Codice Civile art. 1331 - Opzione.Opzione. [I]. Quando le parti convengono che una di esse rimanga vincolata alla propria dichiarazione e l'altra abbia facoltà di accettarla o meno, la dichiarazione della prima si considera quale proposta irrevocabile per gli effetti previsti dall'articolo 1329. [II]. Se per l'accettazione non è stato fissato un termine, questo può essere stabilito dal giudice [1183 1]. InquadramentoL'opzione è un negozio giuridico bilaterale preparatorio, volto a rendere irrevocabile la dichiarazione di una delle parti relativa ad un contratto da concludere: le parti predispongono, cioè, il contenuto di un futuro regolamento contrattuale al contempo pattuendo che una di esse (il concedente l'opzione) manterrà ferma la propria dichiarazione mentre l'altra (il cd. opzionario) sarà libera, entro un termine che, in mancanza di fissazione convenzionale può essere stabilito dal giudice, di manifestare la propria adesione al perfezionamento del vincolo negoziale mediante l'accettazione. In sostanza, una parte si vincola verso l'altra, che ne prende atto, riservandosi la scelta (appunto, l'opzione), se accettare o no (Galgano, 138): nel caso di accettazione, il contratto finale produce effetti ex nunc (dal momento, cioè, in cui l'accettazione giunge a conoscenza del promittente) e non già dalla conclusione dell'opzione. Detto in altri termini, dal contratto di opzione sorge, in capo all'opzionario, un diritto potestativo, dal cui esercizio, mediante un atto unilaterale, discende l'instaurarsi del rapporto contrattuale definitivo; al contempo, la parte concedente l'opzione, accettando di restare vincolata alla propria dichiarazione, versa in una situazione di mera soggezione, non occorrendo alcuna condotta attiva o collaborazione, da parte sua, per la instaurazione del rapporto contrattuale definitivo. Il consenso del concedente l'opzione ha, dunque, una funzione bivalente, nel senso che, unitamente al consenso dell'oblato, (a) concorre a formare il contratto di opzione e, al contempo, (b) integra la volontà del concedente relativamente al contratto finale, non appena l'oblato manifesterà la propria accettazione. Il patto produce, per espressa scelta normativa, gli stessi effetti di una proposta irrevocabile, pur dovendosi rimarcare la grande differenza che esiste tra i due istituti, nel senso che il patto di opzione è sicuramente valido anche se non sia espressamente fissato un termine per l'accettazione da parte dell'oblato, essendo in tal caso prevista la possibilità, ex art. 1131, comma 2 c.c. di ricorrere all'intervento giudiziale per la sua determinazione. Al contrario — analogamente a quanto esposto in relazione alla proposta irrevocabile — se il titolare dell'opzione, anziché esercitare il proprio diritto ed accettare, formula una controproposta, lo speciale procedimento di conclusione del contratto regolato dall'art. 1331, comma 1 c.c. non ha luogo e, al contrario, ritorna di attualità lo schema delineato dall'art. 1326, comma 5 c.c., per cui l'originario proponente diventa a sua volta oblato (sul punto, però, cfr. infra) La natura dell'opzioneÈ pacifica in giurisprudenza la qualificazione del patto di opzione in termini di negozio giuridico bilaterale che dà luogo ad una proposta irrevocabile, cui corrisponde la facoltà di una delle parti di accettarla, configurando uno degli elementi di una fattispecie a formazione successiva, costituita inizialmente dall'accordo avente ad oggetto l'irrevocabilità della proposta e, successivamente, dall'accettazione definitiva del promissario che, saldandosi con la proposta, perfeziona il contratto (Cass. I, n. 15142/2003). L'opzione può manifestarsi sia sub specie di clausola accessoria ad un (qualsiasi) contratto (cfr. Cass. II, n. 2837/1960), sia in forma di contratto autonomo: nell'uno come nell'altro caso, però, ciò che va sottolineato è che, nel procedimento di formazione della volontà contrattuale, l'opzione rappresenta una figura autonoma, non essendo sovrapponibile né potendo essere confusa con una condicio iuris di efficacia della proposta, o con un preliminare — unilaterale o combinato con una proposta irrevocabile — né con un negozio abdicativo del potere di revoca della proposta né, ancora, con una proposta irrevocabile tout court. In termini, Cass. II, n. 4348/1999 (in senso conforme Cass. II, n. 10694/1994) per cui qualora il definitivo assetto (su base contrattuale) di interessi tra le parti non si formi immediatamente per mezzo di un unico atto, si possono prospettare tre diverse ipotesi, produttive di differenti conseguenze giuridiche: a) patto d'opzione, negozio bilaterale con cui si concorda l'irrevocabilità della dichiarazione di una delle parti relativamente ad un futuro contratto che sarà concluso con la semplice accettazione dell'altra parte (relativamente ad un regolamento negoziale interamente contemplato nel patto di opzione), la quale però rimane libera di accettare o meno detta dichiarazione, entro un certo termine; b) contratto preparatorio in senso stretto (o puntuazione), con cui i contraenti si accordano su taluni punti del futuro contratto, in occasione della cui stipula (a cui le parti non sono obbligate, così come nei casi in cui sono intercorse semplici trattative) non sarà necessario un nuovo incontro di volontà sui punti già definiti; c) contratto preliminare, diretto ad obbligare le parti (o una sola nel caso di preliminare unilaterale) a stipulare un futuro contratto. In conseguenza di tale netta distinzione, peraltro, per il passato si è ritenuto che costituisse mutamento inammissibile della domanda invocare in primo grado l'esistenza di un contratto preliminare, e chiederne l'esecuzione in forma specifica, e qualificare, invece, in appello quel contratto non come preliminare, ma come patto di opzione e invocare l'accertamento dell'avvenuto trasferimento del bene per effetto dell'esercizio del relativo diritto (Cass. II, n. 8564/2012) — tale soluzione, tuttavia, merita una parziale rivisitazione a seguito di Cass. S.U., n. 12130/2015, la quale ha chiarito che la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 c.p.c. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa, sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l'allungamento dei tempi processuali. Quanto alle differenze con il contratto preliminare, mentre nell'opzione le parti sono legate tra loro da un vincolo che fonda sulla dicotomia diritto potestativo-soggezione, nel caso del contratto preliminare, il rapporto che si instaura tra le parti è quello di credito-obbligo di concludere un futuro contratto: l'opzione si caratterizza, dunque, rispetto al preliminare, per essere non semplice promessa, ma espressione immediata e definitiva della volontà di stipula del contratto finale (Cass. L, n. 3625/1983). Rispetto, poi, al cd. contratto preliminare unilaterale, il patto di opzione ha in comune con lo stesso l'assunzione dell'obbligazione da parte di un solo contraente, ma se ne distingue per l'eventuale successivo iter della vicenda negoziale, in quanto, a differenza di quello, che è un contratto perfetto e autonomo rispetto al definitivo, l'opzione non è che uno degli elementi di una fattispecie a formazione successiva, costituita inizialmente da un accordo avente ad oggetto l'irrevocabilità della proposta e poi dall'accettazione del promissario che, saldandosi con la prima, perfeziona il contratto, sempre che venga espressa nella forma prescritta per il contratto stesso (Cass. II, n. 28762/2017): ne consegue che il nesso strumentale esistente tra contratto preliminare e quello definitivo non ha nulla in comune con il legame strutturale che intercorre tra il momento iniziale (proposta resa vincolante per accordo tra le parti) e il momento finale (accettazione) nel fenomeno della formazione progressiva del contratto in quanto nell'ipotesi del contratto preliminare unilaterale gli effetti definitivi si producono solo a seguito di un successivo incontro di dichiarazioni tra le parti contraenti, mentre nel caso dell'opzione, che contenga una proposta irrevocabile, gli effetti finali del contratto definitivo si producono in virtù della semplice dichiarazione unilaterale di accettazione della parte non obbligata (Cass. II, n. 2692/1997). A quanto precede aggiungasi, ancora, che: a) mentre la presenza degli elementi essenziali del contratto, nel preliminare, è valutata in maniera meno rigorosa, potendo costituire oggetto di successiva integrazione, non lo stesso è da dirsi con riferimento all'opzione la quale, al contrario, deve contenere tutti gli elementi essenziali del contratto, in modo da consentirne la conclusione nel momento e per effetto della semplice adesione dell'altra parte, senza necessità di ulteriori pattuizioni, (Cass. II, 18201/2004); b) il rimedio dell'art. 2932 c.c. è escluso per l'opzione. L'opzione si differenzia, ancora, dal contratto preparatorio in senso stretto (o puntuazione), per il quale in ogni caso occorre una successiva manifestazione di volontà dell'offerente. Il patto di opzione, infatti, pur rientrando nella lata categoria dei contratti preparatori in genere, va distinto dal contratto preparatorio in senso stretto, consistente in una convenzione che, insinuandosi nella formazione di un altro contratto, fissa in modo vincolativo per le parti alcune clausole e parti del contenuto di tale secondo contratto, di guisa che, se questo si concluderà, le medesime vi si inseriranno automaticamente, senza bisogno di un ulteriore consenso su di esse. Pertanto, deve qualificarsi contratto preparatorio in senso stretto, e non patto di opzione, la convenzione contenente una proposta irrevocabile di preliminare di vendita immobiliare, del quale le parti abbiano stabilito solo taluni punti fondamentali (bene oggetto della vendita e prezzo), riservando ad un successivo incontro di volontà la determinazione di altri punti, ugualmente indispensabili (modalità di pagamento del prezzo, nome dell'intestatario dell'immobile, ecc.) (Cass. II, n. 1944/1981). Divergono tra loro, ancora, opzione e prelazione, considerato che il prelazionario non ha alcuna facoltà di costituire direttamente il rapporto contrattuale finale mediante una propria manifestazione di volontà né, tantomeno, si realizza una correlativa posizione di soggezione del concedente la prelazione. Poiché l'opzione si inserisce nella struttura della formazione progressiva del contratto — che con l'accettazione da parte dell'oblato perviene alla sua definitiva conclusione — a differenza della prelazione — che conferisce solo un diritto condizionato alla stipulazione di un futuro negozio, alla cui conclusione rimane strutturalmente estranea — nella opzione è necessaria, diversamente che nella prelazione, l'obiettiva esistenza di un rapporto sostanziale che abbia, con l'accettazione dell'oblato, tutti gli elementi o almeno gli elementi essenziali per considerarsi concluso (Cass. III, n. 402/1982): in tal senso, gli elementi della prefissione del termine entro cui la facoltà di acquisto del promissario deve esercitarsi nonché del prezzo che a tal fine deve essere corrisposto sono caratteristiche essenziali del diritto di opzione e non del diritto di prelazione, che consiste invece nella promessa di preferire, nell'ipotesi di una futura vendita della cosa, a parità di prezzo e condizioni, il promissario ad ogni altro eventuale acquirente (Cass. I, n. 7/1970). Quanto, infine, alle differenze rispetto alla proposta irrevocabile, se comunemente si ritiene che anche nel caso dell'opzione l'eventuale accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova proposta, determinando la caducazione dell'offerta originaria e l'inversione della posizione delle parti (cfr. art. 1326, comma 5 c.c.), secondo altra impostazione tale effetto non si determinerebbe nell'opzione che, indipendentemente dalla presenza di un'accettazione non conforme, resterebbe comunque ferma fino alla scadenza del proprio termine di efficacia. Coerentemente si ritiene che il rifiuto da parte dell'opzionario non determinerebbe la consumazione del potere di accettare in un secondo tempo fino alla scadenza del termine fissato dal concedente l'opzione, diversamente da quanto avviene nel caso di oblato che rifiuti l'offerta La giurisprudenza di legittimità opta per una soluzione diversa, nel senso che il mancato esercizio, entro la scadenza del termine all'uopo fissato, della facoltà di accettare l'altrui proposta irrevocabile, facendo venir meno la soggezione dell'offerente al diritto potestativo del contraente cui è stata concessa l'opzione, libera definitivamente il primo, con la conseguenza che la manifestazione della volontà del secondo di aderire all'offerta, se sopravviene tardivamente, equivale ad una nuova proposta che non vincola l'originario offerente, se non in caso di accettazione da parte del medesimo. Pertanto, è ininfluente che il ritardo nell'accettazione della proposta sia solo lieve, considerato che nella fattispecie non viene in rilievo una questione di inadempimento, ma un'ipotesi di decorrenza di un termine (Cass. II, n. 15411/2013). Si evidenzia, inoltre, che l'opzione, a differenza della proposta irrevocabile, ha natura di negozio giuridico bilaterale (giacché vi sono due parti che convengono che una di essa resti vincolata dalla propria dichiarazione mentre l'altra resta libera di accettarla o meno), mentre nella proposta irrevocabile vi è una parte che avanza una proposta contrattuale ed unilateralmente si impegna a mantenerla ferma per un certo tempo. In entrambi i casi, dunque, vi è una proposta contrattuale irrevocabile ma, mentre nel primo (art. 1329 c.c.) l'irrevocabilità dipende esclusivamente dalla volontà, dall'impegno unilaterale del proponente, nel secondo (art. 1331 c.c.) la irrevocabilità dipende da una convenzione tra le parti, la cui volontà devono quindi essere espresse ed incontrarsi (Cass. II, n. 3339/1987) Caratteristiche dell'opzioneVa anzitutto chiarito che l'opzione può avere natura convenzionale, ma non solo: non mancano, infatti, applicazioni legislative dell'istituto, quali la vendita con patto di riscatto (art. 1500 c.c.), la vendita con riserva di gradimento (art. 1520 c.c.), il diritto di opzione degli azionisti sulle azioni di nuova emissione (art. 2441 c.c.) Si è già ampiamente chiarito — anche con riferimento agli effetti connessi all'inutile decorso del termine — che il patto di opzione è configurabile anche quando manchi la fissazione di un termine per l'accettazione della proposta irrevocabile in esso contenuta, giacché l'art. 1331, comma 2 c.c. espressamente contempla, in caso di mancanza del termine, l'intervento integrativo dell'autorità giudiziaria, pur non rientrandosi nell'ipotesi disciplinata dall'art. 1183 c.c., che afferisce al termine iniziale e non a quello finale. Granitica in proposito è anche la giurisprudenza, la quale esclude la rilevanza, ai fini della configurabilità del contratto di opzione, della fissazione di un termine per l'accettazione della proposta (Cass. II, n. 4901/1987). Quanto alla forma, invece, il patto con cui viene concessa l'opzione così come qualsiasi modifica concernente il contenuto del medesimo — come il termine entro il quale l'oblato può accettare la proposta, elemento costitutivo essenziale del patto di opzione — deve rivestire la medesima forma prescritta per detto negozio e provenire dalla volontà comune delle parti coinvolte, ovvero da un loro rappresentante, munito di procura generale o speciale, espressamente conferita a tal fine (Cass. II, n. 17737/2002). Così, ad esempio, si è chiarito che qualora il patto di opzione sia inerente al trasferimento di un bene immobile, la validità ed operatività della dichiarazione di accettazione del promissario postula l'atto scritto, a norma dell'art. 1350, n. 1 c.c., esclusa, quindi, ogni possibilità di ritenerla avvenuta tacitamente per facta concludentia (Cass. II, n. 3339/1987, cit.). Analogamente, la più recente Cass. II, n. 28762/2017 osserva che il patto di opzione di compravendita immobiliare impone, in forza della forma scritta richiesta ad substantiam dagli artt. 1350 e 1351 c.c., l'accordo delle parti sugli elementi essenziali del futuro contratto; in particolare, è necessario che dal documento risulti, anche attraverso il riferimento ad elementi esterni, ma idonei a consentire l'identificazione dell'immobile in modo inequivoco, se non l'indicazione dei dati catastali o delle mappe censuarie e dei confini, quantomeno che le parti abbiano inteso fare riferimento ad un bene determinato o comunque logicamente determinabile. Non è invece richiesta la specifica approvazione per iscritto, esulando la concessione dell'opzione, ancorché contenuta all'interno di condizioni generali del contratto, dal novero delle clausole onerose o vessatorie, ex artt. 1342 c.c., che postulano un negozio che abbia già completamente esaurito il suo ciclo di formazione, essendo vincolante per entrambi i contraenti (Cass. II, n. 1729/1977). Può infine convenirsi che l'opzione sia concessa verso il pagamento di un prezzo ovvero gratuitamente. In quest'ultimo caso, però, la distinzione con la proposta unilaterale diventa di carattere meramente interpretativo e nel dubbio, si ritiene che dovrebbe ammettersi, ex art. 1371 c.c., un'interpretazione che, privilegiando la soluzione meno gravosa per l'obbligato, riconduca la fattispecie all'art. 1329 c.c. (Gorla, 224). Si osserva in proposito, infatti, che l'opzione costituisce un contratto essenzialmente oneroso (Sacco, 92), prevedendosi che la soggezione del concedente sia remunerata mediante il riconoscimento in suo favore di un compenso (cd. premio): con la conseguenza che l'art. 1331 dovrebbe trovare applicazione sostanzialmente con riferimento alle clausole di irrevocabilità con la previsione di una contropartita. La differenza tra opzione a titolo gratuito ed a titolo oneroso assume rilevanza, inoltre, allorché tra la concessione dell'opzione e l'accettazione dell'oblato la prestazione del concedente diventi eccessivamente onerosa. In dottrina si ritiene che la soluzione dipenda dalla natura sinallagmatica o meno (e, dunque, di contratto con obbligazioni a carico del solo proponente) del contratto che l'esercizio del diritto opzione è destinato a concludere: solo nel primo caso, infatti, può essere chiesta la risoluzione del patto, mentre nel secondo può invocarsi la riduzione della prestazione o la riconduzione del patto ad equità (Sacco, 99). Altro orientamento ritiene, al contrario, che l'azione di risoluzione ex art. 1468 c.c. sia inesperibile rispetto all'opzione, potendo essere proposta unicamente nei confronti del contratto finale (Gabrielli, 6). In giurisprudenza, invece, si ritiene che il mutamento delle condizioni di mercato possa legittimare, ove si tratti di un contratto sinallagmatico, la possibilità di ottenere la risoluzione ope iudicis ex art. 1467 c.c. e, nel caso si tratti di contratto con obbligazioni a carico di una sola parte, la riduzione della prestazione o la riconduzione del contratto ad equità, ex art. 1468 c.c. (Cass. II, n. 436/1982) La disponibilità dei diritti oggetto di opzioneÈ discusso se, in conseguenza della conclusione del patto d'opzione, il diritto per il quale esso è stato concesso diventi indisponibile (con l'insorgere, dunque, di un obbligazione di natura reale del concedente verso l'opzionario) ovvero se la successiva disposizione del diritto oggetto del patto di opzione ingeneri un vincolo di carattere obbligatorio, con conseguente insorgenza di responsabilità a carico del concedente (cfr. infra, sub 3.1). La dottrina è, sul punto, divisa, tra chi afferma la vincolatività reale dell'opzione (Scognamiglio, 143), chi ritiene che, in conseguenza della previsione di un'opzione, deriverebbe un difetto di legittimazione al compimento di un negozio contrario e incompatibile con quello precedente e chi, infine, ritiene che il vincolo abbia efficacia meramente interna, con la conseguenza che la parte concedente l'opzione potrebbe comunque disporre del suo diritto, dando luogo la violazione del diritto dell'opzionario ad una mera azione di responsabilità (Mirabelli, 86). Correlata alla tematica appena affrontata è, ovviamente, quella concernente la trascrivibilità dell'opzione. Nega tale possibilità la medesima dottrina che coglie in esso un patto di natura obbligatoria, di carattere meramente preparatorio ed a rilevanza interna (Mirabelli, 85); riconosce, al contrario, tale possibilità quella dottrina che attribuisce alla opzione una efficacia reale e una rilevanza esterna, anche facendo perno sulla trascrivibilità del contratto preliminare. Segue. Le responsabilità del concedente l'opzione e dell'opzionario Il tema è strettamente legato, con tutta evidenza, alle responsabilità che vengono fatte gravare sulle parti del rapporto negoziale, in caso di inadempimento. Poiché, come chiarito, l'opzione implica un atto di adesione del prelazionario, potrebbe sembrare che il concedente non sia tenuto altro che a soggiacere rispetto alla scelta dell'oblato. Sennonché tanto in dottrina, quanto in giurisprudenza, una simile soluzione non è condivisa. Gravano, infatti, sul concedente, gli ordinari obblighi di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto, ex art. 1375 c.c., dovendosi egli astenere da qualsiasi comportamento idoneo ad alterare, rispetto al momento in cui l'opzione fu perfezionata, l'oggetto del contratto definitivo (Scognamiglio, 150). Secondo Sacco, 321, il concedente sarebbe addirittura tenuto a porre in essere tutti i comportamenti necessari onde procurare la venuta ad esistenza di tutti i requisiti del futuro contratto. Analogamente, Cass. II, n. 1893/1975, evidenzia che il concedente l'opzione, se nulla deve fare di positivo per la conclusione del contratto definitivo, deve tuttavia mantenere un comportamento di astensione, affinché la conclusione del contratto definitivo non sia impedita: trattasi di un'obbligazione negativa, il cui inadempimento non è opponibile ai terzi che ne abbiano tratto vantaggio (ad esempio, acquistando la cosa che il promittente abbia proposto di vendere) e produce solo l'obbligo di risarcimento a carico del promittente inadempiente. Quanto alla tipologia di responsabilità cui ricondurre il comportamento del concedente l'opzione, si ritiene — indipendentemente dalla natura negoziale dell'opzione — versarsi in presenza di un'ipotesi di responsabilità precontrattuale, ex art. 1337 c.c. Al contrario, però può osservarsi che, proprio in ragione della natura contrattuale dell'opzione, non v'è ragione alcuna per legare il suo inadempimento ad un'ipotesi di responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c. vi sarebbe ragione per negare la natura contrattuale della responsabilità connessa alla violazione dell'accordo. Il risarcimento può essere richiesto al terzo, qualora questi concorra nell'inadempimento (Cass. II, n. 1300/1972). Avuto, invece, riguardo alla posizione del beneficiario dell'opzione, la giurisprudenza di legittimità, nonostante il contrario avviso della dottrina, ritiene che, successivamente alla conclusione del contratto di opzione e con riferimento alla stipulazione del contratto definitivo, l'opzionario può incorrere in responsabilità precontrattuale, se abbia ingenerato il ragionevole affidamento nella conclusione di tale contratto rifiutandone, poi, la stipulazione (Cass. II, n. 2017/1998) Casi particolariVariegato è il panorama giurisprudenziale in materia di patti di opzione. Così, ad esempio, nel caso di revocatoria fallimentare, ex art. 67, comma 1 l. fall., di un contratto stipulato in virtù di un patto di opzione (nella specie di compravendita di azioni), l'accertamento dei presupposti della revocatoria — quindi, della sproporzione tra le prestazioni e della scientia decoctionis — deve essere compiuto facendo riferimento alla data di accettazione della proposta irrevocabile (Cass. I, n. 15142/2003). Ribadito, poi, che nel contratto a favore di terzo, ex art. 1411 c.c., il diritto del terzo è autonomo rispetto a quello dello stipulante e, anche se di natura reale, può essere fatto pertanto valere contro il promittente anche in via diretta, senza necessità dell'intervento in giudizio dello stipulante, Cass. III, n. 15142/2003, ne deduce che il terzo, a favore del quale sia stato convenuto il diritto di opzione per l'acquisto di un bene immobile, che non possa attuare il proprio diritto con la doverosa collaborazione del promittente, è direttamente legittimato a far valere nei confronti di costui la pretesa alla stipulazione del contratto di vendita in relazione al quale l'opzione è stata concessa. La giurisprudenza ammette, altresì, la concessione di un'opzione di preliminare, finanche in favore di terzo: a proposito di tale ultima ipotesi, Cass. II, n. 25528/2015 afferma che, oltre al contratto preliminare di compravendita, è configurabile anche l'opzione di preliminare a favore di terzo ove il soggetto promittente, piuttosto che obbligarsi soltanto con l'altro stipulante a prestare il suo consenso alla definitiva vendita di un suo bene a favore di un terzo, resti già vincolato, per effetto del negozio bilaterale di opzione, alla propria dichiarazione di irrevocabile proposta contrattuale, sicché al terzo beneficiario, libero o meno di accettarla, basta la semplice accettazione perché a suo favore si producano gli effetti del contratto, per la conclusione del quale l'opzione è stata accordata. Una particolare ipotesi di opzione è quella riconosciuta in favore degli assegnatari/conduttori degli alloggi realizzati con interventi di edilizia convenzionata: afferma Cass. S.U., n. 6023/2016 che, allorché si proceda alla dismissione del patrimonio immobiliare degli enti pubblici, l'opzione riconosciuta in favore degli assegnatari si sostanzia in un rapporto in base al quale una delle parti si obbliga a rimanere vincolata alla propria dichiarazione e l'altra ha facoltà di accettarla o meno, mentre la prelazione non fa sorgere alcun obbligo a carico del promittente, se non quello di preferire, in caso di conclusione del contratto cui essa si riferisce, il promissario. Allorché, poi, il conduttore accetti l'offerta in opzione contenente gli elementi essenziali della vendita, Cass. S.U., n. 19281/2018 chiarisce ulteriormente si perfeziona un contratto preliminare che gli attribuisce il diritto di acquistare al prezzo fissato, esercitabile anche con azione ex art. 2932 c.c. davanti al giudice ordinario, essendo ormai uscita la determinazione del prezzo dalla discrezionalità tecnica dell'offerente ed essendo irrilevante il successivo mutamento della qualifica dell'immobile (nella specie, riclassificato come «di pregio»), quand'anche confermata, con sentenza passata in cosa giudicata, a seguito di impugnativa innanzi al G.A., non essendo il provvedimento di riclassificazione, in assenza di una riserva di modificabilità del prezzo contenuta nell'offerta di vendita, in grado di scalfire il vincolo contrattuale perfezionatosi anteriormente alla sua adozione. È invece escluso che l'opzione possa essere associata ad una caparra confirmatoria o a una clausola penale. Sostiene al riguardo Cass. II, n. 1729/1977 che la caparra confirmatoria, pur trovando applicazione nei contratti con prestazioni corrispettive, è inapplicabile nel caso in cui questi non vincolano entrambi i contraenti, come si verifica nell'ipotesi dell'opzione, fino a quando non sorge un rapporto obbligatorio anche per il destinatario della proposta irrevocabile perché altrimenti, il versamento della caparra non sarebbe in grado di svolgere la sua peculiare funzione di coazione indiretta all'adempimento sia per il soggetto che la da che per quello che la riceve: sicché nel caso dell'opzione la dazione di una somma di danaro dal promittente al promissario, prima dell'accettazione di quest'ultimo, funziona da acconto anche se è denominata dalle parti come caparra confirmatoria, mentre esplica la funzione propria di quest'ultima solo se interviene successivamente alla detta accettazione. Adde, in tema di incompatibilità con la previsione di clausola penale, Cass. II, n. 989/1978 alla cui stregua, poiché il patto d'opzione non configura un contratto perfetto, sia pure condizionato, deve ritenersi inconciliabile con esso la previsione di una clausola penale, che è invece destinata a rafforzare un vincolo contrattuale, per i casi di inadempimento o di ritardo nell'adempimento delle obbligazioni con esso assunte.. BibliografiaAllara, La teoria generale del contratto, Torino, 1955; Asquini, Integrazione del contratto con clausole d'uso, Bologna, 1953; Benatti, La responsabilità precontrattuale, Milano, 1963; Benedetti, Dal contratto al negozio unilaterale, Milano, 1969; Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bigliazzi Geri, Contributo ad una teoria dell'interesse legittimo nel diritto privato, Milano, 1967, 256; Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Diritto civile, 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; Candian, Questioni in tema di formazione dei contratti, in Riv. dir. comm., 1916, I, 854; Carnelutti, Formazione progressiva del contratto, in Riv. dir. comm., 1916, II, 308; Carrara, La formazione del contratto, Milano 1915; Carraro, voce Dichiarazione recettizia, in Nss. D.I., Torino, 1960; Carraro, voce Negozio in frode alla legge, in Nss. D.I., Torino, 1968; Carresi, in Tr. C. M., 1987, 372, 582; Cataudella, I contratti. Parte generale, Torino, 2014; Cesaro, Il contratto e l'opzione, Napoli, 1969; Cesaro, Contratto aperto e adesione del terzo, Napoli, 1979; Chianale, voce Contratto preliminare, in Dig. civ., Torino, 1989; Clarizia, Informatica e conclusione del contratto, Milano, 1985; Confortini, Problemi generali del contratto attraverso la locazione, Padova 1988, 202; Costanza, Il contratto atipico, Milano, 1981; Cuffaro, voce Responsabilità precontrattuale, in Enc. dir., Milano, 1988; D'Adda, Nullità parziale e tecniche di adattamento del contratto, Padova, 2008, 116; Di Majo, voce Offerta al pubblico (diritto privato), in Enc. dir., Milano, 1979; Di Majo, voce Causa del negozio giuridico, in Enc. giur., Roma, 1988; Di Majo, Vincoli, unilaterali e bilaterali, nella formazione del contratto, in Istituzioni di diritto privato, a cura di Bessone, Torino, 1997, 562 ss.; Donisi, Il problema dei negozi giuridici unilaterali, Napoli 1972; Donisi, Il contratto con se stesso, Camerino, 1982; Donisi, voce Atti unilaterali, in Enc. giur., Roma, 1988; Dossetto, voce Condizioni generali di contratto, in Nss. D.I., Torino, 1957; Ferrero, Dichiarazione esplicita, dichiarazione tacita e autonomia privata, Torino, 1974; Ferri, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1968; Gabrielli, Il contratto preliminare, Milano, 1970; Gabrielli,Il rapporto giuridico preparatorio, Milano, 1974; Gabrielli,La nozione di contratto (appunti su contratto, negozio giuridico e autonomia privata), in Giur. It., 2018, 2780 ss.; Gabrielli, Franceschelli, voce Contratto preliminare, in Enc. giur., Roma, 1988; Galgano, Diritto civile e commerciale, II, 1, Padova, 1993; Galgano, Il contratto, 2007; Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 1990; Genovese, Le condizioni generali di contratto, Padova, 1954; Giampiccolo, La dichiarazione recettizia, Milano 1959; Giordano, I contratti per adesione, Milano, 1951; Giorgianni, voce Causa (diritto privato), in Enc. dir., Milano, 1960; Giorgianni, voce Forma degli atti (diritto privato), in Enc. dir., Milano, 1968; Gorla, Note sulla distinzione tra opzione e proposta irrevocabile, in Riv. dir. civ., 1962, I, 224; Liserre, Forma degli atti, in Enc. giur., Roma, 1989; Loi, Tessitore, Buona fede e responsabilità precontrattuale, Milano, 1975; Maiorca, voce Contratti standard, in Nss. D.I - App., Torino, 1981; Mantovani, Vizi incompleti ed autonomia contrattuale, Torino, 1995; Mengoni, Sulla natura della responsabilità precontrattuale, in Riv. dir. comm., 1956, II, 362; Messineo, voce Contratto (diritto privato), in Enc. dir., Milano, 1961; Messineo, Contratto preliminare, contratto preparatorio e contratto di coordinamento, in Enc. dir., Milano, 1962; Mirabelli, Dei contratti in generale, in Comm. c.c., IV, 2, Torino, 1980, 99; Mirabelli, in Comm. Utet, 1984; Montesano, Contratto preliminare e sentenza costitutiva, Napoli, 1953; Osti, voce Contratto, in Nss. D.I., Torino, 1959, 520; Palermo, Contratto preliminare, Padova, 1991; Perego, I vincoli preliminari e il contratto, Milano, 1974; Rascio, Il contratto preliminare, Napoli, 1967; Ravazzoni, La formazione del contratto, Milano, 1966; Rescigno, Incapacità naturale e adempimento, Napoli, 1950, 240; Rescigno, Manuale del diritto privato italiano, Napoli, 1990; Rescigno, Consenso, accordo, convenzione, patto, in Riv. dir. comm., 1988, I, 3; Roppo, Contratti standard, Milano, 1975; Roppo, Il contratto, Bologna, 1977; Roppo, voce Contratto, in Dig. civ., Torino, 1989; Rubino, La fattispecie e gli effetti giuridici preliminari, Milano, 1939; Sacco, in Tr. Vas., 1975; Sacco, De Nova, in Tr. Rescigno, 1999, 554; Santoro-Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli rist., 1985; Saracini, Nullità e sostituzione di clausole contrattuali, Milano, 1971; Sbisà, La promessa al pubblico, Milano, 1974, 117; Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 65; Tamburrino, I vincoli unilaterali nella formazione del contratto, Milano, 1954; Tosi, La conclusione di contratti on line, in I problemi giuridici di Internet, Milano, 2003; Trabucchi, voce Buon costume, in Enc. dir., Milano, 1959; Visintini, La reticenza nella formazione dei contratti, Padova, 1972. |