Legittima l’esclusione per dichiarazione non veritiera su una precedente risoluzione, pur se avvenuta bonariamente

02 Luglio 2018

Sussiste in capo al concorrente il dovere di dichiarare tutte le vicende pregresse, concernenti fatti risolutivi, errori o altre negligenze, comunque rilevanti ai sensi dell'art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 103 del 2006 (previgente codice dei contratti pubblici) occorse in precedenti rapporti contrattuali con pubbliche amministrazioni diverse dalla stazione appaltante, giacché tale dichiarazione attiene ai principi di lealtà e affidabilità contrattuale e professionale che presiedono ai rapporti tra partecipanti e stazione appaltante, poiché al concorrente non è rimesso alcun potere di scelta in ordine ai propri precedenti, il cui controllo ed in specie sulla eventuale gravità spetta unicamente alla sfera di discrezionalità valutativa dell'amministrazione committente. A nulla rileva, inoltre, che i precedenti professionali negativi si siano chiusi con transazione o con risoluzione consensuale, posto che tali circostanze potranno rilevare solo nella fase della valutazione della gravità e della affidabilità professionale rimessa alla stazione appaltante.

Il caso. La vicenda trae origine da una procedura aperta bandita da un Comune per l'affidamento di un appalto di servizi da cui veniva esclusa una delle A.t.i. partecipanti, poiché l'offerta presentata risultava controfirmata esclusivamente dalla mandataria e non dalla mandante.

Il provvedimento di esclusione veniva, quindi, impugnato dall'A.t.i. esclusa.

Si costituivano in giudizio il Comune e l'altra A.t.i. partecipante alla gara che, oltre a chiedere il rigetto del ricorso, spiegava ricorso incidentale, lamentando, in particolare, la violazione dell'art. 97 Cost. e degli artt. 38 e 46, d.lgs. n. 163 del 2006.

Il T.A.R. adito, esaminando prioritariamente il ricorso incidentale, lo accoglieva, ritenendo fondato il motivo concernente la mancata dichiarazione, da parte della società mandante dell'A.t.i. esclusa, della risoluzione anticipata del contratto relativo ad un appalto di servivi di riscossione per un altro Comune, a seguito dell'addebito di irregolarità e specifiche inadempienze contrattuali, a nulla rilevando che tale risoluzione fosse avvenuta e formalizzata in via amichevole.

L'A.t.i. appellava la sentenza del giudice di primo grado, negando che quella risoluzione contrattuale potesse integrare gli estremi dei gravi inadempimenti che l'art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 163 del 2006 obbliga a dichiarare, adducendo, inoltre, che la stazione appaltante ne era venuta comunque a conoscenza tramite la mandataria.

Il Consiglio di Stato, tuttavia, ha rigettato l'appello e confermato la sentenza di primo grado.

I gravi errori professionali ai sensi dell'art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 163 del 2006. Il Consiglio di Stato, nel rigettare l'appello, rileva come la vicenda sia identica a un precedente avente a oggetto una gara cui aveva partecipato la medesima A.t.i., esclusa anche in quella occasione per le stesse ragioni esposte supra: anche in quella sede, peraltro, l'A.t.i. appellante aveva sostenuto che lo scioglimento intercorso tra la mandante e il Comune non sarebbe rientrato nel campo applicativo di cui all'art. 38, comma 1, lett. f), del previgente codice dei contratti pubblici, trattandosi di una mera omessa dichiarazione regolarizzabile in sede di soccorso istruttorio. Inoltre, come nel caso di specie, vi era stata l'espressa attestazione dei rappresentanti legali della società mandataria di non aver commesso gravi errori nell'esercizio della propria attività professionale.

Il Consiglio di Stato ha, quindi, constatato, inesorabilmente, la legittimità dell'esclusione dell'A.t.i., avendo la concorrente negato di avere commesso un errore grave, precludendo così alla stazione appaltante di svolgere valutazioni in ordine alla rilevanza di un fatto sottratto alla sua sfera di conoscibilità.

La norma richiamata è, infatti, posta a presidio dei principi di lealtà e affidabilità professionale del concorrente, consentendo alla stazione appaltante di individuare il miglior offerente nel rispetto della par condicio tra i concorrenti: spetta all'amministrazione valutare l'errore grave dichiarato dal concorrente, che può essere accertato con qualunque mezzo di prova.

Il Collegio rileva che la giurisprudenza è costante nell'affermare come la dichiarazione mendace su di un requisito d'importanza essenziale non possa che comportare l'esclusione del concorrente, poiché impedisce all'amministrazione di compiere quel vaglio doveroso e adeguato ad essa rimesso.

Il mancato cenno alle risoluzioni contrattuali è una ragione autonoma per disporre l'esclusione dalla procedura, poiché il combinato disposto dell'art. 38, comma 1, lett. f) e art. 38, comma 2, d.lgs. n. 163 del 2006 conduce all'obbligatorietà per i concorrenti di dichiarare a pena d'esclusione la sussistenza di precedenti professionali dai quali la stazione appaltante può discrezionalmente desumere l'inaffidabilità: ne consegue che una dichiarazione non veritiera è di per sé sola causa di esclusione, anche ai sensi dell'art. 75, d.P.R. n. 445 del 2000 e dell'art. 45, direttiva 2004/18/UE.

Nel caso di specie non è nemmeno invocabile il soccorso istruttorio, stante la falsità della dichiarazione e non la semplice omissione della stessa, atteso che tale strumento è utilizzabile solo in caso di mancanza, incompletezza o irregolarità, ma non in caso di dichiarazioni non veritiere.

Non rileva, inoltre, il fatto che la risoluzione, non dichiarata, si sia conclusa “bonariamente” o “in forma amichevole”, posto che tali circostanze avrebbero potuto al più rilevare nella fase di valutazione di gravità e affidabilità professionale della concorrente rimessa alla stazione appaltante.

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