Sulla latitudine applicativa degli obblighi connessi alla c.d. “clausola sociale”

Claudio Fanasca
01 Settembre 2017

In una logica di contemperamento fra i valori di rilievo costituzionale posti a garanzia, da un lato, della continuità dell'occupazione in favore dei medesimi lavoratori già impiegati nell'esecuzione dell'appalto e, dall'altro, della libertà economica e organizzativa d'impresa, la c.d. “clausola sociale” non può operare allorché risulti incompatibile con le strategie aziendali dell'aggiudicatario subentrante e, più in generale, quando fra il precedente e il nuovo appalto messo a gara sussistono oggettivi e rilevanti tratti differenziali.

Il Consiglio di Stato ha escluso la sussistenza in capo all'amministrazione aggiudicatrice di un obbligo di prevedere nell'ambito della normativa speciale di gara la c.d. “clausola sociale”, con conseguente obbligo per l'aggiudicatario di riassorbire il personale già in precedenza impiegato per il servizio messo a gara, se non in casi specifici e motivati, compatibili con le esigenze di tutela lavoristica sottese alla enucleazione del predetto istituto.

In particolare, il Collegio ha richiamato l'orientamento giurisprudenziale secondo cui l'appaltatore subentrante deve prioritariamente assumere gli stessi addetti che operavano alle dipendenze di quello uscente, a condizione che il loro numero e la loro qualifica siano armonizzabili con l'organizzazione d'impresa prescelta; diversamente, con riguardo ai lavoratori che non trovano spazio nell'organigramma dell'appaltatore subentrante e che non siano ulteriormente impiegati in altri settori da quello uscente trovano applicazione le misure legislative in materia di ammortizzatori sociali (sul punto, tra le tante, Cons. St., Sez. IV, 2 dicembre 2013, n. 5725).

La “clausola sociale”, del resto, perseguendo la prioritaria finalità di garantire la continuità dell'occupazione in favore dei medesimi lavoratori già impiegati nell'esecuzione dell'appalto, risulta «costituzionalmente legittima, quale forma di tutela occupazionale ed espressione del diritto al lavoro di cui all'art. 35 Cost., soltanto se si contempera con l'organigramma dell'appaltatore subentrante e con le sue strategie aziendali, frutto a loro volta di quella libertà di impresa pure tutelata dall'art. 41 Cost. In una logica di contemperamento fra valori di rilievo costituzionale, quindi, un'interpretazione dell'istituto tale da riconoscerne l'incondizionata applicabilità anche a fronte di appalti completamente diversi fra loro comporterebbe una ingiustificata compressione del diritto di libertà economica e di libera organizzazione imprenditoriale».

In definitiva, sebbene per l'operatività dei meccanismi di tutela in parola non si imponga l'assoluta e indistinta identità fra tutti gli innumerevoli aspetti del nuovo e del vecchio appalto, deve ritenersi che la “clausola sociale” non operi quando fra le precedenti e le nuove lavorazioni sussistono oggettivi e rilevanti elementi di distinzione tali da palesare altrettanto oggettivi e significativi tratti differenziali, da valutare caso per caso in relazione alle singole fattispecie.

Sulla scorta di tali considerazioni, il Consiglio di Stato ha affermato di non poter giungere a una diversa conclusione neppure a fronte di una disposizione, come quella di cui all'art. 25 l.r. Puglia n. 3 agosto 2007, n. 25, in rilievo nel caso in esame, che predica l'obbligo di subentro in favore «del personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria dell'appalto», dal momento che la predetta previsione non può essere intesa nel senso che tale obbligo sussista anche in caso di un affidamento radicalmente o significativamente diverso rispetto al precedente.

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