Le conclusioni dell’Avvocato Generale sull’onerosità del soccorso istruttorio

20 Novembre 2017

L'art. 51 della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, non osta a una normativa nazionale – quale quella prevista dall'art. 38, comma 2-bis, d.lgs. n. 163 del 2006 – che subordina al pagamento di un importo la sanatoria di determinate irregolarità formali in cui sia incorso l'offerente nel formulare la propria proposta, a condizione che: si garantisca il rispetto dei principi di trasparenza e di parità di trattamento, la sanatoria non permetta la presentazione di ciò che in realtà sarebbe una nuova offerta e l'onere sia proporzionato agli obiettivi che lo giustificano.

Il caso.

1.Causa C-523/16 Nel gennaio 2016, una società facente parte del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane ha indetto una procedura aperta per l'affidamento delle attività di manutenzione, nonché alla fornitura di energia presso gli immobili delle proprie stazioni ferroviarie. Il bando di gara rinviava agli artt. 38, comma 2-bis, e 46, comma 1-ter, d.lgs. n. 163 del 2006, in relazione alla possibilità di sanare le irregolarità essenziali delle offerte. In caso di soccorso istruttorio, il concorrente avrebbe dovuto pagare all'ente aggiudicatore una sanzione pecuniaria pari a 35000 euro per ciascun lotto. L'ente aggiudicatore ha constatato che la documentazione presentata dall'RTI ricorrente era viziata da irregolarità essenziali e ha invitato quest'ultimo a sanare le irregolarità, infliggendo la sanzione pecuniaria. L'RTI ha impugnato dinanzi al giudice del rinvio la decisione con cui l'ente aggiudicatore respingeva la domanda di annullamento della sanzione e diffidava la concorrente al relativo pagamento.

2.Causa C-536/16 Nel 2014, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza in favore dei Ragionieri e Periti Commerciali (CNPR) ha indetto una procedura aperta finalizzata alla sottoscrizione di un accordo quadro per la designazione di gestori del suo portafoglio mobiliare. Il bando di gara rinviava all'art. 38, comma 2-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, in relazione alla possibilità di sanare le irregolarità essenziali delle offerte con inflizione di una sanzione pecuniaria di 50000 euro e con la concessione di un termine di 10 giorni per sanare il vizio. L'ente aggiudicatore rilevava che la documentazione presentata dalla ricorrente era viziata da un'irregolarità essenziale e chiedeva alla società di procedere alla regolarizzazione, infliggendole, al contempo, la sanzione pecuniaria prevista dal bando. La ricorrente ha impugnato la decisione con cui le veniva inflitta tale sanzione dinanzi al giudice del rinvio.

Le questioni pregiudiziali

In entrambi i casi, il TAR Lazio ha sollevato le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se, pur essendo facoltà degli Stati membri imporre il carattere oneroso del soccorso istruttorio con efficacia sanante, sia, o meno, contrastante con il diritto comunitario l'art. 38, comma 2-bis, d.lgs. n. 163 del 2006, nel testo vigente alla data del bando di cui trattasi (...) laddove è previsto il pagamento di una “sanzione pecuniaria”, nella misura che deve essere fissata dalla stazione appaltante (“non inferiore all'uno per mille e non superiore all'uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50 000 euro, il cui versamento è garantito dalla cauzione provvisoria”), sotto il profilo dell'importo eccessivamente elevato e del carattere predeterminato della sanzione stessa, non graduabile in rapporto alla situazione concreta da disciplinare, ovvero alla gravità dell'irregolarità sanabile;

2) se, al contrario, il medesimo art. 38, comma 2-bis, del d. lgs. n. 163 del 2006 (sempre nel testo vigente alla data sopra indicata) sia contrastante con il diritto comunitario, in quanto la stessa onerosità del soccorso istruttorio può ritenersi in contrasto con i principi di massima apertura del mercato alla concorrenza, cui corrisponde il predetto istituto, con conseguente riconducibilità dell'attività, al riguardo imposta alla Commissione aggiudicatrice, ai doveri imposti alla medesima dalla legge, nell'interesse pubblico al perseguimento della finalità sopra indicata».

Le osservazioni dell'Avvocato Generale

L'Avvocato Generale ha invertito l'ordine di risposta alle questioni pregiudiziali sollevate, poiché la prima questione (sui limiti relativi all'importo della sanzione) presuppone una risposta affermativa alla seconda (relativa alla facoltà dello Stato membro di imporre la sanzione stessa):

-Sulla facoltà dello Stato di stabilire un meccanismo di «soccorso istruttorio con efficacia sanante a pagamento». Per l'Avvocato Generale, la giurisprudenza della Corte di Giustizia sulla direttiva 2004/18 non ha mosso obiezione al fatto che gli Stati membri prevedano che le amministrazioni aggiudicatrici esigano il pagamento di un determinato importo (nella specie, a titolo di sanzione) ai concorrenti che si trovino nella situazione appena delineata. L'art. 51 della direttiva 2004/18 stabilisce, infatti, che le amministrazioni aggiudicatrici possono «invitare gli operatori economici» a integrare o chiarire determinati certificati e documenti, senza indicare “i mezzi che devono essere forniti al rispetto, lasciando la relativa decisione alla discrezione degli Stati membri. Questi ultimi godono (…) di un ampio margine discrezionale nello scegliere i mezzi, conformemente alle proprie opzioni legislative, sempreché la normativa che adottano non entri in conflitto con il precetto in parola né con le restanti disposizioni di diritto dell'Unione”. Ad ogni modo, risulterebbe contraria alla direttiva 2004/18 una norma nazionale che, a causa dell'entità di tale onere, comportasse un ostacolo difficilmente sormontabile alla partecipazione delle imprese (soprattutto di piccole e medie dimensioni) alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici e determinasse una restrizione della concorrenza auspicabile. Occorre precisare che è consentito apportare “un chiarimento su singoli punti o una correzione di manifesti errori materiali”, ma non “una modifica sostanziale e significativa dell'offerta iniziale, che si avvicina piuttosto alla presentazione di una nuova offerta”. Al contempo, è esclusa la comunicazione di “documenti non contenuti nell'offerta iniziale” quando la loro consegna in un momento successivo equivalga, in realtà, alla presentazione di una nuova offerta, nonché nel caso in cui “i documenti dell'appalto richiedessero la comunicazione del documento o dell'informazione mancante sotto pena di esclusione”.

- Sull'importo della sanzione e sul principio di proporzionalità. Secondo l'Avvocato Generale, la sproporzione della sanzione è evidente in entrambi i casi. Neppure l'obiettivo di garantire la serietà delle offerte autorizza l'imposizione di sanzioni tanto sproporzionate. In primo luogo, poiché le stesse sono inflitte a prescindere dal numero delle irregolarità commesse e dal loro grado di complessità. Tale obiettivo, peraltro, deve essere equilibrato con quello di promuovere la partecipazione del maggiore numero possibile di offerenti, che si traduce in una maggiore concorrenza. Al contempo, un onere con tali caratteristiche disincentiverà in maggiore misura gli offerenti stabiliti in altri Stati membri.

Le conclusioni. L'Avvocato Generale ha concluso che:

  1. L'art. 51 della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, non osta a una normativa nazionale – quale quella prevista dall'art. 38, comma 2-bis, d.lgs. n. 163 del 2006 – che subordina al pagamento di un importo la sanatoria di determinate irregolarità formali in cui sia incorso l'offerente nel formulare la propria proposta, a condizione che: si garantisca il rispetto dei principi di trasparenza e di parità di trattamento, la sanatoria non permetta la presentazione di ciò che in realtà sarebbe una nuova offerta e l'onere sia proporzionato agli obiettivi che lo giustificano.
  2. L'art. 51 della direttiva 2004/18, interpretato conformemente ai principi del diritto dell'Unione che hanno ispirato le disposizioni applicabili ai contratti pubblici, non permette di infliggere agli offerenti sanzioni pecuniarie il cui importo non possa essere inferiore all'uno per mille né superiore all'uno per cento del valore della gara, con un limite massimo di 50000 euro.

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