Interpretazione di onerosità dell’appalto e applicabilità della disciplina comunitaria agli ospedali privati convenzionati: rimessione alla Cgue

Leonardo Droghini
06 Ottobre 2017

Devono essere rimesse alla CGUE: la questione interpretativa relativa al concetto di onerosità dell'appalto; e la valutazione di compatibilità con il diritto UE di una normativa nazionale che sottrae alle regole sugli appalti un soggetto privato che, in base alle categorie nazionali, è pubblica amministrazione, ma non è qualificabile come organismo di diritto pubblico e rispetto al quale non sussistono le condizioni dell'affidamento in house.

Il caso. L'ordinanza di rimessione coinvolge una Azienda USLL e un ospedale classificato equiparato, struttura formalmente privata, ma inserita nel sistema pubblico di programmazione sanitaria sulla base di apposita convenzione stipulata con la Regione.

I tre soggetti avevano realizzato una operazione complessa mediante una combinazione di atti che, in base alla prospettazione dell'appellante, si configurava nella sua sostanza economica come un illegittimo affidamento diretto oneroso di una fornitura ad un soggetto privato.

In particolare, la Regione aveva disposto, senza gara, un finanziamento all'ospedale destinato a coprire il costo della produzione e fornitura gratuita di un radiofarmaco a tutte le aziende sanitarie della Regione interessate; successivamente, la USLL aveva affidato direttamente allo stesso ospedale, senza il previo esperimento di una gara pubblica, la fornitura gratuita dello stesso radiofarmaco.

Le questioni. Ricostruita la vicenda, il Consiglio di Stato, chiamato a giudicare la legittimità della procedura di affidamento diretto di fornitura del radiofarmaco, isola due questioni:

  1. se si tratta di un affidamento oneroso, ossia se c'è un nesso di corrispettività tra il finanziamento della Regione e le convenzioni stipulate tra l'ospedale classificato e le singole strutture sanitarie pubbliche della regione;
  2. se l'ospedale classificato è un soggetto pubblico o privato in relazione alla normativa appalti.

La risoluzione di entrambe le questioni, rileva il Collegio, dipende dalla corretta interpretazione della direttiva n. 18 del 2004 e della disciplina nazionale di cui al codice dei contratti pubblici n. 163 del 2006, all'epoca vigenti.

L'onerosità. Quanto alla natura onerosa dell'appalto, è necessario chiarire la nozione di onerosità di cui all'art. 1, par. 2, lett. a), direttiva 2004/18. Secondo la formulazione letterale della norma europea, l'onerosità riguarda il contenuto intrinseco del contratto stipulato dall'amministrazione aggiudicatrice con l'operatore economico. In base a una diversa proposta ermeneutica, ritenuta più aderente alla ratio della disposizione, l'onerosità dovrebbe invece essere riconosciuta anche nei casi in cui l'esecutore della fornitura riceva un significativo vantaggio economico da parte di un'altra amministrazione pubblica, allorché cioè sia ragionevole ritenere, che detto finanziamento sia finalizzato proprio alla realizzazione del servizio o della fornitura in favore di altre amministrazioni pubbliche. Questa è proprio la situazione di fatto sottoposta all'attenzione del Collegio il quale ritiene che, in concreto, il complesso rapporto giuridico in contestazione abbia dato vita, nella sua concreta sostanza economica, ad un appalto oneroso di fornitura.

Tuttavia, poiché l'interpretazione proposta della direttiva potrebbe risultare in contrasto con la formulazione letterale della stessa, in relazione a questo aspetto della vicenda, il Collegio pone la prima questione pregiudiziale interpretativa alla Corte di Giustizia dell'Unione europea: «se la disciplina europea in materia di affidamento dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e, segnatamente, gli articoli 1 e 2 della Direttiva 2004/18/CE, comprenda nel proprio ambito applicativo anche le operazioni complesse mediante le quali un'amministrazione pubblica aggiudicatrice intenda attribuire direttamente ad un determinato operatore economico un finanziamento di scopo, interamente finalizzato alla realizzazione di prodotti destinati ad essere forniti gratuitamente, senza ulteriore procedura di gara, a diverse amministrazioni, esentate dal pagamento di un qualsiasi corrispettivo al predetto soggetto fornitore».

La natura dell'ospedale. In merito alla seconda questione, si impone la necessità di indagare la natura dell'ospedale classificato, pubblica o privata, al fine di stabilire se si versi o meno in un accordo concluso esclusivamente tra due o più amministrazioni aggiudicatrici che, come tale, è escluso dall'ambito di applicazione delle regole di evidenza pubblica (ora art. 5, comma 6 d.lgs. 50/2016).

Sul punto, il Collegio rileva un differente approccio metodologico tra la normativa nazione e quella eurounitaria.

In base alla normativa nazionale italiana, che, nel settore sanitario, adotta una nozione ampia di “ospedale pubblico”, l'ospedale classificato, seppur formalmente privato, ha un ruolo oggettivamente pubblico ed è pertanto equiparato ad una amministrazione pubblica aggiudicatrice. La fattispecie in esame dovrebbe allora essere esclusa dalla disciplina europea sugli appalti pubblici.

Viceversa, la normativa di rango europeo, definisce la nozione di amministrazione aggiudicatrice secondo parametri più rigorosi e individua in modo puntuale i presupposti per l'affidamento diretto ad un soggetto privato. L'ospedale classificato non è né un organismo di diritto pubblico né sussistono i presupposti dell'in house providing, perciò la fattispecie richiederebbe una gara pubblica.

L'incerta compatibilità della qualificazione nazionale con l'orientamento europeo in materia, induce il Consiglio di Stato a sottoporre la seconda questione interpretativa alla CGUE: «se la disciplina europea (…) osti(no) ad una normativa nazionale che, equiparando gli ospedali privati “classificati” a quelli pubblici, attraverso il loro inserimento nel sistema della programmazione pubblica sanitaria nazionale (…), in assenza dei requisiti per il riconoscimento dell'organismo di diritto pubblico e dei presupposti dell'affidamento diretto, secondo il modello dell'in house providing, li sottrae alla disciplina nazionale ed europea dei contratti pubblici, anche nei casi in cui tali soggetti siano incaricati di realizzare e fornire gratuitamente alle strutture sanitarie pubbliche specifici prodotti necessari per lo svolgimento dell'attività sanitaria, ricevendo contestualmente un finanziamento pubblico funzionale alla realizzazione di tali forniture».

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