Il principio del c.d. utile necessario non è estensibile a soggetti che operano per scopi non economici

Francesco Pignatiello
15 Settembre 2016

La sentenza, delimitato il sindacato giurisdizionale sulle valutazioni delle stazioni appaltanti circa la sostenibilità delle offerte anomale ai soli profili di illogicità, irragionevolezza ed inadeguatezza dell'istruttoria, afferma che il positivo giudizio sulla congruità dell'offerta presunta anomala può essere motivato anche con un'eventuale motivazione per relationem alle giustificazioni rese dall'impresa e che il principio del c.d. utile necessario non è estensibile a soggetti che operano per scopi non economici.

La sentenza richiama preliminarmente il principio dell'insindacabilità giurisdizionale del giudizio che conclude il sub procedimento di verifica delle offerte anomale, salva l'ipotesi in cui le valutazioni ad esso sottese non risultino abnormi, manifestamente illogiche o affette da errori di fatto, e ha natura globale e sintetica sulla serietà dell'offerta nel suo insieme. Il sindacato del Giudice non può infatti consistere in una autonoma verifica della congruità dell'offerta e delle singole voci, con conseguente invasione della sfera propria della P.A.

Dopo aver confermato il suddetto principio, la sentenza precisa che la motivazione del giudizio sull'anomalia deve essere rigorosa in caso di esito negativo, mentre, la positiva valutazione di congruità della presunta offerta anomala è sufficientemente espressa anche con eventuale motivazione per relationem alle giustificazioni rese dall'impresa offerente.

Il Collegio, nella specie, inoltre, ha ritenuto infondata anche la censura sull'assenza della voce relativa all'utile d'impresa, affermando che il principio del c.d. utile necessario non è estensibile a soggetti che operano per scopi non economici, bensì sociali o mutualistici, quali Onlus e cooperative sociali, in quanto l'obbligatoria indicazione di un utile di impresa si tradurrebbe in una prescrizione incoerente con la relativa vocazione non lucrativa, potendo tali soggetti perseguire le proprie finalità istituzionali a prescindere da tale vantaggio stricto sensu economico.

Al riguardo, il Consiglio di Stato ha ricordato che, anche per le società commerciali, le quali hanno come scopo la produzione di utili da dividere, la giurisprudenza ritiene che un utile d'impresa esiguo non sia idoneo di per sé a qualificare l'offerta come anomala, a meno che esso non si riduca ad un importo simbolico.

La sentenza affronta anche il tema relativo alla “Fideiussione e alla clausola a semplice richiesta” per cui si rinvia alla massima riportata in Casi e sentenze.

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