Sollevata questione pregiudiziale sulla compatibilità con il diritto euro-unitario della disciplina riguardante l’assenza di condanne penali in capo ai cessati e la valutazione delle condotte dissociative

Francesco Pignatiello
30 Marzo 2016

ll Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea la questione pregiudiziale della compatibilità con il diritto euro-unitario della previsione dell'art. 38, comma 1, lett. c), del codice, come modificato dall'art. 4, comma 2, lett. b), d.l. 13 maggio 2011, convertito nella l. 12 luglio 2011, n. 106, nella parte in cui estende ai soggetti cessati dalle cariche sociali nell'anno antecedente la pubblicazione del bando di gara la causa di esclusione costituita dalla pronuncia di sentenza di...

Il Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea la questione pregiudiziale della compatibilità con il diritto euro-unitario della previsione dell'art. 38, comma 1, lett. c), c.c.p., come modificato dall'art. 4, comma 2, lett. b), d.l. 13 maggio 2011, convertito nella l. 12 luglio 2011, n. 106, nella parte in cui estende ai soggetti cessati dalle cariche sociali nell'anno antecedente la pubblicazione del bando di gara la causa di esclusione costituita dalla pronuncia di sentenza di condanna passata in giudicato, di decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure di sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'art. 444 c.p.p., qualora l'impresa non dimostri che vi sia stata completa ed effettiva dissociazione della condotta penalmente sanzionata, rimettendo alla discrezionalità della stazione appaltante la valutazione sull'integrazione della condotta dissociativa, così da poter consentire alla stessa di introdurre, a pena di esclusione, oneri informativi e dichiarativi relativi a vicende penali non ancora definite con sentenza irrevocabile, non previsti neppure in ordine ai soggetti in carica; oneri di dissociazione spontanea indeterminati sia per quanto attiene alla tipologia delle condotte scriminanti e al relativo riferimento temporale (anche anticipato rispetto al momento di irrevocabilità della sentenza penale), sia riguardo alla fase della procedura in cui devono essere assolti; nonché oneri di leale collaborazione dal contorno indefinito, se non con richiamo alla clausola generale della buona fede.

Nella specie, la controversia riguarda la legittimità di un'esclusione disposta sul presupposto che, a fronte di dichiarazioni sull'assenza di condanne di cui all'art. 38, comma 1, lett. c), ritenute non false dal Collegio, in quanto rese in un momento antecedente al maturare dell'irrevocabilità della sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p. (e alla stessa pubblicazione della sentenza), sorgendo l'obbligo dichiarativo solo con l'irrevocabilità delle sentenze penali contemplate dalla citata disposizione, e dell'adozione di misure volte a dimostrare l'effettiva cesura del rapporto di identificazione e di rappresentanza con l'amministratore cessato, possa ritenersi idonea ad inficiare la dissociazione la circostanza per cui il legale rappresentante in carica dell'impresa non si sia spontaneamente premurato di verificare e di segnalare l'esistenza, al momento della dichiarazione, di eventuali pronunce, non ancora pubblicate e non definitive, di condanna e, successivamente, di informare la stazione appaltante della sopravvenuta condanna a carico del cessato. La stazione appaltante, infatti, ha motivato l'esclusione in ragione dell'insufficiente e tardiva dimostrazione della dissociazione dalla condotta penalmente rilevante dell'amministratore cessato sulla base dall'elemento indiziario costituito dalla mancata tempestiva comunicazione degli eventi penalmente rilevanti concernenti lo stesso, qualificata come violazione del dovere di leale collaborazione, risultando per l'effetto le misure dissociative adottate come inadeguate e tardive.

Ciò posto, il Consiglio di Stato, dopo aver ricordato che la decisione di adire la Corte di Giustizia in via pregiudiziale spetta unicamente al giudice nazionale, a prescindere dal fatto che le parti del procedimento principale ne abbiano o meno formulato l'intenzione, con la conseguente ammissibilità della formulazione di questioni anche d'ufficio, senza attenersi ai quesiti proposti dalle parti, ha investo la Corte di Giustizia dell'Unione Europea delle seguenti questioni pregiudiziali ex art. 267 T.F.U.E. (in parte sollecitate dall'impresa appellante e in parte formulate d'ufficio):

«Se osti alla corretta applicazione dell'art. 45, paragrafi 2, lett. c) e g), e 3, lett. a), direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 del 31 marzo 2004 e dei principi di diritto europeo di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, di parità di trattamento, di proporzionalità e di trasparenza, di divieto di aggravio del procedimento e di massima apertura alla concorrenza del mercato degli appalti pubblici, nonché di tassatività e determinatezza delle fattispecie sanzionatorie, una normativa nazionale, quale quella dell'art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) e successive modificazioni, nella parte in cui estende il contenuto dell'ivi previsto obbligo dichiarativo sull'assenza di sentenze definitive di condanna (comprese le sentenze di applicazione della pena su richiesta delle pari), per i reati ivi indicati, ai soggetti titolari di cariche nell'ambito delle imprese concorrenti, cessati dalla carica nell'anno antecedente la pubblicazione del bando, e configura una correlativa causa di esclusione dalla gara, qualora l'impresa non dimostri che vi sia stata completa ed effettiva dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata di tali soggetti, rimettendo alla discrezionalità della stazione appaltante la valutazione sull'integrazione della condotta dissociativa che consente alla stazione appaltante di introdurre, su un piano effettuale, a pena di esclusione dalla gara:

(i) oneri informativi e dichiarativi relativi a vicende penali non ancora definite con sentenza irrevocabile (e, quindi, per definizione di esito incerto), non previsti dalla legge neppure in ordine ai soggetti in carica;

(ii) oneri di dissociazione spontanea, indeterminati quanto alla tipologia delle condotte scriminanti, al relativo riferimento temporale (anche anticipato rispetto al momento di irrevocabilità della sentenza penale) e alla fase della procedura in cui devono essere assolti;

(iii) oneri di leale collaborazione dal contorno indefinito, se non con richiamo alla clausola generale della buona fede».

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