Legge - 31/05/1995 - n. 218 art. 66 - Riconoscimento di provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria.

Rosaria Giordano

Riconoscimento di provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria.

1. I provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione sono riconosciuti senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento, sempre che siano rispettate le condizioni di cui all'articolo 65, in quanto applicabili, quando sono pronunciati dalle autorità dello Stato la cui legge è richiamata dalle disposizioni della presente legge, o producono effetti nell'ordinamento di quello Stato ancorché emanati da autorità di altro Stato, ovvero sono pronunciati da un'autorità che sia competente in base a criteri corrispondenti a quelli propri dell'ordinamento italiano.

Inquadramento

La norma in esame rafforza la portata dell'art. 65, estendendone la portata coprendo il territorio, dai confini talvolta imprecisi, degli atti di volontaria giurisdizione (Ballarino, 127).

Sono stati esaminati, dalla recente giurisprudenza, numerosi casi nei quali veniva in rilievo la disposizione in commento con riferimento alla trascrivibilità nel nostro ordinamento di matrimonisame-sexovvero di atti di nascita di minori, nati da coppie omosessuali e/o mediante tecniche di fecondazione eterologa o da madre surrogata.

Premessa

La disposizione in commento estende la portata dell'art. 65 agli atti di volontaria giurisdizione (Ballarino, 127).

In particolare, la norma chiarisce che i provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione sono riconosciuti senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento, sempre che siano rispettate le condizioni di cui all'art. 65, in quanto applicabili, quando sono pronunciati dalle autorità dello Stato la cui legge è richiamata dalle disposizioni della presente legge, o producono effetti nell'ordinamento di quello Stato ancorché emanati da autorità di altro Stato, ovvero sono pronunciati da un'autorità che sia competente in base a criteri corrispondenti a quelli propri dell'ordinamento italiano.

Casistica

Sono stati esaminati, dalla recente giurisprudenza, anche costituzionale, numerosi casi nei quali veniva in rilievo la disposizione in commento con riferimento alla trascrivibilità nel nostro ordinamento di matrimoni same-sex ovvero di atti di nascita di minori.

Quanto alla prima questione, una non risalente pronuncia del Consiglio di Stato ha ritenuto legittimo il decreto prefettizio di annullamento della trascrizione dell'atto di matrimonio contratto all'estero da una coppia dello stesso sesso, disposta dal sindaco quale ufficiale di stato civile, in ottemperanza ad una circolare del ministero dell'interno che vieta la trascrizione di siffatti atti di matrimonio, non configurandosi, al riguardo, la giurisdizione ordinaria (Cons. St. III, 26 ottobre 2015, n. 4899, in Foro it. 2016, 1, III, 6, con nota di Casaburi ed ivi, 2016, 5, III, 263, con nota di Travi).

Nella giurisprudenza di merito si è invece affermato che sussiste, nel caso di due cittadini stranieri dello stesso sesso che abbiano contratto matrimonio all'estero, il diritto alla trascrizione del relativo atto nel corrispondente registro dello stato civile italiano (App. Napoli 13 marzo 2015, in Foro it. 2016, I, 1, 297, con nota di Casaburi, in una fattispecie relativa a due donne francesi, di cui una anche cittadina italiana, la quale ha precisato che la trascrizione, non contraria all'ordine pubblico, è imposta dall'esigenza di salvaguardare i diritti fondamentali dei cittadini dell'Unione europea, quali quello a non subire discriminazioni e alla libertà di circolazione e stabilimento nei paesi membri dell'Unione).

Analogamente, era stato evidenziato che sussiste il diritto di due persone dello stesso sesso, le quali abbiano contratto matrimonio all'estero, alla trascrizione del relativo atto nel corrispondente registro dello stato civile italiano, atteso che non ricorrono limiti di ordine pubblico e che nulla o sta alla configurazione di tale matrimonio nell'ordinamento giuridico italiano (Trib. Grosseto 26 febbraio 2015, in Foro it. 2016, I, 1, 297, con nota di Casaburi, in una fattispecie concernente un matrimonio contratto negli Stati Uniti). Sotto altro e concorrente profilo, si è ritenuto che, qualora due soggetti di sesso maschile abbiano tra loro validamente contratto in uno Stato estero, secondo la lex loci, matrimonio civile, e, successivamente, sempre conformemente alla lex loci, uno di essi abbia ritualmente cambiato sesso, adottando un prenome femminile, il loro matrimonio va considerato contratto tra persone di sesso diverso, e può, quindi, a richiesta dei coniugi, essere, a tutti gli effetti, trascritto nei registri di stato civile italiani (App. Milano, sez. fam., 27 marzo 2015, n. 275, in Dir. pers. fam. 2016, n. 1, 153 ed in Guida al dir. 2015, n. 31, 15, con nota di Buffone).

Questioni non dissimili sono state affrontate in giurisprudenza con riferimento alla trascrivibilità nel nostro ordinamento di atti di nascita di bambini risultanti, in conformità al sistema giudiziario estero, figli di persone dello stesso sesso.

Nella prassi si è ad esempio ritenuto che è trascrivibile l'atto  di nascita formato all'estero (nella specie, in Spagna) di un bambino che viene indicato come figlio di due donne, entrambe cittadine italiane, di cui però solo una è la madre biologica, in quanto non contrario all'ordine pubblico, atteso che vi è un progetto di genitorialità condivisa delle due donne, sposate in quel paese, e che il bambino è stabilmente inserito nel contesto familiare da esse formato (Trib. Napoli I, 6 dicembre 2016, in Foro it. 2017, I, 1, 309, con nota di Casaburi).

Più di recente, sempre in sede applicativa, è stato a riguardo evidenziato che non può dirsi contrastante con l'ordine pubblico la trascrizione dell'atto di nascita formato all'estero, perfettamente valido ed efficace in quello Stato, nel quale è certificata la nascita di un figlio da due donne, per il solo fatto che il legislatore nazionale non preveda o vieti il verificarsi di una simile fattispecie sul territorio italiano. Si è invero precisato che  deve, infatti, aversi riguardo al principio, di rilevanza costituzionale primaria, dell'interesse superiore del minore, che si sostanzia nel suo diritto alla continuità dello status filiationis, emergente da un atto di nascita legittimamente formato all'estero ed in presenza di disposizione quale l'art. 23 Reg. C.E. n. 2201/2003 che stabilisce espressamente che la valutazione dell'ordine pubblico deve effettuarsi, tenendo conto del preminente interesse del minore ad avere una propria identità, a vedersi riconosciuto lo stato di figlio anche in Italia con tutti i diritti che ne conseguono (Trib. Perugia  I, 26 marzo 2018).

In senso analogo, più di recente, è stato evidenziato che la trascrizione in Italia di certificati validamente formati all'estero può essere negata soltanto nel caso di contrarietà all'ordine pubblico, ex art. 18 d.P.R. 396/2000 e art. 65 l. 281/1995. La nozione di ordine pubblico, richiamata dall'art. 18 d.P.R. n. 396/2000 e dalle disposizioni di cui alla legge 281/1995 non è peraltro quella coincidente con l'ordine pubblico interno (che è il limite all'autorità privata), bensì quella di ordine pubblico internazionale (limite all'applicazione del diritto straniero), da ancorarsi ai diritti fondamentali dell'uomo desumibili dalla Carta costituzionale, dai Trattati fondativi e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nonché dalla Convenzione europea dei diritti dell'Uomo, con particolare riferimento alla tutela dell'interesse superiore del minore e, più in generale, del diritto delle persone, di autodeterminarsi e di formare una nuova famiglia. Dunque, se la prospettiva dalla quale muovere è quella dell'interesse superiore del bambino da intendersi quale diritto ad instaurare relazioni affettive durature con un genitore (diritto alla genitorialità), o meglio ancora con entrambi i genitori (diritto alla bigenitorialità), che debbono assicurargli mantenimento, istruzione ed educazione adeguati, non può, allora, dirsi contrastante con l'ordine pubblico, la trascrizione dell'atto di nascita formato in Spagna, perfettamente valido ed efficace in quello Stato, nel quale è certificata la nascita di un figlio da due donne, per il solo fatto che il legislatore nazionale non preveda o vieti il verificarsi di una simile fattispecie sul territorio italiano. In questa prospettiva, rifiutare al bambino l'identità che gli deriva dall'essere riconosciuto anche in Italia come figlio delle sue due madri significa fare di lui, che dovrebbe essere massimamente tutelato perché massimamente debole, uno “strumento” per stigmatizzare la condotta delle madri, per avere cercato fuori dall'Italia la realizzazione del diritto a diventare genitori, anche se non genetici (Trib. Perugia I, 9 febbraio 2019).

A riguardo, la stessa S.C. ha affermato che la trascrizione nei registri dello stato civile italiano di un atto di nascita, validamente formato in Spagna, da cui risulti lo stato di figlio di due donne — una italiana che ha donato l'ovulo e una spagnola che lo ha partorito — legalmente coniugate nell'ordinamento spagnolo, non contrasta con l'ordine pubblico, mancando un divieto a livello costituzionale della genitorialità relativa a coppie dello stesso sesso. In particolare, la Corte di legittimità ha sottolineato che, posto che l'ordine pubblico osta al riconoscimento di efficacia in Italia di un atto di stato civile straniero non già allorché questo sia espressione di una disciplina normativa contrastante con disposizioni anche imperative o inderogabili di diritto interno, ma solo quando il diritto straniero di riferimento sia incompatibile con la tutela dei diritti fondamentali dell'uomo, desumibili dalla Costituzione, dai trattati fondativi e dalla carta dei diritti fondamentali dell'Ue, nonché dalla convenzione europea dei diritti dell'uomo, il giudice può disporre la trascrizione dell'atto di nascita straniero (nella specie, spagnolo) nel quale, conformemente alla legge di quel paese, risulti la nascita di un figlio da due donne, una (spagnola) che l'ha partorito, l'altra (italiana) che ha donato l'ovulo, tanto nell'ambito di un progetto genitoriale realizzato dalla coppia, ivi coniugata, in quanto non collidono con l'ordine pubblico, come sopra delineato: 1) la circostanza che la tecnica riproduttiva utilizzata, comunque non rapportabile alla maternità surrogata, non sia riconosciuta dall'ordinamento italiano; 2) il contrasto con la disposizione di cui all'art. 269, comma 3, c.c., secondo cui è madre solo colei che ha partorito, trattandosi oltretutto di disposizione sulla prova della filiazione; 3) l'essere la coppia genitoriale composta da persone dello stesso sesso, unite da stabile legame affettivo, posto che nessun principio, tanto più di rilevanza costituzionale, preclude a costoro di accogliere, allevare, nonché generare figli, anche considerato che la discendenza biologica non è ormai più requisito essenziale della filiazione; di contro, si deve aver riguardo al principio, di rilevanza costituzionale primaria, di tutela dell'interesse superiore del minore, che si sostanzia anche nel suo diritto alla continuità dello status di filiazione, nella specie con riferimento a due donne, ad entrambe le quali è biologicamente legato, validamente acquisito all'estero, oltretutto in altro paese dell'Unione europea (Cass. I, n. 19599/2016, in GiustiziaCivile.com 27 febbraio 2017, con nota di Conti; in Ilfamiliarista.it, 1° dicembre 2016, con nota di Fasano; in Dir. fam. 2017, 2, I, 297, con nota di Di Marzio).

Analogamente, più di recente, la stessa S.C. ha ritenuto che va respinta la domanda di cancellazione dell'atto di nascita trascritto in Italia del minore nato all'estero, figlio di madre intenzionale italiana e di madre biologica straniera, non sussistendo contrarietà all'ordine pubblico internazionale, poiché la mancanza di un legame biologico con il minore non impedisce il riconoscimento del rapporto di filiazione con una cittadina italiana che abbia prestato il proprio consenso all'utilizzazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita, pure non consentite dal nostro ordinamento (Cass. I, n. 23319/2021).

Problematica distinta è quella che afferisce alla trascrivibilità nel nostro ordinamento dell'atto di nascita di minori mediante la fecondazione eterologa, in violazione della l. n. 40/2004.

È stato affermato che la trascrizione dei certificati di nascita dei bambini nati con la fecondazione eterologa non è in contrasto con l'ordine pubblico ideale — internazionale, poiché nel nostro ordinamento (come integrato dai principi fondamenti CEDU) il principio guida è quello della responsabilità procreativa finalizzato a proteggere il valore della tutela della prole, principio che è assicurato sia dalla procreazione naturale, che da quella medicalmente assistita ove sorretta dal consenso del padre sociale (Trib. Pisa 22 luglio 2016).

In sede applicativa si è ritenuto, poi, che qualora una coppia di gemelli, nati da seme del sig. Z. e da ovociti di donatrice ignota con gestazione e parto di una c.d. donna surrogata e parto di una c.d. madre surrogata, al presumibile scopo di porre rimedio all'infertilità della sig.ra G., moglie del sig. Z., violando peraltro, per più versi, la l. n. 40/2004 può essere considerato padre legittimo dei nati il solo sig. Z., al quale l'ufficiale di stato civile italiano del Comune di F. non può rifiutare la trascrizione, nel relativo registro anagrafico, degli atti di nascita dei gemelli D. ed E. quali figli del predetto sig. Z., fermo restando l'illecito consumato che ha acconsentito, violando l'ordine pubblico italiano, a fare da madre surrogata ai gemelli; né può essere considerata madre legittima dei nati la moglie del Sig. Z., donna che non ha in alcun modo fatto nascere alla vita i due gemelli, non avendoli né concepiti, né condotti in se stessa durante la loro gestazione, né partorito: manca del tutto tra la donna ed i nati la necessaria relazione naturale e giuridica d'ordine parentale, che, dà vita al rapporto di maternità anche sul piano anagrafico (Trib. Forlì 25 ottobre 2011, in Dir. pers. fam. 2013, 532).

Tuttavia, la S.C. ha ritenuto, in una differente ottica ricostruttiva, che poiché il divieto di maternità surrogata è di ordine pubblico, anche internazionale, non può riconoscersi efficacia in Italia all'atto di nascita di un bambino, formato all'estero, che ne indica quali genitori una coppia italiana, che, in realtà, aveva ivi fatto ricorso alla suddetta tecnica procreativa, con conseguente declaratoria di adattabilità del bambino medesimo (Cass. I, n. 24001/2014, in Foro it. 2014, I, 3408, con nota di Casaburi, in una fattispecie nella quale il bambino non era figlio biologico né dell'uomo né della donna italiana, il che si pone in contrasto anche con la legge ucraina, paese ove era stato stipulato il contratto di surrogazione, era avvenuta la nascita ed era stato formato l'atto di nascita).

Su quest'ultima questione – adita da una sezione della S.C. (Cass. I, n. 8325/2020) a seguito della riaffermazione del predetto principio da parte delle Sezioni Unite della Corte di cassazione (Cass., S.U., n. 12193/2019) – la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale — sollevate dalla Corte di cassazione, sezione prima civile, in riferimento agli artt. 2,3,30,31 e 117, comma 1, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 8 CEDU e agli artt. 2, 3, 7, 8, 9 e 18 della Convenzione sui diritti del fanciullo — del combinato disposto degli artt. 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004, 64, comma 1, lett. g), della legge n. 218 del 1995 e 18 del d.P.R. n. 396 del 2000 che, secondo l'interpretazione del diritto vivente, precludono, per contrasto con l'ordine pubblico, il riconoscimento dell'efficacia nell'ordinamento italiano del provvedimento giurisdizionale straniero di accertamento del rapporto di filiazione tra un minore nato all'estero mediante il ricorso alla c.d. maternità surrogata e il genitore c.d. “d'intenzione”. Secondo la Corte Costituzionale, invero, l'interesse del minore deve essere bilanciato, alla luce del criterio di proporzionalità, con lo scopo legittimo perseguito dall'ordinamento di disincentivare il ricorso alla surrogazione di maternità, penalmente sanzionato dal legislatore. Al riguardo, il punto di equilibrio raggiunto dalla cedu è corrispondente all'insieme degli evocati principi della Costituzione italiana, i quali per un verso non ostano alla non trascrivibilità del provvedimento giudiziario straniero di riconoscimento della doppia genitorialità ai componenti della coppia (eterosessuale od omosessuale) che abbia fatto ricorso all'estero alla maternità surrogata; per l'altro, impongono che, in tali casi, sia comunque assicurata tutela all'interesse del minore al riconoscimento giuridico del legame con coloro che esercitano di fatto la responsabilità genitoriale. Il compito di adeguare il diritto vigente alle esigenze di tutela degli interessi dei bambini nati da maternità surrogata non può che spettare, in prima battuta, al legislatore. A tal fine, quest'ultimo — quale titolare di un significativo margine di manovra, a fronte di un ventaglio di opzioni possibili, tutte compatibili con la Costituzione e tutte implicanti interventi su materie di grande complessità sistematica — deve farsi carico di una disciplina che assicuri una piena tutela degli interessi del minore, in modo più aderente alle peculiarità della situazione, che sono assai diverse da quelle dell'adozione in casi particolari (c.d. “non legittimante”), prevista dall'art. 44, comma 1, lett. d), della legge n. 184 del 1983 (Corte Cost. n. 33/2021).

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