Derogabilità del principio di suddivisione in lotti: discrezionalità della stazione appaltante ed oneri motivazionali

06 Aprile 2018

Nonostante l'art. 51 del d.lgs. n. 50 del 2016, al fine di favorire l'accesso delle microimprese e delle piccole e medie imprese alle commesse pubbliche, abbia mantenuto fermo il principio della suddivisione in lotti, già previsto dall'art. 2, comma 1-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, con il nuovo Codice tale principio non risulta più affermato in termini assoluti ed inderogabili. Alla luce della nuova normativa, infatti, il suddetto principio può essere derogato dalla p.A., seppur attraverso una decisione adeguatamente motivata, espressione di una scelta discrezionale. Quest'ultima è sindacabile dal giudice amministrativo unicamente ove vengano travalicati i limiti della ragionevolezza, della proporzionalità e dell'adeguatezza dell'istruttoria.

Il giudizio di primo grado. Con la sentenza impugnata il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria aveva accolto il ricorso proposto da un operatore economico contro il bando e il disciplinare di una gara per l'affidamento di alcuni servizi comunali. Oggetto delle censure mosse era la scelta della stazione appaltante di non suddividere la gara in lotti separati, nonostante l'asserita assoluta disomogeneità dei servizi da affidare (concernenti, in strema sintesi, le attività di pulizia e sorveglianza di alcuni parcheggi di proprietà della stazione appaltante). In particolare, trattandosi di prestazioni funzionalmente diverse le une rispetto alle altre, il giudice di prime cure, facendo leva sui principi di libera concorrenza, non discriminazione, proporzionalità e favor partecipationis che presidiano la materia dei contratti pubblici, aveva dichiarato illegittima la scelta della stazione appaltante di non procedere all'affidamento di servizi richiesti con gare separate: soluzione che, ove adottata, avrebbe favorito l'apertura alla concorrenza e, dunque, l'economicità complessiva dell'operato dell'Amministrazione.

Nell'affidamento di servizi eterogeni tra loro, ad avviso del TAR, le stazioni appaltanti, infatti, hanno il dovere di indire gare separate, ovvero un'unica gara suddivisa in più lotti funzionali o prestazionali, conformemente al settore di lavori, servizi e forniture richiesti, al fine di assicurare un libero ed adeguato gioco della concorrenza, soprattutto tra le piccole e medie imprese che, altrimenti, rischierebbero di essere estromesse laddove venissero accorpate tra loro prestazioni disomogenee.

In riforma della sentenza gravata, il Consiglio di Stato, dopo aver precisato che nel caso di specie la disomogeneità tra i servizi oggetto di gara fosse minore di quella rilevata nella sentenza di primo grado, ha affermato che - nonostante il nuovo Codice dei contratti pubblici, all'art. 51, con l'intento di agevolare le microimprese e le piccole e medie imprese nell'accesso alle commesse pubbliche, abbia mantenuto fermo il principio della suddivisione delle gare in lotti (già previsto nel precedente Codice all'art. 2, comma 1-bis) - nel nuovo regime, il principio non risulta posto in termini assoluti ed inderogabili.

Infatti, rileva il Consiglio di Stato, l'art. 51, al comma 1, secondo periodo, statuisce espressamente che le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell'appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito o nella relazione unica di cui agli artt. 99 e 139.

Ciò, si legge nella sentenza in commento, dimostrerebbe che il principio della suddivisione in lotti è derogabile dall'Amministrazione per mezzo di una determinazione adeguatamente motivata che espliciti le ragioni dell'accorpamento di prestazioni altrimenti divisibili.

Tale soluzione è espressione di una scelta discrezionale e, pertanto, sindacabile dal giudice amministrativo soltanto nei limiti della ragionevolezza e della proporzionalità, oltre che dell'adeguatezza dell'istruttoria.

Poste queste premesse, il Consiglio di Stato, al fine di risolvere la controversia, valorizza altresì la circostanza che l'appalto controverso non fosse né “di grosse dimensioni” né di elevato importo economico, e, pertanto, inidoneo a far apparire manifestamente illogica o irragionevole la scelta dell'Amministrazione di non procedere alla suddivisione in lotti.

Per di più, si osserva in conclusione, la volontà di non frazionare è da considerarsi ragionevole laddove l'unitarietà sia imposta dall'oggetto dell'appalto e dalle modalità esecutive scaturenti dalla situazione materiale e giuridica dei luoghi entro cui operare, e perfino nell'eventualità in cui le attività prestazionali oggetto dei servizi non esigano specializzazioni, né qualifiche particolari che impongano, giustifichino o rendano anche solo opportuna una suddivisione in lotti.

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