Codice Civile art. 1411 - Contratto a favore di terzi.Contratto a favore di terzi. [I]. È valida la stipulazione a favore di un terzo [1273, 1773, 1875, 1920], qualora lo stipulante vi abbia interesse [1174]. [II]. Salvo patto contrario, il terzo acquista il diritto contro il promittente per effetto della stipulazione. Questa però può essere revocata o modificata dallo stipulante, finché il terzo non abbia dichiarato, anche in confronto del promittente, di volerne profittare. [III]. In caso di revoca della stipulazione o di rifiuto del terzo di profittarne, la prestazione rimane a beneficio dello stipulante, salvo che diversamente risulti dalla volontà delle parti o dalla natura del contratto. InquadramentoSi realizza la figura del contratto a favore di terzi quando le parti, negoziando in nome proprio, convengono che un terzo acquisti un diritto. Tale previsione è compatibile con il principio di relatività poiché per un verso l'esigenza dell'intangibilità della sfera giuridica del terzo e di tutela della sua autonomia è soddisfatta dalla possibilità di rifiuto (Moscarini, 161) mentre per un altro tramite questa fattispecie negoziale è possibile attribuire al terzo soltanto situazioni giuridiche attive o comunque vantaggiose (Majello, 238). Ove le parti non abbiano inteso attribuire un diritto al terzo, che risulta solo indirettamente beneficiato, ossia trae un vantaggio puramente economico dall'operazione, non è integrata la fattispecie in esame (Majello, 241; Messineo, 199), ma si realizza un contratto traslativo atipico. Affinché sia valida l'attribuzione del diritto al terzo deve essere contemplata nel contratto originario, con l'apposizione di una clausola che fa deviare gli effetti del contratto a favore di terzi; non è invece necessario che il terzo sia indicato nell'atto (Majello, 242). Pertanto l'attribuzione del diritto con patto autonomo non realizza la figura in commento, piuttosto implica una cessione o un'alienazione del diritto da parte dello stipulante (Majello, 242). Per effetto dell'accordo tra promittente e stipulante nasce il diritto del terzo direttamente in capo a questi (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 442; Moscarini, 138; Messineo, 199). Non è possibile imporre obblighi a carico del terzo; infatti la locuzione adoperata «a favore» è significativa del fatto che, attraverso tale strumento negoziale, si possono attribuire soltanto situazioni giuridiche attive o comunque vantaggiose (Majello, 243). Il titolo di acquisto del diritto del terzo è rappresentato dal contratto concluso tra stipulante e promittente, che come tale deve avere tutti i requisiti di forma e di sostanza, poiché solo la validità del contratto può giustificare la produzione dell'effetto in favore del terzo (Majello, 243). Nel caso di rifiuto del terzo di volerne beneficiare o di revoca dello stipulante, il contratto vincola il promittente nei confronti dello stipulante. La legge prevede espressamente l'apponibilità della clausola nella disciplina dei contratti tipici di rendita vitalizia, di trasporto di cose e di assicurazione sulla vita; ma il modello si adegua ad ogni contratto (Majello, 247). Requisiti imprescindibili per configurare un contratto a favore del terzo sono, oltre all'accordo esplicito tra promittente e stipulante, l'indicazione del terzo beneficiario, essendo all'uopo sufficiente la sua determinabilità, nonché l'accettazione, da parte di quest'ultimo ed anche per facta concludentia, dell'attribuzione in proprio favore (Cass. n. 15442/2021). Anche secondo la S.C., per la configurabilità di un contratto a favore di terzi non è sufficiente che il terzo riceva un vantaggio economico indiretto dal contratto intervenuto tra altri soggetti, ma è necessario che questi ultimi abbiano inteso direttamente attribuirglielo, nel senso che i soggetti stessi, nella qualità di contraenti, abbiano previsto e voluto una prestazione a favore di un terzo estraneo al contratto come elemento del sinallagma (Cass. n. 7693/1997; Cass. n. 8075/1994; Cass. n. 4012/1983). Al contempo non è integrata la figura del contratto a favore del terzo quando il diritto del terzo non trovi fondamento esclusivo nel contratto, ma derivi dalla legge, ovvero quando il terzo benefici interamente della prestazione realizzata nei suoi confronti ma non acquisti la titolarità del diritto (Cass. n. 2455/1976; Cass. n. 2127/1971). Il diritto del terzo è autonomo e sorge direttamente in capo al terzo, fuori da qualsiasi fenomeno di successione (Cass. n. 2561/1951). Parti e terzoIl terzo non è parte del contratto né in senso formale né in senso sostanziale né lo diviene dopo avere accettato (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 439). Il terzo diviene creditore di una prestazione che gli sarà dovuta dal promittente, il quale è obbligato sia verso lo stipulante sia verso il terzo (Majello, 237; Messineo, 199). Ove il promittente non adempia verso il terzo è inadempiente anche nei confronti dello stipulante (Messineo, 199). La designazione del terzo è di regola contestuale alla stipulazione, ma può non esserlo quando nel contratto sia inserita la clausola con riserva della designazione (Majello, 242; Messineo, 200). In tal caso la designazione successiva del terzo deve essere fatta nella stessa forma richiesta per il contratto, sempre che non avvenga per testamento (Majello, 242). Secondo una parte della dottrina, pur essendo ammesso che il terzo non sia determinato, purché sia determinabile, non può tuttavia designarsi come terzo un soggetto giuridicamente inesistente al tempo della stipulazione nella prospettiva che acquisti i diritti al tempo della sua costituzione (Messineo, 200). La giurisprudenza rileva che lo stipulante rimane parte contrattuale, mentre il terzo non è parte né in senso sostanziale né in senso formale e deve limitarsi a ricevere gli effetti di un rapporto già validamente costituito ed operante, senza che a suo carico possano discendere obbligazioni verso il promittente (Cass. n. 1150/2005; Cass. n. 7398/1996; Cass. n. 1136/1988). Nel contratto a favore del terzo la titolarità del rapporto fa capo ai contraenti, mentre la titolarità del diritto appartiene al terzo beneficiario, che non diventa mai parte del contratto e la cui adesione, rilevabile anche per facta concludentia, si configura quale mera condicio iuris sospensiva dell'acquisizione del diritto; ne consegue che, conservando ciascuno dei soggetti la propria posizione (di parte contraente o di beneficiario) anche nella fase di attuazione del contratto, non verificandosi successione nel rapporto, le eventuali azioni contrattuali devono essere intentate nei confronti dello stipulate o del promittente ma non contro il terzo il quale, a propria volta, non può proporre le predette azioni nei confronti di questi ultimi, ad eccezione dell'azione di adempimento (Cass. n. 8766/2021). In questa prospettiva, si è affermato che, ai fini dell’applicazione della disciplina di tutela del consumatore, rileva la posizione delle parti che concludono il contratto, non quella del terzo beneficiario, estraneo alla fase di conclusione del contratto, non essendone parte né in senso sostanziale, né in senso formale (Cass., S.U. n. 20802/2022). Il terzo deve essere determinato o determinabile (Cass. n. 5298/1980). Inoltre si ammette la designazione di un terzo che sia al tempo della stipula giuridicamente inesistente, ritenendosi che in tal caso l'acquisto dei diritti derivanti dal contratto avvenga con la sua costituzione (Cass. n. 1993/1989; Cass. n. 1990/1982), ovvero in favore di un incapace legale di agire, come un figlio minore (Cass. n. 11/1985). Gli stati soggettivi rilevanti ai fini dell'annullabilità del contratto sono esclusivamente quelli dei contraenti e non del terzo, salvo che questi non abbia posto in essere raggiri per la stipulazione in suo favore (Cass. n. 13661/1992) Interesse dello stipulante e del terzoL'interesse dello stipulante richiesto per la validità del contratto può essere di qualsiasi natura, quindi anche un interesse morale o affettivo (De Nova, in Tr. Res., 1982, 416; Majello, 109; Messineo, 201; Girino, 68). Secondo alcuni autori l'interesse dello stipulante si identifica con l'interesse alla prestazione di cui all'art. 1174 (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 441; De Nova, in Tr. Res., 1982, 416). In base ad altra opinione l'interesse dello stipulante, in quanto diretto non alla prestazione ma all'attribuzione di un diritto al terzo, deve essere inquadrato nella figura dell'interesse contrattuale di cui all'art. 1322, che deve essere meritevole di tutela (Majello, 240; Bianca, 538). Un autore ritiene che la previsione di una stipulatio poenae a favore dello stipulante contestuale al contratto sarebbe condizione sufficiente per concretizzare il necessario interesse dello stipulante (Girino, 107). In senso critico si ribatte che tale previsione non costituisce condizione sufficiente per l'integrazione dell'interesse dello stipulante, ma occorre che dal contenuto del contratto emerga che effettivamente le parti abbiano attribuito tale diritto al terzo e che la pena contenuta sia effettivamente una clausola penale per inadempimento all'obbligazione principale assunta con il contratto (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 442). La carenza o l'illiceità dell'interesse dello stipulante determinano una nullità parziale, limitata alla clausola che attribuisce il diritto al terzo, sicché il rapporto contrattuale tra promittente e stipulante rimane valido, salvo che non risulti nullo ai sensi dell'art. 1419 (Majello, 241; Bianca, 538; Girino, 91). Il terzo acquirente, in quanto creditore, deve avere un interesse alla prestazione, sottinteso nel diritto soggettivo che gli deriva dalla stipulazione in suo favore (Messineo, 201). La S.C. ritiene che l'interesse dello stipulante che giustifica la conclusione del contratto a favore di terzo può essere economico, istituzionale o anche morale (Cass. n. 1150/2005; Cass. n. 3749/1979; Cass. n. 1807/1966) CausaLa funzione del contratto a favore del terzo consiste nella deviazione degli effetti del contratto concluso ed implica la realizzazione di due diversi atti di disposizione, dal promittente allo stipulante e da quest'ultimo al terzo, con una sola attribuzione patrimoniale, dal promittente al terzo (Majello, 240; Messineo, 200). Secondo una tesi l'interesse dello stipulante integra la causa del contratto (Bianca, 538), sicché la causa non è riconducibile alla sola circostanza che si sia fatto ricorso alla figura generale del contratto a favore di terzo, che non ha una causa autonoma, ma essa dovrà essere identificata in ragione dell'assetto di interessi regolamentato nel negozio specificamente utilizzato (causa concreta) per costituire un diritto in favore del terzo. In base ad altra impostazione l'interesse dello stipulante deve essere distinto dalla causa del contratto quale costante funzione giuridica della stipulazione in favore di altri (Girino, 46). Nei confronti del terzo la stipulazione può comportare una liberalità, ma ciò non implica affatto che un pari carattere rivesta il contratto da cui ha origine l'obbligazione del promittente verso il terzo e pertanto essa non basta a rendere liberale la causa del contratto a favore del terzo (De Nova, in Tr. Res., 1982, 417). In questa ipotesi, nella quale si verifica un arricchimento di un soggetto che non è parte del contratto, si realizza una donazione indiretta. In questa prospettiva, configura un valido e lecito contratto a titolo oneroso a favore di una società terza il negozio con il quale il socio di una società di capitali assume, spontaneamente ed in proprio, determinate obbligazioni pecuniarie verso un soggetto che già presti la sua opera in favore della società, al dichiarato fine di ottenere una più completa ed efficace esplicazione di tale attività a vantaggio della società, essendo ravvisabile un interesse economico idoneo del socio stipulante: tale contratto ha la stessa causa del contratto preesistente tra il prestatore d'opera e la società (Cass. n. 20157/2019; Cass. n. 2578/1975). In giurisprudenza si afferma che il contratto a favore di terzo può anche importare una liberalità in favore del medesimo, ma essendo essa solo conseguenza indiretta del negozio, avente una causa diversa, si tratta pur sempre di donazione indiretta (Cass. n. 2827/1968) OggettoIn termini generali si sostiene che non sussistono limiti in ordine alla qualità e al contenuto della prestazione che può essere pattuita a favore del terzo. Essa può consistere in un dare, un fare, un non fare presente o futuro. La clausola e la conseguente efficacia contro il terzo sono ipotizzabili in riferimento a qualsiasi contratto e non soltanto ai contratti tipici (Majello, 246). È controverso se la stipulazione a favore del terzo possa comportare effetti reali oltre che obbligatori. Sul punto parte della dottrina si esprime in termini sfavorevoli, rilevando che l'effetto traslativo immediato mal si concilia con la facoltà di revoca o di modifica da parte dello stipulante nonché con la possibilità di rifiuto da parte del terzo (Majello, 246). Inoltre si sostiene che, pur potendosi acquistare crediti senza concorso della propria volontà, l'acquisto di diritti reali è tuttavia tendenzialmente circondato da maggiori garanzie (De Nova, in Tr. res., 1982, 418). Ancora si afferma che i modi di acquisto dei diritti reali sono tipicamente individuati dal legislatore, il quale all'art. 1376 fissa il principio consensualistico, ponendo quindi la necessità di un accordo delle parti fra le quali si produce l'effetto reale (Biondi, Donazione e contratto a favore di terzo, in Foro it., 1958, 58). Si rileva infine che l'attribuzione della proprietà (o dell'usufrutto) risulta in contrasto con la delimitazione della fattispecie del contratto a favore di terzo alle sole ipotesi di effetti favorevoli semplici, atteso che alla proprietà o usufrutto di un bene ineriscono necessariamente oneri di custodia e gestione (Bianca, 537). In senso contrario altro filone della dottrina ritiene pienamente ammissibile il contratto con efficacia traslativa a favore del terzo; infatti il rispetto del principio consensualistico non avrebbe più ragione d'essere nel caso in cui l'effetto sia incrementativo, né gli oneri di custodia e di gestione connessi ai diritti di proprietà e di usufrutto costituiscono ostacoli alla configurabilità dell'efficacia traslativa in favore del terzo, dovendosi ritenere ammissibile l'attribuzione modale al terzo (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 440; Messineo, 202; Moscarini, 75; Girino, 140; Capozzi, Contratto a favore del terzo. Effetti reali. Ammissibilità. Regime fiscale, in Vita not., 1973, 166). Qualora si aderisca alla soluzione favorevole gli eventuali conflitti che dovessero determinarsi tra più titolari del diritto reale immobiliare, tra cui il terzo beneficiato dal contratto a suo favore, devono essere risolti sulla base del principio della priorità degli adempimenti pubblicitari, dovendosi fare riferimento per il contratto a favore di terzo alla trascrizione del contratto e non all'annotazione della dichiarazione di adesione, che nulla aggiunge al contenuto della posizione giuridica del beneficiario, ma solo estingue i poteri di revoca e rifiuto; sono invece assoggettati al meccanismo pubblicitario il rifiuto e la revoca, che esigono un onere di trascrizione e non di mera annotazione, poiché la loro integrazione determina la produzione degli effetti giuridici del contratto, non già verso il terzo originariamente indicato nel contratto, ma verso lo stipulante (Moscarini, 299). È ammessa la possibilità di stipulare un contratto preliminare a favore di terzo (De Matteis, La contrattazione preliminare per soggetto da determinare, in Nuova giur. civ. comm., 1987, II, 427; in senso critico Gabrielli, Il contratto preliminare, Milano, 1966, 366). Il contratto a favore di terzo può non esaurire il proprio contenuto nella prestazione a favore di terzi; quest'ultima può anche essere soltanto una parte (peraltro accessoria) del contenuto contrattuale (Messineo, 199). L'attribuzione del diritto in favore del terzo può essere subordinata all'adempimento da parte di quest'ultimo di obbligazioni precedentemente contratte, ma non all'assunzione di nuove obbligazioni o all'adempimento di oneri (Carresi, in Tr. C.M., 1987, 303). La dottrina ritiene compatibile con lo schema del contratto a favore di terzi anche i patti parasociali, che contengano vincoli relativi all'esecuzione della prestazione in favore della società, con attribuzione di un corrispondente diritto che la società può esercitare nei confronti di ciascun socio aderente al patto (Girino, 84; contra Majello, 249). Si esclude invece che la stipulazione a favore di terzo possa essere utilizzata a scopo gestorio, in alternativa agli istituti della rappresentanza e del mandato (De Nova, in Tr. Res., 1982, 417). La S.C. reputa che non sussistano limiti in ordine alla qualità ed al contenuto della prestazione a favore di terzo, la quale può consistere in un dare, in un facere o in un non facere presente o futuro ed anche nella costituzione di un diritto reale, purché esso corrisponda ad un interesse, anche non patrimoniale, dello stipulante (Cass. n. 23343/2006). Si afferma al riguardo la possibilità di concludere contratti a favore di terzo con effetti reali essenzialmente ai fini della costituzione di diritti reali minori, come le servitù prediali (Cass. n. 14180/2011; Cass. n. 18321/2003; Cass. n. 6450/2000; Cass. n. 6030/2000; Cass. n. 7622/1994; Cass. n. 1842/1993; Cass. n. 855/1992; Cass. n. 1317/1980). Inoltre la stipulazione in favore del terzo può avere ad oggetto anche la rinunzia all'esercizio di un'azione verso il terzo (Cass. n. 2663/1976; Cass. n. 387/1969). Il contratto a favore di terzo può costituire anche un diritto di opzione in suo favore (Cass. n. 18321/2003). Per la compatibilità del contratto a favore di terzo con il patto parasociale si esprime anche la giurisprudenza (Cass. n. 17200/2013; contra Cass. 4143/1975). Un accordo a contenuto transattivo può essere oggetto del contratto a favore di terzo (Cass. n. 6861/2003; Cass. n. 6871/1982; Cass. n. 3050/1982). Inoltre si esclude che dal contratto a favore di terzo possano discendere a carico del terzo obbligazioni verso il promittente (Cass. n. 5699/1978). Il mandato conferito anche nell'interesse del terzo non rientra nella categoria dei contratti a favore del terzo e non attribuisce a quest'ultimo, in assenza di uno specifico patto tra mandante e mandatario, il diritto a pretendere dal mandatario l'esecuzione del mandato, ma rende soltanto irrevocabile il mandato stesso (Cass. n. 1391/2003) FormaLa forma prescritta si adegua a quella richiesta per il contratto con il quale lo stipulante dispone a favore del terzo. Per l'attribuzione del diritto al terzo è necessario che la relativa previsione del beneficio in suo favore sia espressa, non essendo sufficiente che dal contratto risulti che la stipulazione è fatta a favore del terzo (Majello, 241; Messineo, 199; Santoni, L'intenzione delle parti nella stipulazione del contratto a favore di terzo, in Giur. it., 1953, I, 1, 437) EfficaciaLa stipulazione a favore di terzo è efficace unicamente in base al consenso dei contraenti, prima ancora che il terzo accetti (Messineo, 202), ne abbia conoscenza (Majello, 237) o venga designato. Secondo un indirizzo minoritario la designazione del terzo deve essergli comunicata in ragione del suo potere di rifiuto (Moscarini, 213). Piuttosto, in caso di designazione successiva alla stipulazione, essa deve essere comunicata al promittente. Ancorché l'efficacia del contratto rispetto al terzo sia immediata e diretta, l'attribuzione del diritto in suo favore non è definitiva finché il terzo non abbia dichiarato, anche in confronto del promittente, di volerne profittare (Majello, 237; Messineo, 202). Il terzo, in quanto riceva validamente ed efficacemente la prestazione, è da considerarsi avente causa del promittente, da quale acquista a titolo derivativo (Messineo, 206). Nel contratto può essere tuttavia contemplato un patto contrario, attraverso il quale il promittente e lo stipulante possono convenire che il terzo non acquisti il diritto in conseguenza della stipulazione, bensì per effetto del verificarsi di un avvenimento futuro e incerto ovvero alla scadenza di un termine (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 443; Messineo, 202). Si è ritenuto altresì possibile subordinare l'acquisto del diritto a favore del terzo all'adesione di quest'ultimo. In questa evenienza l'adesione del terzo non si ricollegherebbe al procedimento formativo del consenso, poiché altrimenti non si avrebbe più un contratto bilaterale, bensì al momento della sua efficacia (Majello, 241; contra Messineo, 203). Non ricorre la fattispecie in esame qualora si stabilisca che il terzo sia semplice destinatario della prestazione, non anche titolare del diritto a riceverla, poiché il patto contrario può riguardare solo il quando dell'acquisto e non il quomodo (Majello, 241; Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 443; contra Messineo, 202). La S.C. ritiene che la designazione del terzo possa avvenire anche successivamente alla stipulazione o per l'essersi riferite le parti a determinati eventi o circostanze in funzione dei quali debba avvenire la designazione o per essersi lo stesso stipulante riservata l'indicazione (Cass. n. 29/1974). La clausola compromissoria contenuta in un contratto a favore di terzo è opponibile a quest'ultimo qualora questi abbia manifestato la volontà di profittare della stipulazione, in quanto tale volontà non può non riguardare tutte le clausole contrattuali nel loro insieme (Cass. n. 13474/2000) Revoca dello stipulanteLo stipulante può revocare l'attribuzione a favore del terzo con una dichiarazione negoziale unilaterale recettizia. Sui destinatari dell'atto di revoca vi è contrasto in dottrina: secondo una prima opinione la revoca è atto recettizio per quanto riguarda il promittente, non per quanto concerne il terzo beneficiario (Majello, 244; Moscarini, 198); nondimeno lo stipulante deve comunque darne comunicazione al terzo che abbia avuto conoscenza della sua designazione, essendo altrimenti responsabile dei danni subiti dal terzo stesso per il mancato avviso (Majello, 244); in base ad altra impostazione la revoca è atto recettizio che deve essere portato a conoscenza del promittente e del terzo, in quanto diretta a sottrargli la posizione già attribuita (Bianca, 539). La facoltà di revoca, quale elemento naturale della fattispecie, può essere esclusa dalle parti o può risultare incompatibile con il contenuto del singolo contratto o con l'interesse del promittente (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 444; contra Majello, 243). La revoca deve rivestire la stessa forma richiesta per il contratto cui accede (Majello, 244; Moscarini, 198). Lo stipulante può revocare l'attribuzione finché il terzo non l'abbia accettata. La sopravvivenza del potere di revoca dello stipulante alla dichiarazione del terzo è stabilita con norma dispositiva dall'art. 1412 e può essere convenzionalmente pattuita disponendo che il diritto del terzo sorga alla scadenza di un termine (Majello, 244). Allo stipulante spetta, oltre ad un potere di revoca, anche un potere di modifica. In ordine all'ampiezza di tale modifica si registrano due diversi indirizzi: una prima opinione ritiene che la modifica sia un minus della revoca è debba essere limitata alla possibilità di variare il contenuto della prestazione, senza giungere al punto di revocarla, sicché escluderebbe la possibilità di esercitare lo ius variandi inteso come indicazione alternativa del terzo beneficiario, che rappresenterebbe un potere qualitativamente diverso rispetto a quello di revoca e che si tradurrebbe in una modifica unilaterale della sfera giuridica del terzo (Messineo, 204; Moscarini, 186); altra ricostruzione ritiene che il potere di modifica sia autonomo rispetto a quello di revoca e consisterebbe nella facoltà di revocare la precedente attribuzione e di effettuare una nuova designazione del terzo ovvero di scomporre la prestazione già prevista in favore del terzo in più parti, da effettuare in favore del terzo e di altri beneficiari (o dello stesso stipulante), salvo naturalmente che una simile frammentazione della prestazione originariamente unitaria non si risolva in un aggravio per il promittente (Majello, 243). Anche l'esercizio di tale potere integra un negozio unilaterale recettizio (Bianca, 539). Nel caso di successione allo stipulante per atto tra vivi o mortis causa la facoltà di revoca si trasmette ai successori (Majello, 243); sicché il potere di revoca non può essere ceduto, se non nell'ambito della cessione dell'intera posizione contrattuale (Majello, 243). Il potere di revoca si estingue in conseguenza della dichiarazione del terzo di volerne profittare o per la prescrizione del diritto attribuito al terzo (Majello, 244). Secondo la S.C., la revoca è atto recettizio da indirizzare al promittente (Cass. n. 371/1955). Il potere di revoca o di modifica in situazioni particolari può essere escluso in ragione di preesistenti rapporti tra stipulante e terzo (Cass. n. 2228/1974). È ammissibile una revoca (e una modifica) verbale della disposizione a favore del terzo, che intervenga prima della dichiarazione del terzo di voler profittare della stipulazione, se le parti non hanno previsto la necessità della forma scritta per la revoca della stessa, atteso che i negozi risolutori degli effetti di atti richiedenti la forma scritta non sono assoggettati ad identici requisiti formali (Cass. n. 20816/2006). Nel caso di fallimento dello stipulante la facoltà di revoca si trasferisce al curatore (Cass. n. 649/1973) Dichiarazione di volerne profittare o rifiuto del terzoSecondo l'opinione prevalente, la dichiarazione di volerne profittare, ossa l'accettazione del terzo, è un negozio unilaterale recettizio, che deve essere portato a conoscenza sia del promittente che dello stipulante, al quale consegue l'estinzione del potere di revoca dello stipulante e la consumazione del potere di rifiuto del terzo (Moscarini, 144; Messineo, 202). Un'opinione di segno contrario sostiene che la dichiarazione del terzo non ha valore negoziale, non vincolando in alcun modo il terzo né modificando la sua posizione nei confronti del contratto; secondo tale indirizzo il terzo avrebbe soltanto un onere di comunicare alle parti del contratto la sua accettazione (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 443). L'accettazione del terzo non è elemento perfezionativo dell'acquisto, come ritiene una tesi minoritaria, bensì condizione di stabilità dell'acquisto stesso, poiché in conseguenza della relativa dichiarazione lo stipulante non può più revocare e il terzo non può rifiutare (Majello, 245). La dichiarazione non è assoggetta ad alcuna particolare prescrizione di forma, salvo che per il contratto cui accede sia prevista una forma solenne, sicché essa può essere espressa o tacita (Bianca, 539; Moscarini, 143). Il terzo può rifiutarsi di profittare della stipulazione in suo favore, evitando in tal modo che questa produca effetti nei suoi confronti. Il rifiuto è atto negoziale unilaterale recettizio, che deve essere portato a conoscenza sia dello stipulante sia del promittente. Una parte della dottrina sostiene che il rifiuto costituisce rinuncia ad un diritto già acquisito nella sfera giuridica del terzo per effetto della stipulazione, sicché esso si sostanzia in un atto negoziale dispositivo recettizio di natura abdicativa di un diritto, e non impeditiva, con efficacia ex nunc (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 447; Bianca, 539). Avverso tale configurazione si è obiettato che il rifiuto ha per oggetto l'efficacia della stipulazione, non già il diritto che suo tramite è stato attribuito al terzo, ed ha quindi effetti eliminativi ex tunc (Majello, 244). Il potere di rifiuto non è sottoposto ad alcun termine di decadenza, né questo termine può essere disposto dalla volontà dei contraenti (Majello, 245). Alcuni autori ritengono che il rifiuto debba rivestire gli stessi requisiti di forma del contratto a favore di terzo, quand'anche tale ultima forma sia convenzionale (Majello, 245; Moscarini, 157). Ove il rifiuto del terzo abbia luogo, così come accade quando lo stipulante revochi la stipulazione prima che il terzo abbia assunto qualsiasi deliberazione, la prestazione rimane a beneficio dello stipulante, sempre che non risulti diversamente dalla volontà delle parti o dalla natura del contratto (Majello, 237; Messineo, 204). In particolare lo stipulante e il promittente possono stabilire che nel caso di revoca o rifiuto del terzo lo stipulante abbia la facoltà di designare un altro beneficiario o che il diritto si estingua o ancora che l'intero contratto si risolva (Messineo, 204). Ad avviso della S.C., l'accettazione del terzo costituisce condicio iuris di efficacia dell'acquisto del diritto (Cass. n. 13661/1992); essa può risultare anche per facta concludentia (Cass. n. 12447/1997; Cass. n. 1136/1988). L'adesione non ha alcun effetto se è invalida o inefficace la stipulazione a favore del terzo (Cass. n. 1387/1949). Gli effetti previsti dalla norma per il caso di revoca o rifiuto non attengono ad un elemento essenziale del contratto, sicché possono costituire oggetto di deroga delle parti (Cass. n. 2080/1962) Legittimazione processualePer effetto dell'accettazione il terzo acquista un autonomo diritto alla prestazione verso il promittente e può farlo valere direttamente verso il medesimo (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 446; Messineo, 206). L'azione del terzo per l'adempimento della prestazione è sempre concorrente con quella dello stipulante, quale parte contrattuale (Bianca, 539; Moscarini, 205). In base ad altra ricostruzione lo stipulante non è legittimato ad agire per l'adempimento, bensì può solo far valere le azioni fondate sul contratto (annullamento, rescissione e risoluzione); può intervenire nel giudizio ad adiuvandum in favore del terzo attore e così può, fuori del giudizio, opporre al promittente l'exceptio inadimplenti contractus (Majello, 247; Messineo, 206). Nondimeno, pur non potendo lo stipulante agire per l'adempimento, può chiedere la risoluzione del contratto quando il terzo non abbia più interesse all'adempimento e può agire per il risarcimento dei danni (Majello, 247). La S.C. sostiene che il diritto del terzo è autonomo rispetto a quello dello stipulante e può pertanto essere fatto valere contro il promittente anche in via diretta, senza necessità dell'intervento in giudizio dello stipulante, facendo valere nei confronti di quegli il diritto alla realizzazione del suo credito (Cass. n. 23844/2008; Cass. n. 7622/1994). Nel contratto a favore di terzo, in difetto di espresse previsioni convenzionali, il terzo è l'unico legittimato ad agire — con l'azione di adempimento ovvero con l'azione di risoluzione del contratto e di risarcimento danni — per ottenere, a fronte dell'inadempimento del promittente, la prestazione attribuita ove il contratto sia idoneo a fargli acquisire il relativo diritto senza necessità di un'attività esecutiva del promittente medesimo, mentre in caso contrario va riconosciuta una legittimazione concorrente anche a favore dello stipulante (Cass. n. 14985/2022; Cass. n. 8272/2014; contra Cass. 17200/2013; Cass. n. 3089/1978; Cass. n. 649/1973, che attribuiscono la legittimazione alla proposizione dell'azione di adempimento verso il terzo anche allo stipulante, quando vi abbia un interesse diretto). Nel caso di preliminare a favore di terzo il terzo può agire in via giudiziale per l'esecuzione in forma specifica del promittente, avvalendosi della tutela di cui all'art. 2932; deve però dimostrare che lo stipulante ha adempiuto la sua prestazione nei confronti del promittente (Cass. n. 9034/1987; Cass. n. 6548/1987) Distinzione da altre figure negozialiÈ compatibile con lo schema del contratto a favore di terzo la previsione a vantaggio di un terzo, non già di un diritto al conseguimento della prestazione principale, ma di un diritto all'esecuzione con diligenza della prestazione spettante allo stipulante nei confronti del promittente (Bianca, 541). La categoria di rilievo giurisprudenziale è individuata come contratto ad effetti protettivi. Il contratto a favore di terzi si distingue dall'istituto della rappresentanza, diretta o indiretta. Lo stipulante nel contratto a favore di terzi non agisce in nome del terzo, che rimane estraneo al contratto, né compie un negozio giuridico per conto del terzo, circostanze che concorrono rispettivamente nella rappresentanza diretta e indiretta (Bianca, 538). Con il contratto di ricovero ospedaliero della gestante l'ente ospedaliero si obbliga non soltanto a prestare alla stessa le cure e le attività necessarie al fine di consentirle il parto, ma altresì ad effettuare con la dovuta diligenza tutte quelle altre prestazioni necessarie al feto (ed al neonato), sì da garantirne la nascita evitandogli — nei limiti consentiti dalla scienza — qualsiasi possibile danno. Detto contratto, intercorso tra la partoriente e l'ente ospedaliero, si atteggia come contratto con effetti protettivi a favore di terzo nei confronti del nato, alla cui tutela tende quell'obbligazione accessoria, ancorché le prestazioni debbano essere assolte in parte anteriormente alla nascita; ne consegue che il soggetto che con la nascita acquista la capacità giuridica può agire per far valere la responsabilità contrattuale per l'inadempimento delle obbligazioni accessorie, cui il contraente sia tenuto in forza del contratto stipulato col genitore o con terzi, a garanzia di un suo specifico interesse (Cass. n. 14488/2004; Cass. n. 11503/1993). Tale contratto riverbera per sua natura effetti protettivi a vantaggio anche del padre del concepito, il quale, in caso di inadempimento, è perciò legittimato ad agire per il risarcimento del danno (Cass. n. 10812/2019; Cass. n. 10741/2009).Rientrano nello schema del contratto a favore di terzo le polizze fideiussorie (Cass. S.U.n. 3947/2010; Cass. n. 11261/2005). L'assicurazione per conto altrui o per conto di chi spetta disciplinata dall'art. 1891 integra un contratto a favore del terzo o ancor più specificamente una vicenda negoziale sui generis di contratto a favore di terzo, sicché ad essa si applicano tanto le norme proprie dell'istituto ex art. 1411 c.c., quanto quelle del contratto di assicurazione nella parte in cui derogano ai principi generali dettati dalla legge per il contratto a favore di terzo. Ne consegue che lo specifico requisito dell'interesse nell'assicurazioneex art. 1891 c.c. risulta di duplice natura e di diverso contenuto, dovendo essere valutato ai fini della validità del contratto sia con riguardo alla posizione dell'assicurato-terzo, a norma dell'art. 1904 c.c., sia con riferimento alla posizione dello stipulante, ai sensi dell'art. 1411 c.c.: sotto il primo profilo l'interesse assicurativo sottende una relazione economica tra un soggetto e un bene esposto a rischio in rapporto ad un evento futuro potenzialmente dannoso (dovendo per l'effetto risultarne una posizione soggettiva giuridicamente qualificata e non un interesse di mero fatto) mentre in relazione al secondo aspetto l'interesse non deve giocoforza assumere caratteri di giuridicità, potendo, risolvendosi anche in una situazione soggettiva di mero fatto, essere morale o di immagine (Cass. n. 13058/2007; Cass. n. 9284/2005). All'assicurazione per conto di chi spetta non è applicabile, attesa la sua natura indennitaria, l'art. 1411, comma 3, il quale legittima lo stipulante a beneficiare della prestazione ove il terzo rifiuti di profittarne (Cass. S.U.n. 5556/2002). E così allo stipulante non è consentito di avvalersi della facoltà di revocare o modificare la stipulazione di una transazione raggiunta tra l'assicurazione della responsabilità civile e il danneggiato finché il debitore ad essa estraneo non abbia dichiarato di volerne profittare, in quanto il condebitore solidale non è terzo rispetto al rapporto oggetto di transazione (Cass. n. 21842/2019). Non rientra nella figura del contratto a favore di terzo la donazione dell'usufrutto in favore di un terzo, contenuta nella donazione con riserva di usufrutto di cui all'art. 796, che si perfeziona con l'accettazione da parte del donatario, la quale può essere contenuta nel medesimo atto ovvero intervenire con atto pubblico posteriore, richiedendosi in quest'ultimo caso, ai fini del perfezionamento della fattispecie, la relativa notificazione al donante (Cass. n. 7444/2019; Trib. Benevento 30 maggio 2019). Viceversa, realizza un'ipotesi di contratto a favore del terzo l' affidamento in custodia onerosa da parte della polizia di Stato di un veicolo, a seguito di sinistro o perché provento di reato, con la conseguenza che il proprietario della vettura è tenuto al pagamento del corrispettivo per la custodia del bene, qualora sia stato informato dell'avvenuto deposito, in quanto la tempestiva comunicazione dell'avvenuto rinvenimento configura un'adesione tacita al contratto di deposito stipulato in suo favore ( Cass. n. 25486/2021 ) BibliografiaBianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Diritto civile, 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; Girino, Studi in tema di stipulazione a favore di terzi, Milano, 1965; Majello, Contratto a favore di terzo, in Dig. civ., Torino, 1989; Messineo, Contratto nei rapporti col terzo, in Enc. dir., Milano, 1962; Moscarini, I negozi a favore di terzo, Milano, 1970; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1985. |