Disclosure non finanziaria: chiarimenti dalla FNC

La Redazione
17 Febbraio 2017

La Fondazione Nazionale dei Commercialisti ritorna sul tema della responsabilità sociale d'impresa per approfondire le disposizioni in materia di disclosure non finanziaria. L'attenzione in particolare si focalizza sulle nuove disposizioni introdotte nel nostro ordinamento dal D.Lgs. n. 254/2016, che ha recepito la Direttiva 2014/95/UE riguardante la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario di imprese e gruppi di grandi dimensioni.

Disclosure di sostenibilità: D.Lgs. n. 254/2016 sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e sulla diversità”, è questo il titolo del Documento curato da Lorenzo Magrassi e Pier Paolo Baldi per la Fondazione Nazionale dei Commercialisti, disponibile da ieri sul sito della Fondazione. Il lavoro dei due Commercialisti si concentra sulle nuove disposizioni in materia di disclosure non finanziaria introdotte nel nostro ordinamento dal D.Lgs. n. 254/2016, che ha recepito la Direttiva 2014/95/UE riguardante la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario di imprese e gruppi di grandi dimensioni.

La nuova disciplina, entrata in vigore lo scorso 25 gennaio, e applicabile alle dichiarazioni e relazioni riferite agli esercizi finanziari aventi inizio al 1° gennaio 2017, ha ampliato le fattispecie rispetto a quelle indicate nella direttiva europea. Ciò, scrivono gli autori, «se da un lato può apparire “normale”, considerando la specifica natura dei due strumenti normativi (e la loro relazione), dall'altro contrasta con la consuetudine, poiché, non di rado, il legislatore tende ad allinearsi alle disposizioni comunitarie senza discostarvisi in maniera rilevante (laddove non le ricalchi perfettamente). In questo caso, invece, al di là di profili sanzionatori non trascurabili, il decreto prevede la possibilità del riconoscimento di una sorta di “attribuzione reputazionale” a enti che, pur non obbligati agli adempimenti di sustainability disclosure (dunque, imprese non di interesse pubblico né di grandi dimensioni), predispongano una dichiarazione non finanziaria conforme alle sue disposizioni».

La volontà del legislatore in tal senso è evidenziata anche da Giovanni Castellani nella breve prefazione del Documento intitolata “La responsabilità sociale d'impresa è “sdoganata”. «Il fatto che sia sorto l'obbligo legislativo di comunicare le azioni aziendali, almeno per adesso (ed essenzialmente in guisa di compliance legale piuttosto che volontaria), su temi quali ambiente, personale dipendente, diritti umani e lotta alla corruzione attiva e passiva, significa che queste azioni esistono e sono ormai prassi corrente all'interno delle imprese commerciali. Ed infatti (ecco la nostra cartina di tornasole), i legislatori avvertono il dovere di regolamentare non certo fattispecie straordinarie e di estrema residualità, quanto piuttosto fenomeni e prassi che, solitamente, hanno già largamente preso piede nella società». Tuttavia, come sottolineato dallo stesso Castellani, all'obbligo di comunicare alcune azioni di responsabilità sociale di impresa (RSI) non corrisponde l'obbligo di porre in essere quelle azioni «e, quindi - scrive Castellani - le imprese (che per loro scelte strategiche non pongano in essere azioni di RSI, magari per un'impostazione economica di stretto rigore friedmaniano) dovranno solo, seppur accuratamente, motivare il perché di quelle loro scelte di non realizzare azioni di RSI, le quali, è bene ribadirlo a chiare lettere, restano pur sempre volontarie».

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.