I condòmini possono scegliere di essere convocati in assemblea tramite avviso comunicato in forme diverse da quelle di legge
21 Febbraio 2019
Massima
L'assemblea condominiale può essere validamente convocata anche tramite posta elettronica ordinaria, quando il condòmino abbia indicato un indirizzo di e-mail ordinaria per l'invio del relativo avviso da parte dell'amministratore. Il caso
All'esito di un procedimento di impugnazione di delibera condominiale il Tribunale ordinario di Brescia accertava la soccombenza virtuale dell'attore, condannandolo alla rifusione delle spese di lite. Il condominio soccombente interponeva gravame avverso la pronunzia, dolendosi – per quanto qui interessa – che il primo giudice avesse, nel ritenere validamente convocato il condòmino all'assemblea (poi sfociata nella delibera impugnata) mediante avviso trasmesso via e-mail anziché con posta elettronica certificata, violato il disposto dell'art. 66, terzo comma, delle disposizioni di attuazione del codice civile. La questione
La Corte d'Appello di Brescia si è chiesta se la volontà del condòmino di ricevere gli avvisi di convocazione delle assemblee ad una casella di posta elettronica ordinaria e non certificata possa – o meno – derogare alla norma di legge testé enunciata (contemplante quali unici mezzi di comunicazione dell'avviso di convocazione la posta raccomandata, la PEC, la consegna a mano ed il fax). Le soluzioni giuridiche
La Corte ha risposto affermativamente al quesito, dopo aver ricordato che in linea generale solo la PEC equivale alla raccomandata (in quanto “solo con tale modalità perviene al notificante un messaggio di accettazione e consegna dell'avviso”), attribuendo valenza decisiva alla circostanza per cui “è stato lo stesso condomino [...] ad aver richiesto la comunicazione a[ttra]verso un mezzo “informale” quale la e.mail”. Alla luce di ciò (e di ulteriori considerazioni non rilevanti nella presente sede, perché inerenti a profili estranei alle tematiche trattate nell'àmbito di questo portale), l'appello è stato respinto, con ogni corollario.
Osservazioni
La sentenza in commento s'appalesa interessante non tanto sul piano della sottolineata equipollenza della PEC alla lettera raccomandata (è lo stesso art. 66, terzo comma, disp. att. c.c. a contemplare entrambe le soluzioni nel novero degli strumenti di comunicazione dell'avviso di convocazione dell'assemblea; inoltre, la trasmissione di un documento informatico via PEC – con generazione delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna – “equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta”: cfr. art. 48, comma 2, d.lg. 7 marzo 2005, n. 82), quanto perché riserva all'autonomia negoziale la facoltà, esercitabile attraverso un'esplicita dichiarazione, di parificare l'efficacia probatoria della e-mail ordinaria a quella della posta elettronica certificata. In altre parole, viene riconosciuto al destinatario di un atto unilaterale recettizio il potere di disporre in via preventiva del mezzo di comunicazione di detto atto, rinunciando alle garanzie offerte dai mezzi previsti dalla legge a favore di uno – com'è la posta elettronica ordinaria – senza dubbio più elastico e agevolmente fruibile ma meno affidabile (l'esperienza quotidiana insegna invero che non pochi messaggi non giungono a destinazione, spesso a causa di malfunzionamenti od impostazioni troppo rigide dell'account del soggetto ricevente).
Il principio enunciato dalla Corte d'Appello bresciana, in linea generale esatto (non essendovi in materia esigenze pubblicistiche che vietino di derogare a norme dettate nell'esclusivo interesse di chi consapevolmente decide di abdicare alla maggior tutela ivi contenuta), nella concreta vicenda in esame – però – rappresenta il frutto di un grossolano fraintendimento circa le reali intenzioni del condòmino, posto che l'indirizzo da lui indicato quale collettore dell'avviso di convocazione dell'assemblea è di posta elettronica certificata e non ordinaria. Lo si evince dal dominio di appartenenza (notoriamente riferibile ad uno dei più diffusi provider [anche] di caselle PEC) ed il Collegio giudicante avrebbe potuto trarne riscontro confermativo grazie ad un semplice accesso all'INI-PEC (Indice nazionale dei domicili digitali di imprese e professionisti, istituito ex art. 6-bis d.lg. n. 82/2005 e liberamente consultabile senza credenziali); ne discende che la censura sollevata dall'appellante in punto violazione dell'art. 66 disp. att. c.c. sarebbe stata suscettibile di accoglimento se fosse emerso che l'account di PEC del condòmino ricevente rifiutava i messaggi provenienti da caselle di posta ordinaria o, in caso contrario, se l'amministratore condominiale non avesse provato aliunde l'avvenuto recapito dell'avviso all'indirizzo PEC del destinatario malgrado l'utilizzo da parte del mittente di un account di e-mail ordinaria, oppure – infine – se fosse stata fornita dimostrazione che l'odierno appellante aveva espressamente accettato di ricevere le convocazioni via posta elettronica ordinaria ad un indirizzo PEC. |