Codice Civile art. 2470 - Efficacia e pubblicità (1).Efficacia e pubblicità (1). [I]. Il trasferimento delle partecipazioni ha effetto di fronte alla società dal momento del deposito di cui al successivo comma (2). [II]. L'atto di trasferimento, con sottoscrizione autenticata, deve essere depositato entro trenta giorni, a cura del notaio autenticante, presso l'ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale. In caso di trasferimento a causa di morte il deposito è effettuato a richiesta dell'erede o del legatario verso presentazione della documentazione richiesta per l'annotazione nel libro dei soci dei corrispondenti trasferimenti in materia di società per azioni (3). [III]. Se la quota è alienata con successivi contratti a più persone, quella tra esse che per prima ha effettuato in buona fede l'iscrizione nel registro delle imprese è preferita alle altre, anche se il suo titolo è di data posteriore. [IV]. Quando l'intera partecipazione appartiene ad un solo socio o muta la persona dell'unico socio, gli amministratori devono depositare per l'iscrizione nel registro (4) delle imprese una dichiarazione contenente l'indicazione del cognome e nome o della denominazione, della data e del luogo di nascita o lo Stato (5) di costituzione, del domicilio o della sede e cittadinanza dell'unico socio. [V]. Quando si costituisce o ricostituisce la pluralità dei soci, gli amministratori ne devono depositare apposita dichiarazione per l'iscrizione nel registro delle imprese. [VI]. L'unico socio o colui che cessa di essere tale può provvedere alla pubblicità prevista nei commi precedenti. [VII]. Le dichiarazioni degli amministratori previste dai commi quarto e quinto devono essere depositate entro trenta giorni dall'avvenuta variazione della compagine sociale (6). (1) V. nota al Capo VII. (2) Le parole «del deposito di cui al», inserite dall'art. 16, comma 12 quater, del d.l. 29 novembre 2008, n. 185, conv., con modif., nella l. 28 gennaio 2009, n. 2, hanno sostituito le parole «dell'iscrizione nel libro dei soci secondo quanto previsto nel». Ai sensi del comma 12 undecies del medesimo art. 16 del d.l. n. 185 del 2008, conv. con modif., dalla l. n. 2 del 2009, le disposizioni entrano in vigore il sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Entro tale termine, gli amministratori delle società a responsabilità limitata depositano, con esenzione da ogni imposta e tassa, apposita dichiarazione per integrare le risultanze del registro delle imprese con quelle del libro dei soci. (3) Comma così modificato dall'art. 16, comma 12 quater, del d.l. 29 novembre 2008, n. 185, conv., con modif., nella l. 28 gennaio 2009, n. 2. Il testo precedente recitava: «L'atto di trasferimento, con sottoscrizione autenticata, deve essere depositato entro trenta giorni, a cura del notaio autenticante, presso l'ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale. L'iscrizione del trasferimento nel libro dei soci ha luogo, su richiesta dell'alienante o dell'acquirente, verso esibizione del titolo da cui risultino il trasferimento e l'avvenuto deposito. In caso di trasferimento a causa di morte il deposito e l'iscrizione sono effettuati a richiesta dell'erede o del legatario verso presentazione della documentazione richiesta per l'annotazione nel libro dei soci dei corrispondenti trasferimenti in materia di società per azioni». Ai sensi dell'art. 36 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, conv. con modif. dalla l. 6 agosto 2008, n. 133, l'atto di trasferimento può essere sottoscritto con firma digitale. Ai sensi del comma 12 undecies del medesimo art. 16 del d.l. n. 185 del 2008, conv. con modif., dalla l. n. 2 del 2009, le disposizioni entrano in vigore il sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Entro tale termine, gli amministratori delle società a responsabilità limitata depositano, con esenzione da ogni imposta e tassa, apposita dichiarazione per integrare le risultanze del registro delle imprese con quelle del libro dei soci. (4) Le parole «l'iscrizione nel registro» sono state sostituite alle parole «l'iscrizione del registro» dall'art. 3 d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6, come modificato dall'art. 5 1oo) d.lg. 6 febbraio 2004, n. 37. (5) Le parole «lo Stato» sono state inserite dall'art. 3 d.lg. n. 6, cit., come modificato dall'art. 51oo) d.lg. n. 37, cit. (6) Comma così modificato dall'art. 16, comma 12 quater, del d.l. 29 novembre 2008, n. 185 conv., con modif., nella l. 28 gennaio 2009, n. 2. Il testo precedente recitava: «Le dichiarazioni degli amministratori previste dai precedenti quarto e quinto comma devono essere depositate entro trenta giorni dall'iscrizione nel libro dei soci e devono indicare la data di tale iscrizione». Ai sensi del comma 12 undecies del medesimo art. 16 del d.l. n. 185 del 2008, conv. con modif., dalla l. n. 2 del 2009, le disposizioni entrano in vigore il sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Entro tale termine, gli amministratori delle società a responsabilità limitata depositano, con esenzione da ogni imposta e tassa, apposita dichiarazione per integrare le risultanze del registro delle imprese con quelle del libro dei soci. InquadramentoPartendo da una rapida disamina in chiave diacronica delle disposizioni contenute nell'art. 2470 c.c., possiamo osservare che, prima dell'introduzione dell'attuale testo dell'art. 2470 c.c., il sistema ricostruito attraverso l'art. 2479 c.c. del codice del '42 si limitava a prevedere, in buona sostanza, che il trasferimento di quote sociali potesse ritenersi efficace nei confronti della società nel momento in cui si realizzava l'iscrizione nel libro dei soci. Da questa semplice premessa può desumersi come il tema in esame possa anche essere affrontato tratteggiando una elementare distinzione: quella fra l'efficacia del trasferimento fra cedente e cessionario e l'efficacia del trasferimento nei confronti della società. La plausibilità di tale impostazione sembra risaltare anche da una pronunzia della Corte di Cassazione dalla quale si apprende che nel caso di cessione di quota di s.r.l. sia l'art. 2479 c.c. (disposizione vigente all'epoca dei fatti della pronunzia) sia oggi l'art. 2470 c.c. — disposizione centrale all'interno di questo commento — regolano la forma del trasferimento affinché sia opponibile alla società; differentemente nei rapporti interni (e, quindi, nei rapporti fra cedente e cessionario della quota sociale), in ragione del principio della libertà delle forme, la cessione può ritenersi valida e in grado di produrre effetti in virtù del semplice consenso manifestato dalle medesime parti (cfr. Cass. n. 10121/2007). Nel caso all'attenzione della Suprema Corta, quest'ultima aveva confermato la pronunzia del giudice di seconde cure confermando la retrocessione effettuata con scrittura privata priva di data in un caso di interposizione reale. Sempre ai fini della differenziazione dei differenti profili (e, quindi, del profilo che potremmo definire interno e relativo ai rapporti fra cedente e cessionario e del profilo esterno e, quindi, relativo al rapporto fra cessionario e società) è possibile segnalare una pronunzia di merito che afferma l'inefficacia nei confronti della società a responsabilità limitata della cessione di quote compiuta senza il rispetto delle forme e delle modalità di cui all'attuale art. 2470 c.c.; in ragione di tale inefficacia, sempre ai sensi del medesimo provvedimento, il cessionario deve ritenersi privo del diritto — esercitabile nei confronti della medesima società — di partecipare alle assemblee e di provvedere alla sottoscrizione, ai sensi dell'art. 2481-bis c.c., del deliberato aumento di capitale sociale (in questi termini Trib. Napoli 5 dicembre 2006, in Soc., 2008, 227 e ss.). Dall'analisi di questi ultimi due provvedimenti, è possibile ricavare come lo studio della cessione di quote possa essere affrontato e studiato sotto i due profili evocati non soltanto ai fini di una indagine che potremmo definire tassonomica; ciò in quanto i risvolti anche applicativi che i due profili richiamano alla mente sono anch'essi differenti; infatti, il primo profilo richiama alla mente questioni che hanno attinenza principalmente con gli elementi essenziali del negozio e con il controllo sulla validità di quest'ultimo, sotto il profilo, quindi, dei requisiti strutturali e dell'assenza di vizi del consenso in capo alle parti; il secondo profilo richiama alla mente invece tutti quegli aspetti che possono avere attinenza con l'esercizio dei diritti sociali del cessionario (o del cedente) nei confronti della società e quindi con i profili organizzativi, che caratterizzano il fenomeno societario e legittimano all'esercizio dei diritti di partecipazione alla c.d. vita societaria. La dottrina, almeno in origine, aveva affrontato il tema qui in esame partendo dalla questione della natura giuridica della partecipazione sociale o meglio, per quel che in questa sede interessa maggiormente, della quota. Nel concetto di partecipazione societaria rientra infatti oltre alla quota di s.r.l. la partecipazione azionaria e in altre società: le peculiarità di queste partecipazioni implicano l'impossibilità di trattare il tema della partecipazione societaria in maniera del tutto unitaria. Tornando alla quota, essa veniva configurata, a seconda delle differenti impostazioni, o nei termini di posizione contrattuale, o nei termini di vero e proprio diritto di credito, ovvero ancora nei termini di bene immateriale; le regole che disciplinavano, quindi, il regime di tali trasferimenti erano, a seconda dei casi, ovvero, più correttamente, a seconda delle impostazioni teoriche adottate, il regime della cessione del contratto ovvero quella della cessione del credito, ovvero ancora quello del trasferimento dei beni mobili (Revigliono, 6 e ss.). Da tale configurazione ne discendevano una serie di conseguenze disciplinari che sembrano fuoriuscire dal mero ambito del diritto societario; occorre, infatti, fare riferimento al dato secondo cui anche il mero ingresso o meno in comunione legale dei beni dipende dalla qualificazione della quota; se per essa si intende un mero diritto credito naturalmente non potrà predicarsi l'ingresso in comunione, diversamente, ove si voglia qualificare la medesima quota nei termini di bene giuridico anche per il tramite della sua collocazione nel contesto dei beni immateriali. Su questi aspetti torneremo, ad ogni modo, più avanti nella trattazione, e precisamente nei passaggi in cui faremo riferimento a una recente pronunzia della Corte di Cassazione che ha affrontato il tema dell'ingresso in comunione legale dei beni della partecipazione societaria. Ciò chiarito e tornando a quanto maggiormente di interesse in questa sede, nella prospettiva sopra individuata, l'annotazione del libro soci era considerata una sorta di formalità che poteva ritenersi del tutto equipollente alla notifica e all'accettazione della cessione (in arg., per un quadro, Furgiuele, 2013; Furgiuele, 2016, 1876 e ss.). La letteratura giuridica spiegava l'assenza di una disciplina in tema di pubblicità argomentando sulla base della considerazione per cui vi era una sorta di irrilevanza, in questa fattispecie, della conoscenza da parte di terzi della compagine sociale; secondo altra lettura invece l'assenza di un meccanismo pubblicitario del trasferimento poteva giustificarsi sulla base della emancipazione del modello della s.r.l. dal regime delle società di persone e anche dalla tradizionale ricostruzione del trasferimento delle quote sociali nei termini di modificazione dell'atto costitutivo (cfr. Furgiuele, 2016, 1877 e ss.). La l. n. 310/1993 ha modificato il testo dell'art. 2479 c.c. e, fatta salva l'efficacia del trasferimento come conseguenza dell'iscrizione nel libro soci, ha previsto che tale adempimento dovesse avvenire trascorsi trenta giorni dal deposito dell'atto di trasferimento delle quote presso il registro delle imprese. La letteratura giuridica che si è occupata del tema ha posto in evidenza come sia importante sottolineare la ampia portata sistematica dell'intervento normativo richiamato il quale sembra richiamare alla mente i tratti caratterizzanti alcuni progetti anteriori, addirittura, all'introduzione del codice civile del 1942 (cfr. Revigliono, 87 e ss.). I criteri per la risoluzione dei conflitti tra più acquirenti.La riforma del diritto societario, introdotta, come è noto, attraverso il d.lgs. n. 6/2003, inserisce all'interno del comma terzo della disposizione qui in esame un regime disciplinare utile alla risoluzione dei conflitti intercorrenti fra i più acquirenti della medesima quota; tale criterio è dato, in questo contesto, dalla priorità dell'iscrizione presso il registro delle imprese, anche ove fosse avvenuta in buona fede. La dottrina giuridica osserva come nella Relazione di accompagnamento al d.lgs. n. 6/2003 la scelta di non adottare la soluzione della pubblicità immobiliare e quella di esigere anche la conformità a buona fede dello stato soggettivo dello scrivente si giustifichino sulla base dell'intento di evitare un risultato paradossale; tale risultato sarebbe quello dell'attribuzione di una tutela maggiore all'acquirente di una quota di società a responsabilità limitata rispetto all'acquirente di un titolo di credito o di uno strumento finanziario dematerializzato. Tale esito si sarebbe verificato nel caso in cui si fosse riconosciuta la prevalenza dell'acquisto solamente sulla base della priorità temporale dell'iscrizione e, quindi, a prescindere dalla buona o mala fede dell'acquirente (cfr. Furgiuele, 2016, 1879 e ss.). Parte della dottrina opera una precisa distinzione fra la funzione svolta, nella materia in esame, dall'iscrizione nel registro delle imprese e la funzione svolta attraverso le formalità relative al libro soci. Mentre la prima vale a garantire la c.d. stabilità dell'ordine delle iscrizioni, il libro soci serve a rispettare il principio di continuità delle iscrizioni medesime; in assenza dello stesso, si rileva, da parte della medesima dottrina, non sarebbe possibile acquistare la legittimazione ai fini cc.dd. organizzativi (cfr. De Stasio, 238 e ss., 264). Il rilievo della buona fede nella fattispecie in esame ha dato vita ad ogni modo a contrasti dottrinari che si sono appuntati in particolare sull'individuazione del momento in cui deve sussistere lo stato soggettivo richiesto dalla norma. È evidente come fra le due accezioni di buona fede (quella oggettiva e quella soggettiva) occorre fare riferimento, in questo caso, a quella soggettiva cioè a quella definibile come ignoranza di ledere l'altrui diritto. Non si vede come possa essere richiamata in questo caso la figura della buona fede oggettiva intesa quale modello integrativo degli obblighi contrattuali o del regolamento contrattuale. La letteratura giuridica pone in evidenza le possibili alternative connesse all'individuazione di cui sopra. Da questo punto di vista il momento evocato può essere considerato in contestualità alla cessione delle quote, al momento della richiesta di iscrizione nel registro delle imprese, ovvero, in ultimo al momento dell'iscrizione nel libro dei soci (cfr., per un quadro riassuntivo delle differenti impostazioni, L. Furgiuele, 2016, 1879 e ss.). Si ritiene, infine, che l'iscrizione del trasferimento non vale in realtà a rappresentare una sorta di adempimento che possa definirsi costitutivo della qualità di socio; essa agevola soltanto l'individuazione del nuovo socio ad opera della società stessa e dei terzi. Si segnala una pronunzia recente del Tribunale di Varese ai sensi della quale si è ritenuta inammissibile la richiesta di iscrizione nel registro delle imprese della domanda giudiziale di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. dell'obbligo di trasferire una quota di società a responsabilità limitata; ciò in ragione del principio di tassatività delle iscrizioni nel registro delle imprese e della inderogabilità di questo medesimo principio. La medesima pronunzia ha statuito come i predetti principi non possano essere giustificatamente superati alla luce delle esigenze di completezza e trasparenza della pubblicità commerciale, non potendo, una siffatta iscrizione avente carattere atipico, svolgere alcuna valida funzione di pubblicità prenotativa (cfr. Trib. Varese 17 maggio 2010, in Società, 2011, 626 e ss.). Forma dell'atto di trasferimentoLe riflessioni che si sono sino a questo punto proposte si riferiscono a un quadro normativo che è stato in realtà abbastanza di recente modificato. Ci riferiamo, in particolare, al d.l. n. 185/2008; tale decreto, come è noto, è stato convertito con l. n. 2/2009. Questi provvedimenti hanno di fatto abolito il libro soci dai libri obbligatori individuati nell'art. 2478 c.c.; tale modifica, a sua volta, ha più o meno implicitamente condotto ad una riforma del trasferimento della quota societaria nel caso di società a responsabilità limitata. L'art. 2470, comma 1 dispone ora che il trasferimento della partecipazione ha effetto rispetto alla società dal deposito dell'atto di trasferimento presso il registro delle imprese. Non vi è, nel nuovo testo, alcuna modificazione rispetto a quello che possiamo definire il regime del conflitto fra più acquirenti della medesima quota. Esso — per come abbiamo già avuto modo di chiarire — viene infatti risolto facendo riferimento al criterio della priorità dell'iscrizione nel registro delle imprese, sempre ove avvenuta in conformità al principio della buona fede. La eliminazione del libro soci comporta naturalmente delle conseguenze che potremmo definire a catena in tutte quelle parti della normazione che presuppongono la esistenza di un tale strumento; così può rilevarsi che le dichiarazioni necessarie per il caso in cui sopravvenga l'unipersonalità della società ovvero quelle relative alla ricostituzione del capitale sociale che gli amministratori avevano l'obbligo di depositare nei trenta giorni successivi alla iscrizione nel libro soci nel registro delle imprese debbano, alla luce della riforma della quale ci stiamo occupando in questi passaggi, effettuarsi nei trenta giorni successivi alla intervenuta modificazione della compagine societaria. Occorre ad ogni modo sottolineare che la regola della forma autentica dell'atto di trasferimento della partecipazione a società a responsabilità limitata di cui al comma secondo dell'art. 2470 c.c. deve essere integrata con l'art. 36, comma 1-bis d.l. n. 133/2008. A tenore di tale disposizione «l'atto di trasferimento di cui al secondo comma dell'art. 2470 c.c. può essere sottoscritto con firma digitale, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione di documenti informatici, ed è depositato, entro trenta giorni, presso l'ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale, a cura di un intermediario abilitato ai sensi dell'art. 31 comma 2-quater della legge 24 novembre 2000 n. 340». Il legislatore ha precisato che «il comma 1-bis dell'art. 36 del d.l. n. 112/2008 deve intendersi nel senso che l'atto di trasferimento delle partecipazioni di società a responsabilità limitata ivi disciplinato è in deroga al secondo comma dell'art. 2470 c.c. ed è sottoscritto con firma digitale di cui all'art. 24 del codice di cui al d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82». Alla luce di tale precisazione se ne inferisce che sia la forma autentica che la forma digitale sono acconce ad integrare le formalità richieste dall'ordinamento giuridico, non tanto per la formazione del contratto di trasferimento, quanto per l'iscrizione nel registro delle imprese. Qualche ulteriore riflessione merita, a questo punto della trattazione, la tematica relativa alla ratio dell'abrogazione del libro soci fra i libri sociali che devono considerarsi obbligatori nelle società a responsabilità limitata. Tale ratio potrebbe rintracciarsi nella cancellazione di un sovrabbondante adempimento pubblicitario per il caso si possa affermare in modo incontestabile l'equiparabilità, sia funzionale che giuridica, del meccanismo della iscrizione nel registro delle imprese con il meccanismo della iscrizione nel libro soci. Da una differente prospettiva, potrebbe invece ritenersi che il processo di semplificazione, ove ritenuto effettivamente presente nella fattispecie qui in esame, ha riguardato non tanto l'abrogazione di adempimenti equiparabili, quanto la riduzione della portata precettiva della norma, da un lato, e l'allargamento dell'autonomia statutaria per quanto non più oggetto di un'esplicita regolamentazione (cfr. Furgiuele, 2016, 1882 e ss.). Legittimazione all'esercizio dei diritti sociali: la possibilità dell'introduzione in via statutaria del libro sociUna tematica che occorre, a questo punto, non sottovalutare, in quanto idonea, comunque, a completare la trattazione della cessione della partecipazione sociale, riguarda la possibilità e legittimità di una sorta di reintroduzione convenzionale del libro soci. Il potere di autonomia statutaria sarebbe visto, in tal caso, come strumento utile ad evitare, sebbene nel circoscritto ambito che attiene il modello societario concreto che adotta una tale scelta, gli effetti dell'abrogazione del libro soci, facendosi così retroagire il quadro normativo alla fase antecedente alla riforma alla quale abbiamo sino a qui fatto riferimento. La complessità della tematica è confermata dal fatto che non vi è uniformità di opinioni sul punto e le differenti impostazioni utilizzano differenti argomenti al fine di supportare le proprie conclusioni. La letteratura giuridica favorevole all'impiego dell'autonomia statutaria al fine di creare una clausola reintroduttiva del libro soci impiega l'argomento rappresentato dall'utilità di un tale utilizzo nei casi in cui la presenza di clausole in grado di limitare la circolazione delle partecipazioni societarie coniugata all'assenza del libro socie rendono, comunque, più ardua la verifica della compagine sociale (Salafia, 411 ss.). In linea più generale per la tesi positiva sembrerebbe deporre l'argomento del progressivo ampliamento dei poteri di autonomia privata riconducibili in capo ai soci. In altri termini, non può sottacersi, anche rispetto a questa interessante tematica, la tendenza del legislatore del diritto societario a aumentare il potere dei soci di regolamentare l'organizzazione societaria per il caso in cui ci sia un vuoto normativo, ovvero le norme previste in una determinata materia assumano il carattere della dispositività. Le opinioni che, diversamente, ritengono che una reintroduzione del libro soci sia sostanzialmente contraria alle norme imperative affermano, in estrema sintesi, che una tale fattispecie concreta contrasterebbe con la ratio dell'art. 2470 c.c.; tale disposizione è, infatti, diretta a tutelare la trasparenza dei trasferimenti delle partecipazioni sociali (Donativi, 1361 ss.). Le opinioni che individuano un potere dell'autonomia privata di dare una regolamentazione alla legittimazione all'esercizio dei poteri dell'organizzazione fondano tale eventualità sull'allargamento del contesto all'interno del quale i soci possono negoziare, contesto che deve essere inserito all'interno del rinnovato quadro normativo di riferimento in ambito di società a responsabilità limitata (cfr. Meli, 36 e ss.). Parte della letteratura giuridica osserva che per la società a responsabilità limitata, che a differenza della società per azioni, non evoca un tema di tipicità della partecipazione sociale, non deve ritenersi sussistente, nel modo più assoluto, una limitazione al potere di autonomia privata di regolamentare la disciplina della legittimazione (cfr. soprattutto Furgiuele, 199 ss.; in senso opposto, Murino, 569 ss.). Sempre la letteratura giuridica ha posto in risalto come «la tesi, a ben vedere, non contrasta con l'abolizione del libro dei soci fra i libri che la società a responsabilità limitata deve obbligatoriamente tenere; anzi la previsione è coerente con l'inquadramento sistematico della funzione del libro in parola; l'eliminazione della sua obbligatorietà, esclusivamente rispetto alla società a responsabilità limitata, si giustifica per la presenza di un diverso meccanismo di “certificazione anagrafica” della compagine sociale, realizzata [...] per effetto dell'iscrizione nel registro delle imprese; ciò spiega perché il libro soci permanga obbligatorio nella società per azioni, ove, difatti, non si prevede un meccanismo equivalente» (Furgiuele, 2016, 1883 e ss.). Ulteriore indice per la correttezza della soluzione appena prospettata è dato dal fatto che proprio all'interno della società per azioni una tale abrogazione non è stata prevista. Ciò fa pensare che comunque la cancellazione del libro soci all'interno della società a responsabilità limitata non sia configurabile come il frutto di una valutazione di disvalore da parte del legislatore, ma rappresenti, invece, l'effetto di una scelta tecnica applicabile, esclusivamente alla società a responsabilità limitata. Trattandosi di scelta tecnica nulla sembrerebbe ostare alla possibilità di una reintroduzione convenzionale nel concreto modello di società a responsabilità limitata del libro soci. Trasferimento mortis causaOccorre precisare in conclusione che per il caso di cc.dd. trasferimenti mortis causa, sulla base della disciplina prevista per i titoli azionari dematerializzati, (tale regolamentazione era prevista in un primo tempo dall'art. 7 r.d. n. 239/1942; è stata quindi soppressa attraverso la l. n. 133/2008 e in ultimo reintrodotta per mezzo del d.l. n. 200/2008), l'erede o il legatario della quota debba depositare il certificato di morte del socio in carta libera (ovvero attraverso dichiarazione sostitutiva dell'evento) e la copia conforme del testamento (ovvero della pubblicazione del testamento segreto o di quello olografo) ovvero della autocertificazione che sia in grado di attestare la qualifica di erede o di legatario quindi in altri termini la qualifica di successore a titolo universale o a titolo particolare. Anche nelle ipotesi in cui l'accettazione dell'eredità intervenga in un secondo momento, è possibile ritenere che l'effetto retroagisca; in applicazione dell'art. 459 c.c. l'erede subentrerà sin dall'apertura della successione nella qualità; in tale caso sarà comunque necessaria l'iscrizione al fine di rendere l'acquisto opponibile, non soltanto alla società, ma anche ai medesimi terzi. Occorre precisare che al di là degli adempimenti appena sopra descritti, non si rendono necessarie ulteriori formalità ai fini del completamento del processo connesso al trasferimento mortis causa della quota di s.r.l.; ciò in ragione del fatto che, a differenza di quanto potrebbe considerarsi per le società di persone che implichino l'acquisto di partecipazione implicante a sua volta responsabilità illimitata, non sarebbe necessaria una manifestazione di volontà volta ad affermare la continuazione dell'attività d'impresa necessaria per il caso di acquisizione di partecipazione munita di responsabilità limitata. Gli effetti della nuova disciplina dell'art. 2470 c.c. nella massimazione notarileLa riforma dell'art. 2470 c.c. alla quale abbiamo fatto riferimento in differenti passaggi di questa trattazione ha alimentato anche il dibattito presente fra i diversi formanti; all'interno di questi ultimi può certamente collocarsi anche il formante rappresentato dalla massimazione notarile. L'importanza di questo formante deriva dal fatto che la classe notarile, anche alla luce dei più recenti interventi normativi, è risultata depositaria dei controlli di legittimità relativi agli atti in materia societaria. Il passaggio del controllo omologatorio dal giudice al notaio ha conferito grande importanza alle decisioni espresse dalla Commissioni presenti presso ogni Consiglio notarile che, in qualche modo, «vincolano» i notai del medesimo Consiglio a rispettare tali provvedimenti. Da ciò se ne inferisce, in estrema sintesi, il ruolo delle massime notarili anche nella materia di cui ci stiamo occupando. In questo ambito segnaliamo alcuni provvedimenti rappresentati dagli orientamenti societari del Comitato del Triveneto che si sono occupati, in particolare, degli effetti dell'introduzione del nuovo testo dell'art. 2470 c.c. Un primo provvedimento del settembre 2011 — la prima pubblicazione è del 9 settembre 2009 — (I.L.1) (Effetti del deposito nel registro imprese di un atto di cessione di partecipazione effettuato in violazione dei limiti statutari al suo trasferimento) prevede che «la cessione di partecipazione avvenuta in violazione degli eventuali limiti statutari al suo libero trasferimento (art. 2469 c.c.: prelazione, gradimento, divieto assoluto etc.) è inefficace, pertanto la stessa non legittima l'esercizio dei diritti sociali da parte del cessionario, ancorché depositata ai sensi dell'art. 2470 c.c. (nel testo novellato d.l. n. 185/2008)». Il provvedimento prosegue operando un parallelismo con la disciplina previgente: «in ciò nulla è cambiato rispetto al sistema previgente, in quanto anche in vigenza della vecchia disposizione di cui all'art. 2470, comma 1 c.c., l'eventuale illegittima iscrizione al libro soci di un atto di cessione di partecipazione avvenuto in violazione dei limiti statutari non legittimava l'esercizio dei diritti sociali». Da tale provvedimento sembra desumersi l'equiparabilità fra iscrizione nel libro soci (versione ante-riforma) e deposito ai sensi dell'art. 2470 nel testo riformato; in entrambi i casi l'adempimento della formalità non consente di sanare una situazione nella quale vi è una violazione di regole che i soci si sono dati ai fini della regolamentazione del trasferimento delle partecipazioni societarie: le modifiche delle tecniche non modificano la sostanza, mutandosi soltanto le modalità di espletamento delle formalità ai fini dell'esercizio dei diritti sociali. Con riferimento al formante giurisprudenziale è possibile porre in evidenza come una recente pronunzia del Tribunale di Milano abbia posto in risalto che la cessione di quote di società a responsabilità limitata in violazione della clausola di prelazione contenuta nello statuto sociale ne comporta l'inefficacia nei confronti della società. Se ne inferisce la carenza di legittimazione dell'acquirente a consultare i libri sociali (cfr., in particolare, Trib. Milano 28 giugno 2011, in Soc., 2011, 1266). Segnaliamo inoltre un ulteriore provvedimento, sempre del Comitato del triveneto, (I.L.3) ai sensi del quale «la disposizione di cui all'art. 2470, comma 1 c.c. (nel testo novellato dal d.l. n. 185/2008, come del resto nella versione previgente) ha natura di condicio juris, volta a differire l'efficacia del trasferimento delle partecipazioni nei confronti della società ad un momento successivo rispetto a quello del suo perfezionamento. È dunque possibile, in omaggio ai principi generali dell'ordinamento, apporre ad un contratto di trasferimento di partecipazioni ulteriori elementi accidentali di natura convenzionale (termini o condizioni) che non si sostituiscano alla condicio juris di cui all'art. 2470, comma 1 c.c., ma si sommino ad essi; in tal caso ovviamente il trasferimento diverrà pienamente efficace al verificarsi di tutte le condizioni e allo spirare di tutti i termini ad esso apposti (siano essi legali o convenzionali)». Il provvedimento da ultimo richiamato ritorna sul tema della derogabilità della disciplina di cui all'art. 2470 prevedendo di fatto una sorta di derogabilità in aumento cioè volta a incrementare le possibili condizioni alle quali subordinare l'efficacia del trasferimento; non pare da ritenersi quindi ammissibile una previsione statutaria che sia volta a escludere la funzione dell'iscrizione di cui all'art. 2470 c.c. Tale derogabilità incrementativa sembra avvalorare la soluzione del possibile inserimento in via convenzionale della formalità rappresentata dal libro soci; una tale previsione varrebbe infatti ad incrementare il regime delle condizioni di cui all'art. 2470 c.c. e non avrebbe quindi l'effetto di escludere o anche solo ridimensionare la portata applicativa dell'art. 2470 c.c. per come risultante dalla riforma. Segnaliamo, soltanto per completezza espositiva, una pronunzia del formante giurisprudenziale sul tema al quale abbiamo sopra fatto riferimento; ci riferiamo, in particolare, alla clausola di istituzione volontaria del libro soci; una recente pronunzia del Tribunale di Verona ha disposto la nullità della clausola statutaria che subordina e al contempo differisce l'esercizio dei diritti sociali del cessionario di una quota di società a responsabilità limitata al momento dell'iscrizione nel libro soci della società volontariamente istituito. Tale tipologia di nullità si realizza in dipendenza della contrarietà della previsione convenzionale alla norma imperativa rappresentata dall'art. 2470, comma 1 c.c. (cfr. Trib. Verona 14 settembre 2009, in Soc., 2009, 1497). Un riferimento, infine, va fatto ad un provvedimento del medesimo Comitato del Triveneto che delinea l'ambito applicativo della riforma; esso (I.L.4 Obbligo di tenuta del libro soci nelle società cooperative cui si applichino le norme sulla società a responsabilità limitata) statuisce infatti che «la disposizione contenuta nel d.l. n. 185/2008 relativa all'abolizione del libro soci per le società a responsabilità limitata, non appare compatibile con il modello della società cooperativa; in quest'ultima società, infatti, l'iscrizione del trasferimento delle partecipazioni nel libro soci è volta a consentire il controllo che l'organo amministrativo deve obbligatoriamente effettuare sulla regolarità formale (art. 2530 c.c.) e sostanziale (art. 2527 c.c.) di ogni singola cessione, al fine di renderla opponibile alla società; si ritiene quindi che per le società cooperative che adottino le norme sulla società a responsabilità limitata permanga l'obbligo di tenuta del libro soci». Da tale decisione sembrerebbe emergere un ridimensionamento della portata applicativa della riforma e quindi un restringimento della medesima rispetto a quei modelli societari (come, nel caso di specie, la società cooperativa che adotti la forma della società a responsabilità limitata) nei quali l'iscrizione del trasferimento nel libro soci si mostri funzionale alla realizzazione del controllo che l'organo amministrativo deve fare sulla regolarità di ogni singola cessione; ciò si rende necessario in particolare nei casi in cui la posizione soggettiva del cessionario assume un ruolo essenziale all'interno di una compagine societaria; differentemente non sembra potersi porre una tale questione nel caso in cui vi sia una sorta di indifferenza dei profili soggettivi inerenti la posizione del soggetto titolare della partecipazione societaria. Parte della letteratura si è posta di recente in chiave critica rispetto a un recente orientamento del formante giurisprudenziale (in tema nullità della clausola statutaria di s.r.l. per genericità della previsione delle clausole di esclusione del socio) proprio facendo leva sui profili pubblicitari di cui all'art. 2470 c.c.; ci si è infatti posti in chiave critica rispetto a una pronunzia del tribunale di Bolzano secondo la quale, fra l'altro, l'esclusione di uno dei due soci sarebbe senza effetto rispetto alla società; si è a riguardo osservato che “se nel caso di società di persone si può come è noto arrivare allo scioglimento in caso di mancata ricostituzione della pluralità dei soci nel termine indicato dall'art. 2272 c.c., nel caso di s.r.l. divenuta unipersonale scattano ad esempio specifici obblighi pubblicitari (art. 2470 c.c.) e necessità di versamento di tutti i conferimenti, pena la responsabilità illimitata dell'unico socio (art. 2464 c.c.)” (Zamperetti, 1330 e ss.). Alcune osservazioni in tema di cessione di quote e comunione legale dei beniAlcune ulteriori osservazioni devono essere dedicate, sebbene nell'economia di questa trattazione, al tema della relazione fra il trasferimento di quote societarie e il regime patrimoniale della famiglia. Mentre nessun dubbio si pone per le ipotesi in cui i coniugi si trovino in regime di separazione dei beni e uno di essi acquisti una partecipazione societaria — in tal caso, infatti, l'acquisto deve ritenersi a favore, esclusivamente, del coniuge acquirente — una più approfondita disamina merita il tema del rapporto fra acquisto di partecipazione societaria e comunione legale dei beni. Una recente pronunzia della Corte di Cassazione ha statuito che «lo status di socio non attribuisce al partecipante ad una società di persone una posizione soggettiva qualificabile in termini di diritto di credito avente ad oggetto la restituzione del conferimento o di una quota proporzionale del patrimonio sociale, giacché, anteriormente al verificarsi di una causa di scioglimento della società o del vincolo sociale, è ipotizzabile in favore del socio soltanto un'aspettativa economica, legata all'eventualità che, al momento dello scioglimento, il patrimonio della società abbia una consistenza attiva tale da giustificare l'attribuzione pro quota ai partecipanti alla società di valori proporzionali alla loro partecipazione». Accanto alla soluzione di questa peculiare problematica la pronuncia in commento si sofferma anche su una questione di più ampia portata: quella della natura giuridica della partecipazione societaria; a riguardo la Suprema Corte osserva che «la quota sociale va invece ricondotta nella nozione di beni mobili fornita dall'art. 810 c.c. ed art. 812 c.c., u.c., perché, essendo trasferibile a terzi inter vivos e mortis causa (cfr. Cass. II, n. 8784/1997) ed assoggettabile anche ad espropriazione forzata (cfr. Cass. I, 1835/1962), pur se per l'opponibilità del trasferimento alla compagine sociale occorre il consenso degli altri soci, costituisce una cosa immateriale che può formare oggetto di diritti» (cfr. Cass. n. 2569/2009). La qualificazione della partecipazione sociale nei termini di fatto di bene mobile avrebbe quale conseguenza essenziale quella dell'ingresso in comunione legale di tutte le tipologie di partecipazioni societarie, pertanto sia di quelle che riguardano le cc.dd. società di persone, sia di quelle che riguardano le cc.dd. società di capitali. Riprendendo delle considerazioni già sviluppate in altri luoghi, possiamo ribadire come un tale appiattimento delle soluzioni non possa essere in realtà condiviso. La differenziazione delle soluzioni infatti deve essere garantita, non soltanto in ragione delle differenze tipologiche che caratterizzano i vari modelli societari, ma anche in ragione di come ogni concreto modello societario è organizzato al proprio interno. Possiamo pertanto ritenere che l'assenza di un rapporto di compenetrazione fra socio e potere di gestione all'interno delle società di capitali implichi non soltanto la presenza di un regime di responsabilità limitata vigente in questa categoria di società di capitali, ma, al contempo, regole di circolazione più agevoli. Tali regole si sostanziano nella non configurabilità della cessione della quota e quindi della modificazione soggettiva nei termini di modificazione statutaria. Sulla base di tale quadro normativo può affermarsi l'ingresso in comunione legale della partecipazione sociale senza accedere alla configurazione della partecipazione societaria nei termini di bene in senso giuridico. È infatti sufficiente affermare la compatibilità fra le differenti discipline e in particolare fra la disciplina della circolazione delle partecipazioni societarie e quella del regime patrimoniale della famiglia e più in particolare della comunione legale dei beni. Venendo invece ai limiti statutari che siano inseriti dai privati e che riguardino, attraverso differenti modalità espressive, la circolazione della partecipazione societaria, occorre considerare che tali limiti garantiscono l'acquisto della partecipazione sociale in capo all'acquirente soltanto per il caso in cui quest'ultimo possa affermare la natura personale della partecipazione societaria. Una differente lettura implicherebbe una scissione fra titolarità e legittimazione che pare contraria al sistema giuridico e rispetto alla quale pare non ci siano indici in grado di avallarne l'efficacia. Un discorso ancora differente merita il tema dell'attribuzione di particolari diritti all'interno della società a responsabilità limitata. Questa ipotesi avvalorerebbe la ricostruzione della presenza di una sorta di bi-frontismo della nuova s.r.l. Sarebbe possibile infatti scorgere una società a responsabilità limitata fortemente caratterizzata dal punto di vista personalistico e pertanto molto vicina ai vari modelli di società personale; al contrario e al contempo sarebbe possibile individuare la ipotesi fisiologica di società a responsabilità limitata fortemente connotata dal punto di vista capitalistico. Nel primo caso deve ritenersi necessaria la modificazione statutaria al fine di consentire il trasferimento della partecipazione societaria con annessi i particolari diritti medesimi. Se ne inferisce che nel primo caso potrebbe non predicarsi l'ingresso in comunione legale dei beni conseguente all'acquisto di una partecipazione societaria nella quale insistono particolari diritti; nel secondo caso in cui la conformazione della partecipazione societaria si mostra del tutto corrispondente al modello capitalistico e pertanto alla dissociazione fra potere di gestione e responsabilità e libera circolabilità delle partecipazioni societarie in questo caso, si diceva, non vi possono essere ostacoli all'ingresso della partecipazione societaria nella comunione legale dei beni. Occorre ribadire come anche in questa ipotesi la conclusione appena richiamata discende, non tanto dalla opportunità di collocare la partecipazione societaria nell'ambito dei beni (e precisamente dei beni mobili attraverso la collocazione della quota societaria nel contesto dei beni immateriali), come la pronuncia della Corte di Cassazione alla quale abbiamo appena accennato pare fare, quanto dalla piena compatibilità fra la disciplina della circolazione delle partecipazioni societarie e la disciplina della comunione legale dei beni (in arg. sia consentito il rinvio a Bevivino, 547 ss.). L'abolizione del libro soci pare andare nella direzione appena segnalata; infatti essa sembra eliminare un possibile ostacolo alla circolazione della partecipazione societaria sebbene, già prima della sua abrogazione, nella lettura più accreditata degli interpreti l'iscrizione del trasferimento nel libro soci iniziava gradualmente a degradare da presupposto di efficacia del trasferimento a situazione per molti versi obbligata sulla base dell'intervenuto e corretto trasferimento della partecipazione medesima dal socio al terzo acquirente. La cessione di quote nel caso di particolari dirittiAbbiamo appena sopra fatto riferimento alla tematica dei particolari diritti e a come la presenza di questi strumenti all'interno della partecipazione sociale possa influenzare il regime di circolazione della quota medesima anche rispetto al possibile ingresso all'interno della comunione legale dei beni. Qualche precisazione merita, infine, sebbene nell'economia di questa trattazione, il tema connesso alla circolazione delle partecipazioni sociali in presenza di particolari diritti. Tali particolari diritti possono essere di natura patrimoniale ovvero di natura amministrativa. A seconda di ciò si ritiene che i medesimi possano o meno essere considerati quali strumenti con caratteri personalistici ovvero con caratteri non personalistici. La letteratura giuridica pone bene in evidenza come la circolazione della quota del socio titolare dei diritti particolari, sia per atto tra vivi sia mortis causa, sia in grado di comportare l'estinzione dei particolari diritti; la medesima letteratura pone in evidenza come l'estinzione dei diritti particolari — che consegue alla circolazione della quota del socio che ne era titolare — deve essere riportata nell'atto costitutivo (cfr. Santagata, 304 ss.). Se questo pare essere quello che possiamo definire nei termini di regime legale, un differente ordine di considerazioni deve essere fatto in relazione al potere di autonomia privata che si esprime attraverso il potere dispositivo statutario proprio dei soci; in questo contesto deve infatti considerarsi pienamente legittima una clausola statutaria che sia in grado di elidere il rilievo personalistico dei diritti particolari (patrimoniali ed anche amministrativi). Ciò consentirebbe il trasferimento anche dei particolari diritti ovvero il loro accrescimento ai soci o anche soltanto ad alcuni di essi. Sempre su tale complessa tematica parte della dottrina ha posto in risalto che «in ipotesi di trasferimento parziale della partecipazione sociale, potrebbe disporsi, in deroga al regime legale per il quale il diritto particolare resterebbe in capo al titolare [...] una facoltà di suo frazionamento, specie se di contenuto patrimoniale [...]; ma simili previsioni, implicando sempre una modifica soggettiva (totale o parziale) del titolare del diritto particolare, dovrebbero essere approvate con il consenso di tutti i soci, a norma del comma 4 dell'art. 2468 c.c.; resta ovviamente salva una diversa disposizione dell'atto costitutivo che preveda la maggioranza (del resto possibile anche per il trasferimento della quota delle società personali: art. 2252 c.c.), il cui ambito di applicazione include pure la fattispecie ora in discussione solo a condizione che la formulazione della clausola statutaria sia specificamente riferita anche alle modifiche soggettive del diritto particolare». La medesima letteratura prosegue il suo ragionamento affermando: «ed in quest'ultima ipotesi, a tutti i soci che non abbiano consentito al trasferimento dei diritti particolari compete il diritto di recesso, a prescindere da ogni accertamento di rilevanza della prerogativa trasferita [...]; accertamento, questo, unicamente funzionale ad estendere il recesso alle modifiche indirette fra le quali evidentemente non rientra quella in parola» (cfr. Santagata, 304 ss.). La letteratura sottolinea infine come «la previsione statutaria di una clausola di maggioranza relativa alla circolazione dei diritti particolari non implica affatto la configurazione di categorie di quote [...] potendosi al più discorrere di categorie di soci, atteso il persistente rilievo personalistico della partecipazione nella s.r.l.» (cfr. Santagata, 305 ss.). Quale conclusione dei ragionamenti proposti dalla letteratura giuridica alla quale abbiamo fatto riferimento in questi passaggi finali della trattazione può ritenersi come il potere di autonomia privata espresso anche dai soci può spingersi — in particolare nella società a responsabilità limitata — sino alla conformazione di un modello modulare nel quale siano differentemente graduati gli aspetti personalistici e capitalistici. Questa differente e variegata graduazione si mostra in grado non solo di dare vita a un modello societario composito, ma anche di favorire l'applicazione di regole di circolazione delle quote societarie differenti sulla base proprio del rilievo affidato all'elemento personalistico ovvero a quello capitalistico. Alcune considerazioni di chiusura sulle differenti tipologie di cessione delle partecipazioni societarieSebbene sia stata prestata sinora attenzione a una peculiare forma di cessione della partecipazione societaria, vale a dire la cessione di quote di s.r.l., ciò non ci esime da proporre qualche seppur rapida riflessione sulle altre tipologie di cessioni. Tali differenti ipotesi si segnalano come forme differenti nelle quali i tratti differenziali derivano principalmente dal fatto che esse rappresentano fattispecie di trasferimento di strumenti di partecipazione a differenti tipologie societaria. Al fine di chiarire meglio quanto detto, non si può che partire dalla ricognizione dei tratti differenziali fra le principali categorie societaria: le società di persone e le società di capitali. Le prime sono caratterizzate, seguendo l'opinione dottrinale prevalente, da un peculiare regime di responsabilità, la c.d. responsabilità illimitata dei soci anche per le obbligazioni sociali, e la non libera trasferibilità delle quote. Con riferimento alla prima caratteristica, sebbene autorevole dottrina ritenga che tale aspetto non possa caratterizzare il modello in esame, rappresentando un posterius della qualificazione giuridica, la prevalente impostazione configura il regime di responsabilità delle obbligazioni sociali come momento caratterizzante la partecipazione alle cc.dd. società di persone. Se ne inferisce che i trasferimenti di tali tipologie di partecipazioni societarie rappresentino delle vere e proprie modificazioni statutarie soggette pertanto alla disciplina dettata dall'art. 2252 c.c. Ai sensi di tale disposizione, come è noto, «il contratto sociale può essere modificato soltanto con il consenso di tutti i soci, se non è convenuto diversamente». La presenza di una compenetrazione, nelle società di persone, fra potere di gestione e socio implica generalmente l'applicabilità del modello disciplinare previsto dall'art. 2252 c.c. anche agli atti con i quali si realizza una modificazione soggettiva della compagine societaria. Tale disposizione trova pertanto applicazione anche per il caso di trasferimento della partecipazione societaria. Un discorso differente deve essere fatto, sempre restando nel contesto delle cc.dd. società di persone, con riferimento alle società in accomandita semplice. Tale modello societario è infatti caratterizzato da una differenziazione delle categorie di soci. Esistono infatti soci accomandanti, i quali rispondono soltanto limitatamente a quanto conferito delle obbligazioni sociali; e, al contempo, soci accomandatari, generalmente investiti del potere gestorio, i quali hanno responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali. Tale differenziazione si riverbera anche sul regime disciplinare dei trasferimenti delle quote societarie, prevedendosi un modello più attenuato per le cessioni che riguardano le partecipazioni «a responsabilità limitata» alla società in accomandita semplice. L'art. 2322 del codice civile, oltre a prevedere la cedibilità della quota di partecipazione del socio accomandante per causa di morte, statuisce, infatti, al secondo comma che «salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, la quota può essere ceduta con effetto verso la società, con il consenso dei soci che rappresentano la maggioranza del capitale sociale». La diversificazione del regime disciplinare è pertanto abbastanza chiara in ragione del fatto che per quanto non espressamente disciplinato e quindi per le quote di partecipazione del socio accomandatario deve trovare applicazione la disposizione generale dell'art. 2252 del codice civile e quindi un regime disciplinare che prevede il consenso unanime di tutti i soci al fine di rendere efficace nei confronti della società la cessione della quota di partecipazione del socio accomandatario. In ragione del rapporto di compenetrazione fra potere di gestione e socio che si realizza rispetto a questa peculiare tipologia di partecipazione, le vicende modificative che la riguardano devono essere considerate nei termini di modificazioni dell'atto costitutivo e devono pertanto essere soggette alla regola del consenso unanime proveniente da tutti i soci. Per quanto concerne infine la società per azioni, alcune rapide considerazioni possono discendere dalla peculiare configurazione dell'azione quale elemento caratterizzante la partecipazione a questo peculiare modello societario. Al di là delle differenti letture che si sono concentrate sulla possibilità o meno di assimilare l'azione a un vero e proprio titolo di credito, le particolarità di tale strumento si riverberano sulla disciplina del trasferimento della partecipazione azionaria. Una dimostrazione di quanto appena affermato si desume dalla lettura dell'art. 2355 c.c. Da tale norma si desume infatti che a seconda che l'azione sia rappresentata da titolo al portatore o da titolo nominativo discendono regole differenti. Così, nel primo caso le azioni cc.dd. al portatore si trasferiranno attraverso la consegna del titolo. Nel caso di azioni nominative il trasferimento avverrà attraverso la c.d. girata; tale girata dovrà essere autenticata dal notaio o da altro soggetto autorizzato ai sensi della legislazione speciale. Per il caso in cui non si effettuerà un trasferimento in virtù di girata dovrà trovare applicazione il dettato dell'art. 2022 c.c. in teme di trasferimento di titolo nominativi. Occorre infine segnalare, con riferimento alla tematica dei limiti di circolazione delle partecipazioni azionarie, due peculiari disposizioni. La prima è rappresentata dal primo comma dell'art. 2355-bis c.c. ai sensi del quale «nel caso di azioni nominative ed in quello di mancata emissione dei titoli azionari, lo statuto può sottoporre a particolari condizioni il loro trasferimento e può, per un periodo non superiore a cinque anni dalla costituzione della società o dal momento in cui il divieto viene introdotto, vietarne il trasferimento». La seconda, invece, dispone espressamente che «le clausole dello statuto che subordinano il trasferimento delle azioni al mero gradimento di organi sociali o di altri soci sono inefficaci se non prevedono, a carico della società o degli altri soci, un obbligo di acquisto oppure il diritto di recesso dell'alienante; resta ferma l'applicazione dell'art. 2357 c.c.; il corrispettivo dell'acquisto o rispettivamente la quota di liquidazione sono determinati secondo le modalità e nella misura prevista dall'art. 2437-ter». In particolare quest'ultima disposizione si segnala in quanto la libera circolazione della partecipazione azionaria è confermata dal dato normativo secondo il quale anche nel caso siano convenzionalmente introdotte limitazioni alla circolazione devono essere garantiti strumenti che consentano di non configurare il socio che intenda alienare la propria partecipazione azionaria quale “prigioniero” della compagine societaria. 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