Il fermo tecnico dei sistemi informatici del Ministero non impedisce il deposito telematico
03 Aprile 2018
Massima
Non può concedersi la rimessione in termini in caso di interruzione dei sistemi informativi della giustizia civile, laddove nell'avviso di interruzione comparso sul Portale dei servizi telematici sia indicato espressamente che nonostante l'attività di manutenzione i servizi di deposito telematico sarebbero rimasti attivi. Il caso
Il Tribunale di Firenze negava la rimessione in termini all'avvocato che, in costanza di un fermo tecnico dei sistemi ministeriali, lamentava l'impossibilità di effettuare un deposito telematico. La questione
A seguito di necessità di implementazione dei sistemi informatici lato ministero, si rende spesso necessario lo spegnimento dei server distrettuali. Tali attività, pur essendo spesso programmate dal pomeriggio del venerdì sino alla domenica, comportano comunque dei disagi per l'utenza, che tuttavia si limitano alla sospensione dei servizi di consultazione dei registri di cancelleria e non alla interruzione del gestore PEC ministeriale, consentendo dunque l'invio dei depositi telematici. L'unica conseguenza, come si legge nei comunicati ministeriali emanati in occasione dei blocchi, sarà la mancata ricezione della PEC contenente, dell'esito dei controlli automatici (volgarmente definita “terza PEC”) che sarà rilasciata solo all'esito del riavvio dei sistemi. In ogni caso, ai sensi dell'art. 16-bis, comma 7, d.l. n. 179/2012 «il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del ministero della giustizia». Le soluzioni giuridiche
Il provvedimento del Tribunale di Firenze, per quanto telegrafico, parte proprio dall'analisi dell'incontrovertibile dato contenuto nella nota diramata sul sito pst.giustizia.it in data 27 ottobre 2017. Il provvedimento, infatti, riporta integralmente il testo della suddetta nota e il Giudice rimarca come fosse espressamente specificato che, nonostante l'attività di manutenzione, i servizi di deposito telematico sarebbero rimasti attivi. Il Giudice conclude poi ritenendo che «il deposito tramite la PEC al protocollo del Tribunale non rispetta la normativa e le regole tecniche in materia di processo civile telematico». Tale decisione tuttavia si pone in antitesi rispetto ad altri provvedimenti (cfr. Trib. Ivrea, 18 luglio 2014; Trib. Milano, sez. IX, 12 gennaio 2015; Trib. Trento, 30 gennaio 2015) in cui invece la rimessione in termini veniva concessa sulla base di presunzioni, quali la presenza di numerose istanze di rimessione in termini o di autorizzazione al deposito cartaceo oppure di similari note apparse sul portale ministeriale. È opportuno precisare che, in passato, le note apparse sul sito pst.giustizia.it non riportavano sempre la precisazione circa la possibilità di effettuare depositi telematici in costanza di sospensione dei ministeriali, oltre alla possibilità concessa dall'art. 16-bis, commi 4 e 8, d.l. n. 179/2012, di autorizzare il deposito cartaceo in caso di malfunzionamenti del dominio giustizia, hanno lasciato spazio alla flessibilità. Per meglio comprendere il perché di tale flessibilità, occorrerà analizzare l'art. 2, lett. a, d.m. n. 44/2011 che definisce il dominio giustizia come «l'insieme delle risorse hardware e software, mediante il quale il Ministero della Giustizia tratta in via informatica e telematica qualsiasi tipo di attività, di dato, di servizio, di comunicazione e di procedura». Una definizione decisamente ampia, che non sembra ricomprendere solo l'infrastruttura di trasmissione degli atti ma qualsiasi anello della catena, con la conseguenza che tanto un malfunzionamento del gestore PEC ministeriale quanto una disfunzione dell'infrastruttura del singolo Tribunale può dar luogo ad una sospensione del regime telematico obbligatorio, consentendo un transitorio ritorno alla carta. Osservazioni
Il provvedimento in commento ha dunque il pregio di constatare che non tutti i blocchi di sistema sono impeditivi del deposito telematico, rimarcando che, il sistema PEC consente l'invio delle buste telematiche anche in presenza di disservizi locali con l'unico limite che, l'avvocato depositante, riceverà esclusivamente le prime due ricevute (accettazione e consegna) mentre riceverà le successive due ricevute (esito controlli automatici ed intervento manuale) nel momento in cui il disservizio del locale Tribunale verrà risolto, probabilmente con qualche ritardo in più dovuto allo smaltimento delle code di depositi. Ne consegue che, anche in caso di malfunzionamento del gestore locale, come nel caso di cui ci si occupa, nulla impedirebbe all'avvocato di depositare comunque il proprio atto, salvo il rischio di vederselo accettare con molto ritardo da parte della cancelleria pregiudicando dunque il corretto contraddittorio, atteso che, tanto la controparte quanto il Giudice, non potranno visionare quell'atto sino a quando la cancelleria non provvederà ad accettarlo. Appare dunque indispensabile sollecitare gli avvocati telematici a non “fidarsi” delle facili rimessioni in termini a seguito di malfunzionamenti dei sistemi ministeriali e a tentare sempre il deposito telematico, anche in costanza di avvisi di imminenti interruzioni. Sarà inoltre opportuno scaricare sempre una copia in locale o sul proprio software gestionale, dei fascicoli telematici ed in particolare degli atti di controparte e dei provvedimenti del giudice. Infatti non potendo sempre contare sulla disponibilità dei sistemi e sulle rimessioni in termini, potrebbe essere non sempre possibile prendere visione di un atto di controparte a ridosso della scadenza di una eventuale replica. |