Codice Civile art. 1328 - Revoca della proposta e dell'accettazione.

Gian Andrea Chiesi

Revoca della proposta e dell'accettazione.

[I]. La proposta può essere revocata finché il contratto non sia concluso [1326 1]. Tuttavia, se l'accettante ne ha intrapreso in buona fede l'esecuzione prima di avere notizia della revoca, il proponente è tenuto a indennizzarlo delle spese e delle perdite subite per l'iniziata esecuzione del contratto [1337].

[II]. L'accettazione può essere revocata, purché la revoca giunga a conoscenza del proponente prima dell'accettazione [1326 2, 1335].

Inquadramento

Fino al momento in cui il contratto non è concluso, proponente ed oblato conservano intatta la propria autonomia negoziale, nel senso che possono procedere alla revoca di proposta ed accettazione: trattasi del contrarius actus rispetto a proposta ed accettazione e, conseguentemente, di quelle condivide natura giuridica e forma (ma sul punto si rinvia funditus, ai paragrafi che seguono).

Come per gli atti su cui va ad incidere, anche per la revoca di proposta ed accettazione la dottrina ha indagato sulla relativa natura, oscillandosi tra chi ritiene essersi in presenza di un atto avente natura negoziale (Carresi, 759; Mirabelli, 68) e chi, diversamente, opta per la natura di atto giuridico in senso stretto (Scognamiglio, 123). È invece pacifica la natura recettizia della revoca, tanto della proposta quanto dell'accettazione, precisandosi a tale proposito che la revoca della proposta opera, altresì, quale causa di estinzione del potere di accettazione da parte dell'oblato, con efficacia ex tunc (Carresi, 758).

La giurisprudenza di legittimità individua nella revoca un atto negoziale unilaterale recettizio (Cass. II, n. 6323/2000), anche tenendo conto della formula chiara dell'art. 1135 c.c., per cui la proposta, l'accettazione, la loro revoca e ogni altra dichiarazione diretta a una determinata persona si reputano conosciute nel momento in cui giungono all'indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia (cfr. funditus infra, al § 2)

La revoca della proposta

La proposta può essere revocata «finché il contratto non sia concluso» e, quindi, finché: a) non sia giunta al proponente notizia dell'accettazione da parte dell'oblato (cfr. art. 1326, comma 1 c.c.); b) il destinatario non abbia iniziato l'esecuzione della prestazione richiestagli, nei casi in cui ciò sia ammesso dall'art. 1327 c.c. La formula ellittica usata dal legislatore si spiega proprio in considerazione della circostanza che il procedimento di formazione del contratto non segue sempre lo schema ordinario disegnato dall'art. 1326 c.c. «atteso che vi sono casi in cui il contratto si perfeziona presso il destinatario della proposta, con una accettazione espressa re, anziché verbis» (cfr. Atti della Commissione delle assemblee legislative, verbale 8, 117). Ove si tratti, poi, di contratto con obbligazioni a carico del solo proponente (cfr. art. 1333 c.c.), la revoca della proposta può intervenire solo se la revoca giunga a conoscenza del destinatario prima della proposta medesima.

La revocabilità costituisce un requisito essenziale della proposta (Benedetti, 95), pur non rappresentandone un requisito indefettibile, stante la presenza di fattispecie in cui la proposta non è assistita dal detto predicato (cfr. l'art. 1329 c.c.); a seguito del suo esercizio, il proponente riacquista la propria piena libertà contrattuale, pur essendo evidente come tale risultato spesso consegua anche ad attività non necessariamente implicanti una manifestazione di volontà nei termini in questione: tale è il caso di una accettazione non conforme alla proposta — la quale, equivalendo ad una nuova proposta, libera il proponente e lo «trasforma» in oblato, senza che occorra revocare la propria originaria proposta — ovvero di rifiuto della proposta da parte dell'originario oblato — salvo che si dimostri la perdurante volontà di tenere ferma la proposta, anche dopo il rifiuto dell'accettazione (Cass. II, n. 6891/1983).

Ancora diverso, poi, è il caso che si verifica allorché, senza ritrattare la proposta precedente, siano proposte nuove clausole e modalità attuative: si ritiene che, in tale evenienza, la revoca della prima proposta possa ritenersi implicita ove le nuove clausole proposte siano incompatibili con quelle contenute nella proposta originaria e siano poste come condizione inderogabile per il perfezionamento del contratto (App. Firenze 20 settembre 1950).

Più discussa, invece, è l'ipotesi di revoca tacita o per facta concludentia, conseguente all'aver intrapreso nuove trattative con altra controparte contrattuale: in senso favorevole, in giurisprudenza, Trib. Napoli 23 dicembre 1971, sebbene, però, l'orientamento contrario sia quello propugnato in sede di legittimità da Cass. II, n. 725/1957. Il tema si intreccia, inevitabilmente, con quello concernente la revoca di una proposta che attenga ad un contratto che esige la forma scritta ad substantiam: in tale evenienza la giurisprudenza è invece consolidata nel senso di escludere che la revoca debba rivestire la medesima forma scritta, potendo essa esprimersi anche verbalmente, purché in modo idoneo a giungere a conoscenza dell'altra parte (Cass. III, n. 1198/1976. In senso conforme, Cass. II, n. 7543/2016).

Più in generale si osserva che, non essendo la revoca della proposta sottoposta a vincoli di forma, essa dovrebbe solo essere avanzata in modo tale da poter essere conosciuta dall'altra parte, salvo che le parti non abbiano concordato specificamente una forma determinata per l'adozione della revoca (Mirabelli, 70). In senso diametralmente opposto, invece, si afferma che la revoca va compiuta necessariamente in forma espressa (Carresi, 758).

Non occorre, inoltre, che il proponente alleghi alcuna motivazione o giustificazione, né che debba attendere che sia trascorso il termine ordinariamente necessario, secondo la natura dell'affare o gli usi, perché pervenga l'accettazione della controparte, giacché tale termine riguarda l'istituto — diverso da quello in esame — della caducazione automatica (senza, cioè, bisogno di alcuna revoca) della proposta (Cass. L, n. 1072/1985).

Peculiare, poi, è il caso di revoca in caso di parte proponente plurisoggettiva, relativamente ai quali si ritiene comunemente che il potere di revoca spetti a ciascuno dei soggetti facenti; nei contratti plurilaterali, invece, qualora sia intervenuta l'accettazione di una sola delle parti oblate, secondo parte della dottrina (Sacco, 229), la revoca della proposta può essere effettuata nei soli confronti di coloro che non hanno ancora accettato e solo dall'originario proponente, d'accordo con il primo accettante mentre, alla stregua di un diverso orientamento, la revoca impedirebbe il perfezionamento stesso del contratto (Mirabelli, 71).

Si distingue tradizionalmente dalla revoca della proposta, infine, il suo «ritiro»: mentre la revoca è successiva alla ricezione della proposta da parte del destinatario, il ritiro riguarda la diversa fattispecie in cui la proposta venga meno prima che l'oblato abbia avuto conoscenza della proposta medesima (Carresi, 759; Ravazzoni, 190; Galgano, 137). In altri termini, il ritiro precede la ricezione della proposta da parte del destinatario di questa, avvertendolo di non tenere in alcun conto la proposta che successivamente riceverà. Con un'evidente utilità pratica: il ritiro è, infatti, in grado di caducare gli effetti di una proposta altrimenti irrevocabile ex art. 1329 c.c.

Efficacia delle revoca della proposta: dalla spedizione o dalla ricezione?

Come chiarito in apertura, la revoca della proposta condivide con quest'ultima la natura di atto recettizio: sennonché la diversa formulazione dell'art. 1328 c.c., nei due commi di cui si compone, ha portato la dottrina e la giurisprudenza a ritenere che la revoca della proposta vada regolata in maniera diversa dalla revoca dell'accettazione e, dunque, in ultima analisi, che il connotato della recettizietà della prima debba essere ricostruito in termini dissimili da quelli cui usualmente si ricorre nella ricostruzione della teorica della revoca dell'accettazione.

In altri termini, non sarebbe il momento di arrivo della revoca all'indirizzo dell'oblato ad essere rilevante, bensì la sua spedizione nei confronti di quest'ultimo, producendo la revoca della proposta i propri effetti (demolitori) sull'efficacia di quest'ultima, purché la spedizione all'indirizzo dell'oblato avvenga prima che al proponente giunga notizia dell'accettazione da parte di quest'ultimo (Scognamiglio, 127 ss.; Ravazzoni, 194 ss.).

Conforme è la più recente giurisprudenza di legittimità, che per completezza espositiva pare opportuno richiamare: «In secondo luogo — si legge in Cass. II, n. 7543/2016 — pur rilevandosi un apparente contrasto in seno a questa Corte in ordine al momento (mera spedizione o ricezione da parte del destinatario) a partire dal quale produce effetti la revoca di una proposta contrattuale, pur riconoscendosi la natura recettizia anche di quest'ultima (al pari della revoca dell'accettazione), deve escludersi che, ai fini dell'efficacia, sia necessario che il destinatario della proposta venga a conoscenza della sua revoca prima di aver inoltrato la propria accettazione [...]. Per quanto, nel panorama di questa sezione della Corte si rinvenga un precedente isolato di segno contrario (Cass. II, n. 6323/2000), per una serie di ragioni, anche di ordine sistematico, va condiviso l'opposto orientamento senz'altro prevalente. La questione relativa alla tempestività della revoca della proposta contrattuale al fine di impedire la conclusione del contratto [...] è stata numerose volte affrontata in giurisprudenza (anche se non di recente) e risolta, come anticipato, prevalentemente nel senso che la proposta può essere revocata finché il proponente non abbia conoscenza dell'accettazione dell'altra parte e, quindi, prima che l'accettazione pervenga al suo recapito o al suo indirizzo: di conseguenza, il proponente può impedire la conclusione del contratto con la sola spedizione della revoca a prescindere dal momento in cui questa sia ricevuta dall'oblato [...]. La detta soluzione si basa essenzialmente su quanto disposto dall'art. 1328 c.c. che mentre consente la revoca della proposta «finché il contratto non sia concluso» — e, a norma dell'art. 1326 c.c., il contratto è concluso al momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell'accettazione dell'altra parte — prevede espressamente che la revoca dell'accettazione deve giungere «a conoscenza del proponente prima dell'accettazione». Pertanto [...] per la revoca della proposta vale la regola della «spedizione» e non quella della «ricezione», anche se la dichiarazione di revoca giunga all'oblato dopo il ricevimento, da parte del proponente, dell'accettazione. Autorevole parte della dottrina ha criticato il riferito orientamento giurisprudenziale, rilevando che l'argomento letterale di cui al citato art. 1328 c.c. [...] non potrebbe essere ritenuto decisivo, in quanto la detta previsione normativa dovrebbe essere valutata non isolatamente, ma nel contesto complessivo della disciplina dettata dagli artt. 1334 e 1335 c.c. [...] Tuttavia, anche a voler prescindere dal fatto che l'art. 1334 c.c. si riferisce agli atti unilaterali (come la costituzione in mora), e non già agli atti prenegoziali (quale la proposta), al riportato rilievo va replicato che: a) la revoca della proposta — pur essendo un atto recettizio — opera con effetto retroattivo fin dal momento della sua emissione e, correlativamente, da tale momento sospende l'efficacia dell'accettazione che nel frattempo dovesse pervenire al proponente; b) la recettizietà della revoca della proposta è «attenuata» producendo i suoi effetti tipici sin dall'emissione: infatti «mentre per l'efficacia della revoca dell'accettazione, la legge pone l'accento sul momento finale, per la revoca della proposta l'accento è posto sul momento iniziale [...]; c) l'adozione di due diverse formule per la revoca della proposta e per quella dell'accettazione sta a significare che il legislatore ha voluto disciplinare in modo diverso le due revoche; d) la revoca della proposta opera come causa di estinzione, con effetto ex tunc, di quel potere di accettazione sorto in capo all'oblato con la conoscenza della proposta. D'altra parte, diversamente opinando, non sarebbe possibile fornire una congrua spiegazione della previsione di indennizzo (di cui all'art. 1328 c.c., comma 1, seconda parte) solo per l'accettante (in caso di revoca della proposta) e non per il proponente (nell'ipotesi di revoca dell'accettazione). Apodittico e, comunque, contrastante con la lettera della disposizione è l'argomento secondo cui siffatta spiegazione potrebbe ravvisarsi nell'intento del legislatore di attribuire diversa «meritevolezza dell'affidamento» in quanto «mentre l'accettante può contare sulla conclusione del contratto come un risultato normale, il proponente non può fare ragionevole affidamento su tale risultato sol perché ha indirizzato all'oblato un'offerta». Da ultimo, se è vero che merita di essere tutelata la posizione del destinatario dell'atto recettizio (ossia, nella specie, dell'accettante), sussistendo in capo a quest'ultimo un affidamento qualificato sulla conclusione del contratto qualora l'accettazione sia pervenuta al proponente prima dell'arrivo all'accettante della revoca della proposta, è altrettanto vero che tale tutela è assicurata proprio dalla previsione di un indennizzo, a carico del proponente, per le spese e le eventuali perdite subite dall'oblato per l'iniziata esecuzione del contratto. In definitiva, il carattere recettizio della revoca della proposta non è incompatibile con la produzione del relativo effetto dal momento della sua emissione (indipendentemente dalla conoscenza del destinatario dell'atto), anziché solo dal momento in cui pervenga all'indirizzo dell'accettante» (in senso conforme cfr. Cass. II, n. 4489/1981; Cass. II, n. 2083/1981; Cass. II, n. 296/1969).

In senso contrario, però, altra dottrina ha invece osservato come, per essere efficace, la revoca della proposta debba giungere a conoscenza dell'oblato anteriormente alla conoscenza che il proponente abbia dell'accettazione (Carresi, 759; Messineo, 852. In senso conforme, in giurisprudenza, Cass. II, n. 6323/2000), argomentando tale conclusione anche in ragione dell'applicazione analogica della normativa uniforme sulla vendita internazionale di merci, secondo cui la revoca della proposta è efficace solo se pervenuta all'accettante prima della spedizione dell'accettazione.

In base ad un ulteriore e più risalente — ma ormai non più seguito — orientamento giurisprudenziale, infine, ciò che sarebbe rilevante, ai fini dell'efficacia della revoca della proposta, sarebbe il momento della sua emissione, la quale deve intervenire prima che il proponente abbia conoscenza dell'accettazione (Cass. II, n. 282/1972).

Gli effetti «dannosi» conseguenti alla revoca della proposta.

Nel caso disciplinato dall'art. 1327 c.c., qualora l'accettante, cioè, abbia intrapreso in buona fede l'esecuzione del contratto dopo avere inviato la propria accettazione e prima di avere conoscenza della revoca del proponente, spetta all'oblato il diritto ad un indennizzo in ordine alle spese e alle perdite subite in conseguenza dell'iniziata esecuzione. Si è chiaramente in presenza di una responsabilità da atto lecito, essendo il potere di revoca espressamente riconosciuto dall'art. 1328 c.c anche nell'ipotesi disciplinata dall'articolo immediatamente precedente, tant'è che si discorre di indennizzo e non di risarcimento.

Si è osservato in dottrina che si verserebbe in un'ipotesi di responsabilità oggettiva o senza colpa (Mirabelli, 70) e che il danno indennizzabile corrisponde alla sola voce di danno emergente, non comprendendo l'eventuale nocumento derivante dall'omessa conclusione di altri contratti (Scognamiglio, 129). Secondo una diversa ricostruzione, invece, l'art. 1328, comma 1 c.c. lascerebbe impregiudicata l'area delle ipotesi in cui la revoca della proposta costituisce l'esito di un contegno scorretto, nelle quali è possibile un giudizio da compiersi ex art. 1337 c.c. (Bigliazzi Geri, 256)

La revoca dell'accettazione

Il comma 2 dell'art. 1328 c.c. è estremamente chiaro, invece, nel legare l'efficacia della revoca dell'accettazione alla sua conoscenza, da parte del proponente, prima della conclusione del contratto e, dunque, prima della conoscenza della accettazione medesima: si è, dunque, a pieno titolo nel campo degli atti recettizi, ex artt. 1334 e 1335 c.c. Diversamente dalla revoca della proposta che, come innanzi chiarito, produce un effetto cd. «eliminativo», determinando l'interruzione del procedimento di formazione del contratto, la revoca dell'accettazione ha, al contrario, valenza cd. «impeditiva», nel senso che essa paralizza a monte l'efficacia stessa di un atto (l'accettazione, per l'appunto) che, altrimenti, diverrebbe irretrattabile.

Rispetto alla revoca dell'accettazione non trova invece applicazione, neppure in via analogica, la disciplina di cui all'art. 1328, comma 1 c.c., per il caso in cui il proponente abbia iniziato, in buona fede, l'esecuzione della propria prestazione, fidando nel perfezionamento del vincolo negoziale: è proprio il difetto di incontro dei consensi su tutti gli elementi contrattuali che porta ad escludere il riconoscimento, in suo favore, di alcunché (Cass. III, n. 1556/1955)..

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