Codice Civile art. 9 - Tutela dello pseudonimo.InquadramentoIn senso proprio, si intende per pseudonimo il nome, o generalmente qualsiasi espressione verbale, frutto della pura immaginazione del suo titolare, diverso dal suo nome anagrafico o civile. In questo senso, lo pseudonimo è un mezzo di identificazione personale che, seppur distinto dal nome anagrafico, acquista un certo rilievo in una determinata cerchia sociale di riferimento, tanto da acquisire una potenzialità identificativa pari al nome (per la funzione identificativa dello pseudonimo, De Cupis, 562, qualora il suo impiego non sia isolato, ma costante). Così, ad es., è valido il testamento olografo sottoscritto utilizzando il proprio pseudonimo, e non il nome ed in cognome, come sarebbe da attendersi nella normalità dei casi, sempre che lo pseudonimo sia in effetti tale da designare con certezza la persona del testatore (art. 602, comma 2, c.c.); ancora, ai sensi dell'art. 8 della legge sul diritto d'autore (l. 22 aprile 1941, n. 633), «è reputato autore dell'opera, salvo prova contraria chi è in essa indicato come tale, nelle forme d'uso, ovvero è annunciato come tale, nella recitazione, esecuzione, rappresentazione e radiodiffusione dell'opera stessa. Valgono come nome lo pseudonimo, il nome d'arte, la sigla o il segno convenzionale, che siano notoriamente conosciuti come equivalenti al nome vero». In buona sostanza, quindi, lo pseudonimo svolge una funzione identificativa nella persona in una determinata cerchia sociale, tanto che il soggetto sia riconosciuto e designato con tale termine in quel contesto, indipendentemente dagli scopi dell'uso dello pseudonimo stesso, non potendo «ritenersi illecito il ricorso allo pseudonimo come “maschera” perché nella vita di relazione l'anonimato, come la riservatezza, è sicuramente tutelato in funzione del rispetto della persona» (così Alpa – Ansaldo, 437). E' indubbia, quindi, l'inclusione anche dello pseudonimo, stante la sua funzione identificativa della persona, tra i diritti della personalità dell'individuo (Piazza, 898: «La tutela giuridica che … riceve lo pseudonimo nel suo duplice possibile modo di atteggiarsi, sia come mezzo di occultamento della persona a presidio del suo riserbo che come simbolo di identificazione della stessa dotato di forza evocativa pari a quella del nome, rivela la natura di vero e proprio diritto della personalità»). Alcune disposizioni speciali si occupano anche dello pseudonimo. Così, ad es., l'art. 8, comma 2, della l. n. 633/1941, ai fini della tutela del diritto d'autore, riconosce come autore dell'opera anche colui che sia indicato con uno pseudonimo, sempre che, tuttavia, tale metodo di designazione dell'autore sia notoriamente conosciuto come equivalente al nome vero. Ancora, l'art. 28, comma 3, del d.lgs. n. 82/2005, come novellato con d.lgs. n. 217/2017, ha previsto che il certificato di firma elettronica qualificata può contenere, tra l'altro, ove richiesto dal titolare di firma elettronica o dal terzo interessato, le informazioni relative ad uno pseudonimo, se qualificato come tale (lett. c-bis), se pertinente e non eccedente rispetto allo scopo per il quale il certificato è richiesto. La tutela dello pseudonimoPer questo il Codice, all'art. 9 c.c., accorda allo pseudonimo una tutela del tutto coincidente con quella prevista per il nome, stante l'espresso rinvio compiuto dall'art. 9 all'art. 7, a condizione che però lo pseudonimo sia stato usato «in modo che abbia acquistato l'importanza del nome» (l'uso, quindi, oltre che palese, deve essere prolungato e costante nel tempo: De Cupis, 565, secondo cui, in assenza del carattere dell'essenzialità, lo pseudonimo non può essere annoverato tra i diritti fondamentali). In definitiva, quindi, lo pseudonimo è un modo di auto designazione del soggetto che, avendo nel tempo acquisito una rilevanza pari, se non superiore, rispetto al nome anagrafico, è tutelato allo stesso modo in cui è tutelato il nome, sicché varranno i rilievi precedentemente esposti (così Piazza, 893, che inquadra appunto lo pseudonimo nei nel più generale fenomeno delle forme di designazione “convenzionale” dell'individuo, in quanto segno distintivo secondario rispetto al nome della persona, quale risulta dagli atti dello stato civile, ma con pari forza identificatrice). Può accadere, d’altra parte, che si utilizzi uno pseudonimo corrispondente ad un nome appartenente ad altri: sebbene dovrebbe prevalere l’esigenza di tutela del soggetto titolare del nome “usurpato”, un siffatto utilizzo dello pseudonimo è meritevole di tutela laddove non generi confusione e soprattutto non leda la reputazione del titolare (Finocchiaro, 102). Deve essere peraltro notato come, secondo la più autorevole dottrina, lo pseudonimo, oltre a svolgere la funzione identificativa che le è propria, e che d'altra parte costituisce la ragione del semplice rinvio fatto dalla norma in commento alla disciplina relativa alla tutela del nome, può essere utilizzato dal titolare anche come espressione del più ampio diritto alla riservatezza, o per meglio dire come concretizzazione di tale diritto: così, «la possibilità di celare la propria identità servendosi come schermo di uno pseudonimo consente, al pari dell'occultamento dietro l'anonimo, di dare effettiva attuazione alla tutela dell'interesse alla riservatezza e sottrarre così la persona medesima alla indiscrezione altrui» (così Piazza 893 ss.; per De Cupis, 560, «lo pseudonimo, per la sua falsità, prima ancora che una funzione di identificazione, può avere una funzione di occultamento della persona», al fine di «garantire alla persona il riserbo intorno agli avvenimenti, a certi avvenimenti, della sua vita: tali avvenimenti, pur essendo conosciuti, non saranno conosciuti come suoi»; (per Candian, 499, quindi, «anonimo» è sia il soggetto di nome giuridicamente ignoto, sia il soggetto il cui nome è stato occultato). In quest'ultima ipotesi, nel caso cioè in cui lo pseudonimo sia utilizzato dal titolare per celare la sua vera identità, e non anche quindi ai fini identificativi, non dovrebbe, di regola, trovare applicazione la tutela apprestata allo pseudonimo dall'art. 9 c.c., salvo che non siano integrati tutti i requisiti strutturali dal medesimo articolo richiesti (Piazza 893 ss.; per Candian, 499, nessuna possibilità di protezione dell'anonimo offre la disciplina dettata in tema di diritto al nome, poiché «l'azione di usurpazione, posta a tutela di questo diritto, non può essere promossa quando il nome sia stato usato da altri, sia pure illegittimamente, per designare la stessa persona cui spetta»). In questo senso, è stato sostenuto, più di recente, che l'anonimato non può essere, tout court, riconosciuto quale diritto fondamentale dall'ordinamento giuridico, e che quindi la tutela apprestata all'anonimato non coincide con quella prevista in favore dello pseudonimo (e quindi, del nome). Più precisamente, preso atto che non esiste nell'ordinamento giuridico italiano un diritto generale all'anonimato (contra Alpa – Ansaldo, 437), esso può concretamente assurgere a diritto solo nei casi espressamente previsti da norme speciali, come avviene ad es. nel caso del diritto della madre a non rivelare la propria identità, ovvero nel caso della protezione dei dati personali da parte del Codice della Privacy (d.lgs. 196/2003), che peraltro all'art. 4 lett. n) da anche una compiuta definizione di “dato anonimo” (così Finocchiaro, 12; così essenzialmente anche Candian, 499, che pur negando l'esistenza di un generale diritto all'anonimato, eleva il «diritto d'anonimo» a potere giuridico della persona di celare il proprio nome in relazione a singoli e determinati atti o rapporti di cui essa sia titolare, sicché in definitiva un vero e proprio «diritto all'anonimato» potrà essere costruito nell'àmbito del «diritto alla riservatezza», parallelamente al «diritto all'immagine» ed entro gli stessi limiti). In questa prospettiva è stato ritenuto, ad es., che è lecito il ricorso all'anonimato o a pseudonimi nel contesto delle attività online, in quanto espressione di libera manifestazione del pensiero e di libera esplicazione della personalità di ciascun individuo (nel senso dell'art. 2 Cost.), ancorché sia tutelato nel nostro ordinamento esclusivamente come espressione del diritto alla privacy (così, Resta, 171, che si sofferma più diffusamente anche sui profili comparatistici dell'anonimato). In giurisprudenza, per vero particolarmente esigua, Trib. Venezia 11 febbraio 1997, secondo cui ai sensi degli artt. 7 e 9 c.c., la tutela inibitoria contro l'usurpazione dello pseudonimo richiede che all'uso fatto da altri consegua la possibilità di un pregiudizio economico o morale, da valutarsi con riferimento alla particolare attività cui lo pseudonimo inerisce. Così per il Trib. Napoli, sez. impresa, 6 agosto 2015, n. 11019, «la denominazione di un gruppo musicale non costituisce uno pseudonimo collettivo, idoneo ad individuare ciascun singolo componente, ma è direttamente tutelata in capo al gruppo — quale centro autonomo di imputazione di interessi — ed ai suoi componenti solo qualora si trovino in una situazione di effettiva relazione con esso» (così anche Trib. Napoli 2 dicembre 1996). Nella giurisprudenza di legittimità, Cass. I, n. 2671/2015, secondo cui l'espressione «Ciao Rino» se non completata dal cognome è da ritenersi generica, e quindi non sufficientemente caratterizzata per essere protetta ai sensi della normativa civilistica generale a tutela di nome e pseudonimo. In giurisprudenza, in tema di diffamazione a mezzo stampa, è stato sostenuto che le esimenti del diritto di critica, del diritto di cronaca, nonché quella della "ritorsione" (sussistente allorché il soggetto che infligge l'offesa sia il medesimo che la sta ricevendo dall'offeso) non possono essere invocate dall'autore di uno scritto anonimo (o sotto pseudonimo, se resti non identificabile l'effettivo autore), in quanto l'anonimato non consente di verificare la necessaria correlazione tra l'esercizio di un diritto ed il soggetto che di quel diritto è titolare (Cass. IV, n. 23042/2013; nonché, Cass. III, n. 11004/2011). Più in generale, si v. Cass. I, n. 3424/1974, secondo cui il fatto che un notaio abbia in un atto pubblico effettuato l'identificazione personale di un contraente affermando di conoscerlo personalmente, ma senza che questa conoscenza fosse fondata su certezza assoluta, piena e diretta del nome spettantegli per legge, scambiato con quello con il quale la persona stessa e conosciuta dai più e quindi senza accertarsi se si tratti di pseudonimo, se può importare a carico del notaio sanzioni disciplinari, non porta necessariamente a concludere che sia stata attestata cosa falsa e che, pertanto occorra la querela di falso per rimuoverla, dal moment che la conoscenza di una persona che renda sicura la sua identificazione fisica può, infatti, ben aversi anche attraverso lo pseudonimo, riconosciuto e tutelato dalla legge. Ancora, Cass. II, n. 5056/1978, secondo cui L'indicazione erronea o falsa delle proprie generalità ad opera di uno dei contraenti, qualora non abbia dato luogo ad alcun errore sull'identità dell'altro contraente né ad alcuna divergenza tra volontà e dichiarazione, può solo importare sanzioni a carico del notaio rogante per aver scambiato il nome proprio del dichiarante, quale risulta dai registri anagrafici, con quello con il quale il dichiarante medesimo e conosciuto dai più, e per non aver quindi accertato se si trattasse di pseudonimo, ma non è causa di nullità del negozio, il quale, in presenza di tutti gli altri elementi essenziali, e perfettamente valido: l'equivoco, perciò, si estrinseca in un semplice errore materiale, che può essere rettificato senza alcuna necessita di ricostruire la volontà dei contraenti, ma con la sola prova della corrispondenza dello pseudonimo al nome legale. Distinzione da figure affiniLo pseudonimo si distingue sia dal soprannome, che dal nome falso (riferimenti in Mazzoni — Piccinni, 213). A differenza del soprannome, e cioè dell'appellativo volto ad esaltare una qualità personale o una determinata caratteristica del soggetto appellato in un determinato contesto sociale, lo pseudonimo è un nome di pura fantasia (osserva Alpa – Ansaldo, 439, che «il soprannome, quando tenda a sostituire il nome, se pur in un ambiente particolare, con riferimento ad esso, trova tutela analoga allo pseudonimo e dunque al nome»); a differenza del nome falso, che in alcune ipotesi, potendo dar luogo a fattispecie di interposizione fittizia di persona, contrastate dall'ordinamento e quindi illecite, l'uso dello pseudonimo è perfettamente lecito (per Bavetta, 953, nel caso di «simulazione dell'identità», in cui cioè la persona affermi di avere un'identità diversa da quella veramente sua, «non v'è dubbio che, il più delle volte, si verta nel campo dell'illiceità», almeno qualora sia perpetrata per scopi illeciti; mentre, al contrario, nel caso di «dissimulazione dell'identità», che consiste nell'occultamento della propria identità, non ci si dovrebbe trovare nel campo dell'illecito, atteso che «la persona non ha sempre l'obbligo di rivelare la propria identità: non è tenuta, sempre, a dire chi è, quali sono i caratteri e le qualità che la rendono diversa dalle altre e che servono a distinguerla»). Quanto ai titoli o qualifiche professionali, ossia i segni distintivi che designano in particolare la persona nella società civile, si ritiene che essi ricevono tutela al pari del nome, «di cui costituiscono una sorta di predicato» (così Alpa – Ansaldo, 440). Al contrario, ai titoli nobiliari il nostro ordinamento non accorda alcuna tutela ai sensi dell’art. XIV disp. tras. e finali della Cost., con la precisazione, tuttavia, che i predicati di quelli esistenti anteriormente all’8 ottobre 1922 assumono valenza «come parte del nome», confermando, in questo senso, l’importanza dei titoli nobiliari prima dell’approvazione della Carta Costituzionale (non a caso, secondo la dottrina, «Il diritto al predicato nobiliare, come parte del nome, è oggetto di tutela analoga a quella più generale relativa al nome stesso»: Alpa – Ansaldo, 440). BibliografiaAlpa - Ansaldo, Le persone fisiche, in Comm. S., Milano, 2013; Bavetta, voce Identità (diritto alla), in Enc. dir., XIX, Milano, 1970, 953; Candian, voce Anonimato (diritto all’), in Enc. dir., II, Milano, 1958, 499; De Cupis, I diritti della personalità, IV, in Tr. C. M., Milano, 1982; Finocchiaro, Diritto all'anonimato: anonimato, nome e identità personale, Padova, 2008; Finocchiaro, Il diritto all’oblio nel quadro dei diritti della personalità, in dir. Inf., 2014, 4-5, 591; Finocchiaro, voce Identità personale (diritto alla), in Dig. disc. priv., sez. civ., Torino, 2010, 721 ss.; Finocchiaro, voce Anonimato, in Dig. disc. priv., sez. civ., Agg. I, Torino, 2010, 12 ss.; Messinetti, voce Personalità (diritti della), in Enc. dir., XXXIII, Milano, 1983, 355; Morelli, voce Oblio (diritto all’), in Enc. dir., Agg. VI, Milano 2002, 848 ss.; Piazza, voce Pseudonimo, in Enc. dir., XXXVII, Milano, 1988, 893; Resta, Anonimato, responsabilità, identificazione: prospettive di diritto comparato, in dir. Inf., 2014, 2, 171. |