Legge - 31/05/1995 - n. 218 art. 32 - Giurisdizione in materia di nullità, annullamento, separazione personale e scioglimento del matrimonio.

Rosaria Giordano

Giurisdizione in materia di nullità, annullamento, separazione personale e scioglimento del matrimonio.

1. In materia di nullità e di annullamento del matrimonio, di separazione personale e di scioglimento del matrimonio, la giurisdizione italiana sussiste, oltre che nei casi previsti dall'articolo 3, anche quando uno dei coniugi è cittadino italiano o il matrimonio è stato celebrato in Italia.

Inquadramento

La norma in commento riguarda la giurisdizione su tutte le azioni matrimoniali, ovvero quelle di nullità, annullamento, separazione personale e scioglimento del matrimonio ed estende la giurisdizione del giudice italiano in materia, oltre che alle ipotesi già previste dalla regola generale dell'art. 3 della l. n. 218/1995, anche ai casi nei quali uno dei coniugi sia cittadino italiano o il matrimonio sia stato celebrato in Italia.

La previsione è stata tuttavia superata, per quanto attiene agli Stati membri dell'Unione Europea già dal Regolamento CE n. 1347/2000 e, quindi, dal Regolamento CE n. 2001/2003, c.d. Bruxelles II-bis, in tema di giurisdizione e riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale (cfr., tra i molti, Baratta, 1 ss.; Bonomi, 298; Mosconi, 376).

Dalla data del 1° agosto 2022 saranno poi operanti le norme, peraltro di contenuto analogo, dettate dal Regolamento UE n. 1111/2019, c.d. recast, agli artt. 3 e ss. con riguardo alla giurisdizione.

Premessa

La norma in commento riguarda la giurisdizione su tutte le azioni matrimoniali, ovvero quelle di nullità, annullamento, separazione personale e scioglimento del matrimonio ed estende la giurisdizione del giudice italiano in materia, oltre che alle ipotesi già previste dalla regola generale dell'art. 3 della l. n. 218/1995, anche ai casi nei quali uno dei coniugi sia cittadino italiano o il matrimonio sia stato celebrato in Italia.

I criteri di giurisdizione dettati in materia dall'art. 3 e dalla disposizione in esame sono inderogabili ai sensi dell'art. 4 della l. n. 218/1995, vertendo in tema di diritti indisponibili (v., tra le altre, Cass. I, n. 5710/2014).

Tuttavia, rispetto alla norma in commento, tra gli Stati Membri dell'Unione Europea prevalgono le norme dettate in tema di giurisdizione sulle controversie di annullamento, scioglimento ed attenuazione del vincolo coniugale dal Regolamento CE n. 2001/2003, c.d. Bruxelles II-bis (cfr., tra i molti, Baratta, 1 ss.; Bonomi, 298; Mosconi, 376).

Tale Regolamento individua, infatti, agli artt. 3-7, una serie di autonomi criteri di collegamento della c.d. giurisdizione competenza nello spazio giudiziario europeo che si pongono in senso alternativo, consentendo quindi alle parti un limitato forum shopping, non sussistendo alcuna gerarchia tra gli stessi (v., infra, Commento al Regolamento CE n. 2201/2003).

Criteri di collegamento della giurisdizione

I criteri di giurisdizione indicati dalla norma in esame si aggiungono, come rilevati, quelli indicati dall'art. 3 della l. n. 218/1995, ovvero il domicilio o la residenza in Italia del convenuto (comma 1) e la sussistenza di un titolo di competenza per territorio (comma 2).

Viene così esteso considerevolmente l'ambito della giurisdizione italiana (Ballarino, 2016, 197).

Criteri mutuati dall'art. 3 della l. n. 218/1995

La causa sull'attenuazione o sullo scioglimento o annullamento del vincolo coniugale può, pertanto, essere innanzitutto proposta al giudice italiano nell'ipotesi nella quale, in conformità al criterio generale sancito dall'art. 3 della legge in esame, ivi risieda o abbia il domicilio il coniuge convenuto.

Sul punto, si è rilevato, in sede applicativa, che la domanda relativa all'assegnazione della casa coniugale, proposta nel giudizio di separazione tra cittadini extracomunitari, è legittimamente devoluta al giudice dello Stato italiano in cui risiede il convenuto (Trib. Belluno 30 dicembre 2011, in Foro it., 2012, I, 939).

Sotto altro profilo, per quanto attiene ai titoli di competenza interna richiamati dal comma 2 dell'art. 3 della l. n. 218/1995, occorre invero tenere presente che l'art. 706 c.p.c., come modificato dalla l. n. 80/2005, stabilisce che la domanda di separazione personale si propone al tribunale del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio. Il comma 2 della disposizione precisa, poi, che, qualora il coniuge convenuto sia residente all'estero, o risulti irreperibile, la domanda si propone al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente, e, se anche questi è residente all'estero, a qualunque tribunale della Repubblica.

Criteri pressoché identici sono dettati dall'art. 4, comma 1, della l. n. 898/1970, per il divorzio.

Avendo riguardo alla formulazione originaria della disposizione in esame, come modificata dalla l. n. 80/2005, sia la domanda di separazione personale dei coniugi, sia quella di divorzio, dovevano proporsi al Tribunale del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi o, in mancanza, a quello del luogo nel quale il coniuge convenuto ha la residenza o il domicilio, criterio in precedenza principale.

Il principale criterio di competenza territoriale — inderogabile in siffatti procedimenti ai sensi dell'art. 28 — è, pertanto, quello «dell'ultima residenza comune di entrambi i coniugi». Il legislatore, probabilmente, ha tenuto conto di quella giurisprudenza, soprattutto di legittimità, secondo la quale, già prima della riforma del 2005, al fine dell'individuazione del tribunale competente per territorio sulla domanda di separazione personale o di divorzio, il luogo di residenza del coniuge convenuto al momento della proposizione della domanda doveva comunque essere identificato, in via presuntiva, con la casa coniugale, da ritenersi sino a prova contraria luogo di dimora abituale di tutti i componenti della famiglia (Cass. n. 19595/2004).

Peraltro, con riferimenti ai procedimenti di divorzio, tale modifica è venuta meno, in quanto la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l'art. 4, comma 1, l. n. 898/1970, nel testo sostituito dall'art. 2, comma 3-bis, d.l. n. 35/2005, conv., con modif., in l. n. 80/2005, limitatamente alle parole «del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza». In particolare, la Corte ha sottolineato che la previsione, tra i criteri di competenza per territorio applicabili ai procedimenti concernenti lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, di quello del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi è manifestamente irragionevole ove si consideri che negli indicati procedimenti, nella maggioranza delle ipotesi, la residenza comune è cessata, quanto meno dal momento in cui i coniugi, in occasione della domanda di separazione — giudiziale o consensuale — sono stati autorizzati a vivere separatamente, sicché non è ravvisabile alcun collegamento fra i coniugi e il tribunale individuato dalla norma (Corte cost. n. 169/2008).

Rispetto alla competenza per territorio nei giudizi di separazione personale, la S.C. ha invece chiarito che, ai fini dell'individuazione del tribunale competente per territorio sulla domanda di separazione personale dei coniugi, tale luogo deve essere identificato con l'ultima residenza comune dei coniugi, non potendosi ricorrere al foro subordinato della residenza o del domicilio della parte convenuta, sulla base di una applicazione estensiva della sentenza della Corte cost.n. 169/2008, atteso che nell'ipotesi della separazione non potrebbe sussistere il predetto dubbio di legittimità, stante la diversità di situazioni, dei coniugi in procinto di separarsi, rispetto a coniugi già separati da tempo e parti nel giudizio di cessazione degli effetti civili nel matrimonio (Cass. n. 16957/2011).

Ne deriva che, ai fini dell'individuazione del tribunale territorialmente competente sulla domanda di separazione personale dei coniugi, l'art. 706, comma 1, c.p.c. impone, quale criterio principale di collegamento, l'ultima residenza comune, e, solo nell'ipotesi in cui non vi sia mai stata convivenza tra i coniugi, il criterio subordinato della residenza o del domicilio della parte convenuta (Cass. n. 4109/2017).

Peraltro, anche per i giudizi di separazione, la competenza per territorio nel luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi, da individuarsi nel luogo della casa coniugale, può essere superato dalla prova del verificarsi di una frattura del rapporto di convivenza prima della proposizione della domanda di separazione, a causa dello spostamento da parte del convenuto della propria dimora abituale (Cass. n. 5108/2013).

Sotto un distinto profilo, dubbi interpretativi sorgono in ordine alla possibilità di utilizzare come attributiva di competenza giurisdizionale la norma sulla competenza territoriale ulteriormente prevista dalla stessa disposizione che, per il caso in cui nessuno dei coniugi abbia residenza o domicilio in Italia, conferisce la competenza a qualsiasi tribunale della Repubblica. Prima dell'emanazione della disposizione in esame, la era stata affermata in dottrina prevalentemente la soluzione negativa (per tutti, Vitta-Mosconi, 224), poiché, a voler diversamente opinare, si attribuirebbe la giurisdizione al giudice italiano in assenza di qualsiasi collegamento con l'ordinamento italiano (e quindi si tratterebbe di una forma di esercizio manifestamente esorbitante della giurisdizione (v., tra gli altri, Luzzatto, 832 ss.; Mori, 1245; Starace, 6 ss.).

Ulteriori criteri di collegamento individuati dalla norma in esame

In primo luogo l'art. 32 della l. n. 218/1995 demanda la giurisdizione sulla causa di attenuazione o scioglimento del vincolo coniugale al giudice italiano per l'ipotesi in cui uno dei coniugi abbia la cittadinanza italiana.

Si è osservato che la novità in questione è solo relativa, in quanto il sistema previgente sanciva già la competenza del giudice italiano per l'ipotesi di cittadinanza italiana del convenuto, cui si è aggiunta quella dell'attore (cfr. Ballarino, 2016, 198).

In conformità a tale criterio, la S.C. ha evidenziato che la domanda di separazione personale, quando nessuno dei coniugi sia cittadino italiano ed il matrimonio non sia stato celebrato in Italia, è devoluta alla cognizione del giudice italiano, non solo se il convenuto sia residente o domiciliato in Italia, ma, in difetto di tale situazione, anche se la parte attrice abbia la residenza in Italia (Cass.S.U., n. 1994/2004).

Foro esorbitante è quello che attribuisce infine la giurisdizione al giudice italiano per la sola circostanza che il matrimonio sia stato celebrato in Italia senza la necessità che sussistano ulteriori criteri di collegamento.

Proprio tenendo conto di tale criterio, adottato anche nel nostro sistema processuale, in sede applicativa si è affermato che la sentenza straniera dichiarativa del divorzio tra un cittadino italiano ed una cittadina cubana, pronunciata dal competente giudice del luogo estero (Cuba) di celebrazione del matrimonio, è riconoscibile e trova efficacia in seno all'ordinamento giuridico italiano quando la competenza cd. internazionale del giudice straniero può essere stimata sussistente secondo i principi sulla competenza c.d. internazionale propri della legge italiana (art. 64, n. 1, lett. a), l. n. 218/1995, con riferimento all'art. 32 legge cit.), secondo cui la giurisdizione italiana sussiste anche quando uno dei coniugi è cittadino italiano, o il matrimonio è stato celebrato in Italia (App. Milano 3 aprile 2008, in Dir. fam., 2009, n. 1, 159, con nota di Sinagra).

Questa impostazione trova conforto anche nella giurisprudenza di legittimità per la quale, in base all'art. 64, lett. a), della l. n. 218/1995, la competenza internazionale del giudice straniero si accerta secondo i principi in base ai quali il giudice italiano esercita in casi analoghi la giurisdizione nei confronti dello straniero fra tali criteri è il luogo della celebrazione del matrimonio, previsto dall'art. 32 della stessa legge (Cass. I, n. 10378/2004).

Casistica

Sussiste la giurisdizione del giudice italiano in relazione alla domanda di divorzio anche quando nessuno dei coniugi sia cittadino italiano ma il matrimonio sia stato celebrato in Italia e i coniugi hanno in Italia la loro residenza abituale, intesa non solo in senso anagrafico, ma anche come centro principale dei loro affari ed interessi di vita, di lavoro ed economici (Trib. Monza IV, 9 giugno 2010, n. 1743).

È devoluta alla giurisdizione del giudice italiano a norma dell'art. 32 l. n. 218/1995 la controversia introdotta da cittadina italiana al fine di ottenere lo scioglimento del matrimonio celebrato in Italia con cittadino tedesco, non rilevando in senso contrario né la successiva proposizione di identico giudizio in Germania da parte del marito (atteso che l'art. 11 della convenzione italo — tedesca resa esecutiva con l. n. 106/1937 prevede il «rifiuto della decisione» da parte del giudice italiano solo in ipotesi di giudizio di identico contenuto precedentemente instaurato in Germania), né l'invocata applicabilità della legge sostanziale tedesca a norma dell'art. 31 l. n. 218/1995 citata, atteso che i criteri di collegamento individuati dal suddetto articolo non incidono sulla giurisdizione, ma sono intesi alla individuazione della quinta — disciplina sostanziale applicabile a rapporti dei quali debba comunque conoscere il giudice italiano, che, in caso contrario, resterebbe indifferente al problema di una siffatta individuazione (Cass.S.U., n. 47/2001, in Giust. civ., 2001, I, 1545, con nota di D'Alessandro).

Sussiste la giurisdizione del giudice italiano sulla domanda di separazione proposta da una cittadina italiana nei confronti del marito cittadino belga ai sensi dell'art. 32 della l. n. 218/1959, che riconosce tale giurisdizione quando uno dei coniugi è cittadino italiano: in senso contrario non può operare l'art. 5 della convenzione de L'Aja del 12 giugno 1902 resa esecutiva in Italia con l. n. 523/1905 che prevedeva la giurisdizione del giudice del domicilio del convenuto poiché per menzionata convenzione non è più in vigore in Italia a seguito di denuncia del 2 gennaio 1990, con effetto dall'1 giugno 1994 (Cass.S.U., n. 61/2000).

Spetta al giudice italiano la giurisdizione su una causa di separazione rispetto ad un matrimonio celebrato in Italia tra cittadino francese e cittadina italiana che abbia anche la cittadinanza francese (Trib. Venezia 14 novembre 1996, in Giur. Merito, 2000, 79, con nota di Conenna).

Sussiste la giurisdizione del giudice italiano a decidere la controversia di separazione personale dei coniugi, uno dei quali sia cittadino italiano e l'altro cittadino straniero (nella specie, statunitense), che abbiano contratto matrimonio in Italia, ricorrendo entrambe le condizioni di cui all'art. 32 l. n. 218/1995, anche se tale norma sia sopravvenuta nel corso del giudizio: ai sensi dell'art. 5 l. cit., infatti, la giurisdizione del giudice italiano sussiste anche se i fatti e le norme che la determinano sopravvengano nel corso del processo; è poi irrilevante che, nel corso di un progresso procedimento di separazione personale, tra gli stessi coniugi, iniziato su istanza del coniuge italiano, sia intervenuta una sentenza, passata in giudicato, che abbia affermato il difetto di giurisdizione del giudice italiano nei confronti del coniuge straniero, poiché tale pronuncia, avente mero contenuto processuale, ancorché definitiva, non è vincolante nel successivo giudizio tra le stesse parti in ordine all'identico rapporto processuale (Trib. Catania 30 novembre 1995, in Dir. fam., 1996, 1117).

Bibliografia

Balena, I nuovi limiti della giurisdizione italiana (secondo la legge 31 maggio 1995 n. 218), in Foro it. 1996, V, 209 ss.; Ballarino, Diritto internazionale privato italiano, Padova 2016; Ballarino, Il nuovo diritto internazionale privato della famiglia, in Fam. e dir. 1995, n. 5, 487; Baratta, Scioglimento e invalidità del matrimonio nel diritto internazionale privato, Milano 2004; Bonomi, Il regolamento comunitario sulla competenza e sul riconoscimento in materia matrimoniale e di potestà dei genitori, in Riv. dir. internaz. 2001, 298; Conetti, Rapporti di famiglia nella riforma del diritto internazionale privato, in Fam. e dir. 1995, n. 4, 313; Luzzatto, Sulla riforma del sistema italiano di diritto processuale civile internazionale, in Riv. dir. internaz. 1990, 832 ss.; Mori, Rapporti di famiglia, adozione, protezione degli incapaci e obblighi alimentari, in Corr. giur. 1995, n. 11, 1243; Mosconi, Giurisdizione e riconoscimento delle decisioni in materia matrimoniale secondo il regolamento comunitario 29 maggio 2000, in Riv. dir. proc. 2001, 376; Mosconi-Campiglio, Diritto internazionale privato e processuale, I, 7 a ed., Torino 2015; Starace, La disciplina dell'ambito della giurisdizione italiana nel progetto di riforma, in Riv. dir. internaz. 1992, 6 ss.; Trocker, La disciplina dell'àmbito della giurisdizione italiana nella legge di riforma del diritto internazionale privato, in La riforma del sistema di diritto internazionale privato e processuale, Milano, 1996, 23 ss.; Vitta-Mosconi, Corso di diritto internazionale privato e processuale, Torino 1994.

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