Requisiti di moralità e soci di maggioranza delle società di capitali

08 Marzo 2017

L'art. 38, comma 1, lett. c), estende i “requisiti di moralità” ai soci di maggioranza delle società di capitali solo se queste ultime sono partecipate da meno di quattro soci; l'applicazione della disposizione anche ad ipotesi in cui vi siano quattro soci si porrebbe in diretto contrasto con il tenore letterale della stessa e con il principio di tassatività delle cause di esclusione.

Il Collegio – nell'esaminare censure inerenti all'omessa dichiarazione del possesso dei “requisiti di moralità” da parte del socio di maggioranza di società a sua volta socia di maggioranza della aggiudicataria – ha chiarito che l'art. 38, comma 1, lett. c) d.lgs. n. 163 del 2006, nell'estendere i c.d. “requisiti di moralità” richiesti per la partecipazione alle procedure di affidamento anche ai soci di maggioranza delle società di capitali, richiede che queste ultime siano partecipate da “meno di quattro soci”. La disposizione – evidenzia la pronuncia – è infatti chiara nell'esigere un presupposto matematico per la sua applicazione, al contrario di quanto previsto con riferimento alle società di persone, ove il “controllo di moralità” è esteso a tutti i soci, senza che assuma rilevanza il numero degli stessi.

Ritiene il TAR, quindi, che a fronte di tali previsioni normative, ritenere applicabile la disposizione anche a società di capitali partecipate da quattro soci – come nel caso di specie – si tradurrebbe in una vera e propria riscrittura della disposizione in senso ampliativo, in diretto contrasto con il suo tenore letterale, con risultati contrari al principio di tassatività delle cause di esclusione dalle gare pubbliche «che notoriamente si pone a presidio dei principi di massima partecipazione e certezza normativa».

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