Esclusione dalla gara: equipollenza del decreto penale di condanna divenuto irrevocabile e della sentenza di condanna passata in giudicato

Giusj Simone
21 Dicembre 2016

Dalla lettura dell'art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006 si desume che il nostro ordinamento pone sullo stesso piano, ai fini della rilevanza per l'eventuale esclusione dalla gara, il decreto penale di condanna, ove divenuto irrevocabile, e la sentenza di condanna passata in giudicato. La valutazione in ordine alla gravità delle eventuali condanne riportate dai soggetti ricoprenti determinate cariche all'interno delle ditte partecipanti ed alla loro incidenza sulla moralità professionale spetta esclusivamente all'Amministrazione appaltante, la quale è tenuta a prendere in esame tutti gli elementi che possono incidere negativamente sul vincolo fiduciario, quali, ad esempio, l'epoca e la circostanza del fatto, il tempo trascorso dalla condanna ed il bene leso dal comportamento delittuoso, in relazione anche all'oggetto ed alle caratteristiche dell'appalto.È irrilevante che il soggetto colpito da decreto penale di condanna abbia maturato, grazie al decorso del termine stabilito ex lege, il presupposto temporale per l'estinzione del reato e per ottenere la successiva riabilitazione, non avendo tali vicende alcun effetto automatico, occorrendo piuttosto che, al momento della presentazione della domanda di partecipazione, sia già intervenuta la riabilitazione ovvero il reato sia già stato dichiarato estinto dopo la condanna.

Nella fattispecie in esame si discute della legittimità del provvedimento di esclusione, nonché del successivo incameramento della cauzione provvisoria disposti nei confronti di RTI, capeggiato dalla ricorrente, partecipante, per l'ambito territoriale di Lecce, alla procedura negoziata avviata dall'Agenzia del Demanio e dal Ministero dell'Interno per l'affidamento del servizio di recupero, custodia ed acquisto veicoli oggetto di provvedimento di sequestro amministrativo, fermo o confisca ai sensi dell'art. 214-bis d.lgs. n. 285 del 1992.

A dire di parte ricorrente, sarebbe illegittima, per violazione dell'art. 38, comma. 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006, l'esclusione disposta per condanna definitiva per un reato inerente l'oggetto dell'appalto, essendo necessario, al fine di integrare detta causa di esclusione, che il reato che ha causato la condanna abbia entrambi i requisiti dell'incidenza sulla moralità professionale e della gravità. Nella specie, invece, l'Amministrazione si sarebbe limitata a ritenere che il reato di che trattasi è attinente al servizio oggetto di affidamento, senza esprimere al riguardo alcuna autonoma e specifica valutazione né sulla gravità, né sull'incidenza del reato sulla moralità professionale, come invece imposto dal citato art. 38, comma 1, lett. c). A tutto voler concedere, peraltro, sarebbe decorso il tempo previsto dall'art. 460 c.p.p. per l'estinzione del reato, con riferimento alla quale la decisione del giudice dell'esecuzione avrebbe valore solo ricognitivo. Sarebbe, altresì, illegittimo, per violazione degli artt. 48 e 75 del d.lgs. n. 163 del 2006, il successivo incameramento della cauzione provvisoria disposto nei confronti del RTI escluso, non essendo riconducibile il caso in esame ad alcuna delle ipotesi contemplate dalle predette norme (ossia mancanza dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa ex art. 48 ovvero rifiuto/mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell'aggiudicatario/affidatario ex art. 75).

L'adito TAR ritiene infondate le doglianze di parte ricorrente. Con riferimento alla esclusione, precisa che l'art. 38, comma. 1, lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006 pone sullo stesso piano, ai fini della rilevanza per l'eventuale esclusione dalla gara, il decreto penale di condanna, ove divenuto irrevocabile, e la sentenza di condanna passata in giudicato, non potendosi quindi associare alla natura del provvedimento l'esistenza o meno dell'elemento della gravità. Per consolidata giurisprudenza, la valutazione in ordine alla gravità delle eventuali condanne riportate dai soggetti ricoprenti determinate cariche all'interno delle ditte partecipanti ed alla loro incidenza sulla moralità professionale spetta esclusivamente all'Amministrazione appaltante (cfr. Cons. St., Sez. V, 24 marzo 2014, n. 1428; Cons. St., Sez. VI, 8 luglio 2010, n. 4440; TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 3 novembre 2014, n. 2626). Tale attività di valutazione, assolutamente discrezionale, è svolta prendendo in esame tutti gli elementi che possono incidere negativamente sul vincolo fiduciario, quali, ad esempio, l'epoca e la circostanza del fatto, il tempo trascorso dalla condanna ed il bene leso dal comportamento delittuoso, in relazione anche all'oggetto ed alle caratteristiche dell'appalto. La valutazione del requisito della moralità professionale, che deve riferirsi alla condotta tenuta nell'esercizio dell'attività professionale, va, pertanto, effettuata, al di là del mero titolo del reato, tenendo conto delle peculiarità del caso concreto, della specificità dei reati ascritti in relazione alla prestazione che la ditta dovrà espletare, qualora risultasse aggiudicataria. Nella specie l'Amministrazione aveva riscontrato in capo al RTI partecipante (in ispecie al socio accomandatario della mandante) un decreto penale di condanna per reato strettamente connesso con il servizio oggetto di gara, nonché una pena superiore a quella minima edittale. Tanto, oltre ad incidere sulla gravità del reato, influisce negativamente sul rapporto fiduciario con la stazione appaltante in ragione della stretta correlazione con l'oggetto dell'affidamento, determinando un vulnus alla moralità professionale del soggetto ed integrando, per l'effetto, entrambe le condizioni di cui al cit. art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006. A nulla vale, poi, che il soggetto abbia maturato, grazie al decorso del termine stabilito ex lege, il presupposto temporale per l'estinzione del reato e per ottenere la successiva riabilitazione, non avendo tali vicende alcun effetto automatico, occorrendo piuttosto che, al momento della presentazione della domanda di partecipazione, sia già intervenuta la riabilitazione ovvero il reato sia già stato dichiarato estinto dopo la condanna (cfr. Cons. St., Sez. VI, 3 ottobre 2014, n. 4937).

Con riferimento, infine, all'incameramento della cauzione provvisoria, il giudice di prime cure chiarisce il carattere automatico dello stesso per effetto di un provvedimento di esclusione. Detta misura risulta, pertanto, insensibile ad eventuali valutazioni volte ad evidenziare la non imputabilità a colpa della violazione che ha dato causa all'esclusione. Tale assunto può trovare fondamento anche nell'art. 75, comma 6, del d.lgs. n. 163 del 2006, secondo cui può procedersi in ogni caso in cui la mancata sottoscrizione del contratto sia imputabile al concorrente, per cui anche nell'ipotesi, come quella in esame in cui ciò dipenda dall'esclusione derivante dall'assenza di uno dei requisiti di ordine generale ex art. 38, non essendo richiesto che ricorra l'ipotesi di cui all'art. 48, vale a dire quella in cui, all'esito della verifica, risulti carente uno dei requisiti di capacità tecnica o di capacità economico-finanziaria (in tal senso, Cons. Stato, Ad. plen., 29 febbraio 2016, n. 5).

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