Legge - 27/07/2000 - n. 212 art. 2 - Chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie.

Mario Cavallaro
aggiornato da Sara Piancastelli

Chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie.

1. Le leggi e gli altri atti aventi forza di legge che contengono disposizioni tributarie devono menzionarne l'oggetto nel titolo; la rubrica delle partizioni interne e dei singoli articoli deve menzionare l'oggetto delle disposizioni ivi contenute.

2. Le leggi e gli atti aventi forza di legge che non hanno un oggetto tributario non possono contenere disposizioni di carattere tributario, fatte salve quelle strettamente inerenti all'oggetto della legge medesima.

3. I richiami di altre disposizioni contenuti nei provvedimenti normativi in materia tributaria si fanno indicando anche il contenuto sintetico della disposizione alla quale si intende fare rinvio.

4. Le disposizioni modificative di leggi tributarie debbono essere introdotte riportando il testo conseguentemente modificato.

4-bis. Le norme tributarie impositive che recano la disciplina del presupposto tributario e dei soggetti passivi si applicano esclusivamente ai casi e ai tempi in esse considerati 1.

Inquadramento

Se l'intero statuto del contribuente può essere ritenuto espressione più dell'ottimismo della volontà che del realismo della prassi, certamente tale ispirazione è propria dell'art. 2, che del resto espone principi altamente condivisibili, che dovrebbero essere utilizzati per la redazione di tutti i testi normativi e non soltanto per quelli aventi carattere tributario. Non a caso, del tema ci si è occupati anche indipendentemente dalla legislazione tributaria in senso stretto, ed esso è oggetto di fonti di diversa natura.

Segnaliamo qui, ad esempio, la Circ. Presidenza del Consiglio dei Ministri del 2 maggio 2001, n. 1/1.1.26/10888/9.92 «Guida alla redazione dei testi normativi» e le «Regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi» della Presidenza del Senato, del maggio 2001 (segno di una coeva attenzione al tema da più parti delle istituzioni aventi potestà legislativa propria o delegata). Non meno significativo il d.lgs. 1 dicembre 2009, n. 179, avente specificamente ad oggetto: «Disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246». La legge 28 novembre 2005, n. 246 «Semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005» definita il taglialeggi, ha avuto controversa sebbene spettacolare attuazione, con una pira fisica di norme da abrogare, e soprattutto scarsa incisività rispetto al programmato obbiettivo di disboscare la c.d. «giungla normativa» che è e rimane particolarmente folta in campo tributario.

La Cassazione, pur occupandosi nella sentenza, Cass. V, n. 17576/2002, soprattutto di altre disposizioni dello Statuto, ed in particolare dell'art. 10, ha chiarito — in riferimento all'art. 2 — la natura di indirizzo eminentemente rivolto alla tecnica di redazione degli atti legislativi, e perciò possiamo argomentare che la disposizione abbia una doppia cifra, capace di parlare sia al legislatore sia al legista, ruoli che spesso si intersecano nella formulazione dei testi normativi.

Dell'art. 2 si è occupata anche la Corte cost., ord. n. 185/2009: “È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 62, comma 1, lettera a), della legge 27 dicembre 2002, n. 289, in quanto la norma denunciata, derogando «alla disciplina generale dettata dagli artt. 2,5 e 6 della legge 27 luglio 2000, n. 212», violerebbe l'art. 97 Cost., perché — contrariamente a quanto assume il rimettente — da un lato, la norma censurata non attiene all'organizzazione dei pubblici uffici cui si riferisce il citato art. 97 Cost., dall'altro le disposizioni della legge n. 212 del 2000 non costituiscono parametro idoneo a fondare il giudizio di legittimità costituzionale.”

I principi di chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie

La chiarezza e la trasparenza, a cui la norma è espressamente intitolata, sono requisiti che potremmo definire intrinsechi dell'atto normativo.

Studi molto raffinati ed approfonditi proprio in materia di drafting tributario (Piciocchi) hanno rilevato, oltre all'esistenza di quelle che possiamo ritenere le quattro direzioni delle prescrizioni legistiche — a cui per brevità rimandiamo in quanto espressamente contenute nei quattro commi dell'art. 2 — che il vero dato significativo è, nel caso specifico, l'utilizzazione dello strumento normativo primario, la legge ordinaria, il che conferisce alle disposizioni di tecnica legislativa un inusuale forte grado nella gerarchia delle fonti, tanto che si può legittimamente sostenere che anche queste disposizioni sono impartite, ad esempio, al legislatore regionale e alle amministrazioni locali affinché redigano seguendo i precetti contenuti nell'art. 2 le disposizioni di loro competenza.

Un altro elemento significativo (Mercatali, cit.) è che siano state adottate — com'è ritenuto indispensabile nella tecnica legistica — per la stesura delle leggi specifiche norme di ortografia, lessico, sintassi, stile e struttura del testo che in parte richiamano quelle dell'italiano, in parte le integrano e in parte le sostituiscono. Le regole desumibili dal testo tendono a garantire la necessaria certezza ed uniformità delle prescrizioni legislative in materia tributaria, molto delicata sotto il profilo patrimoniale e del rispetto dei principi costituzionali, sia quelli generali in materia di eguaglianza e parità di trattamento sia quelli specifici che riguardano la legittimità costituzionale dell'apporto che attraverso la tassazione si chiede al cittadino-contribuente.

La corretta redazione dei testi normativi non è solo questione di buona prassi e di opportunità, ma si lega all'equità sostanziale della legislazione (Amato, 47) ed alla possibilità che la P.A., chiamata ad applicarla, possa farlo con imparzialità, efficacia ed efficienza. Ciò ha grande rilievo nella materia tributaria, in cui la delicata fase di interpretazione della legge richiede una corretta impostazione tecnica e linguistica delle norme, atteso che diritto e linguaggio sono secondo molti giuristi inscindibilmente legati (Gentili,Il Diritto come Discorso, Milano, 2013).

Né limita l'applicazione della norma la formale qualificazione delle disposizioni di legge: Corte cost. ord., 27 febbraio 2008, n. 41: «È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 36, comma 2 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale), convertito con modificazioni nella l. 4 agosto 2006, n. 248, sollevata in riferimento agli art. 3 e 53 Cost. ed ai principi di ragionevolezza, non contraddizione, affidamento e certezza del diritto. L'interpretazione fornita dal legislatore tributario, per il tramite della norma censurata, risulta compatibile con la formulazione letterale dell'art. 2, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 504/1992 ed annoverabile fra le soluzioni ermeneutiche ammesse dalla citata disposizione. Conseguentemente, non ostando l'art. 2 della l. 27 luglio 2000, n. 212 all'adozione di disposizioni di interpretazione autentica prive di manifesta qualificazione in tal senso e costituendo la potenzialità edificatoria dell'area, ancorché accordata da strumenti urbanistici il cui iter non sia stato perfezionato, elemento suscettibile di attribuire un incremento del valore venale all'immobile, la questione di legittimità costituzionale deve essere rigettata.”

L'interprete, il pratico, il giurista ogni volta che si dedicano al lavoro ermeneutico devono poter immediatamente cogliere l'inquadramento della norma nella materia (di qui l'obbligo di non inserire norme tributarie se non indispensabile in testi normativi di altra materia), di poter dare un immediato conto attraverso una previa redazione virtuosa del dipanarsi espositivo della norma (titoli, capitoli ecc.) e di evitare, cosa troppo frequente nelle norme tributarie, ricchissime di rimandi, di perdere il filo logico e contenutistico dovendo consultare più testi spesso non coordinati fra loro. Non va dimenticato inoltre che le norme dell'art. 2 sono anche linee guida cogenti per la produzione legislativa regionale, quindi anche tali principi generali possono divenire un parametro di controllo della legalità costituzionale (si pensi a come l'art. 97 Cost. può essere violato da disposizioni oscure che impediscano alla P.A. di svolgere il ruolo costituzionale assegnatole), ma anche un parametro di confronto, in sede giurisdizionale, degli atti «normativi» emanati dalla P.A. e di quelli attuativi emanati per la consequenziale regolazione delle fattispecie concrete. (Cfr. C.t.r. Puglia, Lecce XXIII, 25 febbraio 2011 in tema di atto di classamento catastale impugnato per violazione degli artt. 2 e 7, l. n. 212/2000: “Si riscontra un vizio di motivazione, quando dalle informazioni a propria disposizione il contribuente non riesca ad arrivare alla ricostruzione degli elementi fondamentali per un efficace difesa, cioè non sia in grado di risalire al ragionamento giuridico che ha portato all'emissione dell'atto dell'ufficio.”

La specialità della legistica tributaria

L'art. 2 prescrive molte regole di tecnica redazionale delle norme tributarie, alcune più afferenti alla forma della legge ed altre più «sostanziali», nel senso — ad esempio — che il divieto di inserire norme tributarie in leggi aventi altro oggetto «salvo che non sia indispensabile» richiede un pregnante controllo di merito non solo sul contenuto prescrittivo della norma, ma anche sui casi in cui potrebbe ricorrere una eccezione accettabile, prevista dall'art. 2, alla regola generale.

In verità occorre da ultimo rilevare che non solo la giurisprudenza ha fatto uso molto raro dell'art. 2, ma che esso è rimasto se non grida manzoniana certo fra le norme più disattese dell'intero Statuto dei diritti del contribuente. La legislazione seguita negli anni allo statuto e fino all'attualità non risulta aver emendato i difetti che la norma si proponeva di contrastare ed anzi oscurità del testo, rinvii semplici, introduzione di norme tributarie nelle più disparate disposizioni sono tuttora mali che quotidianamente emergono nella realtà normativa del paese, in verità non solo nel campo tributario, sicuramente uno dei peggiori tanto che il fisco è considerato ormai «complicato, instabile, costoso, pieno zeppo di vie di fuga e contraddizioni. Iniquo» in un fortunato saggio di qualche tempo fa. (A. Giovannini,Il Re Fisco è nudo, Milano, 2016, 9).

Ciò anche in riferimento ad una iperplasia della produzione normativa e di quella paranormativa che, essendo di indirizzo o di interpretazione applicativa, non fa che peggiorare la situazione: l'anno scorso, nel 2016, sono stati approvati undici tra leggi e decreti legge in materia fiscale, modificando 110 normative esistenti.

Inoltre sono stati emanati 36 decreti ministeriali composti da ben 138 articoli; il direttore dell'Agenzia delle Entrate ha firmato 72 provvedimenti ed infine gli uffici del MEF e dell'Agenzia delle entrate hanno pubblicato 50 circolari e 122 risoluzioni costituite, complessivamente, da quasi 2.000 pagine.

In tale quadro la giurisprudenza pur tenendo fermo l'insegnamento della Corte Costituzionale più volte ribadito (Corte cost. ord., n. 185/2009: «È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 62, comma 1, lettera a), della legge 27 dicembre 2002, n. 289, in quanto la norma denunciata, derogando «alla disciplina generale dettata dagli artt. 2,5 e 6 della legge 27 luglio 2000, n. 212», violerebbe l'art. 97 Cost., perché — contrariamente a quanto assume il rimettente — da un lato, la norma censurata non attiene all'organizzazione dei pubblici uffici cui si riferisce il citato art. 97 Cost., dall'altro le disposizioni della legge n. 212 del 2000 non costituiscono parametro idoneo a fondare il giudizio di legittimità costituzionale.») ha continuamente ribadito che (Cass. V, n. 10982/2009) «il principio della tutela del legittimo affidamento del cittadino, reso esplicito in materia tributaria dall'art. 10 dello Statuto dei diritti del contribuente, è infatti espressivo di principi generali, anche di rango costituzionale, immanenti nel diritto e nell'ordinamento tributario anche prima della legge, sicché vincola l'interprete, in forza del canone ermeneutico dell'interpretazione adeguatrice a Costituzione, risultando così applicabile sia ai rapporti tributari sorti in epoca anteriore alla sua entrata in vigore, sia ai rapporti fra contribuente ed ente impositore diverso dall'Amministrazione finanziaria dello Stato, sia ad elementi dell'imposizione diversi da sanzioni e interessi, giacché i casi di tutela espressamente enunciati da tale disposizione riguardano situazioni meramente esemplificative.”

In conclusione, il quadro normativo generale in cui è opportuna la lettura sistematica dell'art. 2 è ben esposto da Cass. V, n. 17576/2002: «La maggior parte delle disposizioni della legge 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. «Statuto del contribuente») costituisce attuazione di «principi generali dell'ordinamento tributario» come risulta chiaramente dall'autoqualificazione stessa delle disposizioni della legge e dal loro contenuto normativo, dal loro oggetto, dal loro scopo e dalla loro incidenza nei confronti di altre norme della legislazione e dell'ordinamento tributari, nonché dei relativi rapporti. In particolare, alle specifiche «clausole rafforzative» di autoqualificazione delle disposizioni stesse dello Statuto del contribuente come attuative delle norme costituzionali e come «principi generali dell'ordinamento tributario» deve essere attribuito il preciso valore normativo di formulazione sintetica di quattro diversi e specifici significati: in primo luogo, quello di «principi generali del diritto, dell'azione amministrativa e dell'ordinamento particolare tributari» (artt. 3 e 5 — 19, che dettano disposizioni volte sia a disciplinare l'efficacia temporale delle norme tributarie, sia ad assicurare la «trasparenza» dell'attività stessa, sia ad orientare in senso garantistico tutta la prospettiva costituzionale del diritto tributario); in secondo luogo, quello di «principi fondamentali della legislazione tributaria», tesi a vincolare in vario modo l'attività del futuro legislatore tributario, statale e regionale, sia nella scelta della fonte di produzione (artt. 1, comma 2 e 4) e del relativo oggetto (art. 2, comma 2), sia nella tecnica di redazione delle leggi (art. 2, commi 1, 3 e 4); in terzo luogo, quello di «principi fondamentali della materia tributaria», in relazione all'esercizio della relativa «potestà legislativa concorrente» da parte delle Regioni (cfr. combinato disposto degli artt. 1, comma 3, dello Statuto del contribuente, 117, commi 2, lett. e, quarto periodo e 3, e 119, commi 1 e 2 Cost., nei testi sostituiti, rispettivamente, dagli artt. 3 e 5 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3); ed infine, quello di «norme fondamentali di grande riforma economico sociale», in relazione all'esercizio della potestà legislativa «esclusiva» da parte delle Regioni ad autonomia speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano (cfr. artt. 1, comma 3, secondo periodo, dello Statuto del contribuente e 116, comma 1, Cost., nel testo sostituito dall'art. 2 della legge costituzionale n. 3 del 2001, nonché art. 10 di quest'ultima legge), naturalmente laddove, in tutte o in alcune disposizioni statutarie, sia possibile individuare, secondo i criteri elaborati dalla Corte Costituzionale, siffatta caratteristica. Di conseguenza, deve ritenersi che le disposizioni statutarie (al di là di ogni eventuale ostacolo «formale» o sistematico) magis valeant nella legislazione tributaria, oltre alla circostanza secondo cui è insita nella categoria dei «principi giuridici» la funzione di orientamento ermeneutica ed applicativo vincolante nell'interpretazione della legge tributaria, pur dovendosi distinguere nell'ambito delle disposizioni dello Statuto del contribuente tra quelle di principi già «immanenti» nel diritto o nell'ordinamento tributario (come quelle in tema di conoscenza, chiarezza e motivazione degli atti) e quelle che — pur dettate in attuazione delle richiamate norme costituzionali — presentano, invece, un contenuto totalmente o parzialmente innovativo rispetto allo stato della legislazione tributaria preesistente (esempi ne sono le disposizioni in materia di interpello del contribuente, dettate dall'art. 11, e, almeno in parte, quelle in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, dettate dall'art. 12).”

Il divieto di analogia

In attuazione della delega per la riforma fiscale, l'art. 1, comma 1, lett. b), del d.lgs. 30 dicembre 2023, n. 219, (pubblicato nella G.U. 4 gennaio 2024, n. 3), recante “Modifiche allo statuto dei diritti del contribuente”, ha introdotto nell'articolo 2 in commento,  il “nuovo” comma 4-bis, a mente del quale “Le norme tributarie impositive che recano la disciplina del presupposto tributario e dei soggetti passivi si applicano esclusivamente ai casi e ai tempi in esse considerati”.

 L'introduzione del divieto di analogia per le disposizioni tributarie impositive che recano la disciplina del presupposto tributario e dei soggetti passivi recepisce la sostanziale convergenza in materia della dottrina tributaria e della giurisprudenza, che hanno affrontato il problema sotto numerosi punti di vista: sia quello della riserva di legge, ora facendosi discendere da tale principio un divieto di analogia (Cass., S.U., n. 18574/2016), ora ritenendolo irrilevante, non creando l'analogia un nuovo tributo e risolvendosi la differenza tra interpretazione e analogia in una mera distinzione “di grado”; poi, quello della struttura delle norme tributarie, soprattutto per la tesi che qualifica le norme tributarie come norme “a fattispecie esclusiva”, non potendo esse trovare applicazione al di fuori di date situazioni concrete ben determinate (anche Cass., n. 30722/2011); ancora, quello del principio di “tassatività” delle fattispecie impositive; infine, quello della completezza dell'ordinamento giuridico tributario, ora nella prospettiva della “norma generale esclusiva” [secondo cui tutti i comportamenti non compresi nella norma particolare sono regolati da una norma generale esclusiva, cioè dalla regola che implicitamente esclude (= esclusiva) tutti (= generale) i comportamenti che non rientrano nella norma particolare], ora in quella dello “spazio giuridico vuoto” (per la quale l'ordinamento giuridico si innesterebbe su una situazione di fondo rappresentata dalla libertà naturale degli individui, sicché il diritto sarebbe costituito da norme imperative, le quali agirebbero in funzione di limitazione di tale libertà, con l'effetto che le aree non disciplinate presupporrebbero aree di libertà “residuali” contrapposte ad aree regolate da norme imperative). Tesi, queste ultime, delle quali la teoria generale ha tuttavia affermato la scarsa idoneità al perseguimento del fine da esse propostosi, potendo la vera “completezza” dell'ordinamento essere raggiunta solo tramite un espresso divieto di analogia, che mancava nel diritto tributario e una cui traccia si rinveniva nella delega per la riforma del sistema tributario di cui alla legge n. 80/2003 mai attuata in parte qua. La novella intende, pertanto, introdurre un principio applicativo restrittivo, precisando, come detto, che le norme tributarie impositive che recano la disciplina del presupposto tributario e dei soggetti passivi si applicano esclusivamente ai casi e ai tempi in esse considerati.

Bibliografia

Aiello, Lo statuto dei diritti del contribuente. La l. 27 luglio 2000, n. 212, in Boll. trib. 2000, 1128; Amato, Principi di tecnica della legislazione, in AA.VV., Corso di studi Legislativi 1988-1989, Padova 1990, 47 ss.; Amatucci, «Legge tributaria», in Enc. giur., XVIII, Roma, 1991; Antico, La motivazione «per relationem» alla luce dello statuto del contribuente, in Tributi 2001, 665; Antonini, Intorno alle «metanorme» dello Statuto dei diritti del contribuente, rimpiangendo Vanoni, in Riv. dir. trib. 2001, 1, 619; Brighenti, Statuto del contribuente e violazioni formali, in Boll. trib. 2000, 1132; Brunelli, L'accollo del debito di imposta nello Statuto del contribuente, in Notariato 2001, 185; Bruzzone, Statuto del contribuente: fonte di diritti o di doveri?, in Corr. trib. 2001, 1025; Buccico, Lo Statuto del contribuente: principi e lacune, in il Fisco 2001, 7005; S. Capolupo - M. Capolupo, Statuto del contribuente e diritto di interpello, Milano, 2001, 15; Caputi, Sui principi dello statuto del contribuente, in il Fisco 2001, 7779; Caraccioli, Nuovo sistema penal-tributario e «Statuto del contribuente», in il Fisco 2000, 9825; Cianfrocca-Rotunno, I tributi locali e lo statuto dei diritti del contribuente, in il Fisco 2000, 13737; Colli Vignarelli, Considerazioni sulla tutela dell'affidamento e della buona fede nello Statuto dei diritti del contribuente, in Riv. dir. trib. 2001, I, 669; Corso, Il ritorno del «principio di fissità» nello statuto del contribuente, in Corr. trib. 2000, 2789; Cucuzza, Alcune riflessioni operative sullo Statuto dei diritti del contribuente, in il Fisco 2001, 11015; D'Amati, Instabilità ed incertezze della legislazione della riforma, in Boll. trib. 1982, 421; D'Ayala Valva, Il principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente. Il ruolo dello Statuto, in Riv. dir. trib. 2001, 1, 915; Dami, Brevi riflessioni sulla portata dello «statuto del contribuente» a margine di un caso emblematico di interpretazione autentica, in Riv. trib. 2001, 867; De Mita, Sull'esigenza di una codificazione fiscale, in Interesse fiscale e tutela del contribuente, Milano, 2000, 71; Deotto-Magrini, La «nuova» motivazione dopo le disposizioni attuative dello statuto del contribuente, in Corr. trib. 2001, 1033; Di Pietro, I regolamenti, le circolari e le altre norme amministrative per l'applicazione della legge tributaria, in Amatucci (a cura di), Trattato di diritto tributario, Padova, 1994, 644; Falsitta, Vicende e prospettive delle codificazioni tributarie in Italia, in Riv. dir. trib. 2002, 195; Falsitta, Lo statuto dei diritti del contribuente e il castello dei Pirenei, in Corr. giur. 2001, 145; Fantozzi, Diritto tributario, Torino, 1998; M. Ferri, Statuto del contribuente: le novità in materia di tributi locali, in il Fisco 2001, 13628; Franceschelli, Lo statuto del contribuente visto da un privatista, in Resp. com. impr. 2001, 25; Galeazzi, I caratteri dell'obbligazione tributaria e le recenti disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente, in NLCC 2001, 3; Galeotti Flori, La motivazione degli atti dell'amministrazione alla luce dello «statuto del contribuente», in Foro toscano 2001, 82; A. D. Giannini, I concetti fondamentali del diritto tributario, Torino, 1956, 332; Giovannini, Il diritto tributario per princìpi, Milano, 2014, 18 s.; Glendi, Commento alla legge 212/2000, in Corr. trib. 2000, 2416; Grimaldi, Accertamenti ben motivati prima dello statuto del contribuente, in Riv. giur. trib. 2002, 410; Grimaldi, La Cassazione interpreta lo statuto del contribuente, in Tributi 2002, 97; Guastini, Il diritto come linguaggio, Lezioni 2, Torino, 2006; Ioly, Lo statuto del contribuente: genesi delle norme e contenuto attuale della l. n. 212 del 2000, in Tributi 2000, 976; Irollo, In tema di «fissità» dello Statuto del contribuente alla luce del sistema costituzionale delle fonti del diritto e del valore dei principi generali dell'ordinamento, in Giur. it. 2001; Lupi, Diritto tributario. Parte generale, Milano, 2001; Malagù, Lo statuto del contribuente ed il suo garante, in Boll. trib. 2000, 1203; Marongiu, Lo statuto dei diritti del contribuente nell'accertamento e nel processo, in Dir. prat. trib. 2014, 6, 10954 ss.; Marongiu, Voce del Dizionario di diritto pubblico, VI, Milano, 2006, 23 – 47; Marongiu, Il « D. L. » tra i principi generali dello Statuto del contribuente e l'insegnamento della Consulta, in Corr. trib. 2002, 253; Marongiu, La retroattività della legge tributaria, in Corr. trib. 2002, 469 ss.; Marongiu, Statuto del contribuente, affidamento e buona fede, in Riv. trib. 2001, 1275; Marongiu, Statuto del contribuente: primo consuntivo ad un anno dall'entrata in vigore, in Corr. trib. 2001; Mazzocchi, Lineamenti di diritto tributario, Milano, 2015, 8 ss.; Mazzuti, Statuto del contribuente e tributi locali: conseguenze della violazione degli adempimenti a carico dei comuni, in Riv. trib. loc. 2001, 145; Mencarelli, Primi rilievi su compensazione e statuto del contribuente, in Riv. dir. trib. 2001, I, 1239; Miceli, Motivazione «per relationem »: dalle prime elaborazioni giurisprudenziali allo Statuto del contribuente, in Riv. dir. trib. 2001, I, 1145; Nocera, Statuto del contribuente: la non punibilità nei casi di buona fede, in Corr. trib. 2000, 2470; Pagano, Introduzione alla legistica. L'arte di preparare le leggi, Milano, 2004; Perrucci, Lo statuto dei diritti del contribuente, in Boll. trib. 2000, 1060; Pezzinga, Lo statuto dei diritti del contribuente, in il Fisco 1997, 1289; Piciocchi, Codice di Drafting, Sezione II, Il drafting Tributario, in Tecnichenormative.it -Il Portale del drafting legislativo; Sala, Sull'applicabilità retroattiva dello Statuto dei diritti del contribuente, in Dir. prat. trib. 2001, II, 463; Screpanti, Statuto dei diritti del contribuente: approvate in via definitiva dal consiglio dei ministri le disposizioni attuative, in il Fisco 2001, 2195; Screpanti, Statuto dei diritti del contribuente, in il Fisco 2000, 13737; Tesauro Compendio di diritto tributario, Torino, 2013, 23 s.; Uricchio, voce Statuto del contribuente, in Digesto Agg., II, Torino, 2003, 845 ss.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario