Codice Civile art. 98 - Rifiuto della pubblicazione.Rifiuto della pubblicazione. [I]. L'ufficiale dello stato civile che non crede di poter procedere alla pubblicazione rilascia un certificato coi motivi del rifiuto [112, 138]. [II]. Contro il rifiuto è dato ricorso al tribunale, che provvede in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero [737 ss. c.p.c.]. InquadramentoL'Ufficiale di Stato Civile richiesto di un adempimento ha il potere di rifiutarlo (v. art. 7 d.P.R. n. 396/ 2000). Il potere di rifiutare l'atto del suo ufficio si rivela anche nell'art. 98 c.c. ove è previsto che questi possa non procedere alla pubblicazione del matrimonio. Rifiutando le pubblicazioni, l'ufficiale di Stato Civile rilascia un certificato coi motivi del rifiuto che è impugnabile davanti al Tribunale ordinario. Nel silenzio della norma si ritiene che il rifiuto possa trarre linfa dalla presenza di un impedimento alle nozze, il contrasto tra documenti prodotti dal richiedente, la loro non veridicità o incompletezza oppure l'assenza del nulla osta previsto per lo straniero che intenda celebrare matrimonio in Italia (Sesta, 338). Rifiuto e impugnazioneIl rifiuto dell'ufficiale di Stato Civile è opposto allorché non siano soddisfatte le condizioni di legge per procedere alle pubblicazioni: non deve trattarsi di mera irregolarità (rispetto alla quale, l'ufficiale di Stato civile può fornire chiarimenti per le integrazioni necessarie al fine di accogliere la richiesta) ma di vizio tale da pregiudicare l'adempimento, come accade in caso di assoluta inidoneità dell'atto (v. Cass. S.U. , n. 1026/ 1962). L'orientamento prevalente di giurisprudenza è nel senso che correttamente l'ufficiale di Stato Civile rifiuti di procedere alle pubblicazioni nel caso di matrimonio tra persone dello stesso sesso (Cass. n. 2400/ 2015) poiché inidoneo a produrre effetti dell'Ordinamento. In particolare, si è affermato che l'attuale contesto normativo nazionale non riconoscendo questa unione la rende inidonea a produrre effetti: l'inidoneità dell'atto alla produzione degli effetti giuridici che gli sono propri si caratterizza come una inefficacia in senso stretto, non conseguenza di altro vizio, e si propone come reazione dell'ordinamento nei confronti di un negozio di cui si riconosce, in relazione al quadro normativo e giurisprudenziale europeo del quale l'ordinamento stesso fa parte, la intrinseca validità, oltre che la consistenza sociale, ma i cui effetti vitali sono però preclusi nel nostro paese dalla mancata previsione legislativa (App. Milano, 6 novembre 2015 n. 2286). Il rifiuto dell'ufficiale di Stato civile è impugnabile dinanzi al Tribunale ordinario che procede in composizione collegiale, con rito camerale ex art. 737 c.p.c. È competente il tribunale del luogo in cui ha sede l'ufficiale di Stato Civile ancorché entrambi i nubendi siano minori di età o sia minorenne solo quello nei confronti del quale è stato opposto il rifiuto (Sesta, 343). Il Tribunale deve sentire il Pubblico Ministero e provvede con decreto suscettibile di reclamo davanti alla Corte di Appello entro il termine di dieci giorni (art. 739 c.p.c.). Il giudice dell'impugnazione procede anch'esso secondo il rito camerale con decisione finale suscettibile di ricorso in Cassazione, anche se taluni in Dottrina escludono il grado di legittimità posto che la richiesta di pubblicazione può essere ripresentata. La Cassazione, tuttavia, ammette il ricorso alla Suprema Corte (cfr. Cass. n. 2400/2015). La decisione conclusiva del procedimento è comunicata a cura della Cancelleria pure all'Ufficiale di Stato Civile anche se l'orientamento prevalente di Dottrina osserva che a tale adempimento debba procedere il ricorrente, una volta che il decreto decisorio sia divenuto definitivo. L'art. 98 non indica un termine per l'impugnazione. D'altro canto, ai sensi dell'art. 99 c.c., il matrimonio va celebrato entro i centottanta giorni successivi alla pubblicazione, altrimenti essa si considera come non avvenuta (art. 99 c.c.). Se ne può trarre, quale corollario, l'esistenza di un «termine» implicito e logico di impugnazione del rifiuto che coincide proprio con i centottanta giorni di cui all'art. 99 cit. Misure di degiurisdizionalizzazioneIn materia di cd. misure di degiurisdizionalizzazione, l'art. 12 della l. n. 162/ 2014 nulla prevede in merito al rifiuto dell'Ufficiale dello Stato Civile opposto alle dichiarazioni rese dai coniugi per perfezionare un accordo di separazione o divorzio. Ciò nondimeno, la facoltà di rifiutare atti del proprio ufficio è prevista, in via generale, dall'art. 7 del d.P.R. n. 396/2000 («nel caso in cui l'ufficiale dello stato civile rifiuti l'adempimento di un atto da chiunque richiesto, deve indicare per iscritto al richiedente i motivi del rifiuto»). Ricondotto il potere speso dall'Ufficiale di Stato civile alla norma su indicata, è agevole rinvenirne il regime giuridico impugnatorio, anch'esso generale: contro il rifiuto «dell'ufficiale dello Stato Civile di ricevere in tutto o in parte una dichiarazione» è dato ricorso al Tribunale ai sensi degli artt. 95 e 96 del già citato d.P.R. n. 396/2000; il Tribunale provvede in Camera di Consiglio con decreto motivato, sentiti gli interessati e il Procuratore della Repubblica. Ne consegue che il rifiuto opposto dall'ufficiale di Stato Civile all'accordo di negoziazione assistita non è impugnabile ex art. 98 (Trib. Milano, 24 settembre 2015). BibliografiaBianca C. M., Istituzioni di diritto privato, Milano, 2014; Cian, Trabucchi (a cura di), Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Ferrando, L'invalidità del matrimonio, in Tr. ZAT, I, Milano, 2002; Perlingieri, Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Sesta (a cura di), Codice della famiglia, Milano, 2015; Spallarossa, Le condizioni per contrarre matrimonio, in Tr. ZAT, I, Milano, 2011. |