Codice Civile art. 336 bis - [Ascolto del minore ] 1 .[Ascolto del minore ]1. [[I]. Il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento è ascoltato dal presidente del tribunale o dal giudice delegato nell'ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano. Se l'ascolto è in contrasto con l'interesse del minore, o manifestamente superfluo, il giudice non procede all'adempimento dandone atto con provvedimento motivato. [II]. L'ascolto è condotto dal giudice, anche avvalendosi di esperti o di altri ausiliari. I genitori, anche quando parti processuali del procedimento, i difensori delle parti, il curatore speciale del minore, se già nominato, ed il pubblico ministero, sono ammessi a partecipare all'ascolto se autorizzati dal giudice, al quale possono proporre argomenti e temi di approfondimento prima dell'inizio dell'adempimento. [III]. Prima di procedere all'ascolto il giudice informa il minore della natura del procedimento e degli effetti dell'ascolto. Dell'adempimento è redatto processo verbale nel quale è descritto il contegno del minore, ovvero è effettuata registrazione audio video.]
[1] Articolo abrogato dall'art. 1, comma 4, lett. e), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149/2022, il citato decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.".Il presente articolo era stato inserito dall'art. 53, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154. Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. InquadramentoCon la l. 10 dicembre 2012, n. 219, ed il relativo d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, è stato completato il percorso di adeguamento della normativa interna a quella internazionale in tema di ascolto del minore nei procedimenti che lo riguardano. Le decisioni che vengono assunte nell'ambito dei giudizi coinvolgenti il minore, come quelle cui agli art. 316 c.c., 330 c.c., 337-bis c.c., impongono che il predetto, in quanto parte sostanziale del procedimento, sia reso edotto della natura e degli effetti del giudizio e sia posto nelle condizioni di esprimere la propria volontà. Qualora difatti il minore abbia compiuto dodici anni o, se di età inferiore, sia dotato della capacità di discernimento, interloquendo con l'Autorità giudiziaria, potrà rappresentare i propri desideri e le proprie aspirazioni, consentendo l'adozione della decisione maggiormente conforme alle sue necessità preminenti. La necessità e, soprattutto, l'importanza dell'ascolto del minore è stata riconosciuta, dapprima in ambito internazionale, dall'art. 12 della Convenzione sui diritti del fanciullo, sottoscritta a New York il 20 novembre 1989 (ratificata dall'Italia con l. n. 176/1991). Esso prevede il diritto del minore «ad esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa» potendo «essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne sia direttamente, sia tramite un rappresentante legale o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale». Successivamente, tale diritto è stato ulteriormente riconosciuto dall'art. 4 della Convenzione dell'Aja del 29 maggio 1993, in materia di adozione internazionale (ratificata dall'Italia con l. n. 476/1998). Esso prevede che le adozioni previste dalla convenzione possano avere luogo solo se le autorità competenti dello Stato di provenienza del minore abbiano verificato la di lui informazione sulle conseguenze dell'adozione e acquisito il suo consenso all'adozione oltre che tenuto in considerazione aspirazioni e desideri dello stesso minore. Nel panorama internazionale viene anche in considerazione la Convenzione Europea sull'esercizio dei diritti del minore (aperta alla firma a Strasburgo il 25 gennaio 1996 e ratificata dall'Italia con l. n. 77/2003). Essa prevede che ogni decisione relativa ai minori indichi le fonti di informazione da cui ha tratto le conclusioni che giustificano il provvedimento adottato in forma di decreto, nel quale deve tenersi conto dell'opinione espressa dai minori, previa informazione a costoro delle istanze dei genitori nei loro riguardi e consultazione dello stesso minore in merito ad eventuali statuizioni da emettere. Particolare rilievo assumono poi gli artt. 3, 5 e 6 della detta convenzione, in quanto esplicitamente prevedono i diritti del minore ad essere ascoltato, informato sul procedimento che lo riguarda ed a nominare un rappresentante nel giudizio. L'art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (c.d. Carta di Nizza), del 18 dicembre 2000 (pubblicata nella G.U.C.E. 2000/C 364/01), ha altresì disciplinato l'ascolto del minore prevendendo che «I bambini hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Essi possono esprimere liberamente la propria opinione; questa viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità». L'ascolto in esame è stato inoltre riconosciuto e disciplinato dal Regolamento del Consiglio 27 novembre 2003, n. 2201/2003/CE, il quale lo contempla quale condizione per il riconoscimento, in ambito sovranazionale, di un provvedimento giudiziario che lo riguardi, nell'ambito di procedimenti inerenti la responsabilità genitoriale. Rilevano infine le linee guida sulla Giustizia Minorile del Consiglio d'Europa del 17 novembre 2010, le quali confermano nuovamente la necessità dell'ascolto della persona minore nei procedimenti che lo riguardano nonché, a tal fine, di una adeguata e propedeutica informazione circa il relativo procedimento. Mentre a livello internazionale vi è quindi stato un generalizzato riconoscimento del diritto del minore ad essere ascoltato, nelle procedure che lo riguardino, il legislatore italiano ha inizialmente previsto tale diritto in alcune specifiche e settoriali disposizioni, essendosi solo di recente allineato alla legislazione sovranazionale. In merito assume particolare rilievo l'art. 4, c. 8, della l. n. 898/1970 (così come modificato dalla l. n. 74/1987) che consente al Presidente del Tribunale di sentire i figli minori, in considerazione della loro età, tuttavia solo ove lo ritenga strettamente necessario. Solo successivamente, prima con l. n. 184/1983 (c.d. legge sull'adozione, modificata dalla l. n. 149/2001) e poi con la riforma di cui alla l. n. 54/2006, è stato positivizzato il diritto del minore ad essere ascoltato nei giudizi che lo riguardano. Esso è difatti oggi divenuto un «adempimento necessario», con riferimento ai procedimenti giudiziari riguardanti i minori ed in particolare in quelli relative al loro affidamento ai genitori, ai sensi dell'art. 155-sexies c.c. (introdotto dalla citata l. n. 54/2006), «salvo che ... possa essere in contrasto con i suoi superiori interessi» (Cass. S.U., n. 22238/2009, in Guida al dir., 2009, 48, 36, con nota di Finocchiaro). All'ascolto del minore deve quindi procedersi salvo che ciò sia escluso dalla legge ovvero che possa arrecare danno al minore stesso (Cass. I, n. 16753/2007). Così introdotto il diritto del minore ad essere ascoltato, solo con la novella del 2012-2013 in materia di diritto di famiglia è stata unificata la relativa disciplina, operante quindi in merito a tutti i procedimenti che riguardanti il minore, mediante un rovesciamento di prospettiva circa la valutazione dell'ascolto in esame. Trattasi quindi, oggi, di un diritto del minore, tale da renderlo parte sostanziale del procedimento che lo riguardi, che consente di non sentilo solo nei casi previsti dalla legge e, soprattutto, qualora possa derivarne pregiudizio per il relativo equilibrio, necessitando sul punto specifica motivazione da parte dell'Autorità giudiziaria. Sicché, all'esito dell'inquadramento di cui innanzi, può ormai attualmente ritenersi l'ascolto in oggetto, tanto per il diritto interno quanto per quello sovranazionale, oramai, espressione di una regola fondamentale e generale attraverso la quale viene perseguito il diritto superiore del minore, corrispondente al suo armonico sviluppo psichico, fisico e relazionale, da perseguirsi anche attraverso l'immediata percezione delle sue opinioni in merito alle scelte che lo riguardino (in questo senso, ex plurimis, Cass.I, n. 5237/2014). Esso costituisce una peculiare forma di partecipazione del minore alle dette decisioni ed uno degli strumenti di maggiore incisività per il conseguimento del suo interesse (Cass. I,n. 6129/2015). L'importanza e centralità dell'ascolto del minore ha inoltre trovato ulteriore conferma dapprima nella legge 26 novembre 2021, n. 206 pubblicata nella G.U. n. 292 del 9 dicembre 2021 ,(contenente la delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione) la quale ha espressamente previsto la necessità che il giudice relatore, previo ascolto del minore non delegabile del minore anche infradodicenne, ove capace di esprimere la propria volontà, fatti salvi i casi di impossibilità del minore, possa adottare provvedimenti d'ufficio e anche in assenza di istanze, salvaguardando il contraddittorio a pena di nullità. Ad essa ha fatto seguito il d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 149 che ha abrogato la presente disposizione, con effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023, ed ha introdotto nel codice di procedura civile gli artt. 473bis.4, 473bis.5 che disciplinano l'ascolto del minore e le modalità dell'ascolto per i procedimenti instaurati in data successiva al 28 febbraio 2023. L'ascolto è stato quindi previsto come necessario anche nel nuovo procedimento di cui al titolo IV bis del codice di procedura civile laddove debbano essere pronunciati provvedimenti relativi a minori. L'ascolto del minore nella giurisprudenzaLa comprensione della disciplina dell'ascolto del minore, in relazione alla disciplina previgente, necessita in questa sede di una sintetica ricostruzione della posizione assunta dalla giurisprudenza nel periodo precedente alla emanazione del previgente art. 155-sexies c.c. A tal fine occorre muovere da Cass. I, n. 6621/1991, la quale, in un'ottica non privilegiante l'ascolto del minore, affermò che il Giudice nel disporre l'affidamento della prole in sede di divorzio o di revisione dei provvedimenti ivi assunti, avrebbe dovuto decidere con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale dei figli. Pertanto egli non avrebbe potuto attribuire valore decisivo alle scelte preferenziali manifestate dai minori durante la loro audizione personale bensì seguire la soluzione più idonea a garantire la formazione della loro corretta personalità oltre che l'armonioso sviluppo psicofisico, previa valutazione di tutti gli elementi influenti su tale risultato. Successivamente la Suprema Corte, ancorché con statuizione sempre risalente nel tempo, ha invece ritenuto l'ascolto in oggetto espressione di un'esigenza intesa ad attribuire rilievo alla personalità ed alla volontà del minore, in relazione a provvedimenti che solo nel suo interesse trovano la loro ragion d'essere. Con la conseguenza che i provvedimenti nell'interesse del minore non vanno stabiliti a priori, sulla base di un generico criterio di adeguatezza, ma devono essere rapportati alle reali esigenze del caso concreto, che non possono non emergere da un diretto colloquio col soggetto interessato. Tale principio è stato applicato in fattispecie nella quale il Giudice di merito aveva dichiarato lo stato di adottabilità di un minore infradodicenne senza averlo sentito personalmente (Cass. I, 6899/1997, in Dir. fam. e pers., 1998, 1, 54 con nota di Mollica). È però la Corte costituzionale, tuttavia, a riconoscere, nel 2002, l'importanza dell'ascolto del minore alla luce della normativa comunitaria, che per prima lo ha disciplinato. La Consulta ha osservato in particolare che, ex art. 12, comma 1, della citata Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, il minore capace di discernimento ha diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessi. Il successivo comma 2 precisa che, ai fini di cui innanzi, il minore avrà comunque la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura, giudiziaria o amministrativa, che lo concerna, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale. Tale ultima prescrizione, entrata a far parte dell'ordinamento giuridico italiano, ha integrato inizialmente — ove necessario — la disciplina dell'art. 336, comma 2, c.c., nel senso di configurare il minore come parte del procedimento, con la necessità del contraddittorio nei suoi confronti, se del caso previa nomina di un curatore speciale ai sensi dell'art. 78 c.p.c. (Corte cost.n. 1/2002). Quanto innanzi è stato quindi affermato ancora prima dell'introduzione dell'art. 155-sexies c.c., della nuova formulazione dell'art. 336 c.c. e dunque prima dell'introduzione degli articoli 336-bis c.c., 315-bis c.c., 337-octies c.c. e 38-bis disp. att. c.c. oltre che della disposizione in commento (art. 336-bis c.c.). Al successivo intervento nomofilattico delle Sezioni Unite della Suprema Corte (del 2009) si deve però il riconoscimento in capo al minore di un vero e proprio diritto soggettivo ad essere ascoltato. in particolare nella fattispecie fatta oggetto di Cass. S.U., n. 22238/2009 i minori, nelle more della definizione del procedimento di secondo grado, avevano compiuto rispettivamente dodici e dieci anni ed il Procuratore Generale aveva esplicitamente chiesto l'istruzione ulteriore della causa e la loro audizione. La Corte d'appello, con riferimento alla detta specifica richiesta, non si era pronunciata, sebbene, come esplicitano le stesse citate Sezioni Unite, la Suprema Corte avesse già affermato la sussistenza dell'obbligo di motivazione in ordine alla richiesta in esame ed al relativo rigetto. Nel descritto contesto la Suprema Corte, pur negandone la qualifica di parti (formali) del procedimento, richiamando Corte cost., n. 1/2002, ha ritenuto che i minori «portatori di interessi contrapposti o diversi da quelli dei genitori in sede di affidamento o di disciplina del diritto di visita del genitore non affidatario e, per tale profilo, qualificati parti in senso sostanziale». La loro mancata audizione, pertanto, costituirebbe violazione del contraddittorio e dei principi del giusto processo, atteso che la verificata esistenza di interessi rilevanti dei minori renderebbe necessaria la loro audizione (Cass. S.U., n. 22238/2009, in Guida al dir., 2009, 48, 36, con nota di Finocchiaro). Conclusivamente, sul punto, il Giudice di legittimità, ha affermato che l'audizione dei minori, già prevista nell'art. 12 della citata Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, è divenuta un adempimento necessario nelle procedure giurisdizionali che li riguardino, in particolare in quelle relative al loro affidamento. Ciò anche ai sensi dell'art. 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996 (ratificata dall'Italia con l. n. 77/2003), nonché dell'art. 315-bis c.c. (introdotto dalla l. n. 219/2012) e degli artt. 336-bis e 337-octies c.c. (inseriti dal d.lgs. n. 154/2013, che ha altresì abrogato l'art. 155-sexies c.c. Ne consegue che l'ascolto del minore avente almeno dodici anni, ma anche di età inferiore, ove capace di discernimento, costituisce una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni, nei procedimenti che lo riguardino, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse (Cass. I, n. 6129/2015; Cass. I, n 12018/2019 ). Il diritto in oggetto è quindi espressione di quel fondamentale canone di civiltà giuridica in ragione del quale non si può consentire lo svolgersi e l'esaurirsi di un procedimento giurisdizionale, tale da influire, in modo decisivo, sulla vita di un soggetto altrimenti privo di tutela senza che costui abbia avuto la possibilità di portare a conoscenza dell'organo decidente propri desideri ed opinioni (così Arceri, 200). Natura dell'ascolto del minore e casi di esclusioneL'«ascolto» non costituisce un mezzo di prova ma, nell'attuale interpretazione giurisprudenziale, da un lato, è strumento tramite il quale il minore ha la possibilità di rappresentare la propria volontà, di partecipare al giudizio e di esprimere la «propria posizione rispetto alla decisione» e, dall'altro, costituisce elemento per il Giudice di primaria importanza ai fini della decisione più idonea a tutelarlo ed a garantire il rispetto dei suoi diritti fondamentali, di cui all'art. 315-bis c.c. (in merito si veda sub art. 336-bis c.c.). Esso costituisce quindi «un momento formale del procedimento deputato a raccogliere le opinioni ed i bisogni rappresentanti dal minore in merito alla vicenda in cui è coinvolto» (Cass. I, n. 11687/2013). Sotto il profilo processuale, difatti, l'ascolto del minore, costituisce l'adempimento cui è tenuto il Giudice per realizzare il diritto fondamentale del minore ad esprimere la propria opinione, in quanto parte sostanziale del procedimento, portatore «di interessi contrapposti o diversi da quelli dei genitori in sede di affidamento o di disciplina del diritto di visita del genitore non affidatario e, per tale profilo, qualificato parte in senso sostanziale» (Corte cost., n. 1/2002). Autorevole dottrina condivide l'assunto per il quale l'ascolto non debba e non possa essere inteso quale mezzo di prova (tra i tanti: Contiero, 630; Arceri, 202, e Danovi, 36). Che non sia un atto istruttorio lo si argomenta anche dalla formulazione dell'art. 337-quater, comma 1, c.c., che distingue nettamente i poteri del giudice di acquisire mezzi istruttori dal potere di disporre l'ascolto del minore. Non è in particolare assimilabile ad una testimonianza, perché il minore è parte sostanziale del procedimento, e l'oggetto delle dichiarazioni è costituito dalla manifestazione di volontà ed aspirazioni del minore. Si è in merito evidenziato che in applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 155-sexies c.c. e 315-bis c.c. il minore debba essere «ascoltato e non interrogato». In altri termini, per effetto delle norme internazionali ed europee di riferimento (in primis l'art. 6 della citata Convenzione di Strasburgo) il fanciullo deve essere sentito nel procedimento senza assumere la veste di testimone. Nel procedimento in cui il minore sia parte in senso sostanziale, le norme di cui agli artt. 155-sexies c.c. e 315-bis c.c. si pongono difatti in rapporto di deroga e specialità rispetto alle previsioni di cui agli artt. 244 e ss. c.p.c., potendo per tale ragione essere ascoltato come parte ma non interrogato come testimone (Trib. Milano, 11 dicembre 2013). Il minore, tuttavia, ha il diritto di essere ascoltato non il dovere. Aderendo alla tesi che configura l'ascolto come diritto soggettivo perfetto si giunge difatti alla consequenziale conclusione per la quale il sottoporvisi è facoltà discrezionale. È stato infatti osservato che essendo l'ascolto una facoltà legata al libero esercizio del diritto «questo non può non comprendere in sé la contrapposta facoltà del minore di non esercitarlo che si traduce nel diritto del minore a non essere ascoltato». Ammettendo in capo al Giudice il potere di imporre l'ascolto il relativo diritto in capo al minore «degraderebbe ad obbligo ad esprimersi, ad essere ascoltato» (Ballarani, 2014, 132). Quanto appena chiarito circa la natura dell'«ascolto» rende necessaria la verifica di quali siano le fattispecie (tipizzate o non tipizzate) di esclusione dell'ascolto. A riguardo rileva in primo luogo il rifiuto opposto dello stesso minore. In tal caso l'audizione, lungi dall'essere lo strumento per consentire l'espressione della propria volontà e si trasformerebbe in un atto dovuto pregiudizievole per il minore e per il suo equilibrio, dovendo quindi escludersi la necessità di effettuare l'ascolto (salvo comunque il dovere del giudice di motivare le ragioni per le quali l'ascolto non è stato disposto). L'esclusione dell'ascolto richiede però adeguata motivazione da parte del giudice nel caso in cui non si versi in mero rifiuto di sottoporvisi ma si neghi una sufficiente maturità del minore, privilegiando il sui superiore interesse a non essere esposto al presumibile danno derivante dal coinvolgimento emotivo nella controversia che, in ipotesi, opponga i genitori (Cass. I, n. 13241/2011; sul punto di veda altresì Cass. I, n. 18538/2013, la quale ha rigettato la doglianza in ordine alla mancata audizione del minore, nella specie ai fini della sua collocazione presso uno dei genitori, in quanto la stessa non era stata richiesta nel corso del giudizio di merito e la questione era stata proposta per la prima volta nella memoria ex art. 378 c.p.c.). Sovviene al riguardo il comma 1 dell'art. 336 bis c.c. che espressamente esclude l'ascolto del minore qualora esso contrasti con il suo interesse ovvero sia manifestamente superfluo, onerando tuttavia il Giudice di non procedere in tal caso nell'adempimento dandone atto con provvedimento motivato (da ultimo si veda Cass. I, n. 1474/2021; in merito si veda anche Cass. I, n. 16753/2007 , in tema di sottrazione internazionale di minori, per la quale l'audizione postula che il minore riceva le informazioni pertinenti e appropriate con riferimento alla sua età ed al suo grado di sviluppo, a meno che tali informazioni nuocciano al suo benessere). Allo stesso modo il Giudice, ove ritenga di optare, in luogo dell'ascolto diretto, per quello effettuato nel corso di indagini peritali o demandato ad un esperto al di fuori di detto incarico, è tenuto a motivare la sul punto poiché solo l'ascolto diretto del giudice dà spazio alla partecipazione attiva del minore al procedimento che lo riguarda (Cass. I, n. 1474/2021). Oltre a quanto disposto dall'art. 316-bis c.c. viene in considerazione l'art. 337-octies c.c. che contiene una specificazione, in materia di ascolto, con particolare riferimento a quanto previsto dal previgente art. 155-sexies c.c. Esso difatti prevede che non debba essere effettuato l'ascolto del minore, se in contrasto con il suo interesse o manifestamente superfluo, nei procedimenti in cui si omologhi o si prenda atto di un accordo dei genitori relativo alle condizioni di affidamento dei figli. Sia l'art. 336-bis c.c. che l'art. 337-octies c.c. disciplinano quindi i casi nei quali il minore non deve essere sentito. Tuttavia la prima disposizione citata costituisce norma generale e trova applicazione anche con riferimento ai procedimenti disciplinati dagli artt. 337-bis al 337-octies c.c., con esclusione dei soli casi previsti da quest'ultima. L'art. 337-octies c.c. è norma di riferimento per i soli procedimenti di cui agli artt. 337-bis c.c. Sicché, è stato osservato, la disposizione contenuta nell'art. 337-octies c.c. deve ritenersi di stretta interpretazione, «generando una eccezione evidente rispetto alla regola generale, giustificata dal circoscritto ambito in cui il giudice debba valutare la conformità di un accordo intercorso tra i genitori con il superiore interesse del minore» (Ballarani ,135). Con riferimento alle fattispecie che possono rendere superflua l'audizione del minore vengono in considerazione le questioni patrimoniali che lo riguardino (sul punto Buffone, 1238). In merito deve riportarsi il contenuto dell'art. 371 c.c., così come modificato dal d.lgs. n. 154/2013. Tale disposizione, relativa alla tutela dei minori, prevede che il Giudice tutelare delibera, su proposta del tutore e sentito il protutore, «sul luogo dove il minore deve essere cresciuto e sul suo avviamento agli studi o all'esercizio di un'arte, mestiere o professione, disposto l'ascolto dello stesso minore che abbia compiuto gli anni dieci e anche di età inferiore ove capace di discernimento e richiesto, quando opportuno, l'avviso dei parenti prossimi». L'ascolto del minore, come emerge chiaramente dal contenuto di tale disposizione, non è previsto per le ulteriori deliberazioni relative alle questioni di natura patrimoniale ed alla convenienza a continuare, liquidare o alienare le aziende commerciali che si trovino nel patrimonio del minore, così implicitamente ritenendosi le stesse questioni non rilevanti per il minore. Proprio con riferimento alla citata disposizione è stato osservato che pur potendo introdurre in generale l'obbligo di audizione del fanciullo in questo caso il legislatore ha scelto di inserire espressamente l'adempimento dell'ascolto solo nel n. 1, escludendolo, invece, nei n. 2 e 3, che riguardano il mantenimento, l'amministrazione del patrimonio e le eventuali imprese/società. Ciò rivela l'intentio legis nel senso di ritenere contraria all'interesse del minore la sua audizione in processi che abbiano ad oggetto solo questioni economiche e patrimoniali. L'audizione, insomma, è necessaria per le questioni relative alla cura personae non per quelle relative alla cura patrimonii» (in tale ultimo senso, Trib. Milano, 20 marzo 2014). Con riferimento alla possibilità di ascoltare nuovamente un minore che sia già stato udito, infine, la Suprema Corte ha ritenuto che non vi siano preclusioni in merito, atteso che l'esigenza di ascoltare il minore costituisce una costante intesa ad attribuire rilievo alle sue personalità e alla volontà, in relazione a provvedimenti che nel suo interesse trovano la loro ragion d'essere. Sicché il giudice, in considerazione delle circostanze concrete, può decidere di sentire nuovamente il minore ove ciò sia necessario ai fini della decisione (si vedano altresì: conforme Cass. I, n. 22350/2004; Cass. I, n. 4124/2003 e Cass. I, n. 13262/1999). Chi può essere ascoltatoL'ascolto è previsto con riferimento a minore avente compiuto i dodici anni ma anche di età inferiore purché dotato di capacità di discernimento. Il legislatore, nel primo caso, ha adottato una presunzione legale mentre nei confronti degli infradodicenni ha previsto che debba procedersi ad una valutazione, caso per caso, della capacità di discernimento (in merito Velletti, 206). Di tale capacità non è data dal legislatore una definizione ma si ritiene che essa si sostanzi in quella di saper distinguere, cioè di saper scegliere. In particolare la capacità di discernimento può essere definita come la capacità del minore di comprendere ciò che è utile per il medesimo, di operare scelte autonome senza subire l'influenza della volontà di altri soggetti, di saper distinguere, e, dunque, di saper scegliere (De Leonardis, 20). Sicché, ogni qualvolta debba essere assunta una decisione che riguardi la prole di età inferiore agli anni dodici dovrà preliminarmente essere verificata la sussistenza di tale capacità e solo in caso di esito positivo potrà disporsi l'ascolto del minore, diretto o indiretto; laddove per l'ultradodicenne potrebbero comunque venire in rilievo circostanze tali da fa propendere per il superamento della presunzione legale di cui innanzi. Per l'ipotesi del compimento dei dodici anni da parte del minore, nelle more della definizione del procedimento, il Giudice è tenuto ad effettuare l'ascolto, riflettendo tale obbligo una nuova considerazione del minore quale portatore di bisogni ed interessi che, se consapevolmente espressi, pur non vincolando il giudice, non possono essere ignorati. Cass. I,n. 15635/2015, in particolare, ha anche ulteriormente chiarito che solo con il compimento del dodicesimo anno di età sorge l'obbligo di ascoltare il minore mentre prima il giudice può esercitare il suo potere d'ufficio anche al fine di verificare la capacità di discernimento ed in assenza di specifica istanza in tal senso non ha l'obbligo di motivare la scelta di non procedere all'ascolto. Con specifico riferimento all'ascolto del minore di età inferiore ai dodici anni ed in tema di adozione, la Corte di Cassazione da ultimo, conformemente a quanto testé evidenziato, ha specificato che l'art. 15 della l. n. 184/1983, per il quale il minore di età inferiore ai dodici anni, se capace di discernimento, deve essere sentito in vista della dichiarazione di adottabilità, conferisce al giudice un potere discrezionale di disporne l' ascolto, anche al fine di verificarne la capacità di discernimento. Ciò, tuttavia, non comporta per il Giudice l'obbligo di motivare le ragioni dell'omessa audizione, salvo che la parte abbia presentato una specifica istanza con cui abbia indicato gli argomenti ed i temi di approfondimento, ex art. 336-bis, comma 2, c.c., su cui ritenga necessario sentire il minore (Cass. I, n. 5676/2017). In conclusione, ove il minore abbia compiuto dodici anni il giudice, qualora ritenga di non effettuare l'ascolto, dovrà esplicitare le ragioni dell'esclusione mentre, nel caso di minore di anni dodici, tale motivazione non è, di regola, necessaria. Le modalità dell'ascolto del minoreL'art. 336-bis c.c. individua, per i procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023, le modalità attraverso le quali deve essere effettuato l'ascolto del minore. Esso, in particolare, prevede che l'ascolto possa essere effettuato personalmente dal Giudice (Presidente o un giudice da lui delegato) ovvero da un esperto, specificando, per tale ultimo caso, che sia il Giudice a condurre l'ascolto. In particolare è lo stesso legislatore a specificare che l'ascolto debba essere effettuato dal Presidente del Tribunale o da un giudice da lui delegato il quale dovrà preliminarmente informare il minore dell'oggetto del procedimento, così da renderlo edotto dei propri diritti e della circostanza per la quale con le dichiarazioni che renderà non sarà lui a decidere, spettando il relativo potere all'Autorità giudiziaria (in merito alla possibilità di delegare l'ascolto ad un consulente tecnico, ex plurimis: Cass. I, n. 5097/2014; Cass. VI, n. 17992/2013, e Cass. I, n. 7282/2010). Tale adempimento, ai fini della sua corretta attuazione, impone che il minore, ove non venga disposto l'ascolto diretto da parte del Giudice, sia interpellato o esaminato da soggetti investiti di specifica delega. Quest'ultima deve contemplare anche il dovere di informare il minore in merito al procedimento in oggetto. Sicché non è sufficiente, al fine di ritenere effettuato l'ascolto del minore, la circostanza che il minore sia stato interpellato, esaminato da terzi soggetti, come gli assistenti sociali, le cui relazioni siano state acquisite al fascicolo processuale successivamente, senza che vi sia stata una previa delega da parte dell'Autorità giudiziaria relativa sia all'ascolto che al dovere di informazione in merito alle istanze che riguardano il minore al fine di acquisirne la volontà. In applicazione di tale principio la Suprema Corte ha cassato la decisione del giudice di merito emessa sulla base di acquisite relazioni dello psicologo dell'ASL, senza che il minore fosse stato reso edotto del procedimento ed avesse in quella sede espresso la propria volontà (Cass. I, n. 10687/2013 ; in questo senso altresì Cass. I, n. 1474/2021; Cass. I, n. 23804/2021, quest'ultima in fattispecie nella quale il giudice aveva fondato la decisione sulle risultanze di una consulenza tecnica d'ufficio senza sentire direttamente il minore). Il minore, infatti, secondo quanto prevede la disposizione in commento, deve essere non solo sentito nei procedimenti che lo riguardano ma, a tal fine, deve essere informato della natura del procedimento e degli effetti dell'ascolto. A prescindere dalla tipologia dell' «ascolto», diretto o indiretto, e nel silenzio della norma sul punto, può in questa sede aggiungersi che il minore potrà comunque essere sentito in appositi locali del tribunale ovvero nel luogo ritenuto maggiormente idoneo, in considerazione della situazione esistente e di quella dello stesso minore. In merito la Suprema Corte ha rimarcato che l'ascolto del minore non costituisce un atto d'indagine bensì un momento formale del procedimento deputato a raccogliere le opinioni ed i bisogni rappresentati dal minore stesso, dovendo svolgersi in modo tale da garantire l'esercizio effettivo del su diritto di esprimere liberamente la propria opinione. Sicché, «al Giudice deve essere riconosciuta la facoltà di adottare tutte le cautele e le modalità suggerite dalle circostanze onde superare la straordinaria asimmetria che si frappone tra la posizione del fanciullo (es. il suo stato emotivo) ed il contesto relazionale ed ambientale in cui lo stesso viene ascoltato» (Cass. I, n. 7282/2010, in Fam. e dir., 2011, 268, con nota di Lea). Le modalità dell'ascolto sono, quindi, affidate alla discrezionalità del giudice il quale deve ispirarsi al principio secondo cui l'audizione stessa deve svolgersi in modo tale da garantire l'esercizio effettivo del diritto del minore di esprimere liberamente la propria opinione (Cass. I, n. 1838/2011; Cass. I, n. 11287/2013). Tra le cautele adottabili, vi rientra, nell'ottica di cui innanzi, anche la facoltà di vietare l'interlocuzione con i genitori e/o con i difensori, nonché di sentire il minore da solo oltre che quella di delegare l'audizione ad un organo più appropriato e professionalmente preparato (Cass. I, n. 7282/2010; sul punto si veda altresì Cass. I, n. 18132/2002). È altresì possibile delegare per l'ascolto gli assistenti sociali, in ragione, in ipotesi, dell'elevata conflittualità esistente tra i genitori. Come statuito da Cass. I, 7479/2014, nell'ambito di un procedimento per sottrazione internazionale di minorenne ed in fattispecie nella quale quest'ultimo era stato sentito dai servizi sociali ed il Giudice, adeguatamente motivando in merito, aveva ritenuto di non effettuare l'ascolto del minore in forza della situazione gravemente conflittuale esistente tra i genitori. Durante l'ascolto, possono, e non devono, essere presenti i difensori ed il Pubblico ministero, ciò dipenderà dal caso concreto, sebbene, ove il Tribunale ne sia provvisto sarà sempre preferibile che gli stessi possano partecipare all'ascolto «a distanza» (ove possibile usufruendo di un vetro specchio unitamente ad un impianto citofonico così come previsto dall'art. 38-bis disp att. c.c.). Del resto, la partecipazione dei soggetti di cui innanzi è altresì garantita dalla possibilità di presentare al Giudice argomenti o temi di approfondimento da trattare durante l'ascolto, avendo peraltro la possibilità di visionare successivamente il redatto verbale. Sembrerebbe difatti auspicabile che vi sia sempre una verbalizzazione, quanto più possibile rappresentativa sia del contegno fisico del minore che delle sue dichiarazioni, al fine di consentire la ricostruzione della sua volontà e cristallizzarla e definitivamente nel verbale. È stato evidenziato che tra i soggetti che possono prendere visione dell'adempimento non vi sono i genitori. Tale scelta è strumentale alla necessità di garantire la serenità del minore nel corso dell'ascolto. L'art. 336-bis, c. 3 c.c., impone al Giudice di rendere edotto il minore della natura e della finalità del procedimento. «Ciò implica la necessità di comunicare al minore stesso, con linguaggio e modalità diverse a seconda dell'età, che l'ascolto non rimarrà segreto e che dello stesso prenderanno visione le diverse parti processuali, compresi i genitori» (Ballarani, 139). Per il minore sapere che i genitori sono al di là del vetro può essere destabilizzante e può quindi condizionare l'esito dell'ascolto. Proprio per queste ragioni si è giustificata la necessità che sia il giudice a vagliare volta per volta la presenza dei genitori (Ballarani, 139, il quale si pone altresì il problema della possibilità, non prevista dal legislatore, di videoregistrare l'ascolto). Conclusivamente, può convenirsi l'assunto per il quale l'«ascolto» costituisca un adempimento necessario nei procedimenti che riguardanti il minore, salvo che sia manifestamente superfluo ovvero per lui pregiudizievole, costituendo dunque, la sua omissione, in ipotesi differenti da quelle di cui innanzi, causa di nullità della conseguente decisione (Cass. I, n. 19327/2015, in fattispecie relativa all'ascolto di un minore di anni dieci, capace di discernimento, che aveva invano fatto richiesta di essere sentito ed in assenza di talune delle circostanze ritenute tali da consentire l'esclusione dell' «ascolto»). La valutazione delle dichiarazioniLa Corte di Cassazione, nel ribadire che l'audizione del minore è divenuto un adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che lo riguardano, afferma che l'ascolto costituisce una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse (Cass. I, n. 6129/2015; in merito, si veda anche Cass. I, n. 11687/2013, in merito a fattispecie ante riforma del 2013, nonché, da ultimo, Cass. I, n. 2770/2017, in tema di valutazione della volontà del minore in merito alla propria collocazione). Il problema si pone nel caso in cui le dichiarazioni siano rese da un minore dotato di sufficiente maturità ed in grado di esprimere, quindi, validamente la propria opinione. In una fattispecie in tema di sottrazione internazionale la Suprema Corte ha specificato che ove un minorenne abbia maturità ed età tali da giustificare il rispetto della sua opinione essa può «costituire ipotesi distintamente valutabile, ostativa all'accoglimento della domanda di rimpatrio» (Cass.I, n. 5237/2014). Così come una volta che il minore, di anni dodici ovvero capace di discernimento se inferiore di età, manifesti la sua volontà, il giudice non è obbligato a conformarsi alle sue indicazioni ben potendo, nel suo superiore interesse, discostarsi da esse. In tal caso, è però ineludibile una puntuale giustificazione della decisione assunta in contrasto con le dichiarazioni del minore, sia sotto il profilo della capacità effettiva di discernimento anche in correlazione con l'intensità del conflitto genitoriale e la sua influenza o condizionamento della volontà espressa nell'audizione, sia sotto il profilo del preminente interesse (Cass.I, n. 13241/2011, espressamente richiamata da Cass.I, n. 6129/2015 la quale esclude che il giudice debba decidere conformemente alla volontà dichiarata dal minore ma specifica che in tal caso sia tenuto a motivare adeguatamente in merito). Effetti del mancato ascolto del minoreDi recente la Corte di Cassazione ha espressamente affermato che l'ascolto del minore costituisce un adempimento da effettuarsi a pena di nullità ove si assumano provvedimenti che lo riguardano, salvo che il giudice non ritenga con specifica e circostanziata motivazione, l'esame manifestamente superfluo o in contrasto con l'interesse del minore (Cass.I, n. 19327/2015, nella fattispecie si trattava di un minore di anni dieci che aveva chiesto di essere sentito e risultava dotato di capacità di discernimento; in argomento da ultimo Cass. I, n. 16410/2020). Di recente la Corte di Cassazione ha ribadito ed ulteriormente specificato tale principio evidenziando come l'ascolto non debba essere considerato come un mero adempimento formale, così frustrando le ragioni dell'ineludibile attività volta a garantire le esigenze poste in evidenza da Corte cost. n. 83/2011 e Corte cost., n. 301/2011. Ciò implica che del contenuto dell'ascolto il Giudice debba tenere conto e conseguentemente debba adeguatamente motivare la propria decisione, tenendo conto della maturità del minore. In merito si veda la recente Cass. I, n. 7762/2017 in fattispecie relativa ad un riconoscimento ex art. 250 c.c. nell'ambito del quale la minore, ritenuta capace di discernimento, dapprima non era stata sentita dal giudice di prime e cure e, successivamente, si era opposta al riconoscimento da parte del padre ma le cui dichiarazioni non erano state tenute in considerazione in quanto il riconoscimento era stato ritenuto comunque favorevole per la minore attesi i vantaggi connessi alla bigenitorialità nonché l'arricchimento sotto il profilo affettivo derivante dal rapporto con il genitore. Il Giudice di legittimità, nella specie, in applicazione di principi di cui innanzi ha quindi cassato la decisione della Corte d'appello che aveva accolto la domanda avanzata dal genitore di riconoscimento della figlia infraquattordicenne, malgrado la contraria volontà di quest'ultima, manifestata all'esito della sua audizione. BibliografiaArceri, L'affidamento condiviso, nuovi diritti e nuove responsabilità nella famiglia in crisi, in Dir. fam. 2007, 193; Ballarani, Diritti e doveri del figlio, in Bianca (a cura di), Filiazione, commento al decreto attuativo. Le novità introdotte dal d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, Milano, 2014; Ballarani, Il diritto del minore a non essere ascoltato, in Dir. fam. e pers., 2010; Buffone, sub art. 336 bis c.c., in Sesta (diretto da), Codice della famiglia, Milano, 2015; Buffone, Le novità del decreto filiazione, Il Civilista, Speciale riforme, Milano, 2014; Contiero, Le procedure di separazione, divorzio e a tutela dei figli nati fuori del matrimonio, Milano 2016; Danovi, L'affidamento condiviso: le tutele processuali, Dir di fam. e per., 2007, II; Danovi, L'affidamento condiviso: le tutele processuali, in Dir fam. e pers. 2007, II; De Leonardis, Minori vittime di ingiustizia: i diversi volti della violenza sui bambini, implicazioni giuridiche e psicologiche, Frosinone, 2017; Graziosi, Profili processuali della l. 54 n. 2006 sul c.d. affidamento condiviso, in Dir. Fam. 2006; Finocchiaro, L'audizione del minore e la Convenzione sui diritti del fanciullo, in Vita not. 1991;; Velletti, Poteri del giudice e ascolto del minore, in Bianca (a cura di), Filiazione, commento al decreto attuativo. Le novità introdotte dal d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, Milano, 2014. |