Sentenze penali di condanna non definitive e deficit di fiducia nei confronti della stazione appaltante

Ester Santoro
16 Novembre 2017

Il Consiglio di Stato, facendo applicazione dei principi di diritto statuiti nella sentenza della Sezione Terza n. 4192/2017, ha evidenziato che, anche con riferimento alle procedure di gara regolate dal “vecchio” Codice dei contratti pubblici, sussiste l'obbligo dei concorrenti di dichiarare le sentenze penali di condanna non passate in giudicato, soprattutto se relative a reati commessi nell'ambito di gare pubbliche. Nell'ipotesi in cui la pubblicazione della sentenza di condanna di primo grado intervenga nelle more dell'espletamento della procedura di gara, sussiste l'obbligo della stazione appaltante di valutarla, in relazione all'art. 38, co. 1, lett. f) del “vecchio” Codice, adottando un provvedimento espresso.

Nella pronuncia in esame, il Consiglio di Stato, pur avendo rigettato il motivo di esclusione dalla gara della società aggiudicataria legato alla revoca di una precedente aggiudicazione, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto la censura relativa alla violazione dell'art. 38, comma 1, lett. f), d.Lgs. n. 163 del 2006, in considerazione dell'omessa valutazione, da parte della stazione appaltante, della sentenza di condanna, non passata in giudicato, per i reati di associazione a delinquere, frode in pubbliche forniture, truffa e falso, commessi nell'ambito di un appalto di oggetto analogo a quello in esame (servizio integrato di sterilizzazione, manutenzione e fornitura in noleggio di strumentario chirurgico in favore di un'Azienda Ospedaliera).

Nel caso di specie, pur non configurandosi un'ipotesi di dichiarazione falsa o incompleta, in quanto la sentenza di primo grado era stata pronunciata dopo la presentazione della domanda di partecipazione (per cui nessun onere dichiarativo era sussistente, a quella data, in capo al legale rappresentante della Società), il Consiglio di Stato ha ritenuto di dovere fare applicazione dei principi statuiti dalla recente sentenza della Sezione Terza, 5 settembre 2017, n. 4192, sebbene relativi ad una procedura di gara regolata dal d.lgs. n. 50 del 2016. Nella citata pronuncia, in sintesi, è stato statuito che, ai sensi dell'art. 80, comma lett. c) del nuovo Codice, sussiste l'obbligo dei concorrenti di dichiarare anche le condanne penali non definitive, senza operare alcun filtro preventivo, ed essendo rimessa esclusivamente alla stazione appaltante la valutazione circa la sussistenza di un illecito professionale grave, tale da minare l'affidabilità e l'integrità di un operatore economico, impedendone l'ammissione alla gara.

Nella gara in esame, secondo il Collegio, dal momento che la sentenza penale di condanna era stata pubblicata prima dell'adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva e che la stazione appaltante ne era stata resa edotta mediante il preavviso di ricorso inviato dalla società seconda classificata, l'Amministrazione avrebbe dovuto provvedere alla valutazione della sentenza, in relazione all'art. 38, comma 1, lett. f) d.lgs. n. 163 del 2006. Partendo da tale ragionamento e rilevando che, nel caso di specie, la stazione appaltante – pur avendo proceduto alla stipula del contratto (astrattamente qualificabile alla stregua di un “comportamento concludente”) - non aveva esplicitato alcuna motivazione né posto in essere un'istruttoria sul punto, il Consiglio di Stato ha annullato in parte in qua la sentenza impugnata e, per l'effetto, il provvedimento di aggiudicazione definitiva, con la precisazione che detto annullamento, conseguendo ad un vizio del procedimento, comporta che la stazione appaltante dovrà seguire, ora per allora, il procedimento corretto, valutando, con un provvedimento espresso, la sentenza penale ai fini dell'ammissione ovvero dell'esclusione della Società dalla gara.

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