I termini dimidiati previsti dal rito speciale appalti si applicano anche alle concessioni di servizi?

Guglielmo Aldo Giuffrè
13 Maggio 2016

Viene rimessa all'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato la questione relativa all'applicabilità degli artt. 119, comma 1, lett. a) e 120 c.p.a. anche alle concessioni di servizi, con la conseguente applicazione della dimidiazione dei termini previsti dall'art. 120, comma 5, c.p.a. anche ai ricorsi promossi contro le relative procedure di affidamento, in quanto, seppure tale problematica possa dirsi parzialmente superata dal regime previsto dal nuovo Codice, essa residua quantomeno con riferimento alla previgente disciplina dell'art. 30 d.lgs. n. 163 del 2006 e alla sua interrelazione con gli artt. 119 e 120 c.p.a.

Prendendo le mosse dall'unanime approdo secondo il quale la distribuzione automatica di alimenti e bevande presso strutture ospedaliere costituisce una prestazione destinata ai soggetti fruitori di tali strutture, che ne pagano il prezzo – il che permette di ricondurla nella categoria della “concessione di servizi”, anziché in quella dell'“appalto pubblico di servizi” – il Consiglio di Stato si interroga sull'applicabilità degli artt. 119, comma 1, lett. a) e 120 c.p.a. anche alle concessioni di servizi, con la conseguente applicazione della dimidiazione dei termini previsti dall'art. 120, comma 5, c.p.a anche ai ricorsi promossi contro le relative procedure di affidamento. Il Collegio ha quindi evidenziato gli orientamenti della giurisprudenza in ordine all'applicazione del rito speciale degli appalti anche alla specifica ipotesi concessoria in esame: la tesi prevalente sostiene che l'affidamento di una concessione di pubblico servizio rientrerebbe tra le ipotesi previste dall'art. 119, comma 1, lett. a), c.p.a., tanto per ragioni di ordine letterale, quanto per ragioni di ordine sistematico (cfr., ex multis, Cons. St., Sez. V, 1 agosto 2015, n. 3775); l'orientamento minoritario sostiene invece che all'affidamento di una concessione di pubblico servizio sarebbero applicabili solamente i principi generali dettati dal d.lgs. 163 del 2006, ma non il rito abbreviato di cui agli artt. 119 e 120 c.p.a., “la cui natura “eccezionale”, di «stretta interpretazione» (Cons. St., Sez. VI, 28 maggio 2015, n. 2679) e, comunque, derogatoria rispetto alle regole dell'ordinario rito amministrativo – soprattutto per quanto concerne la dimidiazione dei termini processuali – ne impedirebbe l'estensione alla concessione dei servizi, stante la «tassativa elencazione» di cui agli artt. 119 e 120 c.p.a. (Cons. St., Sez. VI, 21 maggio 2014, n. 2620)”. A seguito di tale excursus, il Collegio ha sottolineato che tali problematiche risultano in parte superate dalla nuova disciplina stabilita dal d.lgs. n. 50 del 2016, “che nell'art. 164, comma 2, prevede che «alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni contenute nella parte I e nella parte II, del presente codice» (relativamente, in particolare, «ai principi generali, alle esclusioni, alle modalità e alle procedure di affidamento, alle modalità di pubblicazione e redazione dei bandi e degli avvisi, ai requisiti generali e speciali e ai motivi di esclusione, ai criteri di aggiudicazione, alle modalità di comunicazione ai candidati e agli offerenti, ai requisiti di qualificazione degli operatori economici, ai termini di ricezione delle domande di partecipazione alla concessione e delle offerte, alle modalità di esecuzione»), sicché l'avvenuta “contrattualizzazione” delle concessioni di lavori o di servizi e la loro tendenziale strutturazione secondo il generale modello dell'evidenza pubblica valido per gli appalti di lavori o di servizi sembra far ritenere superato, allo stato della legislazione vigente, ogni dubbio circa l'applicabilità del rito degli appalti, peraltro recentemente novellato dall'art. 204 dello stesso d.lgs. n. 50 del 2016, anche alle concessioni dei servizi, perché rientranti tra gli atti delle procedure di affidamento relativi a pubblici servizi.

Del resto, anche il parere n. 855/2016 dello stesso Consiglio di Stato ha ribadito che l'istituto concessorio segue “gli schemi degli appalti di lavori e di servizi”. Allo stesso tempo, tuttavia, ritenendo persistente il contrasto interpretativo quantomeno con riferimento alla previgente disciplina dell'art. 30 d.lgs. n. 163 del 2006 e alla sua interrelazione con gli artt. 119 e 120 c.p.a., il Collegio ha rimesso la questione all'Adunanza Plenaria. Infine, la Sezione rimettente ha sollevato anche un'ulteriore questione, subordinata all'adesione alla tesi dell'applicabilità dei termini dimidiati anche alle concessioni di servizi, demandando all'Adunanza Plenaria il compito di chiarire se il contrasto giurisprudenziale in essere circa la suddetta applicabilità possa consentire l'utilizzo dell'istituto dell'errore scusabile per sanare la tardività della proposizione del ricorso avverso l'aggiudicazione della concessione, effettuata oltre il trentesimo giorno.

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