La notificazione telematica dell'avvocato in assenza di normativa regolamentare disciplinatrice
26 Ottobre 2015
Massima
La concreta applicabilità ed utilizzabilità della norma dell'art. 3-bis l. n. 53/1994 (introdotta dall'art. 16-quater d.l. n. 179/2012, convertito, con modificazioni, nella l. n. 221/2012 ed introdotto nel detto d.l. dall'art. 1, comma 19, l. n. 228/2012) si è verificata soltanto a far tempo dal 15 maggio 2014, data di efficacia delle norme regolamentari cui allude il comma 1 della norma (norme introdotte con il provvedimento 16 aprile 2014 del responsabile per i sistemi informativi automatizzati della DGSIA). Una notificazione eseguita dall'avvocato ai sensi dell'art. 3-bis anteriormente alla data del 15 maggio 2014 si doveva, dunque, reputare nulla e tale da giustificare, in mancanza di costituzione del convenuto, un ordine di rinnovo della notificazione. Il caso
All'esito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto per il pagamento relativo ad un contratto di appalto il Tribunale di Terni, accogliendo l'eccezione di patto compromissorio sollevata dall'opponente, aveva declinato la propria competenza a favore di quella degli arbitri e, conseguentemente, aveva revocato il decreto ingiuntivo emesso. Avverso quella sentenza il creditore opposto aveva proposto regolamento di competenza alla Corte di Cassazione con un ricorso notificato alla controparte in proprio dall'avvocato difensore tramite posta elettronica certificata. Il giudizio di cassazione si svolgeva in assenza di attività difensiva della parte intimata e con la richiesta del Pubblico Ministero di dichiarare inammissibile il ricorso poiché la clausola compromissoria prevista dal contratto prevedeva un arbitrato irrituale e che, quindi, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione non sarebbe ammissibile il regolamento di competenza avverso la sentenza che declina la competenza del giudice a favore di quella degli arbitri. La Corte, tuttavia, in via preliminare si pone d'ufficio la questione relativa alla regolarità della notifica effettuata, in data 14 maggio 2014, direttamente dall'avvocato alla parte intimata a mezzo posta elettronica certificata avvalendosi di quanto previsto dall'art. 3-bis,comma 2, l. 21 gennaio 1994, n. 53. Più in particolare, l'avvocato aveva provveduto a notificare a mezzo posta elettronica certificata a entrambi gli avvocati costituiti della parte intimata una copia informatica dichiarata conforme, ai sensi dell'art. 22 d.lgs. n. 82/2005,all'originale cartaceo avvalendosi della facoltà prevista dalla l. n. 53/1994 e avendo dato conto, nella relazione di notificazione, dell'autorizzazione rilasciata all'avvocato ad avvalersi delle notifiche in proprio dall'Ordine di appartenenza. Nessun dubbio, poi, sulla circostanza che le notificazioni fossero “andate a buon fine” dal momento che la notificazioni risultavano perfezionate come risultava «dalle ricevute di avvenuta consegna telematica, corredate dalla prescritta indicazione specifica del contenuto della trasmissione, identificato nel ricorso per regolamento di competenza e nella relata di notificazione». Orbene, l'art. 3-bis l. n. 53/1994, nel testo vigente a quel momento, prevedeva che «la notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all'indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici». Quelle notificazioni - questo il punto critico rilevato dalla Suprema Corte - erano state effettuate il giorno 14 maggio 2014 e cioè in un momento in cui «già era stato emanato il Provvedimento del 16 aprile 2014 del responsabile per i sistemi informativi automatizzati della direzione generale per i sistemi informativi automatizzati». Senonché, quel Provvedimento non era ancora in vigore dal momento che la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale avvenne il 30 aprile 2014 e la sua entrata in vigore, in base all'art. 31 del medesimo Provvedimento, il 15 maggio 2014. Ecco allora che la normativa applicabile a quella notificazione era quella prevista dal combinato disposto dell'art. 3-bis l. n. 53/1994 (che rinviava alla «normativa anche regolamentare») e l'art. 18, comma 1 d.m. 21 febbraio 2011, n. 44 (e, cioè, la normativa, per l'appunto, «regolamentare») secondo cui «l'avvocato che procede alla notificazione con modalità telematica ai sensi dell'art. 3-bis l. 21 gennaio 1994, n. 53, allega al messaggio di posta elettronica certificata documenti informatici o copie informatiche, anche per immagine, di documenti analogici privi di elementi attivi e redatti nei formati consentiti dalle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell'articolo 34». Ma le “specifiche tecniche” previste dall'art. 18 d.m. n. 44/2011 vennero, sì emanate (con il Provvedimento del Ministero della Giustizia del 18 luglio 2011 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 29 luglio 2011), ma non avevano previsto nulla con riferimento alle notificazioni in via telematica da farsi dagli avvocati ai sensi dell'art. 18 d.m. n. 44/2011. La questione
La questione che si è, quindi, posta la Suprema Corte è stata quella di sapere se le notificazioni effettuate direttamente dall'avvocato a norma dell'art. 3-bis l. n. 53/1994 in un contesto normativo privo delle “specifiche tecniche” richiamate dalla stessa norma legittimante le notificazioni in proprio fossero valide oppure no. Le soluzioni giuridiche
La Suprema Corte, dopo aver ricostruito il complesso quadro normativo derivante dalla successione di interventi anche di fonti diverse, ha ritenuto che, in quel momento, «la concreta possibilità dell'effettivo decollo della nuova disciplina o almeno di un decollo applicativo formalmente legittimo, venne a dipendere sempre da quella che il comma 1 dell'art. 3-bis chiama normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, trasmissione e ricezione dei documenti informatici. E ciò, si badi, anche per l'ipotesi regolata dal comma 2, atteso che pure nel suo caso rileva la sottoscrizione, trasmissione e ricezione, cui allude il comma 1, dato che la norma si occupa del modo di estrazione del documento informatico da un documento cartaceo». Tuttavia, in quel momento l'unica norma regolamentare vigente era il d.m. n. 44/2011 che non si riferiva in alcun modo all'ipotesi della notificazione eseguita dall'avvocato: ne deriva che la situazione era, all'epoca, «di mancanza di normativa regolamentare disciplinatrice». Ecco allora che l'unica conclusione possibile è che «fino a quando non fosse avvenuta l'emanazione della normativa regolamentare, l'art. 3-bis risultava in realtà una norma inapplicabile per la mancanza della normativa regolamentare». Per la Suprema Corte l'art. 3-bis l. n. 53/1994, quindi, è divenuto concretamente applicabile soltanto a partire dal 15 maggio 2014 quando è entrato in vigore il Provvedimento del 16 aprile 2014. Affermare, diversamente, che il potere dell'avvocato di procedere alla notificazione sussistesse a prescindere dalla mancanza delle norme regolamentari avrebbe «significato applicare la norma sopprimendo il chiaro valore della prescrizione circa l'osservanza delle norme regolamentari non ancora emanate, la quale sottointendeva proprio la volontà del legislatore di subordinare l'efficacia dalla loro emanazione». Ma la conseguenza non è l'inesistenza della notificazione eseguita, bensì soltanto la sua nullità con conseguente potere del giudice (ove necessario) di disporre la rinnovazione della notificazione nulla. Ed infatti, «una notificazione come quella in esame, pur non avendo avuto il legale che l'ha eseguita il potere di effettuarla legittimamente, mancando tale potere solo per l'assenza di una normativa regolamentare e tra l'altro tecnica, non può considerarsi affetta da un tale scostamento dal modello legale da essere affetta da inesistenza». Osservazioni
Orbene, il tema del rispetto della normativa anche regolamentare che disciplina aspetti tecnici è divenuta sempre più fondamentale sia con riferimento, in generale, all'uso delle tecnologie (mi riferisco, ad esempio, all'efficacia probatoria dei documenti informatici), sia con riferimento, per quel che più interessa in questa sede, al processo civile telematico e alle notificazioni che, del processo telematico, rappresentano un importante tassello. Quella normativa regolamentare e tecnica, il cui rispetto sempre più spesso la normativa primaria richiede, pone una serie di interrogativi di fondamentale importanza sia per la teoria generale della nullità degli atti processuali sia, soprattutto, per chi quotidianamente deve applicare le norme processuali come integrate dalle norme tecniche. Ecco allora che, nel caso di specie, la soluzione adottata dalla Corte di Cassazione merita condivisione in quanto, correttamente, ha riconosciuto che la notificazione eseguita dall'avvocato ai sensi dell'art. 3-bis in assenza della normativa tecnica che completa la normativa primaria (che pure prevedeva quella facoltà) non deve essere inquadrata nello schema della inesistenza della notificazione, bensì in quello della nullità in quanto il modello legale (e, cioè, la notificazione in proprio dell'avvocato) esisteva ma non era completato dalla normativa regolamentare e tecnica. Dall'inquadramento in termini di nullità deriva, ovviamente, non soltanto la possibilità di disporre la rinnovazione della notificazione (come sarebbe avvenuto nel caso di specie se il ricorso non fosse stato dichiarato inammissibile per altra ragione) ma soprattutto l'applicazione del comma 3 dell'art. 156 c.p.c. secondo cui «la nullità non può mai essere pronunciata, se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato». Questo inquadramento (richiamato, da ultimo, da Cass. 29 gennaio 2016, n. 1682) risulta però contraddetto da una recentissima sentenza della terza sezione del Consiglio di Statodel 20 gennaio 2016, n. 189 (Cons. Stato, 20 gennaio 2016, n.189). Seppur riferita al processo telematico amministrativo il Consiglio di Stato si è pronunciato su una fattispecie del tutto analoga a quella oggetto della sentenza della Suprema Corte concludendo, però, diversamente sia da quest'ultima sia dalle precedenti sentenze sempre del Consiglio di Stato (Cons. di Stato, Sez. III, 14 settembre 2015, n. 4270; Cons. di Stato, Sez. V, 22 ottobre 2015, n. 4862; Cons. di Stato, Sez. VI, 28 maggio 2015, n. 2682). Ed infatti, per il Consiglio di Stato la notificazione in via telematica dell'atto di appello, in assenza della normativa regolamentare prevista per il processo amministrativo, rappresenta una «ipotesi di inesistenza della notifica (in quanto trattasi di modalità di notificazione priva di qualsivoglia espressa previsione normativa circa l'idoneità della forma prescelta a configurare un tipico atto di notificazione come delineato dalla legge; tipicità, questa, che non consente nemmeno di poter ravvisare nella fattispecie un'ipotesi di errore scusabile), in alcun modo sanabile». Nonostante quanto affermato da quest'ultima sentenza del Consiglio di Stato l'opposto orientamento seguito dalla Suprema Corte nonché dalle altre sezioni del Consiglio di Stato merita di essere seguito siccome più conforme al rispetto delle regole processuali almeno tutte le volte in cui lo scopo cui l'atto era preordinato è stato raggiunto utilizzando una modalità, peraltro, prevista dal legislatore (e, cioè, la notificazione telematica da parte degli avvocati che opera anche fuori del processo telematico). |