Codice Civile art. 1418 - Cause di nullità del contratto.

Rosaria Giordano

Cause di nullità del contratto.

[I]. Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente [2126, 2332 2].

[II]. Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall'articolo 1325, l'illiceità della causa [1343], la illiceità dei motivi nel caso indicato dall'articolo 1345 e la mancanza nell'oggetto dei requisiti stabiliti dall'articolo 1346.

[III]. Il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge [160, 162, 458, 778, 779, 785 2, 788, 794, 1354, 1471, 1472 2, 1895, 1904, 1972, 2103 2, 2115, 2265, 2332, 2379, 2744].

Inquadramento

La disposizione in esame individua tre differenti forme di nullità del negozio giuridico.

In particolare, il comma 1, nel sancire l'invalidità del contratto in contrasto con norme imperative, fa riferimento alla categoria della nullità cd. virtuale, di non semplice ricostruzione sul piano interpretativo, in quanto influenzata, in concreto, dalla concezione corrente circa l'indisponibilità degli interessi sottesi al rapporto giuridico.

Occorre poi considerare la nullità cd. strutturale di cui al comma 2 dello stesso art. 1418 c.c., che si correla, in genere, alla mancanza di uno degli elementi essenziali del contratto (nonché all'illiceità della causa ovvero dei motivi comuni ad entrambe le parti ed all'indeterminabilità dell'oggetto).

Quale clausola residuale il comma 3 della stessa previsione in commento stabilisce che il contratto è nullo, inoltre, nelle altre ipotesi previste dalla legge

L'invalidità del negozio giuridico

La nullità, almeno tra le ipotesi «codificate», costituisce la più grave forma di invalidità del negozio giuridico, che ricorre ove l'atto di autonomia presenti una o più anomalie rispetto al modello legale, così da provocare una valutazione negativa da parte dell'ordinamento (Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, 823).

Differenti sono i criteri proposti in dottrina per distinguere tra la nullità e l'annullabilità del contratto nell'ambito delle invalidità negoziali.

Per alcuni la nullità è uno strumento di tutela diretta di interessi generali dell'ordinamento, mentre l'annullabilità è rapportabile ad un'esigenza di tutela di interessi particolari.

Per altri, se la nullità si fonda sul difetto di un elemento costitutivo ed importa una deficienza strutturale dell'atto l'annullabilità presuppone invece un vizio di un suo elemento costitutivo e non compromette definitivamente l'atto sotto il profilo dell'integrità strutturale (Bianca, 577).

Secondo la dottrina dominante dalla nullità del negozio giuridico deve poi essere distinta la nozione di inesistenza, evidentemente giuridica e non materiale, che si radica quando il modello concreto di contratto forgiato dalle parti presenti lacune così gravi da impedire la sua stessa riconducibilità allo schema negoziale astratto di cui trattasi, sia pure viziato; esso non è che un simulacro di contratto (Santoro Passarelli, 242).

Nel caso di radicale inesistenza del contratto per mancanza di un fatto o atto socialmente rispondente alla nozione di contratto, non si producono neanche gli effetti che in via del tutto eccezionale la legge ricollega al contratto nullo, né ne è possibile la conversione (Bianca, 578)

La nullità virtuale

È nullo, in primo luogo, il contratto contrario a norme imperative. In questa parte, la norma in esame è espressione di un principio generale che disciplina quelle ipotesi nelle quali alla violazione di una norma imperativa non corrisponda una specifica sanzione di nullità (Bianca, 582; De Nova, 439).

In realtà la violazione di una norma imperativa non dà luogo necessariamente alla nullità del contratto, in quanto il comma 1 della disposizione in commento, con l'inciso «salvo che la legge disponga diversamente», impone all'interprete di accertare se il legislatore, anche nel caso di inosservanza del precetto, abbia consentito la validità del negozio predisponendo un meccanismo idoneo a realizzare gli effetti voluti della norma (Cass. I, n. 8499/2018).

In tema di nullità del contratto per contrarietà a norme imperative, in difetto di espressa previsione in tal senso, ove non altrimenti stabilito dalla legge, unicamente la violazione di norme inderogabili concernenti la validità del contratto è suscettibile di determinarne la nullità che va pertanto esclusa sia quando risulta prevista una diversa forma di invalidità, come l'annullabilità, sia quando la legge assicura l'effettività della norma imperativa con la previsione di rimedi diversi (Cass. n. 25222/2010). Inoltre solo la violazione di norme inderogabili concernenti la validità del contratto è suscettibile, ove non altrimenti stabilito dalla legge, di determinarne la nullità e non già la violazione di norme, anch'esse imperative, riguardanti il comportamento dei contraenti, la quale può essere fonte di responsabilità (Cass. n. 8462/2014; Cass. S.U., n. 26724/2007).

Casistica

La stipula di un contratto di locazione di immobile di edilizia residenziale pubblica in assenza del provvedimento di assegnazione — perché mai emesso o decaduto — rende l'accordo nullo per difetto di causa (scopo pratico del contratto di locazione è dare attuazione all'assegnazione) e per violazione di norma imperativa poiché la conclusione di un contratto di locazione in assenza di un efficace provvedimento di assegnazione sottrae l'appartamento alla finalità pubblica cui è preposto, cioè l'edilizia residenziale pubblica (Trib. Roma VI, 26 ottobre 2018, n. 20698).

Il contratto di appalto avente ad oggetto la costruzione di un'opera senza la prescritta concessione edilizia è nullo per illiceità dell'oggetto e la nullità impedisce al contratto di produrre i suoi effetti sin dall'origine, senza che rilevi l'eventuale ignoranza delle parti circa il mancato rilascio della concessione, ignoranza comunque inescusabile, attesa la grave colpa di ciascun contraente, che avrebbe potuto verificare, con l'ordinaria diligenza, la reale situazione del bene dal punto di vista amministrativo. Pertanto, nel giudizio instaurato dall'appaltatore contro l'appaltante per la risoluzione del contratto, rimasto ineseguito, e il risarcimento del danno conseguente, è irrilevante l'accertamento dell'eventuale responsabilità dell'appaltante in ordine al mancato rilascio della concessione edilizia dell'opera appaltata (Cass. II, n. 21418/2018).

Il contratto stipulato per effetto diretto del reato di estorsione è affetto da nullità ai sensi dell'art. 1418 c.c., rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, in conseguenza del suo contrasto con norma imperativa, dovendosi ravvisare una violazione di disposizioni di ordine pubblico in ragione delle esigenze d'interesse collettivo sottese alla tutela penale, in particolare l'inviolabilità del patrimonio e della libertà personale, trascendenti quelle di mera salvaguardia patrimoniale dei singoli contraenti perseguite dalla disciplina sull'annullabilità dei contratti (Cass. II, n. 17959/2020).

La disposizione di cui all'art. 202, comma 4, del d.l.gs. n. 152 del 2006 ("gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali di proprietà degli enti locali già esistenti al momento dell'assegnazione del servizio sono conferiti in comodato ai soggetti affidatari del medesimo servizio") non integra gli estremi di una norma imperativa ed inderogabile tale da determinare una "nullità virtuale" per il caso di sua violazione, giacché i principi di "sussidiarietà verticale" e "differenziazione" consentono che l'esigenza espressa dal medesimo comma 4 dell'art. 202 cit. e l'interesse pubblico alla gestione integrata dei rifiuti siano perseguiti mercé l'utilizzo di forme contrattuali anche diverse dal comodato (Cass. I, n. 10645/2025).

I contratti di lavoro stipulati in violazione delle disposizioni penali che sanzionano l'abuso d'ufficio (reato consumato dall'amministratore delegato della società datrice di lavoro e dal direttore delle risorse umane) per effetto di tali condotte illecite sono nulli per violazione dell'art 323 c.p., ex art 1418 c.c., poiché va ravvisata la sussistenza della violazione di una disposizione di ordine pubblico in ragione delle esigenze di imparzialità sottese alla tutela penale accordata dall'art 323 c.p. (Trib. Roma III, 3 ottobre 2018, n. 7212).

In tema di pubblico impiego contrattualizzato, poiché il rapporto è regolato esclusivamente dai contratti collettivi e dalle leggi sul rapporto di lavoro privato, il datore di lavoro pubblico non ha il potere di attribuire inquadramenti in violazione del contratto collettivo, ma solo la possibilità di adattare i profili professionali, indicati a titolo esemplificativo, alle sue esigenze organizzative, senza modificare la posizione giuridica ed economica stabilita dalle norme pattizie: ne consegue che è affetto da nullità per violazione di norma imperativa, rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, l'atto di inquadramento in deroga, anche in melius , alle disposizioni del contratto collettivo (Cass. sez. lav., n. 23757/2018).

Il licenziamento intimato per il perdurare delle assenze per malattia od infortunio del lavoratore, ma prima del superamento del periodo massimo di comporto fissato dalla contrattazione collettiva o, in difetto, dagli usi o secondo equità, è nullo per violazione della norma imperativa di cui all'art. 2110, comma 2, c.c. (Cass. S.U., n. 12568/2018).

L'esecuzione di una prestazione d'opera professionale di natura intellettuale effettuata da chi non sia iscritto nell'apposito albo previsto dalla legge dà luogo, ai sensi degli artt. 1418 e 2231 c.c., a nullità assoluta del rapporto tra professionista e cliente, privando il contratto di qualsiasi effetto, con la conseguenza che il professionista non iscritto all'albo o che non sia munito nemmeno della prescritta qualifica professionale per appartenere ad una categoria del tutto differente, non ha alcuna azione per il pagamento della retribuzione, nemmeno quella sussidiaria di arricchimento senza causa, sempreché la prestazione espletata dal professionista rientri in quelle attività che sono riservate in via esclusiva a una determinata categoria professionale, essendo l'esercizio della professione subordinato per legge all'iscrizione in apposito albo o ad abilitazione. Al di fuori di tali attività vige, infatti, il principio generale di libertà di lavoro autonomo o di libertà di impresa di servizi, a seconda del contenuto delle prestazioni e della relativa organizzazione, salvi gli oneri amministrativi o tributari (Trib. Roma XI, 2 agosto 2018, n. 16108).

Premesso che è escluso che ai geometri possano essere affidati la progettazione e la direzione di lavori relativi ad interventi di restauro o di ripristino degli edifici che sono caratterizzati da interesse storico-architettonico, che sono riservati per legge alla competenza esclusiva dell'architetto e, per la parte tecnica, anche dell'ingegnere, ne consegue che il contratto d'opera professionale eventualmente stipulato dal geometra con il committente avente ad oggetto la suddetta progettazione o direzione di lavori deve essere dichiarato nullo ai sensi dell'art. 1418 c.c. per illiceità della causa per violazione di norma imperativa ex art. 1343 c.c. né al professionista può essere riconosciuto alcun compenso per l'attività svolta, posto che l'art. 2231 c.c. stabilisce che quando l'esercizio di una attività professionale è condizionato all'iscrizione in un albo o elenco, la prestazione eseguita da colui che non è iscritto, dando luogo ad una nullità assoluta del rapporto fra professionista e cliente, non attribuisce alcuna azione per il pagamento della retribuzione (Trib. Potenza 10 ottobre 2018, n. 828).

È nulla, per contrarietà a norme imperative, la ricognizione di debito rilasciata da una società di capitali avente ad oggetto la restituzione in favore di un socio delle somme da questo versate, al tempo della sottoscrizione della quota sociale, in conto capitale e per sovrapprezzo (Cass. III, n. 10853/2018).

La vendita di un fondo compiuta senza il rispetto delle norme sul diritto di prelazione di cui agli artt. 8 della l. n. 590/1965 e 7 della l. n. 817/1971, non è viziata da nullità ai sensi dell'art. 1418 c.c., né dell'art. 1344 c.c., sussistendo il rimedio dell'esercizio del riscatto (Trib. Udine 27 luglio 2018, n. 951).

Il contratto stipulato per effetto diretto della consumazione di un reato — nella specie, circonvenzione d'incapace — deve essere dichiarato nullo ai sensi dell'art. 1418 c.c. per contrasto con norma imperativa, giacché va ravvisata una violazione di disposizioni di ordine pubblico in ragione delle esigenze di interesse collettivo sottese alla tutela penale, trascendenti quelle di mera salvaguardia patrimoniale dei singoli contraenti perseguite dalla disciplina sulla annullabilità dei contratti (Trib. Ferrara 20 marzo 2018, n. 191)

La nullità strutturale

Il comma 2 della disposizione in esame contempla, inoltre, la nullità del contratto nell'ipotesi di mancanza di uno dei requisiti indicati dall'art. 1325 c.c., illiceità della causa, illiceità dei motivi nel caso indicato dall'art. 1345 c.c. e la mancanza nell'oggetto dei requisiti stabiliti dall'art. 1346 c.c.

Casistica

L'istituto della multiproprietà immobiliare, che si caratterizza per il diritto di godimento turnario di un medesimo bene da parte di una pluralità di soggetti, richiede che sia in concreto individuata la quota di ciascun comproprietario, come effettiva entità della partecipazione al godimento dell'alloggio; pertanto, il preliminare avente ad oggetto una quota di multiproprietà, dovendo contenere tutti gli elementi essenziali del futuro contratto definitivo, deve recare l'indicazione della quota nella sua effettiva misura o, comunque, i criteri per la sua determinazione millesimale, incidendo tali elementi sulla determinatezza o determinabilità dell'oggetto del contratto ex art. 1346 c.c., e non risultando sufficiente all'uopo l'indicazione del solo periodo di godimento dell'immobile riservato al promissario acquirente (Cass. II, n. 6750/2018).

In materia di locazione ad uso non abitativo, il mancato ottenimento, da parte del conduttore, dei titoli amministrativi abilitativi necessari allo svolgimento dell'attività imprenditoriale convenuta non determina la nullità del contratto per difetto di causa, ma dà luogo alla responsabilità del locatore solo nel caso in cui lo stesso abbia assunto l'impegno di conseguire detti titoli, ovvero se il loro ottenimento sia reso definitivamente impossibile in ragione delle caratteristiche intrinseche del bene concesso in godimento (Cass. III, n. 20796/2018).

In un contratto di affitto di fondo rustico, è nulla, per indeterminatezza dell'oggetto, la clausola che genericamente autorizza l'affittuario all'esecuzione di tutti i miglioramenti del fondo ritenuti opportuni, perché, in quanto volta a regolare l'oggetto dell'obbligazione contrattuale di pagamento dell'indennità per i miglioramenti (autorizzati), soggiace ai principi generali dell'art. 1346 c.c., secondo i quali l'oggetto dev'essere sempre determinato o determinabile (oltre che lecito e possibile: Cass. III, n. 10309/2024).

Il conferimento di un incarico professionale relativo ad ottenere il certificato di abitabilità, ove emerga l'esistenza pregressa di quest'ultimo, è nullo per difetto di causa, non essendo all'uopo consentito al giudice ordinario disapplicare il provvedimento amministrativo, ove illegittimo, in quanto tale potere è limitato ai casi in cui esso sia la fonte del diritto contestato (Cass. II, n. 9455/2023).

Il contratto stipulato tra privati per il mantenimento di un familiare bisognoso di prestazioni assistenziali presso una struttura residenziale adeguata (nella specie, per il pagamento della retta per la degenza di un'anziana non autosufficiente) non è nullo per difetto di causa, non essendo diretto all'erogazione, in forma esclusiva o prevalente, di prestazioni sanitarie da ritenere a carico del servizio sanitario nazionale e, pertanto, oggetto di un negozio privo di concreta funzione economica (Cass. III, n. 17234/2017).

Lo schema contrattuale del sale and lease back è, in linea di massima ed almeno in astratto, valido, in quanto contratto d'impresa socialmente tipico, ferma la necessità di verificare, caso per caso, l'assenza di elementi patologici, sintomatici di un contratto di finanziamento assistito da una vendita in funzione di garanzia, volto ad aggirare, con intento fraudolento, il divieto di patto commissorio e, pertanto, sanzionabile, per illiceità della causa, con la nullità, ex art. 1344 c.c., in relazione all'art. 1418, comma 2, c.c. (cfr. Cass. I, n. 13305/2018, per la quale l'accertamento del carattere fittizio di tale contratto, per la presenza di indizi sintomatici di un'anomalia nello schema causale socialmente tipico, come l'esistenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l'impresa venditrice utilizzatrice, le difficoltà economiche di quest'ultima, la sproporzione tra il valore del bene trasferito ed il corrispettivo versato dall'acquirente, costituisce un'indagine di fatto, insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente e correttamente motivata).

In tema di mutuo fondiario, il limite di finanziabilità ex art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 385/1993, è elemento essenziale del contenuto del contratto ed il suo mancato rispetto determinerà la nullità di esso; resta, peraltro, salva la possibilità della sua conversione in ordinario finanziamento ipotecario qualora, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto e all'intento pratico perseguito dalle parti, emerge che il conseguimento dei particolari «vantaggi fondiari» dell'operazione (Cass. I, n. 11201/2018).

I contratti di conferimento di incarico professionale stipulati da un organismo di diritto pubblico sono atti di diritto privato per i quali, ai sensi degli artt. 16 e 17 r.d. n. 2440/1923, è prevista la forma scritta, non surrogabile con fatti concludenti, manifestazioni tacite di volontà o comportamenti attuativi, la cui mancanza ne determina la nullità (Cass. sez. lav., n. 15645/2018).

Va dichiarata la nullità del patto di non concorrenza post contrattuale per indeterminabilità ex ante del compenso pattuito quale corrispettivo della limitazione d'attività posta a carico del lavoratore per il periodo successivo alla cessazione del rapporto. A tale riguardo, occorre evidenziare che l'art. 2125 c.c. prevede che il patto con il quale si limita lo svolgimento dell'attività del prestatore di lavoro, per il tempo successivo alla cessazione del contratto, è nullo se non risulta da atto scritto, se non è pattuito un corrispettivo a favore del prestatore di lavoro e se il vincolo non è contenuto entro determinati limiti di oggetto, di tempo e di luogo. Ciò perché il patto di non concorrenza, anche se stipulato contestualmente al contratto di lavoro subordinato, è pienamente autonomo, rispetto a quest'ultimo, sotto il profilo causale, con la conseguenza che il corrispettivo in esso stabilito, essendo diverso e distinto dalla retribuzione, deve possedere soltanto i requisiti richiesti, in via generale, per l'oggetto della prestazione dall'art. 1346 c.c. in relazione al successivo art. 1418 c.c. ed, in particolare, il requisito della determinatezza o della determinabilità. Pertanto la previsione di un compenso commisurato ad una percentuale della retribuzione mensile e da erogarsi con la medesima periodicità di questa, in mancanza di una espressa previsione di un congruo livello minimo del corrispettivo, non risponde al requisito di determinabilità imposto dagli artt. 1346 e 2125 c.c. (Trib. Perugia sez. lav., 10 ottobre 2018, n. 369)

Altre ipotesi di nullità previste dalla legge

Il contratto è nullo, infine, negli altri casi stabiliti dalla legge, ossia quando vi sono previsioni che sanzionano espressamente con la nullità la carenza di alcuni requisiti del negozio giuridico.

Ad esempio, in tema di locazione immobiliare ad uso abitativo, la nullità prevista dall'art. 13, comma 1 l. n. 431/1998 sanziona esclusivamente il patto occulto di maggiorazione del canone, oggetto di un procedimento simulatorio, mentre resta valido il contratto registrato e resta dovuto il canone apparente ed il patto occulto, in quanto nullo, non è sanato dalla registrazione tardiva, fatto extranegoziale inidoneo ad influire sulla validità civilistica (Cass. III, n. 20881/2018).

Sempre di recente, si è ritenuto che la nullità da cui sono affetti, ex art. 40, comma 2, l. n. 47/1985, gli atti di trasferimento di edifici privi dell'indicazione degli estremi della licenza o concessione «ad aedificandum» (rilasciata eventualmente in sanatoria) ovvero, in mancanza, dell'allegazione della domanda di sanatoria corredata dalla prova dell'avvenuto pagamento delle prime due rate dell'oblazione edilizia, ha carattere assoluto e, conseguentemente, è rilevabile d'ufficio, nonché deducibile da chiunque vi abbia interesse (Cass. II, n. 23541/2017).

Diversamente, si è precisato, sempre in sede di legittimità, che la violazione del divieto previsto dall'art. 107 TFUE in tema di aiuti concessi dagli Stati membri alle imprese, idonei a falsare o minacciare di falsare la concorrenza nel mercato interno dell'Unione, non determina la nullità dei contratti che ne costituiscono attuazione, essendo il detto divieto rivolto esclusivamente ai singoli Stati membri, che sono parimenti gli unici destinatari dei rimedi previsti da detto ordinamento per contrastarne la violazione (Cass. I, n. 10303/2018)..

Bibliografia

Albanese, Non tutto ciò che è «virtuale» è razionale: riflessioni sulla nullità del contratto, in Europa e dir. priv., 2012, n. 2, 503; Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Diritto civile, 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; D'Amico, Nullità non testuale, in Enc. dir. (Annali), Milano, 2011, IV, 825; De Nova, Conversione del negozio nullo, in Enc. giur., Roma, 1988; Irti, La nullità come sanzione civile, in Contr. e impr., 1987, 543; Mantovani, La nullità e il contratto nullo, Tratt. contr., a cura di Roppo, IV, Rimedi - 1, a cura di Gentili, Milano 2006; Passagnoli, Nullità speciali, Milano, 1995; Russo, Profili evolutivi della nullità contrattuale, Napoli 2008; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1989; Scalisi, Il contratto in trasformazione. Invalidità e inefficacia nella transizione al diritto europeo, Milano, 2011; Tommasini, Nullità (dir. priv.), in Enc. dir., XXVIII (Milano, 1978), 509; Trimarchi, Appunti sull'invalidità del negozio giuridico, Temi, 1955, 200 ss.; Villa, Contratto e violazione di norme imperative, Milano, 1993

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