I criteri ecologici nell’aggiudicazione degli appalti pubblici: evoluzione normativa e stato dell’arte

06 Aprile 2018

Note in margine al Convegno di Teramo del 13 aprile 2018 sulla “La Tutela dell'ambiente nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici. Strumenti e azioni per la crescita sostenibile del territorio e delle sue imprese”.

Note a margine al Convegno di Teramo del 13 aprile 2018.

Il tema della rilevanza della tutela dell'ambiente nella disciplina dei Contratti Pubblici è di grande attualità, ove si consideri che, con l'approvazione del nuovo Codice (d.lgs. n. 50 del 2016), i punti di emersione del valore-ambiente sono disseminati in un consistente numero di disposizioni, sicuramente in misura maggiore, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, rispetto alla previgente disciplina.

Il nuovo Codice rappresenta, in tal senso, il cambio di paradigma più significativo sul tema della protezione dell'ambiente nel settore dei pubblici acquisti e segna lo spostamento del baricentro della disciplina comunitaria dal perseguimento di valori puramente economici alla realizzazione di obiettivi più ampi, sociali ed ecologici in primis.

A tale risultato, peraltro, la stessa giurisprudenza comunitaria era pervenuta in via interpretativa con notevole anticipo, a partire quantomeno dallo storico caso Concordia Bus Finland (CGCE 17 settembre 2002 in causa C-513/1999), in cui si era appunto riconosciuto che anche i fattori non economici potessero concorrere a delineare i criteri di aggiudicazione di un contratto pubblico. Ma molte altre sentenze, alcune finanche di epoca anteriore, sono giunte alla medesima conclusione, riconoscendo la diretta rilevanza dei fattori sociali nell'ambito delle gare d'appalto, di tal guisa discostandosi dalla differente esegesi avallata dalla Commissione europea, che assegnava un rilievo meramente sussidiario ai criteri ecologici, allorquando cioè dovesse trattarsi di scegliere tra due o più offerte economicamente equivalenti.

Nonostante tale risultato, peraltro, sono ancora molti i fattori di criticità legati alla effettività della tutela dell'ambiente nella disciplina dei contratti pubblici.

Un aspetto che merita sicura attenzione attiene alla incerta configurazione del rapporto tra i criteri di aggiudicazione dell'appalto (v. in part. art. 95 c.c.p.), all'interno di un sistema gerarchico che vede assegnata una formale preferenza al criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa e dunque, per tale via, all'apprezzamento dei fattori ambientali e sociali in sede di gara, che altrimenti non potrebbero ricevere alcuna considerazione ove la stazione appaltante decidesse di optare per il criterio del prezzo più basso.

Non è chiaro in particolare se nei contratti relativi ai servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonché nei servizi “ad alta intensità di manodopera”, la preferenza per il criterio dell'OEPV (“sono aggiudicati esclusivamente sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo…”: art. 95 comma 3) debba essere assoluta per i casi ivi menzionati, oppure se non possa/debba essere derogata in favore del criterio del prezzo più basso (ora rinominato in “costo più basso”), ai sensi del successivo comma 4, allorquando l'amministrazione dimostri che, nei medesimi casi succitati, ricorrano gli estremi delle prestazioni “con caratteristiche standardizzate” o caratterizzate da “elevata ripetitività”.

In giurisprudenza non è stata ancora offerta una soluzione univoca al problema esegetico, seppure l'orientamento di una parte di essa nel senso della preferenza da accordare, nei casi richiamati, al criterio del costo più basso, per quanto certamente in linea con i desiderata delle amministrazioni (specialmente quelle locali, meno attrezzate per i più gravosi compiti originati dall'applicazione dell'OEPV), produce come conseguenza sgradita (tra le altre) proprio il sacrificio delle istanze ambientali.

Altri aspetti di criticità della disciplina attengono, infine, alle conseguenze che derivano dalla violazione degli obblighi ambientali, anche alla luce della nuova disciplina delle cause di esclusione degli appalti. Resta infatti da chiarire se una trasgressione di tali obblighi, in un ambito peraltro segnato ancora dalla non compiuta transizione della tutela dell'ambiente negli schemi dei doveri di protezione, sia idonea a giustificare l'esclusione della ditta dalla gara, ed in caso affermativo a quali condizioni. L'art. 80 comma 5 lett. a) del Codice contorna infatti di parecchie restrizioni il potere escludente della stazione appaltante, limitandone l'esercizio ai casi di “gravi infrazioni”, le quali devono essere “debitamente accertate” e dimostrate “con qualunque mezzo adeguato”.

Non è neppure chiaro se la commissione di reati ambientali possa di per sé giustificare l'esclusione della ditta ovvero se l'amministrazione non debba, anche in tali casi, secondo quanto si è detto, dimostrare l'effettiva rilevanza dell'illecito in sede di gara.

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