Sul riparto di giurisdizione in materia di società a partecipazione pubblica

Claudio Fanasca
27 Aprile 2017

In materia di società a partecipazione pubblica, rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto l'attività unilaterale prodromica alla vicenda societaria, quali la procedura di selezione del socio privato, la conseguente aggiudicazione, nonché l'affidamento della gestione del servizio, mentre sono attribuite alla giurisdizione ordinaria quelle aventi ad oggetto gli atti societari a valle della scelta di fondo di utilizzo del modello societario, ivi compresa la dismissione, anche totale, delle quote di partecipazione pubblica.

Il Consiglio di Stato ha confermato che rientra nella giurisdizione del Giudice ordinario la controversia avente ad oggetto gli esiti di una procedura selettiva indetta dal Comune, sia pure secondo le regole dell'evidenza pubblica, per l'alienazione delle quote societarie possedute in una società mista.

Il Collegio ha preliminarmente richiamato il criterio generale di riparto di giurisdizione in materia di società a partecipazione pubblica delineato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, secondo cui spettano alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto l'attività unilaterale prodromica alla vicenda societaria, considerata dal legislatore di natura pubblicistica, con la quale un ente pubblico delibera di costituire una società o di parteciparvi o di procedere ad un atto modificativo o estintivo della società medesima o di interferire, nei casi previsti dalla legge, nella vita della stessa (quali la procedura di selezione del socio privato, la conseguente aggiudicazione, nonché l'affidamento della gestione del servizio); sono, invece, attribuite alla giurisdizione ordinaria le controversie aventi ad oggetto gli atti societari a valle della scelta di fondo di utilizzo del modello societario, i quali restano interamente soggetti alle regole del diritto commerciale proprie del modello recepito, ivi comprese le domande relative alla validità ed efficacia della costituzione della società mista pubblico-privata, nonché all'acquisizione, da parte del socio privato minoritario, del quarantanove per cento delle azioni della società stessa (in termini, Cass., Sez. un., ord. 20 settembre 2013, n. 21588).

Applicando tali principi alla fattispecie in esame, il Consiglio di Stato ha ritenuto sussistere la giurisdizione ordinaria, dal momento che la scelta dell'ente pubblico di dismettere l'intero pacchetto pubblico costituisce una “scelta a valle” del modello societario, anche considerato che, per effetto di essa, il soggetto pubblico si ritrae completamente dalla vicenda, lasciandovi solo soggetti privati, per cui non si pongono problemi di selezione pubblicistica di un socio destinato a usufruire della collaborazione privilegiata con il soggetto pubblico, come accade, invece, nella fase iniziale di scelta del partner privato (nello stesso senso, cfr. TAR Sardegna, 7 aprile 2017, n. 244).

A tale conclusione conduce anche la disciplina contenuta nell'art. 1 d.l. 31 maggio 1994, n. 332, convertito dalla l. 30 luglio 1994, n. 474, avente ad oggetto le “Modalità delle dismissioni delle partecipazioni azionarie dello Stato e degli enti pubblici”, laddove si pone come regola generale quella secondo cui la dismissione di quote azionarie pubbliche non è soggetta alle norme sull'evidenza pubblica né a quelle sulla contabilità generale dello Stato, risolvendosi in un'operazione che l'ente pubblico pone in essere con modalità privatistiche, dovendosi soltanto attenere ai generali principi di trasparenza e non discriminazione.

Di conseguenza, la dismissione della partecipazione costituisce atto che i soci pubblici compiono iure privatorum e senza obbligo di puntuale rispetto delle norme a evidenza pubblica; ciò anche in ragione del fatto che la posizione di soci che gli enti pubblici occupano all'interno della società vede le parti private su un piano sostanzialmente paritetico, il che esclude anche la possibilità di configurare la generale giurisdizione del giudice amministrativo, perché ad essere azionate sono posizioni aventi natura di diritto soggettivo, ancorché subordinate al corretto andamento della procedura selettiva. Né, con riguardo specifico a tale aspetto, assume rilievo il fatto che, nel caso di specie, il Comune abbia deciso di fare ricorso a una procedura selettiva con caratteristiche formali dell'evidenza pubblica, visto che tale scelta, non imposta dal legislatore, costituisce un mero autovincolo e, come tale, non incide sul riparto della giurisdizione.

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