Codice Civile art. 1444 - Convalida.Convalida. [I]. Il contratto annullabile può essere convalidato dal contraente al quale spetta l'azione di annullamento, mediante un atto che contenga la menzione del contratto e del motivo di annullabilità, e la dichiarazione che s'intende convalidarlo [184]. [II]. Il contratto è pure convalidato, se il contraente al quale spettava l'azione di annullamento vi ha dato volontariamente esecuzione conoscendo il motivo di annullabilità [1234 2]. [III]. La convalida non ha effetto, se chi l'esegue non è in condizione di concludere validamente il contratto [1425]. InquadramentoL'istituto della convalida del negozio annullabile deve essere ricondotto ad una finalità di recupero dell'atto invalido. Infatti, alla precarietà del negozio annullabile la legge pone rimedio, legittimando la parte che ha partecipato al contratto, pur non essendo in grado di autodeterminarsi con piena consapevolezza e libertà, o che avrebbe dovuto parteciparvi, ad esprimere, in alternativa al potere di annullamento, una valutazione positiva di adeguatezza di quel regolamento contrattuale ai suoi attuali interessi, fissando definitivamente il valore impegnativo della regola negoziale e stabilizzando quindi gli effetti derivanti dal contratto annullabile (Roppo, in Tr. I.Z., 2001, 850). La convalida non è un negozio abdicativo e, quindi, non si identifica con la perdita del diritto di annullamento (così invece Cariota Ferrara, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli, 1945, 340,) che è invece solo uno dei suoi effetti (Bianca, 636; Piazza, 1), ma, piuttosto, ne costituisce una conferma. Un primo orientamento attribuisce alla convalida una valenza integrativa o eliminativa del negozio viziato. Si tratterebbe, cioè, di una forma di sanatoria che si attua attraverso un negozio integrativo e avente valenza complementare rispetto al negozio suscettibile di annullamento, con il quale la convalida si collegherebbe nel quadro di una sorta di fattispecie a formazione progressiva (Santoro Passarelli, 217) ovvero in termini di eliminazione dei vizi dell'atto (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 572). Questa impostazione presuppone che la convalida intervenga su una fattispecie imperfetta, determinandone la sanatoria con efficacia ex tunc (Giacobbe, 491). Secondo altro orientamento, invece, il negozio annullabile costituisce una fattispecie completa, poiché il contratto annullabile, ancorché viziato, è tuttavia produttivo di effetti giuridici. Ne consegue che non vi è spazio per negozi integrativi o eliminativi con effetti di sanatoria, destinati invece a fattispecie non perfette. Pur negandosi la funzione abdicativa, la convalida non integra né elimina i vizi del contratto annullabile, del quale non viene modificato il contenuto né gli effetti; piuttosto essa opera all'esterno di tale fattispecie contrattuale, apportando all'effetto già prodotto da quest'atto il valore aggiunto della certezza giuridica (Piazza, 2; Messineo, 483; Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, 848), senza peraltro sanare il vizio rimuovendolo dalla fattispecie ormai venuta ad esistenza, che, per questa ragione, non è più modificabile. Sicché essa non ha efficacia retroattiva (Piazza, 3; Ferri, Convalida, conferma e sanatoria del negozio giuridico, in Dig. civ., 1989, 346). L'interesse del convalidante, allora, non sarebbe quello al conseguimento degli effetti del negozio annullabile, effetti che si sono già verificati, seppure in via interinale, bensì quello di fissare definitivamente il valore impegnativo dell'atto ed eliminare la situazione di incertezza in ordine alla persistenza giuridica delle obbligazioni contrattualmente stabilite. Pertanto, la convalida opererebbe l'aggiunta di una qualifica formale di ineliminabilità ad un negozio che, in suo difetto, sarebbe assoggettabile ad una vicenda ablativa per volontà unilaterale (Piazza, 2; Bianca, 636). Solo in questo limitato senso, la convalida può essere qualificata come negozio accessorio e di secondo grado, volto a tenere fermi e definitivi gli effetti del negozio annullabile (Bianca, 636). La convalida presuppone anche che non sia più operante il vizio che ha determinato l'annullabilità e deve provenire da soggetto capace (Messineo, 483; contra Ferri, cit., 347, che, affermandone la natura di atto giuridico in senso stretto, ritiene sufficiente che colui che effettua la convalida abbia la capacità d'intendere e di volere, essendo necessaria la volontà dell'atto e non anche dei suoi effetti). Ogni vizio della convalida è causa di nullità della stessa, argomentando dal comma 3 della norma in esame (Fedele, Comm. D'Amelio, IV, 1, 755). Secondo la giurisprudenza, la convalida, sia essa espressa o tacita, ha natura negoziale e si sostanzia in una rinunzia al diritto o all'azione di annullamento (Cass. III, n. 5794/2017; Cass. I, n. 272/2004). L'accertamento della sussistenza di un errore in quantitate, idoneo a valere come ragione invalidante del contratto, costituisce valutazione di merito, non sindacabile in sede di legittimità (Cass. III, n. 2029/1982); per la sua validità è necessaria, quindi, la stessa capacità richiesta per l'atto da convalidare (Cass. I, n. 5983/1986). L'azione di annullamento non può essere oggetto di rinuncia preventiva; pertanto, non è neppure astrattamente configurabile una convalida preventiva e generalizzata rispetto a negozi futuri, i cui motivi di annullabilità non sono ancora venuti ad esistenza — e quindi non possono nemmeno essere conosciuti — al momento dell'accordo (Cass. I, n. 272/2004). Non può darsi convalida di un contratto nullo (Cass. sez. lav., n. 8483/1991) I soggetti legittimati alla convalidaLegittimato a convalidare il contratto annullabile è il contraente al quale spetta l'azione di annullamento, ossia il soggetto incapace, caduto in errore o che abbia subito la violenza o il dolo, purché sia venuta meno la situazione di incapacità, di ignoranza o di soggezione alla violenza, posto che la convalida non ha effetto se chi l'esegue non è in condizione di concludere validamente il contratto. Si ritiene legittimato alla convalida anche chi non riveste formalmente la qualifica di contraente, purché si tratti del soggetto che può disporre dell'interesse regolato nel contratto, come il coniuge in regime di comunione legale che non abbia partecipato all'atto o il rappresentato nel contratto concluso dal rappresentante in conflitto d'interessi. Nel caso in cui l'annullabilità riguardi una parte plurisoggettiva, la legittimazione alla convalida spetta individualmente a ciascun soggetto il quale sia stato personalmente colpito dalla causa di annullamento. Se, invece, la causa di annullamento riguarda tutti insieme i soggetti componenti della parte complessa, o concerne un unico interesse ad essi comune, la convalida dovrà necessariamente essere posta in essere congiuntamente da tutti (Piazza, 4). Con riferimento alla legittimazione alla convalida nel contratto plurilaterale annullabile, è sufficiente la convalida proveniente dalla sola parte il cui vincolo di partecipazione al contratto, compromesso dall'annullabilità, non debba considerarsi essenziale, con effetti parziali sul complessivo regolamento negoziale. La stipulazione di un contratto da parte del presidente della Provincia o del sindaco del Comune non preceduta dalla delibera consiliare che l'autorizzi ne comporta l'invalidità, rilevabile, peraltro (come di regola nei contratti ad evidenza pubblica degli enti territoriali) solo su azione o eccezione dell'ente stesso, spettando soltanto ad esso la legittimazione ad una eventuale convalida dell'atto ai sensi dell'art. 1444 c.c. (Cass. I, n. 19617/2004; Cass. I, n. 2842/1996) La convalida nel caso di annullabilità assolutaLa convalida non è ammessa qualora si tratti di fattispecie di annullabilità rilevabili da chiunque vi abbia interesse, e in specie nel caso di annullamento per interdizione legale, ovvero qualora la legittimazione all'impugnazione sia estesa anche a determinate categorie di terzi e/o al pubblico ministero. E ciò perché, in questi casi, l'annullabilità è prevista in funzione della tutela di interessi che esorbitano quelli delle parti (Piazza, 3), a prescindere dalla difficoltà tecnica di ottenere la dichiarazione di convalida da parte di tutti i legittimati, sicché, nonostante la valutazione di conformità degli interessi regolati proveniente da alcuno di essi, il negozio sarebbe comunque esposto all'impugnativa degli altri legittimati. Secondo altra prospettazione occorre distinguere in base all'esistenza in vita del soggetto incapace: finché questi sia vivo, la convalida vale al più come rinuncia all'azione, ferma restando l'impugnazione del negozio da parte degli altri aventi diritto; con la sua morte, tuttavia, l'ambito dei legittimati alla convalida potrà essere circoscritto in base alla posizione che gli interessati sopravvissuti occupano rispetto al bene sul quale l'annullamento verrebbe ad incidere, seguendo un criterio analogo a quello in base al quale si stabilisce chi sia legittimato a confermare la donazione nulla voluta dal defunto (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 503). Anche la giurisprudenza ha recentemente sostenuto che il negozio affetto da annullabilità assoluta non è convalidabile giacché, da un lato, la convalida dovrebbe provenire da tutti i soggetti legittimati a far valere l'annullabilità e, dall'altro, la sanzione è finalizzata alla tutela di interessi di natura diversa e trascendenti da quelli meramente individuali dei contraenti (Cass. II, n. 15268/2017) La convalida espressaSi ha convalida espressa (prevista dal comma 1 della norma in esame) quando la parte manifesta la volontà di confermare il contratto attraverso un'apposita dichiarazione. Nel suo schema legale tipico la convalida si configura, pertanto, come atto negoziale unilaterale non recettizio (Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, 848; Bianca, 635; Piazza, 3; contra Messineo, 483). Essa non incide sfavorevolmente nella sfera giuridica di soggetti estranei al suo autore, anche quando il suo effetto riflesso riguarda la controparte del contratto annullabile (Giampiccolo, La dichiarazione recettizia, Milano, 1959, 94), il cui eventuale interesse contrario al consolidamento del rapporto claudicante non appare meritevole di protezione giuridica. La dichiarazione, per un verso, deve fare menzione del contratto annullabile e del motivo di annullamento e, per altro verso, deve esprimere la specifica volontà di convalidarlo. In particolare, i motivi di annullabilità devono essere specificamente indicati: non è sufficiente un riferimento generico a non meglio precisati motivi di annullabilità. In presenza di più motivi di annullabilità, la convalida che ne menzioni solo uno non sana il contratto: in tal caso, però, in base al principio di correttezza, il convalidante non potrebbe porre in essere comportamenti diretti ad approfittare della situazione di incertezza venutasi a creare (Roppo, in Tr. I.Z., 2001, 851). In ordine alla necessità della forma scritta, la questione risente del dibattito sull'attribuzione alla convalida di una rilevanza esterna stabilizzante o di una veste integrativa o eliminativa dell'atto annullabile. Secondo l'opinione prevalente, la convalida è un atto a forma libera, quand'anche il negozio annullabile esiga una forma solenne. Tanto è desunto dalla circostanza che è ammissibile anche una convalida tacita (Bianca, 637; Galgano, in Tr. C. M., 1988, 301; Piazza, 3; Roppo, cit., 851). In senso contrario, altra tesi sostiene che, analogamente al disposto dell'art. 1399 c.c., al negozio di convalida si comunica il vincolo formale del contratto annullabile (Santoro Passarelli, 258, secondo cui la norma in esame, parlando di «un atto che contenga la menzione...», parrebbe presupporre un documento avente forma scritta; Scognamiglio, Contratti in generale, in Tr. G. S.-P., Milano, 1980, 244). La convalida da parte del rappresentante legale del contratto concluso dall'incapace di agire richiede l'autorizzazione del giudice tutelare, se necessaria per il contratto da convalidare (Tamponi, 62). Secondo la giurisprudenza, la convalida dei contratti annullabili mediante conferma espressa consiste in un atto contenente la menzione del negozio annullabile, della causa di invalidità e del proposito di convalidarlo (Cass. I, n. 3553/1979) e non deve essere indispensabilmente compiuta per iscritto (Cass. II, n. 1867/1967), né richiede l'impiego di formule sacramentali (Cass. n. 1768/1959). I requisiti previsti dal comma 1 della norma in esame trovano applicazione anche nel caso di conferma di un testamento invalido (Cass. II, n. 17392/2017) La convalida parzialeLa convalida parziale espressa può realizzarsi in due diverse fattispecie: nella convalida parziale in senso soggettivo si riscontra la presenza di più titolari dell'azione di annullamento (come nel caso di più comproprietari che abbiano alienato pro quota), dei quali solo alcuni intendono convalidare il negozio; nella convalida parziale in senso oggettivo la volontà confermativa si riferisce soltanto ad una parte del contenuto contrattuale. In ordine alla convalida parziale in senso soggettivo non vi sono ostacoli alla sua ammissibilità, purché sia seguito il criterio discriminante dell'essenzialità del vincolo indicato dall'art. 1446 c.c. per i contratti plurilaterali (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 504). In particolare, è necessario distinguere a seconda che i legittimati all'annullamento formino o non una parte plurisoggettiva, costituiscano cioè un centro unitario di interessi, al cui regolamento sia funzionalmente rivolto il contratto annullabile. Qualora manchi una parte complessa, ciascuno dei legittimati può convalidare il contratto, tramite un atto che impedirà, però, anche agli altri legittimati di chiedere l'annullamento solo nel caso in cui il convalidante rivesta la posizione di parte essenziale del negozio convalidato (Piazza, 105; contra Galgano, Il negozio giuridico, Tr. C.M., III, 2, 300, secondo cui la convalida in qualsiasi caso potrebbe avere effetto sanante solo se proveniente da tutti i legittimati all'azione). La convalida proveniente da una parte non avente ruolo essenziale, invece, impedirebbe a quest'ultima di agire per l'annullamento e di ottenere la restituzione della prestazione eventualmente eseguita, ma lascerebbe impregiudicata la posizione degli altri contraenti (alla medesima conclusione si perverrebbe anche aderendo alla tesi della convalida come rinuncia all'azione di annullamento). In caso di parte soggettivamente complessa, poi, la legittimazione alla convalida sarà comunque individuale qualora il vizio causa dell'annullabilità riguardi esclusivamente una o più parti determinate, mentre la convalida avrà effetto solo se proveniente da tutti i compartecipi quando il vizio riguardi il centro unitario di interessi sotteso alla stipulazione del negozio (Roppo, cit., 851; Marini, Il contratto annullabile, in Tr. Bes., IV, 416 ss.; contra Iudica, Impugnative contrattuali e pluralità di interessati, 33, secondo cui la convalida proveniente da uno solo dei membri della parte complessa, valendo come rinuncia all'azione, avrebbe effetto pro quota). In ogni caso, la convalida presuppone che il contratto sia perfetto (pur se invalido); tale non è quello concluso soltanto da alcuni dei contitolari del diritto di cui si dispone, contratto che conseguentemente non produce effetti nei confronti degli altri contitolari (Cass. II, n. 601/1999). Quanto alla convalida parziale relativa all'oggetto, configurabile qualora quest'ultimo sia divisibile, è possibile manifestare una volontà negoziale volta a confermare solo una parte del contenuto negoziale, ma in questo caso dovrà farsi riferimento al criterio discriminante dell'art. 1419 c.c., ossia occorrerà valutare se l'altra parte avrebbe ugualmente concluso il contratto senza la parte non convalidata (Fedele, 270). E questo anche se la convalida parziale, nel momento in cui consente alla parte convalidata di assumere efficacia definitiva, lascia comunque impregiudicata (salvo il rispetto del principio di buona fede) ogni valutazione in ordine alla convalida o all'impugnazione della parte non presa in considerazione (Marini, cit., 418) La convalida tacitaLa convalida tacita si realizza mediante l'esecuzione volontaria del negozio annullabile da parte di chi potrebbe chiederne l'annullamento. L'ipotesi paradigmatica ricorre quando il debitore dia volontaria esecuzione alla prestazione derivante dal contratto annullabile, ma si riconosce efficacia convalidante anche all'accettazione da parte del contraente creditore della prestazione dovutagli in base al contratto impugnabile, nonché ad ogni condotta di cooperazione o di impulso all'altrui adempimento ed, in genere, ad ogni attività, materiale o immateriale, proveniente dal soggetto legittimato alla convalida, che attui l'assetto d'interessi programmato nel contratto (es., il compimento di un atto di disposizione materiale e giuridica di un bene acquistato), valutata in base ai principi in materia di comportamenti concludenti, e cioè nei limiti della sua incompatibilità con la volontà di chiedere l'annullamento (Piazza, 5). Il concetto di esecuzione volontaria comprende, quindi, sia l'adempimento degli obblighi che l'esercizio dei diritti nascenti dal contratto. In particolare, l'adempimento dei primi ha funzione convalidante anche se effettuato da un terzo dietro specifico incarico dell'interessato (Piazza, 5). In dottrina si è sostenuto che la sostituzione giurisprudenziale del fatto concludente all'esecuzione sanante, pur criticabile, sarebbe derivata dall'esigenza di escogitare un correttivo all'eccessiva lunghezza del termine di proposizione dell'azione di annullamento (Sacco, De Nova, in Tr. Res., 1988, 504). Secondo la tesi prevalente, il comportamento non dichiarativo di esecuzione del contratto annullabile esige la sola conoscenza dei vizi da cui è affetto. Pertanto, diversamente dalla convalida espressa, nel suo schema legale tipico la convalida tacita si configura come atto giuridico in senso stretto (Piazza, 5; Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, 848); è sufficiente la mera volontà del comportamento, ma non è altresì necessaria la consapevolezza del significato del comportamento tenuto, in quanto ciò che conta è il significato socialmente valutabile di detto contegno (Bianca, 638). In giurisprudenza si è sostenuto che l'esecuzione volontaria, che dà luogo alla convalida tacita del contratto annullabile, consiste in un comportamento negoziale, il quale si risolve in un'attività che, tendendo a realizzare la situazione che si sarebbe dovuta determinare per effetto del negozio annullabile, presuppone per implicito una volontà incompatibile con quella di chiedere l'annullamento. Elemento rivelatore della volontà di convalidare il contratto può essere qualsiasi comportamento attinente all'esecuzione del contratto, cioè non soltanto quello di stretto adempimento proprio del soggetto passivo di un'obbligazione nascente dal contratto stesso, ma anche quello posto in essere dalla controparte di accettazione ed adesione alla prestazione dell'obbligato (Cass. III, n. 4441/2001; Cass. I, n. 1556/1966). La conoscenza della causa di annullabilità da parte dell'interessato deve investire non solo il vizio invalidante ma anche la norma che quel vizio prevede; inoltre, gli atti di esecuzione devono essere inequivocabilmente incompatibili con la volontà di richiedere l'annullamento (Cass. I, n. 3553/1979, secondo cui non costituisce convalida tacita la dichiarazione espressa di una parte di non voler pregiudicare un procedimento in corso e diretto a conseguire l'annullamento; Cass. III, n. 2738/1970; Cass. III, n. 1197/1969). La convalida tacita del contratto non è integrata dalla mera richiesta, formulata dalla parte che avrebbe titolo a domandare l'annullamento, di eliminazione della situazione costituente l'oggetto del vizio del suo consenso (Cass. III, n. 18502/2012). La conoscenza del motivo di annullabilità va desunta dal comportamento complessivo dell'agente (Cass. III, n. 2738/1970); non è escluso l'impiego di presunzioni (Cass. n. 480/1956). In ogni caso, l'intervenuta convalida tacita del contratto annullabile non è rilevabile d'ufficio, formando oggetto di un'eccezione di merito in senso stretto: la stessa, invero, non si pone come l'effetto automatico di una previsione di legge, ma si ricollega ad una manifestazione di volontà della parte (Cass. III, n. 5794/2017). La convalida tacita, infine, può riguardare anche i contratti conclusi con la P.A.: infatti, il contratto può essere convalidato tutte le volte in cui l'amministrazione, che conosceva o doveva conoscere la causa d'invalidità ed alla quale spettava l'azione di annullamento, vi abbia dato volontariamente esecuzione (Cass. I, n. 13296/2012) L'esecuzione parzialeDiversamente dal c.c. del 1865, che regolava la convalida tacita del contratto annullabile con criterio formalistico, perché considerava efficace, oltre all'esecuzione totale, l'esecuzione della maggior parte dell'obbligazione, l'attuale formulazione della norma rimette alla discrezionalità del giudice la valutazione del significato di un'esecuzione parziale, anche di una parte minima, purché per l'importanza sostanziale che riveste essa contenga ed esprima la volontà di convalidare il contratto. Tale soluzione, pacifica in giurisprudenza, aderisce all'esplicita segnalazione fatta nella Relazione al re (Piazza, 5). In giurisprudenza si è, infatti, affermato che, in caso di esecuzione parziale, la valutazione è rimessa alla discrezione del giudice (Cass. I, n. 1531/1964). Inoltre, qualora dal negozio annullabile derivino effetti complessi, in parte favorevoli ed in parte svantaggiosi per ciascuna delle parti, l'iniziativa assunta da una di esse per la realizzazione del programma negoziale negli aspetti a sé favorevoli comporta la convalida dell'intero negozio solo se, in relazione alla rilevanza che detti profili assumono nell'assetto di interessi complessivamente concordato dalle parti, il comportamento tenuto dalla parte interessata all'annullamento risulti idoneo ad evidenziare la sua volontà di considerare il negozio vincolante anche negli aspetti residui, trovando applicazione il principio secondo il quale il vizio che colpisce una parte del contratto comporta la caducazione dell'intero negozio solo se risulta che le parti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto affetta da invalidità (Cass. I, n. 15393/2013; Cass. II, n. 5860/1981).. 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