Patto di prova e diritto di non subire licenziamento arbitrario
10 Dicembre 2018
Secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte il recesso del datore di lavoro nel corso del periodo di prova ha natura discrezionale, non deve essere motivato (nel senso che non deve contenere l'indicazione delle ragioni sottese alla volontà datoriale di sciogliere unilateralmente il rapporto, neppure in caso di contestazione in ordine alla valutazione della capacità e del comportamento professionale del lavoratore stesso) e conseguentemente non grava il datore dell'onere ex art. 5, l. n. 604 del 1966, di dare la prova del presupposto giustificativo.
Tuttavia, ha da tempo precisato la Consulta e condiviso la Suprema Corte che, sebbene il licenziamento del lavoratore in prova rientri nell'area della recedibilità acausale, non per questo può ammettersi che l'esercizio del diritto potestativo riconosciuto al datore di lavoro possa risolversi nel mero arbitrio del suo titolare, dal momento che l'ordinamento, comunque, assegna “garanzia costituzionale al diritto di non subire un licenziamento arbitrario”.
Pertanto, la discrezionalità, di cui il datore di lavoro dispone nel valutare le condotte tenute dal lavoratore durante il periodo di prova, deve essere esercitata, coerentemente alla causa del patto di prova (consentire alle parti del rapporto di lavoro di verificarne la reciproca convenienza), in riferimento alle mansioni oggetto del patto, di talchè il lavoratore può eccepire in sede giurisdizionale l'illegittimità del recesso, allegando e provando la contraddizione tra recesso e funzione della prova, consistente nell'inadeguatezza dell'esperimento ad accertare la capacità lavorativa del lavoratore in prova. |