Sulla decorrenza del termine di impugnazione dell'aggiudicazione definitiva

Paola Martiello
22 Ottobre 2018

Qualora si facesse decorrere il termine per impugnare l'aggiudicazione definitiva dal momento in cui la parte interessata ha avuto concreto accesso a tutti gli atti di gara, si creerebbe il grave inconveniente di rendere “mobile” ed incerto il dies a quo per la proposizione del ricorso. Tale scelta risulterebbe ancor più irragionevole in una materia di rilevante interesse pubblico, qual è quella degli appalti, in cui il legislatore, introducendo un rito accelerato connotato da marcati tratti di specialità, ha manifestato chiaramente la necessità di privilegiare le esigenze di una sollecita definizione del giudizio rispetto a quelle delle parti di disporre di adeguati spazi di difesa e del giudice di adeguata conoscenza della res deducta.

Il caso: La questione posta all'attenzione del Collegio concerne la valutazione circa il momento da cui far decorrere il termine di impugnazione dell'aggiudicazione definitiva ed in particolare, se quest'ultimo debba essere calcolato a partire dal momento in cui la parte interessata ha avuto concreto accesso a tutti gli atti di gara ovvero sia sufficiente, al fine della proposizione del ricorso, la mera conoscenza di tutti gli elementi per comprendere la lesività del provvedimento di aggiudicazione.

In particolare il Tribunale è stato chiamato a valutare se sia ammissibile e procedibile il ricorso - proposto nei confronti dell'aggiudicataria dell'appalto relativo alla gestione di servizi cimiteriali- notificato oltre il termine perentorio 30 giorni di cui all'art. 120 c.p.a., decorrente dalla comunicazione dell'aggiudicazione.

La soluzione: Il Collegio, ha dichiarato inammissibile il ricorso richiamando un prevalente orientamento giurisprudenziale ( cfr. Cons. Stato Sez. IV Sent., 09/05/2013, n. 2521; T.a.r. Campania, sez. II, n. 361/2011), il quale sostiene la tesi secondo cui “il concetto di "piena conoscenza" dell'atto amministrativo lesivo, ai fini della sua impugnazione, non (…deve) essere inteso quale "conoscenza piena ed integrale" dei provvedimenti che si intendono impugnare, ovvero di eventuali atti endoprocedimentali, la cui illegittimità infici, in via derivata, il provvedimento finale. Ciò che è invece sufficiente ad integrare il concetto di "piena conoscenza" - il verificarsi della quale determina il dies a quo per il computo del termine decadenziale per la proposizione del ricorso giurisdizionale - è la percezione dell'esistenza di un provvedimento amministrativo e degli aspetti che ne rendono evidente la lesività della sfera giuridica del potenziale ricorrente, in modo da rendere percepibile l'attualità dell'interesse ad agire contro di esso”.

Il Tribunale , osserva, infatti, che se, ai fini dell'impugnazione di un provvedimento amministrativo, la piena conoscenza dello stesso dovesse essere intesa come conoscenza integrale, allora il tradizionale rimedio dei motivi aggiunti non avrebbe ragion d'essere, o dovrebbe essere considerato residuale, ricorrendone l'esperibilità (forse) solo nel caso di atto endoprocedimentale completamente ignoto all'atto di proposizione del ricorso introduttivo del giudizio. ( cfr. Cons. Stato Sez. IV, 29-10-2015, n. 4945; T.a.r. Puglia, sez. III, n. 1367/2014; T.A.R. Veneto, Sez. I, 23 agosto 2017, n. 802).

In conclusione: il Collegio evidenzia che laddove si condividesse l'impostazione della società ricorrente e si facesse decorrere il termine per impugnare l'aggiudicazione definitiva dal momento in cui la parte interessata ha avuto concreto accesso a tutti gli atti di gara , si creerebbe il grave inconveniente di rendere “mobile” ed incerto il dies a quo per la proposizione del ricorso. Tale scelta si renderebbe ancor più irragionevole in una materia di rilevante interesse pubblico, qual è quella degli appalti, in cui il legislatore, introducendo un rito accelerato connotato da marcati tratti di specialità (impossibilità di impugnare gli atti con ricorso straordinario al Capo dello Stato; riduzione di tutti i termini processuali; svolgimento e definizione del giudizio improntati alla massima celerità; fissazione a breve dell'udienza di merito anche in caso di rigetto dell'istanza cautelare), ha manifestato chiaramente la necessità di privilegiare le esigenze di una sollecita definizione del giudizio rispetto a quelle delle parti di disporre di adeguati spazi di difesa e del giudice di adeguata conoscenza della res deducta. ( cfr. T.A.R. Veneto, Sez. I, 23 agosto 2017, n. 802).

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