Le conseguenze processuali del deposito telematico a cura della parte non precedentemente costituita

19 Ottobre 2015

Anche in assenza del decreto dirigenziale previsto dalla normativa in tema di PCT, deve essere ritenuta ammissibile la comparsa di costituzione e risposta depositata telematicamente, non essendo prevista alcuna sanzione di inammissibilità per tale forma di deposito.
Massima

Anche in assenza del decreto dirigenziale previsto dalla normativa in tema di PCT, deve essere ritenuta ammissibile la comparsa di costituzione e risposta depositata telematicamente, non essendo prevista alcuna sanzione di inammissibilità per tale forma di deposito, sicché spetta al Giudice verificare l'idoneità del deposito al raggiungimento dello scopo, secondo il principio generale di libertà di forma di cui all'art. 121 c.p.c., e secondo il principio di raggiungimento dello scopo di cui all'art. 156 c.p.c..

Il caso

In un giudizio introdotto il 19 dicembre 2014, ai sensi dell'art. 700 c.p.c., la società garante del convenuto – a sua volta convenuta - ha eccepito, rispetto all'atto di costituzione dello stesso, l'irritualità del deposito telematico, poiché si trattava di un atto non compreso tra quelli elencati nel decreto emesso dal Direttore del

DGSIA

, ai sensi dell'art. 35 comma 1 d.m. Giustizia n. 44/2011, per il Tribunale di Roma.

Il Tribunale, per la parte che qui interessa, ha rigettato tale eccezione, operando alcune interessanti puntualizzazioni.

La questione

La questione controversa, in sostanza, si incentra nella individuazione delle conseguenze processuali, in caso di deposito del primo atto difensivo a cura della parte non precedentemente costituita, con la forma telematica. Si tratta in altre parole di comprendere se tale forma di deposito possa essere sanzionata, sul presupposto della sua irritualità, ovvero se sia priva di conseguenze processuali.

E si tratta poi di comprendere se la decisione possa essere influenzata dal contenuto del decreto emesso dal Direttore del

DGSIA

, ai sensi dell'art. 35 d.m. n. 44/2011, il quale subordinava l'attivazione della trasmissione dei documenti informatici, da parte dei soggetti abilitati esterni, alla emanazione di un decreto che accertasse l'installazione e l'idoneità delle attrezzature informatiche, unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici nel singolo ufficio.

Le soluzioni giuridiche

La giurisprudenza ha raggiunto soluzioni contrastanti.

Nel senso della inammissibilità, quando il decreto Dirigenziale di cui all'art. 35 d.m. n. 44/2011, non avesse previsto gli atti di costituzione tra quelli suscettibili di invio telematico, e sul presupposto che in tal caso l'invio sarebbe avvenuto mediante uno strumento di comunicazione privo di valore legale, si è pronunciato il Trib. Padova, 1 settembre 2014, che pure aveva sostenuto che l'obbligo dell'invio con modalità telematiche degli atti endoprocedimentali non escludesse che tali modalità fossero adottate anche con riferimento agli atti introduttivi di attore e convenuto, purché però non vi ostasse – per l'appunto - il decreto dirigenziale.

Ha a sua volta sostenuto la inammissibilità della costituzione con modalità telematiche il Trib. Foggia 10 aprile 2014, ancora una volta sulla base del richiamo al decreto dirigenziale, che aveva anche in quel caso autorizzato il deposito di atti telematici con valore legale, da parte di soggetti esterni al Tribunale di Foggia, a far data dal 15 gennaio 2014, per i soli atti endoprocessuali.

Ancora nel senso della inammissibilità Trib. Torino, 15 luglio 2014, nel caso di un ricorso ai sensi dell'art. 702-bis c.p.c. depositato in via telematica, sul presupposto per il quale nessuna norma dell'ordinamento processuale avrebbe potuto consentire il deposito in forma telematica dell'atto introduttivo del giudizio, dal momento che l'art. 16-bis d.l. n. 179/2012 consentiva tale modalità di deposito esclusivamente per gli atti processuali delle parti già costituite.

Ha invece ritenuto che il deposito telematico, ove integrato dal rituale deposito dell'atto nelle forme previste, costituisse una mera irregolarità, suscettibile di sanatoria, ed ha ordinato il deposito in cancelleria dell'originale dell'atto, con tutti i documenti ad esso allegati, in un termine assegnato, la decisione del Trib. Latina, 15 giugno 2015.

Nel senso invece della ammissibilità della costituzione telematica, oltre alla decisione qui in commento, anche Trib. Roma, 12 gennaio 2015, che ha ritenuto irrilevante la mancanza del decreto dirigenziale previsto dall'art. 35 d.m. n. 44/2011, e ha qualificato il deposito telematico quale mera deviazione dallo schema legale, da valutare alla stregua di una semplice irregolarità, non essendo prevista dalla legge una nullità in correlazione a tale tipo di vizio. Analogamente Trib. Genova, sez. Lav., 1 dicembre 2014 e Trib. Milano, 7 ottobre 2014, che ha escluso rilievo al decreto dirigenziale del

DGSIA

, e ha valorizzato i principi di cui agli artt. 121 e 156 c.p.c., oltre che i generali principi dettati dal codice dell'amministrazione digitale, artt. 20, 21 e 45 CAD.

Osservazioni

Il profilo problematico, è bene dirlo subito, è da ultimo sostanzialmente venuto meno, almeno per il periodo successivo alla entrata in vigore della recente modifica normativa, intervenuta sull'art. 16-bis d.l. n. 179/2012 (conv. in l. n. 221/2012) –anche se la questione continuerà ad essere centrale in tutti quei procedimenti nei quali i depositi telematici siano avvenuti prima della richiamata modifica.

Ed infatti, se in precedenza la norma si limitava a stabilire che il deposito degli atti, da parte di chi fosse già costituito, dovesse avvenire “esclusivamente” con modalità telematiche, senza nulla stabilire in relazione al deposito del primo atto difensivo, la modifica normativa (attuata con l'introduzione, nell'art. 16-bis, del comma 1-bis, da parte del d.l. n. 83/2015 - conv. in l. n. 132/2015), consente ora espressamente il deposito telematico anche degli atti diversi da quelli endo-processuali (e quindi anche dei primi atti difensivi, di costituzione).

Per gli atti di costituzione depositati in via telematica, nel periodo precedente rispetto alla recente modifica, la diversità di orientamenti si giustificava, e continuerà a proporsi, proprio sulla base di ciò, che la norma prevedeva il deposito telematico degli atti endo-processuali, e nulla disponeva per gli atti di costituzione.

Le varie soluzioni raggiunte sono state motivate su alcuni dati normativi.

Sotto un primo profilo, e per la tesi contraria, si è valorizzato il decreto dirigenziale del

DGSIA

, previsto dall'art. 35 d.m. n. 44/2011. Questa norma stabiliva che l'attivazione della trasmissione dei documenti informatici, verso l'Ufficio Giudiziario, dovesse essere preceduta proprio dal decreto del

DGSIA

, che avrebbe dovuto accertare l'installazione e l'idoneità delle attrezzature informatiche, unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici nel singolo ufficio. Come si vede, si trattava della verifica di funzionalità delle strutture tecniche degli Uffici Giudiziari. E tuttavia, è accaduto che il decreto dirigenziale stabilisse, almeno in alcuni casi, anche una indicazione di quali atti potessero essere depositati in via telematica (ad esempio, nel caso del Tribunale di Padova, per il quale era previsto che dal 3 giugno 2014 fosse attiva la trasmissione esclusivamente per le comparse conclusionali e le memorie di replica, per le memorie autorizzate dal giudice, e per lo scambio delle memorie ai sensi dell'art. 183 c.p.c.).

Ciò nonostante, varie decisioni hanno ritenuto che il decreto dirigenziale del DGSIA avesse la funzione di attribuire valore legale alla trasmissione degli atti in via telematica, sicché ove fosse venuto all'attenzione un atto, non compreso tra quelli autorizzati dal

DGSIA

, la trasmissione telematica non sarebbe stata giuridicamente ammissibile, ancorché tecnicamente possibile.

E tuttavia, in senso contrario si è valorizzata in primo luogo l'irrilevanza del decreto dirigenziale, in vista della ritualità del deposito telematico. Ciò è stato fatto sotto il profilo giuridico, nel senso che si è escluso che la validità del deposito telematico potesse essere condizionata non da un atto normativo, bensì da un atto amministrativo, quale era in sostanza il decreto dirigenziale del

DGSIA

. Si tratta di una osservazione che appare del tutto condivisibile, non solo per la ragione appena richiamata, ma anche perché –sempre ad una analisi condotta sul piano delle fonti- la norma che prevedeva tale decreto, ancorché costituita da un d.m., non stabiliva che il decreto dirigenziale distinguesse tra atti suscettibili di invio telematico, e atti non suscettibili di tale tipologia di invio. La norma si limitava a demandare, a tale fase tecnica, la sola verifica dell'installazione e della idoneità delle attrezzature informatiche, unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici nel singolo ufficio, sicché qualunque indicazione ulteriore (come per l'appunto l'elenco degli atti ammessi) ben poteva essere intesa, sotto il profilo processuale, priva di copertura normativa. Ma anche sotto il profilo tecnico, la limitazione contenuta nei decreti dirigenziali non appariva del tutto condivisibile, posto che essa non permetteva di comprendere il motivo per il quale un dato Ufficio potesse essere ritenuto tecnicamente idoneo a ricevere una memoria conclusionale, e non un atto di costituzione.

Di conseguenza, quando il deposito telematico dell'atto di costituzione fosse andato a buon fine, e fosse giunto all'attenzione della Cancelleria, e quindi del Giudice, la soluzione processuale doveva (e dovrà) necessariamente essere ricercata in altri riferimenti normativi.

Tra questi, in primo luogo quello di libertà delle forme (art. 121 c.p.c.), soprattutto in relazione alla considerazione per la quale la forma non potrebbe essere intesa come avulsa dal contesto processuale nel quale un dato atto si inserisce, ma dovrebbe essere esaminata e valutata quale mero strumento, funzionale al raggiungimento dello scopo processuale dell'atto. Nella specie, che gli atti –anche di chi non fosse già costituito- non richiedessero una forma obbligata, era dato che emergeva dalla stessa lettura della norma.

In secondo luogo proprio il principio del raggiungimento dello scopo (art. 156 c.p.c.), da intendere come uno dei principi fondamentali del processo, laddove impone di valutare le forme degli atti secondo la loro idoneità al raggiungimento dello scopo degli atti stessi.

Infine, ma non meno importante, il dato normativo, generale, previsto dall'art. 45 del codice dell'amministrazione digitale (art. 45 d.lgs. n. 82/2005), secondo il quale i documenti trasmessi da chiunque ad una pubblica amministrazione, con qualsiasi mezzo telematico o informatico, idoneo ad accertarne la fonte di provenienza, soddisfano il requisito della forma scritta e la loro trasmissione non deve essere seguita da quella del documento originale.

D'altra parte, e valorizzando il dato della giurisprudenza che si è occupata delle modalità di deposito degli atti di costituzione inviati a mezzo posta, non potrebbe farsi a meno di richiamare Cass., S.U., n.5160/2009 (ma in senso conforme, da ultimo, Cass. civ.,sez. I, 17 giugno 2015, n. 12509), a conforto delle conclusioni alle quali è giunta anche la decisione in commento (pur se, anche in questo caso, in senso contrario Cass. civ.,sez. III, 21 maggio 2013, n. 12391).

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