Macroscopico errore materiale nell'offerta economica: esclusione o rettifica attraverso il soccorso istruttorio?

Roberto Fusco
19 Febbraio 2019

È illegittimo da parte della stazione appaltante consentire ex post la regolarizzazione di un errore materiale nell'offerta economica (consistente nella scorretta indicazione dei costi di manodopera), nel caso in cui a tale regolarizzazione non si possa pervenire con ragionevole certezza e, comunque, senza attingere a fonti di conoscenza estranee all'offerta. Il potere di rettifica di errori materiali o refusi, infatti, è legittimo soltanto se circoscritto alle ipotesi in cui l'effettiva volontà negoziale sia stata comunque espressa nell'offerta e risulti palese che la dichiarazione discordante non sia voluta, ma sia frutto di un errore ostativo, da rettificare in applicazione dei principi civilistici contenuti negli artt. 1430-1433 c.c.

Il caso di specie riguarda una procedura di gara negoziata ex art. 36 comma 2, lett. c), d.lgs. n. 50/2016 (svolta in via telematica) per l'affidamento, di durata biennale, dei lavori di manutenzione ordinaria e di pronto intervento per opere edili e impiantistiche, nell'ambito del quale la società aggiudicataria avrebbe errato l'indicazione dei costi di manodopera nell'offerta economica, inserendo l'errato importo di euro 440.373,73 al posto di quello corretto pari a euro 240.373,73. La stazione appaltante, verificato che il costo della manodopera indicato era palesemente errato in quanto matematicamente incompatibile con il ribasso offerto, richiedeva alla società di fornire dei chiarimenti in merito, in riscontro ai quali la concorrente (poi divenuta aggiudicataria) rettificava i costi di manodopera inizialmente indicati, precisando che l'importo corretto era in realtà di euro 240.373,73 e attribuendo tale difformità a un mero errore materiale di battitura in sede di offerta (digitando il quattro anziché il 2 come cifra iniziale). A tal proposito bisogna precisare che la cifra è stata indicata in un documento informatico compilato e firmato digitalmente dallo stesso amministratore unico e legale rappresentante della società controinteressata, il quale ha indicato l'importo sia in numeri che in lettere.

La questione che si pone nel caso in esame, dunque, è di stabilire se, una volta appurate l'incongruenza e la contraddittorietà del dato fornito dalla società aggiudicataria come costo della manodopera all'interno dell'offerta economica, sia legittimo da parte della stazione appaltante consentire ex post la regolarizzazione di tale errore materiale.

Per la risoluzione di tale problema occorre ricordare che l'istituto del soccorso istruttorio (attualmente disciplinato dall'art. 83, comma 9, d.lgs. n. 50 del 2016) consente di rimediare alle carenze di qualsiasi elemento formale della domanda, nonché alla mancanza, incompletezza ed irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo, ma non consente di emendare le carenze afferenti all'offerta economica e a quella tecnica. Nel caso di specie non si è in presenza di documentazione incompleta, bensì di un errore nel quale è incorsa l'impresa controinteressata nella stesura dell'offerta economica, errore del quale la stazione appaltante si è avveduta in sede di controllo di congruità.

Il Collegio, pertanto, richiamando la giurisprudenza del Consiglio di Stato sul punto (cfr., tra le molte, Cons. St., sez. V, 11 gennaio 2018, n. 113), ricorda che nella materia degli appalti pubblici vige il principio generale della immodificabilità dell'offerta, a tutela dell'imparzialità e della trasparenza dell'agire della stazione appaltante, nonché della parità di trattamento tra gli operatori economici, principio a cui deve essere data applicazione anche nel caso di cui trattasi.

Viene rammentato a tal proposito l'insegnamento giurisprudenziale secondo il quale le offerte devono essere interpretate al fine di ricercare l'effettiva volontà dell'impresa partecipante alla gara, superando le eventuali ambiguità, a condizione di giungere ad esiti certi circa la portata dell'impegno negoziale assunto (vedasi a tal riguardo: Cons. St., sez. IV, n. 1827/2016; Cons. St., sez. V, n. 2082/2015; Cons. St., sez. III, n. 5196/2014). Tale ricerca può anche consistere nell'individuazione e nella rettifica di eventuali errori di scritturazione o di calcolo, a condizione, però, che alla rettifica si possa pervenire con ragionevole certezza e, comunque, senza attingere a fonti di conoscenza estranee all'offerta (vedasi: Cons. St., sez. III, n. 1487/2014; Cons. St., sez. III, n. 4592/2012; Cons. St., sez.VI, n. 889/2013). Il potere di rettifica di errori materiali o refusi, pertanto, risulta legittimo soltanto se circoscritto alle ipotesi in cui l'effettiva volontà negoziale sia stata comunque espressa nell'offerta e risulti palese che la dichiarazione discordante non è voluta, ma è frutto di un errore ostativo, da rettificare in applicazione dei principi civilistici contenuti negli artt. 1430-1433 c.c. (cfr., nel solco di Cons. Stato, Ad.Plen., n. 9/2014; TAR Lazio (Roma), sez.II, n. 5060/2016; TAR Lombardia (Roma), sez. IV, n. 1554/2016).

Nel caso di specie, pur dovendosi ammettere la riconoscibilità della discordanza tra percentuale di ribasso e costo della manodopera (con conseguente riconoscibilità dell'errore ex art. 1431 c.c.), non risulta essersi però verificata la duplice condizione: i) della possibilità di pervenire ad una rettifica in termini di certezza; ii) della necessità di non ricorrere a fonti di conoscenze esterne alla dichiarazione stessa dell'offerente.

In effetti, seppur percepibile da subito la contraddittorietà di quanto dichiarato, è soltanto a seguito delle informazioni in concreto fornite dalla società aggiudicataria che la stazione appaltante ha potuto comprendere che si trattava di un errore di digitazione afferente alla indicazione dei costi di manodopera. Prima del concretizzarsi di tale fonte informativa - indubbiamente esterna alla dichiarazione di offerta economica - non era possibile comprendere né la natura né l'entità quantitativa dell'errore. Invero, di fronte alla incompatibilità tra percentuale di ribasso e ammontare del costo della manodopera, non era possibile stabilire ex ante se l'errore riguardava il primo o il secondo elemento dell'offerta economica. Infatti, l'erronea digitazione ammessa dalla contro-interessata (secondo cui sarebbe stato erroneamente inserito l'importo di euro 440.373,73 anziché quello di euro 240.373,73), non costituisce l'unica soluzione possibile ma soltanto una delle numerose alternative ipotizzabili e verificabili soltanto ex post sulla base di quanto tardivamente dichiarato dalla offerente.

Ciò significa che l'errore non era emendabile sulla base della stessa offerta economica né sulla base di informazioni acquisite alla gara prima dell'apertura delle offerte, ma soltanto ricorrendo a fonti di conoscenza del tutto esterne ai documenti di gara, attraverso le quali, soltanto, è stato possibile ricostruire l'errore originariamente compiuto. Peraltro, che l'errore sia proprio quello chiarito ex post dalla società aggiudicataria, dipende in definitiva da un “atto di fiducia” del seggio di gara verso le dichiarazioni rettificative postume fornite dall'impresa, giacché la spiegazione fornita è soltanto una tra quelle concretamente possibili.

In conclusione, poiché nella specie si è avuta rettifica dell'errore solo sulla base degli elementi informativi raccolti al di fuori dell'offerta e tardivamente forniti dall'impresa aggiudicataria dopo l'apertura delle offerte (quando si era ormai pervenuti alla fase di verifica dell'anomalia dell'offerta presentata) la stazione appaltante ha violato l'art. 83, comma 9, d.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui esso espressamente vieta alle amministrazioni aggiudicatrici di ammettere il soccorso istruttorio per la correzione o l'integrazione di lacune vizianti l'offerta (tecnica o) economica, essendoci stata, nel caso di specie, un'illegittima modificazione dell'offerta in corso di procedura di affidamento.

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