Codice Civile art. 56 - Ritorno dell'assente o prova della sua esistenza.

Luca Stanziola

Ritorno dell'assente o prova della sua esistenza.

[I]. Se durante il possesso temporaneo l'assente ritorna o è provata l'esistenza di lui, cessano gli effetti della dichiarazione di assenza, salva, se occorre, l'adozione di provvedimenti per la conservazione del patrimonio a norma dell'articolo 48.

[II]. I possessori temporanei dei beni devono restituirli; ma fino al giorno della loro costituzione in mora [1219] continuano a godere i vantaggi attribuiti dagli articoli 52 e 53, e gli atti compiuti ai sensi dell'articolo 54 restano irrevocabili.

[III]. Se l'assenza è stata volontaria e non è giustificata, l'assente perde il diritto di farsi restituire le rendite riservategli dalla norma dell'articolo 53.

Inquadramento

La situazione di incertezza è destinata a venir meno (con effetto retroattivo per l'assente, secondo Bianca, 263) definitivamente con il ritorno dell'assente, o con la prova della sua esistenza.

La sentenza dichiarativa dell'assenza, rivolta sia a tutela dell'assente che a tutela dei suoi eredi ed aventi causa, è destinata a perdere immediatamente efficacia al ritorno dell'assente o, in alternativa, alla inconfutabile prova della sua esistenza. È comune opinione, infatti, che la sentenza dichiarativa dell'assenza sia resa «rebus sic stantibus», destinata quindi ad essere superata con il mutare delle circostanze di fatto (per tutti, Mandrioli - Carratta, III, 176).

La norma in commento prevede, nel caso di ritorno dell'assente o di certezza della sua esistenza, il ripristino dello status quo ante, essendo ormai cessate le esigenze di tutela del soggetto (ex) assente.

La dottrina si pronuncia per l'automaticità della cessazione degli effetti della dichiarazione di assenza, per effetto del semplice ritorno, senza che si renda necessaria la revoca della relativa sentenza (così Palazzo, 468 e Romagnoli, 303, secondo cui, in particolare, anche la notizia di un atto compiuto dall'assente è prova della sua esistenza; in questi termini, anche Dogliotti, 459, secondo cui la norma in esame non richiede, per la cessazione degli effetti della dichiarazione di assenza, la revoca della relativa sentenza, la cui efficacia è destinata a venir meno automaticamente con il ritorno dell' assente ovvero con la notizia che se ne abbia, fatta eccezione per l'ipotesi in cui sorgano contestazioni, le quali andranno risolte in sede di procedimento ordinario di cognizione), salvo i diritti conseguiti dagli immessi nel possesso temporaneo dei beni.

Il momento della cessazione degli effetti del provvedimento dichiarativo dell'assenza è quindi da far coincidere con la prima notizia dell'esistenza dell'assente o con il momento del suo ritorno (Romagnoli, 303), assumendo con ciò particolare importanza il momento di costituzione in mora nei confronti degli immessi.

La tutela della posizione dell'assente si sposta, quindi, sotto il profilo restitutorio.

Prevede, in particolare, la disposizione in esame che, qualora si dia luogo ad immissione temporanea dei beni, se l'assente ritorna o comunque ne è provata l'esistenza cessano gli effetti della dichiarazione di assenza, fatta eccezione per l'adozione dei necessari provvedimenti conservativi del patrimonio dell'interessato ex art. 48 c.c., espressamente ed opportunamente richiamato.

Pur restando irrevocabili gli atti di straordinaria amministrazione autorizzati dal Tribunale perché compiuti «per necessità o utilità evidente» (art. 54 c.c.), trattandosi di atti che hanno una certa stabilità, di regola, al ritorno dell'assente «i possessori temporanei dei beni devono restituirli», potendo questi ultimi far propri soltanto i frutti e le rendite fino al giorno di costituzione in mora, da parte del ritornato (art. 56, comma 2; per Bianca, 265, i possessori in mala fede non possono invocare la norma in esame, e devono quindi restituire i beni all'assente ritornato senza poter trattenere né frutti né rendite, in applicazione dell'art. 1148).

All'assente ormai ritornato devono quindi essere restituiti tutti i beni, nel frattempo eventualmente nel possesso degli immessi, nella loro consistenza, delle rendite riservategli ex art. 53 c.c. , con l'obbligo del relativo rendiconto.

Assume in questo caso particolare importanza l'obbligo di inventario, poiché solo dal raffronto della consistenza della massa patrimoniale al momento dell'immissione (con l'inventario) con quella determinatasi dopo il ritorno dell'assente (e cristallizzata nel rendiconto) è possibile stabilire se siano presenti eventuali «ammanchi», i quali se non giustificati possono condurre ad un giudizio di responsabilità nei confronti degli immessi i quali abbiano violato l'obbligo di agire con «la diligenza del buon padre di famiglia» (richiamando analogicamente il precetto di cui all'art. 1710 c.c., in tema di mandato).

L'obbligo di redigere l'inventario, di cui all'art. 52 c.c., prima dell'immissione nel possesso temporaneo dei beni, è quindi direttamente funzionale al caso di ritorno dell'assente. Le eventuali modificazioni del patrimonio dell'assente, quindi, se non giustificate, potrebbero comportare in capo agli immessi una responsabilità per i danni causati dall'inadempimento degli obblighi ad essi incombenti quali amministratori dei beni dell'assente (così Palazzo, 468). Gli immessi saranno tenuti al risarcimento dei danni causati dall'inadempimento degli obblighi su di essi incombenti, ma avranno, dall'altro lato, diritto al rimborso delle spese di straordinaria amministrazione eventualmente anticipate, nonché delle altre spese comprovate e documentate (Romagnoli, 305). Lo stesso art. 56 prescrive, però, che gli eventuali atti di straordinaria amministrazione compiuti per necessità o evidente utilità, previa autorizzazione del tribunale, si stabilizzano definitivamente a seguito del ritorno dell'assente, non potendo – stante anche il vaglio dell'organo giurisdizionale – determinare alcun giudizio di responsabilità.

La norma in commento, inoltre, prevede a tutela degli immessi che l'obbligo della restituzione dei beni sorge soltanto con la formale messa in mora. Prima di tale momento quindi gli immessi, nonostante la notizia dell'esistenza dell'assente, o del suo ritorno, continuano a godere dei beni di cui hanno legittimamente disponibilità. Mentre, a tutela del patrimonio dell'assente, del quale si abbia notizia della sua esistenza, ma si attende ancora il suo ritorno, è prevista la possibilità di ricorrere ai provvedimenti conservativi di cui all'art. 48 c.c.

La norma si chiude con una disposizione a carattere tipicamente sanzionatorio, secondo cui se l'assenza è stata volontaria, ovvero non è altrimenti giustificata, l'assente perde il diritto alla restituzione della quota di rendite, lui riservate ai sensi per gli effetti di cui all'art. 53 c.c. (per Romagnoli, 304, con questa disposizione si nota l'avversione manifestata dall'ordinamento nei confronti di coloro che scompaiono senza giustificato motivo), a tutela dei terzi di buona fede.

Bibliografia

V. sub art. 55 c.c.

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