Il rito “super-speciale” ex art. 120 commi 2-bis e 6-bis, c.p.a. viaggia alla velocità del nuovo Codice dei contratti

25 Novembre 2016

Il Consiglio di Stato fornisce una serie di chiarimenti in ordine all'ambito applicativo oggettivo e temporale del nuovo rito sulle ammissioni e esclusioni dalle procedure di gara introdotto dall'art. 204 d.lgs. n. 50 del 2016. Il Collegio, dopo aver definito il suddetto “mini-rito” come un “sistema processuale chiuso e speciale” le cui regole non si applicano né all'impugnazione dell'aggiudicazione né investono il termine per l'appello di sentenze rese su ricorsi con cui si contestino provvedimenti diversi rispetto a quelli di cui al comma 2-bis dell'art.120 c.p.a, precisa che la nuova disciplina processuale risulta concepita e regolata “in coerenza con la nuova disciplina procedimentale introdotta dal d.lgs. n. 50 del 2016, sicché resta del tutto illogica un'entrata in vigore differenziata dei due regimi (processuale e sostanziale)”.

Le sentenze forniscono una (identica) serie di chiarimenti in ordine all'ambito oggettivo e al regime temporale transitorio, del nuovo rito “super-speciale” in materia di ammissioni e esclusioni dalle procedure di gara introdotto dall'art. 204 d.lgs. n. 50 del 2016. Quasi a voler sgombrare il campo da ulteriori dubbi interpretativi (per la cui sintesi si rinvia all'apposito contributo nella Rubrica contrasti:Oscillazioni giurisprudenziali sul regime temporale di applicazione del rito “super-speciale” ex art. 120 commi 2-bis e 6-bis c.p.a”) il Collegio chiarisce che:

(i) il nuovo rito “super-speciale” sulle ammissioni e esclusioni crea “un sistema processuale chiuso e speciale” con la conseguenza che il termine di trenta giorni dalla comunicazione della sentenza per la proposizione dell'appello stabilito dall'art. 120, comma 6-bis, c.p.a. si riferisce alle sole impugnazioni delle sentenze pronunciate su ricorsi introdotti e definiti ai sensi del combinato disposto dei commi 2-bis e 6-bis dell'art.120 c.p.a.;

(ii) l'impugnazione dell'aggiudicazione della gara esula dai confini del suddetto rito “superspeciale”, poiché quest'ultimo è circoscritto al solo gravame dei provvedimenti che determinano l'ammissione alla (e le esclusioni dalla) procedura;

(iii) l'intera disciplina transitoria contenuta nell'art. 216 del nuovo Codice dei contratti è “chiarissima nella sua portata precettiva che vincola l'interprete ad attenersi alla sua stretta applicazione senza necessità né possibilità di ricercare diversi criteri interpretativi;

(iv) l'art. 216, comma 1, laddove utilizza la locuzione “al presente Codice”, intende, “evidentemente, comprendere entro il suo ambito applicativo tutte le disposizioni del decreto legislativo n. 50 del 2016, tranne le deroghe “testuali ed espresse” previste all'interno dello stesso articolo “ovvero nelle singole disposizioni del resto del codice”. Difatti, nonostante il d.lgs. 50/2016 non rechi più la denominazione “Codice”, (presente nella legge delega e all'art.1 dello stesso decreto legislativo rubricato “Oggetto e ambito di applicazione”), è “evidente” che l'espressione utilizzata all'art. 216, comma 1, si riferisca a” tutte le previsioni contenute nel provvedimento normativo nel quale la relativa previsione transitoria risulta inserita”.

(v) nel silenzio dell'art. 216, il carattere generale della disciplina transitoria investe anche l'art. 204 del Codice, impedendo che venga in rilievo la diversa regola del tempus regit actum la cui applicazione, pertanto, risulta "arbitraria, siccome sprovvista di ogni fondamento positivo, e, in ogni caso, foriera di incertezze interpretative e di confusione applicativa (e, come tale, da rifiutare)”.

(vi) la regola del tempus regit actum è, inoltre, “del tutto inappropriata e inapplicabile”, perché il suddetto rito “superspeciale” risulta “concepito e regolato in coerenza con la nuova disciplina procedimentale introdotta dal d.lgs. n. 50 del 2016, sicché resta del tutto illogica la prospettata entrata in vigore differenziata dei due regimi (processuale e sostanziale)”. L'onere di impugnazione immediata, nel termine di trenta giorni, del provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all'esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali può, infatti, essere “esigibile” solo a fronte della contestuale operatività delle disposizioni, contenute nello stesso decreto legislativo (artt. 29, comma 1, e 76, comma 3), che ne consentono l'immediata conoscenza da parte delle imprese, altrimenti “si finirebbe per produrre l'inaccettabile (e, probabilmente, incostituzionale) effetto di imporre l'impugnazione immediata di atti (in particolare: le ammissioni alla procedura) che l'impresa interessata non è in grado di conoscere tempestivamente”;

(viii) quand'anche permanessero dubbi esegetici sul regime temporale di applicazione delle nuove regole processuali, “gli stessi dovrebbero essere risolti preferendo l'opzione ermeneutica meno sfavorevole per l'esercizio del diritto di difesa (e, quindi, maggiormente conforme ai principi costituzionali espressi dagli artt. 24 e 113)”. Difatti, a fronte dell'introduzione di un gravoso (e, finora, inedito) onere processuale, quale quello relativo all'immediata impugnazione delle ammissioni alla gara (pacificamente escluso, prima dell'innovazione processuale in esame), dev'essere, infatti, rifiutata ogni lettura delle disposizioni sopravvenute che limiti o, addirittura, pregiudichi l'esercizio del diritto di difesa, come accadrebbe se si ammettesse l'operatività del nuovo rito anche con riferimento alle procedure bandite prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n.50 del 2016.

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