Sulla distinzione tra subappalto necessario e facoltativo

Redazione Scientifica
22 Novembre 2016

La sentenza afferma un principio apparentemente pacifico in tema di subappalto, la cui esatta portata deve essere però circoscritta nei termini precisati dall'Adunanza Plenaria 2 novembre 2015 n. 9.

La sentenza afferma un principio apparentemente pacifico in tema di subappalto, la cui esatta portata deve essere però circoscritta nei termini precisati dall'Adunanza Plenaria 2 novembre 2015 n. 9.

La sentenza afferma infatti che, ai sensi dell'art. 118, comma 2, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, nelle gare pubbliche la dichiarazione di subappalto può essere limitata alla mera indicazione della volontà di concludere un subappalto nelle sole ipotesi in cui il concorrente sia a propria volta in possesso delle qualificazioni necessarie per l'esecuzione in via autonoma delle lavorazioni oggetto dell'appalto, ossia nelle sole ipotesi in cui il ricorso al subappalto rappresenti per lui una facoltà, non la via necessitata per partecipare alla gara; e che, al contrario, la dichiarazione dovrebbe necessariamente indicare il subappaltatore e dimostrare il possesso, da parte di quest'ultimo, dei requisiti di qualificazione, nelle ipotesi in cui il subappalto si renda necessario a cagione del mancato autonomo possesso, da parte del concorrente, dei necessari requisiti di qualificazione.

Il principio è affermato in maniera netta e incondizionata, senza distinguere tra categorie scorporabili e categoria principale, ed è dato per pacifico, ma occorre ricordare che la questione dell'obbligatorietà (o meno) dell'indicazione del subappaltatore già nella fase dell'offerta da parte dell'impresa concorrente sprovvista della qualificazione in una o più categorie scorporabili (e, quindi, a fronte di un c.d. subappalto necessario) e, quindi, sulla doverosità della sua esclusione, nell'ipotesi di inosservanza del predetto obbligo (ove giudicato tale), è stata oggetto di un vivace contrasto giurisprudenziale che ha comportato l'intervento della citata Adunanza Plenaria n. 9 del 2015.

Secondo una prima tesi, infatti, la necessità della dimostrazione, ai fini della partecipazione alla procedura, della qualificazione per tutte le lavorazioni per le quali la normativa di riferimento la esige, implicherebbe, quale indefettibile corollario, la necessità dell'indicazione del nominativo del subappaltatore già nella fase dell'offerta, di guisa da permettere alla stazione appaltante il controllo circa il possesso, da parte della concorrente, di tutti i requisiti di capacità richiesti per l'esecuzione dell'appalto (Cons. St., Sez. V, 25 febbraio 2015, n. 944; Sez. V, 10 febbraio 2015, n. 676; Sez. V, 28 agosto 2014, n. 4405; Sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4299; Sez. IV, 26 maggio 2014, n. 2675; Sez. IV, 13 marzo 2014, n. 1224; Sez. III 5 dicembre 2013, n. 5781); secondo una diversa, e minoritaria, lettura dell'istituto, viceversa, una corretta esegesi delle regole che presidiano i requisiti di qualificazione, e che escludono che, ai fini della partecipazione alla gara, sia necessario il possesso della qualificazione anche per le opere relative alle categorie scorporabili (esigendo il ricorso al subappalto solo per quelle a qualificazione necessaria e nella sola fase dell'esecuzione dell'appalto), imporrebbe la diversa soluzione dell'affermazione del solo obbligo di indicazione delle lavorazioni che il concorrente intende affidare in subappalto, ma non anche del nome dell'impresa subappaltatrice (Cons. St., Sez. IV, 4 maggio 2015, n. 2223; Sez. V, 7 luglio 2014, n. 3449; Sez. V, 19 giugno 2012, n. 3563).

Chiamata a risolvere il contrasto, l'Adunanza Plenaria n. 9 del 2015 ha precisato che in materia vanno osservati i seguenti principi: a) per la partecipazione alla gara è sufficiente il possesso della qualificazione nella categoria prevalente per l'importo totale dei lavori e non è, quindi, necessaria anche la qualificazione nelle categorie scorporabili (neanche in quelle indicate all'art. 107, comma 2, d.P.R. 207 del 2010); b) le lavorazioni relative alle opere scorporabili nelle categorie individuate all'art.107, comma 2, d.P.R. cit. non possono essere eseguite direttamente dall'affidatario, se sprovvisto della relativa qualificazione (trattandosi, appunto, di opere a qualificazione necessaria); c) nell'ipotesi sub b) il concorrente deve subappaltare l'esecuzione delle relative lavorazioni ad imprese provviste della pertinente qualificazione; d) la validità e l'efficacia del subappalto postula, quali condizioni indefettibili, che il concorrente abbia indicato nella fase dell'offerta le lavorazioni che intende subappaltare e che abbia, poi, trasmesso alla stazione appaltante il contratto di subappalto almeno venti giorni prima dell'inizio dei lavori subappaltati; e) il subappalto è un istituto che attiene alla fase di esecuzione dell'appalto (e che rileva nella gara solo negli stretti limiti della necessaria indicazione delle lavorazioni che ne formeranno oggetto), di talchè il suo mancato funzionamento (per qualsivoglia ragione) dev'essere trattato alla stregua di un inadempimento contrattuale, con tutte le conseguenze che ad esso ricollega il codice (tra le quali, ad esempio, l'incameramento della cauzione). L'Adunanza Plenaria ha conseguentemente ritenuto che «l'indicazione del nominativo del subappaltatore già in sede di presentazione dell'offerta non è obbligatoria, neanche nell'ipotesi in cui il concorrente non possieda la qualificazione nelle categorie scorporabili previste all'art.107, comma 2, d.P.R. 207/2010».

La sufficienza della dichiarazione di avvalersi del subappalto necessario per l'esecuzione dei lavori, senza la previa indicazione del nominativo al momento dell'offerta, è affermata anche in caso di contratti misti «ove la prestazione del servizio costituisce l'oggetto sostanziale e principale dell'appalto» (Cons. Stato, Sez.V 30 maggio 2007 n. 2765; Cons Stato, Sez III, 10 dicembre 2013 n. 5917; TAR L'Aquila 7 novembre 2013 n. 925; TAR Brescia 26 agosto 2005 n. 831).

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