Pagamento nelle mani dell’ufficiale giudiziario

Giacinto Parisi
17 Aprile 2019

Nell'espropriazione forzata l'intimato può evitare il pignoramento, e quindi l'avvio dell'esecuzione forzata, attraverso il cd. pagamento nelle mani dell'ufficiale giudiziario, istituto regolato dal comma 1 dell'art. 494 c.p.c..
L'ambito applicativo e la natura giuridica dell'istituto

Nell'espropriazione forzata l'intimato può evitare il pignoramento, e quindi l'avvio dell'esecuzione forzata, attraverso il cd. pagamento nelle mani dell'ufficiale giudiziario, istituto regolato dal comma 1 dell'art.494c.p.c.: la stessa esistenza di tale possibilità dimostra che il legislatore considera il processo di esecuzione come una extrema ratio rispetto all'adempimento spontaneo del debitore.

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Poiché presupposto per la concessione del sequestro liberatorio, previsto dall'art. 687 c.p.c. è una controversia circa l'obbligo di dare cose o somme di denaro (o circa il modo di adempimento o l'idoneità della cosa), tale forma di sequestro non è più ammissibile in presenza d'un titolo esecutivo giudiziale, recante condanna al pagamento d'una somma di danaro, restando al debitore esecutato, per evitare il pignoramento, soltanto di provvedere – salvo l'esperimento dei possibili mezzi di gravame in sede cognitoria – a norma dell'art. 494 c.p.c. al versamento all'ufficiale giudiziario procedente della somma richiesta (Cass. civ., 21 aprile 1990, n. 3354; in termini, Trib. Milano, 20 luglio 1995).

La disposizione in parola si riferisce in astratto a qualunque forma di espropriazione forzata. Tale disciplina, tuttavia, non opera quando l'atto di pignoramento sia notificato mediante il servizio postale e non direttamente dall'ufficiale giudiziario, nelle cui mani deve infatti essere compiuto il pagamento.

Secondo un'opinione emersa nella dottrina, invece, nell'ipotesi in cui il pignoramento sia effettuato mediante servizio postale, il giudice potrebbe, in applicazione dell'art.494 c.p.c., privare di effetti l'avvenuto pignoramento con un'ordinanza con cui autorizzi il debitore al pagamento successivo (Castoro, 187).

Conforme, del resto, all'opinione prevalente appare la tesi, che esclude l'ammissibilità dell'istituto nei casi in cui l'ufficiale giudiziario proceda alla notificazione mediante il servizio postale (Cass. civ., 14 giugno 1972, n. 1887).

Il versamento della somma nelle mani dell'ufficiale giudiziario costituisce un vero e proprio atto sostanziale di pagamento, che estingue l'obbligazione: l'ufficiale giudiziario è cioè un adiectus solutionis causa, individuato dalla stessa legge come soggetto legittimato a ricevere il pagamento ai sensi dell'art.1188c.c. (Andrioli, 88; Satta, 89). Tale posizione si fonda su alcuni passaggi della relazione illustrativa al codice di procedura civile, sulla lettera della rubrica dell'art. 494 c.p.c. che parla espressamente di “pagamento”, nonché sulla stessa funzione dell'istituto, che è quella di evitare il pignoramento facendone venir meno il presupposto, vale a dire l'obbligazione inadempiuta del debitore.

Appare invece minoritaria l'opinione di chi ritiene che il pagamento sia un atto processuale derivante dall'esecuzione forzata e che, pertanto, eviterebbe il pignoramento, ma non l'esecuzione forzata medesima (Mazzarella, 233). Tale tesi è criticata anche in considerazione del fatto che, argomentando in tal senso, non residuerebbe alcuna differenza tra l'ipotesi di cui al comma 1 dell'articolo in esame e quella di cui all'ultimo comma, relativa al pignoramento di somme di denaro, mentre appare pacifico che sulla somma versata in forza del comma 1° non si apre il concorso dei creditori, regola quest'ultima propria, invece, del pignoramento di denaro.

Conforme all'opinione prevalente appare la giurisprudenza di legittimità, che peraltro ammette l'applicabilità dell'istituto anche nei rapporti riguardanti la riscossione dei tributi mediante procedura esecutiva in cui comunque intervenga l'ufficiale giudiziario (Cass. civ., 12 luglio 1984, n. 4099).

Aderendo all'impostazione prevalente, ne consegue che la disciplina del pagamento sia poi desumibile non dalle norme processuali, bensì dalle regole sostanziali (in particolare dall'art.1188c.c.); che sia ammissibile il pagamento fatto da un terzo, ai sensi e nei limiti di cui all'art.1180c.c. ed in assenza di un interesse all'esecuzione personale della prestazione da parte del debitore (di diverso avviso è però Perlingieri, 384, anche sul presupposto che non spetterebbe all'ufficiale giudiziario valutare l'interesse all'adempimento personale).

Naturalmente se il pagamento avviene, la conseguente soddisfazione del credito non può considerarsi come il risultato del processo esecutivo, ma piuttosto l'effetto di un adempimento ancorché coartato. Ciò significa che il meccanismo di cui all'art.494,comma 1c.p.c. configura una forma di cd. esecuzione indiretta: in questo senso, v. Tommaseo, 492. Non trattandosi di esecuzione, è esclusa ogni possibilità di opposizione rispetto ad essa (cfr. Trib. Foggia, 17 ottobre 2000).

La riserva di ripetizione

Il secondo comma dell'art. 494 c.p.c. prevede la facoltà del debitore di effettuare, all'atto del versamento, la riserva di ripetizione della somma versata, facendo inserire tale riserva nel verbale di cui all'art. 157 disp. att..

Una volta assunta la natura sostanziale del pagamento in questione, tale disposizione è stata spesso considerata superflua, in quanto il diritto alla ripetizione dell'indebito è già previsto in via generale dall'art. 2033 c.c. (Andrioli, 88; Castoro, 186).

Secondo alcuni (Satta, 158) la norma in parola avrebbe la funzione di evitare l'acquiescenza e conservare il diritto all'impugnazione della sentenza (chiaramente ove il titolo portato in esecuzione sia una sentenza). Infine, secondo una opinione minoritaria (Mazzarella, 233), che muove dalla tesi della natura processuale del versamento in questione, il secondo comma avrebbe proprio la funzione di rendere possibile l'applicazione dell'art. 2033 c.c., altrimenti non applicabile ai pagamenti obbligatori e non volontari.

Qualora il debitore non abbia formulato alcuna riserva di ripetizione della somma versata nelle mani dell'Ufficiale Giudiziario, il procedimento esecutivo si è concluso in modo satisfattivo per il creditore, posto che il pagamento determina gli effetti liberatori di cui all'art. 494 c.p.c., con conseguente riconoscimento del debito (Trib. Rovigo, 1° settembre 2010).

Modalità del pagamento ed effetto liberatorio

Secondo il disposto dell'art.157disp.att.c.p.c., l'ufficiale giudiziario deve in ogni caso redigere processo verbale del versamento eseguito dal debitore e, ove sia espressa da parte di quest'ultimo la riserva di ripetere la somma versata, ne fa menzione nel processo verbale, che è depositato in cancelleria con la prova del versamento ed è annotato nel ruolo generale dell'esecuzione.

Il debitore ha l'onere di versare al creditore procedente l'intera somma dovuta, cioè una somma non inferiore all'importo del credito per cui si procede e delle spese; in difetto l'ufficiale giudiziario procede comunque al pignoramento dei beni per il credito rimasto insoddisfatto.

Qualora la somma versata sia superiore al dovuto, fermo restando il conseguimento dello scopo del versamento, spetta al creditore restituire la somma in eccesso; e ove egli non adempia, il debitore è legittimato ad agire per la ripetizione di indebito, pur mancando una riserva di ripetizione.

È pacifico che il debitore debba pagare in contanti e che abbia diritto alla quietanza e alla restituzione del titolo.

Appaiono invece controverse le questioni relative all'effetto liberatorio del pagamento, se cioè il debitore sia liberato immediatamente o solo a seguito della consegna del denaro al creditore, e al rischio della perdita del denaro tra il versamento all'ufficiale giudiziario e la consegna al creditore.

Secondo parte della dottrina, infatti, il debitore è liberato immediatamente, all'atto in cui versa la somma di denaro all'ufficiale giudiziario: ne consegue che il creditore da questo momento assume il rischio della perdita della medesima (Andrioli, 88).

Altra dottrina ritiene, invece, che il versamento sia fatto pro solvendo e che pertanto il debito sia estinto solo quando la somma sia stata effettivamente consegnata al creditore, a sostegno di ciò invocando il disposto dell'art.1198c.c. (Redenti, 176).

La Suprema Corte appare orientata nel primo senso, muovendo dall'assunto che il versamento sia esso stesso già “pagamento”, e, a meno che non sia fatto con riserva di ripetizione, esso ha effetto liberatorio immediato (Cass. civ., 12 luglio 1984, n. 4099).

Il deposito di somme in sostituzione di beni pignorati

Nella fattispecie prevista dall'ultimo comma dell'art. 494 c.p.c., il debitore, mediante il versamento all'ufficiale giudiziario di una somma di denaro pari all'importo del credito o dei crediti per cui si procede e delle spese, aumentato di due decimi, non evita il pignoramento, ma semplicemente sottrae al medesimo pignoramento i beni aventi diversa natura. L'ipotesi deve quindi essere tenuta distinta da quella prevista dal primo comma perché non vi è esenzione dall'esecuzione forzata, tanto che sulla somma depositata si attua il concorso dei creditori pignoranti ed intervenuti.

In evidenza

L'aver consegnato all'ufficiale giudiziario una somma pari all'importo del credito di cui al precetto aumentato dei due decimi e dichiarato di opporsi al pignoramento dimostrano la volontà del debitore di avvalersi dell'istituto di cui al terzo comma dell'art. 494 c.p.c., determinando l'inizio dell'esecuzione e la necessità di conclusione della stessa con la distribuzione del ricavato, nonché con la liquidazione delle spese a favore del creditore procedente (Trib. Benevento, 23 febbraio 2018).

Il vantaggio del creditore consiste nell'evitare i rischi della fase di liquidazione del bene aggredito, mentre i vantaggi del debitore risiedono nell'evitare il rischio di una vendita ad un prezzo vile, l'alienazione di cose aventi valore affettivo e, da ultimo, evitare il danno all'immagine che può derivare dall'espropriazione (Castoro, 189). Normalmente, il debitore ricorre a tale istituto quando ha intenzione di proporre opposizione: infatti, nell'ipotesi di pagamento, anche con riserva di ripetizione, in caso di vittoriosa opposizione, egli ha esclusivamente diritto alla ripetizione della somma versata, mentre nel caso in esame egli consegue immediatamente la liberazione della somma depositata.

L'aumento dei due decimi si giustifica con la necessità di coprire le spese successive e gli interessi destinati a scadere successivamente (Castoro, 190).

Lo stesso risultato ottenuto mediante versamento all'ufficiale giudiziario di una somma di denaro ex art. 494, comma 3, c.p.c. può essere raggiunto anche dopo il pignoramento, attraverso la proposizione di un'istanza al giudice dell'esecuzione con cui viene chiesto di sostituire ai beni pignorati una somma di denaro pari all'importo delle spese e dei crediti (comprensivi degli interessi) del creditore pignorante e dei creditori intervenuti (art.495,comma 1,c.p.c.). La possibilità di ottenere la cd. conversione del pignoramento,deve essere peraltro segnalata dall'ufficiale al momento del pignoramento (art.492,comma 3, c.p.c.).

Riferimenti
  • Andrioli, Commento al codice di procedura civile, III, Napoli, 1957;
  • Castoro, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Milano, 2002;
  • Mazzarella, Pagamento ed esecuzione forzata (note esegetiche sull'art. 494 c.p.c.), in Riv. trim dir. proc. civ., 1967;
  • Perlingieri, Sulla natura liberatoria del versamento della somma dovuta nelle mani dell'ufficiale giudiziario all'atto del pignoramento, in Dir. e giur., 1961;
  • Redenti, Diritto processuale civile, III, Milano, 1957;
  • Satta, L'esecuzione forzata, Torino, 1963;
  • Tommaseo, Sull'attuazione dei diritti di credito nell'esecuzione in forma specifica, in Riv. dir. civ., 1978.

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