Alla CGUE se l'illecito antitrust può integrare un grave errore professionale ai sensi dell'art. 38 co. 1, lett. f), D.Lgs. n. 163 del 2006

27 Giugno 2018

Il TAR Piemonte ha sottoposto alla CGUE la seguente questione «se il combinato disposto da una parte degli artt. 53, paragrafo 3, e 54, paragrafo 4, della Direttiva 2004/17/CE, e dell'art. 45, paragrafo 2, lett. d), della Direttiva 2004/18/CE osti ad una previsione, come l'art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, come interpretato dalla giurisprudenza nazionale, che esclude dalla sfera di operatività del c.d. “errore grave” commesso da un operatore economico “nell'esercizio della propria attività professionale”, i comportamenti integranti violazione delle norme sulla concorrenza accertati e sanzionati dalla Autorità nazionale antitrust con provvedimento confermato in sede giurisdizionale».

Il caso. La vicenda trae origine dall'impugnazione, da parte di un Consorzio vincitore di alcuni dei lotti di una gara (bandita nel 2015 e quindi disciplinata dal D.Lgs. n. 163/2006) per l'affidamento di servizi di pulizia, del provvedimento che ha disposto la “decadenza dall'aggiudicazione, o comunque il suo ritiro in autotutela”. La stazione appaltante disponeva la suddetta decadenza in ragione della sanzione disposta dall'AGCM, confermata con sentenza passata in giudicato, relativamente alla violazione, da parte del suddetto Consorzio, della normativa antitrust sulle intese restrittive della concorrenza. In particolare, l'Autorità aveva sanzionato il Consorzio in quanto aveva condizionato gli esiti di una gara indetta da un'altra amministrazione attraverso l'eliminazione del reciproco confronto concorrenziale e la spartizione dei lotti più appetibili.

La questione pregiudiziale. Con l'ordinanza in epigrafe il TAR Piemonte ha rimesso, in via pregiudiziale, alla CGUE la questione «se il combinato disposto da una parte degli artt. 53, paragrafo 3, e 54, paragrafo 4, della Direttiva 2004/17/CE, e dell'art. 45, paragrafo 2, lett. d), della Direttiva 2004/18/CE osti ad una previsione, come l'art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, come interpretato dalla giurisprudenza nazionale, che esclude dalla sfera di operatività del c.d. “errore grave” commesso da un operatore economico “nell'esercizio della propria attività professionale”, i comportamenti integranti violazione delle norme sulla concorrenza accertati e sanzionati dalla Autorità nazionale antitrust con provvedimento confermato in sede giurisdizionale». Ad avviso del Collegio l'applicazione dell'art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 così come interpretato dalla giurisprudenza nazionale, precluderebbe alla stazione appaltante di escludere automaticamente da una gara indetta per l'affidamento di un appalto pubblico, l'operatore economico sanzionato dall'AGCM.

Sulle cause di esclusione. La normativa nazionale. L 'art. 38, comma 1, del D. Lgs. n. 163/2006, rubricato «Requisiti di ordine generale», emanato in attuazione dell'art. 45 della Direttiva 2004/18/CE, prevede alla lettera f) l'esclusione dei concorrenti che: i) «hanno commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara»; ii) o che «hanno commesso un errore grave nell'esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante». A tal riguardo, il Collegio richiama l'orientamento costante della giurisprudenza amministrativa a tenore del quale l'accertata commissione di un “errore professionale grave” da parte di un operatore economico non è causa di esclusione automatica, «perché l'esclusione deve essere il risultato di una motivata valutazione dell'episodio addebitato all'operatore economico sindacabile dal giudice amministrativo» (cfr. Cons. Stato sez. V n. 5299 del 2015; Cons. Stato sez. VI n. 5030/2010; TAR Lazio sez. III, 06 marzo 2017, n. 3140).

Sulle condotte costituenti illecito concorrenziale. Per quantoriguarda i comportamenti ascrivibili alla categoria degli “errori professionali gravi” rilevanti ai sensi dell'art. 38 comma 1 lett. f) del D. Lgs. n. 163 del 2006, il Collegio richiama l'orientamento del Consiglio di Stato a mente del quale «esulano dal perimetro applicativo della norma i fatti illeciti commessi al di fuori dell'esecuzione di rapporti contrattuali, a qualsiasi titolo sanzionati dall'ordinamento» (cfr. Cons. Stato, IV, 11 luglio 2016, n. 3070; V, 13 luglio 2017, n. 3444, 20 febbraio 2017, n. 742, 11 aprile 2016, n. 1412, 18 giugno 2015, n. 3107, 15 giugno 2015, n. 2928, 23 marzo 2015, n. 1567, 3 dicembre 2014, n. 5973; VI, 1 settembre 2017, n. 4161).

Sulle Direttive dell'Unione Europea. Il Collegio si interroga sulla natura delle cause di esclusione cd. “facoltative” dal momento che la Direttiva 2014/24/UE, in rilievo nel caso di specie, sembra aver assegnato agli Stati membri solo la facoltà che le stazioni appaltanti prendano in considerazione le cause di esclusione indicate all'art. 57, comma 4 – tra cui anche le condotte poste in essere in violazione delle norme sulla concorrenza. La presa in considerazione di tali cause di esclusione, tuttavia, non conduce alla automatica esclusione, ma alla possibilità che la stazione appaltante le valuti autonomamente.

Sul punto tuttavia il TAR evidenzia che la giurisprudenza della CGUE, formatasi nel vigore delle Direttive 92/50/CEE e 2004/18/CE, «non risulta di univoca interpretazione» in quanto alcune pronunce «sembrerebbero riconoscere agli Stati membri il potere di non attribuire rilevanza giuridica a tutte o a talune di tali cause di esclusione ovvero di ridimensionare la portata applicativa di ciascuna di esse», mentre altra giurisprudenza (sentenza C-465/11) «sembrerebbe invece suggerire che gli Stati membri potevano solo chiarire il significato, senza mutare la nozione rilevante ai fini del diritto europeo, o specificandone i criteri applicativi».

Il Collegio ha dunque evidenziato la necessità che «la portata dei sopra richiamati precedenti della Corte di Giustizia venga precisata, tanto più per il fatto che anche la Direttiva 2014/24/UE, con previsioni alle quali la stessa Corte di Giustizia parrebbe aver attribuito (con la sentenza C-470/13) natura ricognitiva, sembra aver assegnato agli Stati membri solo il potere di obbligare le amministrazioni aggiudicatrici a tenere in considerazione le cause di esclusione “facoltative” indicate all'art. 57 comma 4 – tra cui anche le condotte che si siano estrinsecate nella conclusione di accordi limitativi della concorrenza - , e non certo anche il potere di privare le amministrazione aggiudicatrici del potere di valutare autonomamente le medesime cause di esclusione».

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