In caso di revoca della dichiarazione di pubblico interesse della proposta di project financing non è dovuto l’indennizzo

Federica Moschella
23 Giugno 2016

In tema di project financing, il vantaggio e l'aspettativa giuridicamente rilevante per il promotore privato si pone “a valle” della scelta di addivenire all'affidamento del contratto, che solo l'amministrazione è titolata ad adottare. Pertanto, a fronte della sola dichiarazione di pubblico interesse del progetto di lavori – trattandosi di una situazione che non assicura al promotore alcun affidamento concreto in ordine alla successiva decisione dell'amministrazione di dare corso alla procedura di gara e di portarla a compimento con la stipula della concessione – in caso di legittimo esercizio del potere di revoca da parte dell'amministrazione, non può essere riconosciuto alcun diritto all'indennizzo.

Il Consiglio di Stato, in tema di project financing, ha ribadito che la posizione di vantaggio acquisita per effetto della dichiarazione di pubblico interesse si esplica solo all'interno della gara una volta che la decisione di affidare la concessione sia stata assunta: pertanto, laddove dichiarata di pubblico interesse una proposta di realizzazione di lavori pubblici ed individuato quindi il promotore privato, l'amministrazione non è comunque tenuta a dare corso alla procedura di gara per l'affidamento della relativa concessione. Tale scelta costituisce, infatti, una tipica manifestazione di discrezionalità amministrativa nella quale sono implicate ampie valutazioni in ordine all'effettiva esistenza di un interesse pubblico alla realizzazione dell'opera (v. Cons. St., Sez. III, 20 marzo 2014, n. 1365).

In tal senso, a fronte della dichiarazione di pubblico interesse della proposta del promotore privato, quest'ultimo non acquisisce alcun diritto pieno all'indizione della procedura, ma una mera aspettativa – condizionata dalle valutazioni di esclusiva pertinenza dell'amministrazione in ordine all'opportunità di contrattare sulla base della medesima proposta –, in quanto la suddetta dichiarazione non comporta alcun vincolo per l'amministrazione di affidare la concessione, essendo necessaria da parte di quest'ultima una scelta ulteriore, analogamente a quanto avviene per qualsiasi decisione di affidare un contratto. L'aspettativa del privato non è quindi giuridicamente tutelabile rispetto alle insindacabili scelte dell'amministrazione.

Nella specie, il Comune revocava ai sensi dell'art. 21-quinquies l. 7 agosto 1990, n. 241 la dichiarazione di pubblico interesse della proposta di project financing per la gestione degli impianti di pubblica illuminazione e gestione del servizio delle lampade votive all'interno del cimitero, a causa del lungo lasso temporale trascorso da quest'ultima (oltre un decennio, senza che fosse stato redatto alcuno studio di fattibilità o fossero stati adottati altri atti) ed in ragione del fatto che, nel frattempo, il cimitero era stato interessato da lavori di manutenzione ed ampliamento che avevano sostanzialmente modificato la situazione esistente all'epoca della proposta.

Il Collegio, applicando i suddetti principi di diritto alla fattispecie concreta, ha rilevato che detto arco di tempo costituisce già di per sé circostanza sufficiente a fondare in modo legittimo l'esercizio del potere di autotutela da parte dell'amministrazione (ai sensi dell'art. 21-quinquies l. n. 241 del 1990), essendo consentito a quest'ultima di rivedere le proprie determinazioni (c.d. ius poenitendi) non solo nelle ipotesi di ritiro di provvedimenti ad efficacia durevole sulla base di sopravvenuti motivi di interesse pubblico ovvero di mutamenti della situazione di fatto, ma anche soltanto per ragioni di opportunità, in virtù di una rinnovata e diversa valutazione dell'interesse pubblico originario (v. Cons. St., Sez. V, 14 ottobre 2014, n. 5082; Cons. giust. amm. Sicilia, sentenza 14 maggio 2014, n. 282), fatto salvo l'obbligo di ristorare mediante indennizzo il contrapposto interesse privato sacrificato, laddove siano integrati i relativi presupposti.

Sennonché, in materia di project financing, in caso di esercizio del potere di revoca da parte dell'amministrazione, l'indennizzo non può essere riconosciuto al privato promotore se non all'esito della procedura di gara per l'affidamento della concessione (in tal senso, Cons. St., Sez. V, 3 maggio 2016, n. 1692), ossia qualora del progetto dallo stesso presentato e dichiarato di pubblico interesse si giovi un aggiudicatario della concessione diverso; infatti, la disciplina relativa alle concessioni di lavori pubblici in finanza di progetto prevede una specifica forma di ristoro per questa particolare ipotesi (art. 153, commi 12 e 19, c.c.p. di cui al d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163).

La Sezione pertanto, stante la legittimità della revoca – con conseguente assenza di un danno ingiusto ex art. 2043 c.c. (v. Cons. St., Sez. IV, 27 aprile 2015, n. 2109; Sez. V, 22 marzo 2016, n. 1186; Sez. VI, 8 aprile 2015, n. 1777) – e ritenuto non configurabile alcun diritto all'indennizzo ai sensi dell'art. 21-quinquies cit. (evidenziato che la mera dichiarazione di pubblico interesse non ingenera, in capo al promotore, alcun affidamento concreto in ordine alla successiva decisione dell'amministrazione di dare corso alla procedura di gara e di portarla a compimento con la stipula della concessione), ha respinto l'appello.

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