Le clausole del bando di gara che impongono l'iscrizione alle white list devono essere immediatamente impugnate

19 Maggio 2017

Ogni questione inerente alla corrispondenza tra le attività oggetto del bando e le tipologie di attività che impongono la previa iscrizione degli operatori economici nelle c.d. white list integra profili di legittimità, e non di nullità, delle relative clausole escludenti e, dunque, va sollevata nei termini di rito rispetto alla pubblicazione del bando.

Andando a integrare parzialmente la disciplina relativa alla documentazione antimafia contenuta nel d.lgs. n. 159 del 2011, la l. n. 190 del 2012 (c.d. Legge Severino) ha, come noto, previsto che per tutte le attività considerate ad alto rischio di infiltrazione mafiosa (attività che sono elencate nel comma 53 dell'art. 1 di tale legge e meglio specificate nel successivo d.p.c.m. del 18 aprile 2013) è istituito presso le Prefetture un «apposito elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa». Per gli operatori economici operanti nei predetti settori l'iscrizione in tali elenchi, anche noti come white list, è condizione necessaria per ambire all'aggiudicazione dei relativi contratti.

Ebbene, con la sentenza di cui si dà notizia il TAR Lazio ha statuito che la previsione della lex specialis di gara che impone, a pena di esclusione, ai concorrenti di dichiarare di essere iscritti nei predetti elenchi, o quantomeno di aver a tali fini formulato alla competente Prefettura un'apposita istanza, debba essere direttamente impugnata nei casi in cui, come nella specie, si controverta sulla riconducibilità dell'oggetto della gara bandita alle materie ex lege ritenute ad alto rischio di infiltrazioni mafiose.

Il TAR Lazio, rigettando un'apposita eccezione formulata dalla parte ricorrente, ha altresì ritenuto che siffatta clausola escludente non possa ritenersi nulla per violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione. Detta clausola escludente, infatti, come si legge nella sentenza in parola, trova il «proprio titolo nelle previsioni [ – in precedenza richiamate – contenute nella] l. n. 190 del 2012 e nel d.p.c.m. del 18 aprile 2013».

Da qui il principio di diritto fissato dalla sentenza di cui si discorre, secondo cui «ogni questione inerente alla corrispondenza tra le attività oggetto del bando e [le] tipologie [di attività] elencate in quest'ultimo d.p.c.m. integra profili di legittimità e non di nullità delle relative previsioni di gara e va sollevata nei termini di rito rispetto alla pubblicazione del bando».

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