parte resistente si era tempestivamente costituita nel processo. La questione
Si tratta quindi di una delle tante decisioni di merito, pronunciata con ordinanza, in cui il giudice si è trovato a dover stabilire le sorti di un deposito cartaceo di un atto per cui non è facile stabilire se possa essere qualificato come un atto con cui la parte si costituisce nel giudizio, vista la già avvenuta costituzione della medesima parte nella precedente fase conclusasi con il provvedimento che con il reclamo si impugna. Come ben noto le scelte legislative che hanno individuato nella circostanza che il difensore della parte sia già costituito nel giudizio il presupposto per l'obbligatorietà del deposito telematico hanno determinato molteplici incertezze e – almeno sino all'introduzione del comma 1-bis dell'art. 16-bis, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 – anche gravi conseguenze pratiche. Con l'introduzione del citato comma 1-bis – quantomeno nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione – il deposito telematico è sempre valido, mentre resta salvo il deposito analogico dell'atto depositato dal difensore della parte non ancora costituita e tale si riteneva evidentemente la reclamante del provvedimento in esame, diversamente da come stabilirà poi il giudicante. Partendo dal presupposto processuale da cui scaturisce la scelta della modalità di deposito, va subito registrato un persistente contrasto sia in dottrina sia in giurisprudenza circa la natura, endoprocessuale o introduttiva, del reclamo avverso il provvedimento cautelare, dibattito che discende dalla qualificazione della fase che viene introdotta dal reclamo, da intendersi come semplice prosecuzione del medesimo procedimento cautelare già introdotto ovvero come nuovo procedimento di impugnazione. Nel caso di specie, individuato nel reclamo lo strumento idoneo ad impugnare un provvedimento del giudice dell'attuazione che «nel determinare il quomodo dell'esecuzione, ne modifichi, secondo la prospettazione del ricorrente, il contenuto in senso quantitativo», il Tribunale di Locri rappresenta il primo nodo da sciogliere: occorre stabilire se la fase procedimentale successiva alla prima sia o meno una mera prosecuzione dell'unico giudizio instaurato con il primo ricorso e quindi la costituzione originariamente effettuata dalle parti nella prima fase continui a spiegare effetti oppure se, all'opposto, intervenga una nuova costituzione delle parti. Risolta la prima questione – prosegue il giudicante – occorrerà poi stabilire quale conseguenze produce il deposito effettuato con modalità diverse da quelle previste, alla luce dei principi del raggiungimento dello scopo e della libertà delle forme, principi che spesso hanno “rimesso in gioco”, anche in un'ottica di giustizia sostanziale, atti depositati in modo formalmente errato. Le soluzioni giuridiche
Quanto al primo punto, sono molteplici gli argomenti individuati dal Tribunale di Locri per qualificare la fase del reclamo come “prosecutoria” di un medesimo procedimento: 1) la natura unitaria del procedimento cautelare e dell'eventuale fase del reclamo; 2) la caratteristica, propria del reclamo, di strumento pienamente devolutivo e ad efficacia sostitutiva della pronuncia resa in primo grado cautelare; 3) l'impossibilità – invero non pacifica – di applicare l'art. 342 c.p.c. al reclamo in ordine all'esigenza di delimitare il thema decidendum; 4) la ritenuta validità della procura conferita con il ricorso cautelare “per il presente procedimento” anche per la fase di reclamo. Condivisa la natura “prosecutoria” del reclamo, il giudicante afferma che per tale atto non esiste altra forma di deposito se non quella telematica e quindi «nel rispetto della normativa concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici». Giunto a tale conclusione viene affrontato il secondo nodo da dirimere: atteso che l'atto è stato depositato seguendo una modalità non prevista (quella analogica), è possibile ritenerlo comunque ammissibile? La risposta del Tribunale di Locri è negativa e si colloca in un orientamento più rigoroso già seguito dalla giurisprudenza (Trib. Torino, ord. 6 marzo 2015; Trib. Foggia, ord. 15 maggio 2015; Trib. Vasto, ord. 15 aprile 2016; Trib. L'Aquila, 14 luglio 2016). Non possono infatti soccorrere il principio di libertà delle forme, che si riferisce appunto alla forma degli atti processuali (quale sarebbe ad esempio quella stabilita dalle specifiche tecniche di redazione degli atti) e non alle modalità della loro trasmissione, o il principio del raggiungimento dello scopo, in quanto lo scopo dell'atto telematico non è soltanto creare il contatto tra l'ufficio giudiziario ed il depositante ed instaurare il contraddittorio, bensì (a) veicolare le richieste di parte con uno strumento dematerializzato e decentralizzato che consente un più immediato ed agevole accesso agli atti ed al loro contenuto e (b) consentire uno scambio di dati più rapido ed efficiente in ossequio ai principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo. Può essere interessante osservare che la teoria dello “scopo dell'atto telematico” – che limita l'operatività del principio del raggiungimento dello scopo nell'ambito del processo civile telematico – è stata seguita anche dalla giurisprudenza più rigorosa che ha dichiarato inammissibili gli atti formati su documento pdf risultato di scansione e quindi avente testo non suscettibile di essere acquisito direttamente (v. ad es. Trib. Roma, ord., 13 luglio 2014; Trib. Livorno, 25 luglio 2014). L'atto non ha raggiunto il suo scopo e quindi, anche senza necessità di qualificarlo inesistente (impostazione seguita ad es. da Trib. Vasto, ord. 15 aprile 2016, ma anche da Trib. Torino, ord. 6 marzo 2015), è nullo e la sua nullità non può dirsi sanata ai sensi e per gli effetti dell'art. 156, comma 2, c.p.c.. Va infine evidenziato che il provvedimento in commento ha altresì ritenuto che la cancelleria «è tenuta a non ricevere (ed, anzi, a rifiutare) il deposito in forma cartacea degli atti processuali delle parti già costituite», senza tuttavia tener conto che non è affatto questione pacifica stabilire se la parte è già costituita, o meno, nel procedimento, come dimostra il contrasto interpretativo di cui si è dato atto poc'anzi, sicché attribuire al personale di cancelleria il compito di svolgere una tale valutazione non pare una scelta appropriata. Osservazioni
Il rigore seguito dalla decisione in commento avrà senz'altro riscosso opinioni negative ed in effetti si trova in contrasto con altre pronunce, anche del medesimo periodo, che pur individuando nel reclamo avverso il provvedimento cautelare un atto che non veicola la costituzione della parte – la quale è a tutti gli effetti già costituita con l'atto depositato nella prima fase cautelare – non hanno sanzionato con la nullità insanabile il deposito analogico del reclamo, ritenendo di poter “perdonare” in ogni caso il deposito cartaceo di un atto soggetto all'obbligo di deposito telematico sia in forza del principio di libertà delle forme, sia in virtù dell'art. 156, comma 2, c.p.c., criteri evidentemente interpretati in modo diverso e più ampio rispetto all'esegesi seguita dal Tribunale di Locri. Pur apprezzando, in un'ottica di giustizia sostanziale, l'impostazione seguita dalla giurisprudenza da ultima richiamata, occorre tuttavia dare atto che una soluzione difforme da quella adottata nell'ordinanza in commento, che quindi vada ad ampliare i principi di libertà delle forme e di raggiungimento dello scopo scavalcando di fatto l'obbligo del deposito telematico, consentirebbe il deposito di atti in formato cartaceo in modo del tutto indiscriminato e non soltanto nei casi dubbi come quello del reclamo cautelare, così vanificando gravemente il cammino del legislatore verso la integrale telematizzazione del processo civile. |