Codice Civile art. 1336 - Offerta al pubblico.Offerta al pubblico. [I]. L'offerta al pubblico, quando contiene gli estremi essenziali del contratto alla cui conclusione è diretta, vale come proposta, salvo che risulti diversamente dalle circostanze o dagli usi. [II]. La revoca dell'offerta, se è fatta nella stessa forma dell'offerta o in forma equipollente, è efficace anche in confronto di chi non ne ha avuto notizia. InquadramentoLa proposta può essere rivolta ad una persona determinata ovvero al pubblico (in incertam personam) e, cioè, ad una pluralità più o meno ampia di persone indeterminate. In tale ultimo caso si è, dunque, di fronte ad una proposta contrattuale sostanzialmente rivolta nei confronti chiunque ne voglia approfittare. Da qui una differenza disciplinare di non poco conto rispetto alla proposta ordinaria: mentre quest'ultima diviene efficace, secondo il regime proprio degli artt. 1334 e 1335 c.c., nel momento in cui giunge all'indirizzo del destinatario, la proposta al pubblico è efficace dal momento stesso in cui è resa conoscibile al pubblico cui è rivolta, con gli opportuni mezzi di pubblicità. Essa viene, poi, normalmente confusa con l'invito ad offrire, pur essendo le differenze chiare: rinviando al prosieguo del commento l'approfondimento del tema, è sufficiente per il momento osservare come mentre l'offerta al pubblico è sorretta da una precisa volontà del proponente ad impegnarsi, sicché il contratto si deve ritenere concluso con l'accettazione dell'altra parte, diversamente l'invito ad offrire consiste in una mera sollecitazione rivolta ad un altro soggetto affinché sia questi a formulare una proposta contrattuale Caratteristiche strutturaliIn quanto proposta (art. 1326 c.c.), l'offerta al pubblico deve essere completa e contenere, quindi, tutti gli elementi essenziali per la conclusione del futuro contratto mediante la successiva accettazione da parte del destinatario. La soluzione è condivisa dalla giurisprudenza. Così, ad esempio, Cass. III, n. 6633/1997 chiarisce che il contratto di albergo, in ragione del carattere di offerta al pubblico che l'albergatore fa con la gestione dell'impresa alberghiera nelle forme d'uso, quali l'esposizione di insegne o l'indicazione, nei vari messaggi pubblicitari, dei dati essenziali dell'offerta (integrabili comunque con quelli delle tariffe vigenti), si conclude, a norma dell'art. 1326 c.c., in riferimento al successivo art. 1336 dello stesso codice, nel momento in cui l'albergatore viene a conoscenza dell'accettazione (espressa o tacita) del cliente, al quale fine assume rilievo, quale accettazione dell'offerta, anche la cosiddetta prenotazione effettuata per un periodo futuro (che, peraltro, da luogo alla conclusione di un contratto sottoposto alla condizione sospensiva della disponibilità della stanza, con conseguente obbligo dell'albergatore, a norma dell'art. 1358 dello stesso codice, di comportarsi secondo buona fede, provvedendo, ove abbia margini di tempo sufficienti, a confermare la prenotazione o a comunicare l'indisponibilità della camera). Analogamente Cass. S.U., n. 63/1986, in tema di bando di concorso indetto per l'assunzione in regime privatistico, in esito a determinate prove, di lavoratori dipendenti: esso costituisce un'offerta al pubblico, ossia una proposta, subordinata alla sussistenza di determinati presupposti, di uno o più contratti di lavoro (sia definitivi che meramente preliminari) rivolta ad una generalità indeterminata di soggetti di tal ché esso — ove contenga gli elementi essenziali del previsto contratto — è vincolante per il proponente nei confronti di coloro che, essendo in possesso dei requisiti richiesti e collocatisi utilmente nella graduatoria degli aspiranti, dichiarino di accettare la proposta, dovendo ritenersi rispettivamente concluso il contratto (ove la proposta abbia ad oggetto un contratto definitivo) ovvero (ove invece la proposta abbia ad oggetto un contratto preliminare) insorto l'obbligo per le parti di prestare un ulteriore consenso per l'instaurazione del rapporto definitivo. Nello stesso senso, sempre con riferimento con riferimento al bando di concorso, ad es. TAR Lazio, Roma, I, n. 14158/2023. Per quanto attiene alla forma, questa può essere anche tacita, come nel caso di esposizione della merce in vetrina, sebbene non è escluso che la forma possa (recte, debba) essere solenne, quando si tratti di proposta relativa a contratto per cui sia prescritta la forma. L'offerta al pubblico può essere, poi, unica o plurima, in ragione dell'unicità o della pluralità degli oggetti a cui è estesa la proposta di contrattare e la conseguente stipulazione, con la conseguenza che, nel primo caso, il contratto si conclude — e la proposta cessa di avere efficacia rispetto ad accettazioni successive — a seguito della prima accettazione (che esaurisce le possibilità di prestazione da parte del proponente) mentre, nel secondo, la proposta resterà in piedi e sarà passibile di successiva accettazioni, finché il proponente sia in grado di fornire la propria prestazione ai diversi oblati (Mirabelli, 110): detto in altri termini, nei limiti di disponibilità del proponente. Il criterio che comunemente si segue, dunque, è quello temporale, nel senso che prevale l'accettazione che per prima giunse al proponente e che esaurisce le possibilità di esecuzione della prestazione ad opera di quest'ultimo; al contrario, in presenza di più accettazioni contemporanee o rispetto alle quali non sia possibile stabilire un ordine di priorità, ove l'offerta stessa non detti ex ante i criteri oggettivi di scelta, secondo alcuni (Scognamiglio, 194) il proponente spetti un vero e proprio potere di scelta, secondo altri (Mirabelli, 110) ciascuno degli accettanti avrebbe diritto all'attribuzione, pro quota e sempre che l'oggetto dedotto in contratto sia divisibile (giacché, diversamente, il proponente avrebbe la facoltà di revocare la propria offerta), della prestazione offerta. Quanto all'efficacia dell'offerta, si registra in questo caso una deviazione rispetto alla regola dettata dagli artt. 1334 e 1335 c.c.: vige per essa, infatti, il regime della conoscibilità piuttosto che quello della conoscenza, nel senso che, diversamente dagli (altri) atti unilaterali, l'efficacia giuridica dell'offerta al pubblico non è subordinata alla ricezione dell'atto da parte di un determinato soggetto ma alla sua conoscibilità da parte della platea di destinatari cui essa è indirizzata. In senso contrario si ritiene (Giampiccolo, 213) che anche l'offerta al pubblico abbia natura recettizia, tale recettizietà realizzandosi con la pubblicazione (anziché con la spedizione all'indirizzo dei destinatari), che consente di raggiungere la sfera di azione e di controllo dei destinatari dell'offerta medesima. Secondo una posizione intermedia, nell'offerta al pubblico il fatto di rendere nota l'offerta è qualcosa in meno della ricezione e qualcosa in più dell'emissione (Sacco, in Tr. Vas., 1975, 187). Altro tratto peculiare dell'istituto va ravvisato nella circostanza che l'offerta va rivolta nei confronti di una pluralità indeterminata di soggetti. La conclusione è scontata in giurisprudenza, come emerge da Cass. III, n. 1350/1971 per cui l'offerta al pubblico e una proposta rivolta alla generalità. Chiarisce ulteriormente la questione Cass. III, n. 8733/2016 che, sia pure con riferimento al settore dell'intermediazione finanziaria, con particolare riferimento alla pubblicazione del prospetto informativo con finalità di sollecitazione all'investimento, afferma che l'offerta va rivolta ad un numero indeterminato ed indistinto di destinatari in modo uniforme e standardizzato. In proposito la dottrina precisa che proprio l'indeterminatezza dei destinatari costituisce lo specifico tratto caratterizzante l'offerta in incertam personam (Scognamiglio, 191), mentre non rileva la quantità degli oblati. Sempre da un punto di vista strutturale, infine, essendo rivolta ad una generalità indeterminata di consociati, l'offerta ex art. 1336 c.c. è inammissibile, ove relativa alla conclusione dei contratti connotati dall' intuitus personae. Segue. La revoca dell'offerta al pubblico L'offerta al pubblico può essere revocata, a condizione che la revoca avvenga nella stessa forma dell'offerta o in forma equipollente: ciò implica che, ove l'offerta sia stata avanzata in forma libera, tale sarà anche la forma della revoca, che potrà avere luogo anche per facta concludentia. Assumono, dunque, rilevanza gli strumenti con cui il proponente ebbe a pubblicizzare la proposta utilizzati (Sacco, 220) giacché, ove la revoca sia stata correttamente eseguita, essa produce i propri effetti anche nei confronti di chi non ne abbia avuto conoscenza diretta. Il criterio appena descritto va, poi, parzialmente integrato, nel senso che, laddove l'offerente non abbia rispettato i vincoli di forma della revoca, questa è comunque produttiva di effetti qualora si dimostri che il singolo destinatario ne ha avuto comunque conoscenza, con conseguente inefficacia di un'eventuale accettazione postuma dell'offerta. Tale conclusione è condivisa anche dalla dottrina (Scognamiglio, 107) per la quale l'inidoneità della forma di pubblicità della revoca non può essere invocata da chi abbia comunque avuto conoscenza della revoca che, è efficace nei suoi confronti, pur non rivestendo la forma dell'originaria offerta Offerta al pubblico e figure affini: a) l'invito ad offrireL'offerta al pubblico va distinta da figure ad essa affini ma soggette a disciplina diversa: l'invito ad offrire e la promessa al pubblico. Quanto al rapporto con l'invito ad offrire, la differenza è nell'inversione dei termini del rapporto negoziale, nel senso che, mentre l'offerta al pubblico è sorretta da una precisa volontà del proponente ad impegnarsi, sicché il contratto si conclude nel momento in cui il proponente riceve l'accettazione dell'altra parte, diversamente, l'invito ad offrire consiste in una mera sollecitazione rivolta ad un altro soggetto affinché sia questi a formulare una proposta contrattuale, con la conseguenza che il contratto potrà ritenersi concluso allorché chi ha preso l'iniziativa dell'invito accetti. La distinzione tra le due figure, in dottrina, è ricondotta anche ad un'altra caratteristica, di tipo contenutistico: ove la proposta contenga tutti gli elementi essenziali del contratto a concludersi, si tratta di offerta al pubblico, altrimenti ricorrere la figura dell'invito ad offrire (Osti, 520). Sennonché, questo criterio è stato criticato da altra parte della dottrina (Mirabelli, 108), la quale ha osservato che, se certamente una proposta incompleta non può essere ricondotta all'art. 1336 c.c., necessitando di essere integrata negli elementi essenziali del futuro vincolo negoziale e, dunque, potendo al più valere come invito ad offrire, nondimeno ricorrono comunque ipotesi di invito ad offrire che presentano tutti gli elementi essenziali del futuro contratto da concludere: tipico è il caso di vendita di merci nei magazzini self-servce, in cui i prodotti vengono esposti sugli scaffali o in appositi spazi di esibizione ed in contratto si conclude non già quando il cliente prende il prodotto, ma quando lo presenta alla cassa per il pagamento. La casistica è ampia e si fa riferimento, in genere, all'invio di un catalogo pubblicitario o, più in generale, alla reclame, diffusa anche attraverso i mass media, con cui non si propone la conclusione di un contratto, ma si cerca di rintracciare possibili interessati, per ricevere da costoro offerte di acquisto o anche solo per intavolare trattative. Peculiare, in tale contesto, il caso affrontato da Cass. L, n. 6930/2018: qualora il datore di lavoro affidi la procedura di selezione del personale a una società esterna, senza tuttavia manifestare la volontà di vincolarsi ai risultati dell'operato del terzo, non si è in presenza di un'offerta al pubblico, ai sensi dell'art. 1336 c.c., ma di un invito a proporre, dal quale non sorge alcun vincolo giuridico, con la conseguenza che il comportamento tenuto dal datore di lavoro nella fase di informazione degli aspiranti sui risultati della selezione non può fondare una pretesa risarcitoria per violazione del generale obbligo di correttezza e buona fede, obbligo che ha sempre carattere strumentale e accessorio rispetto ad altra obbligazione di fonte contrattuale o legislativa, nella specie assente. Fornisce, poi, un criterio discretivo sostanzialmente trasversale Cass. III, n. 6919/1997: nell'offerta al pubblico di contratto consensuale con effetto reale, quale la vendita, e non come invito ad offrire, la volontà espressa dal venditore è il primo atto del procedimento della formazione progressiva del contratto, il quale ha bisogno, per produrre gli effetti propri della vendita, del solo incontro con la volontà conforme, ed espressa in forma adeguata, di altro soggetto che accetti la proposta. Detta accettazione, una volta intervenuta, perfeziona il contratto, la cui riproduzione in forma di atto pubblico, con le modalità del contratto ripetitivo, non richiede, in caso di mancata esecuzione, una sentenza costitutiva, non occorrendo una sostituzione di manifestazione di volontà che già v'è stata, bensì una semplice sentenza di accertamento che, supplendo alla documentazione mancante, soddisfi l'interesse della parte alla documentazione in forma pubblica del negozio. Segue. b) la promessa al pubblico Diverge, ancora, dall'offerta al pubblico, la promessa al pubblico ex art. 1989 c.c., che resta vincolante per il promittente non appena resa pubblica, non dipendendo, sotto tale profilo, da un successivo atto di accettazione. La promessa al pubblico è un negozio unilaterale dotato di efficacia, in deroga alla regola generale stabilita dall'art. 1987 c.c. e perciò vincolante per il promittente, a prescindere dalla manifestazione di consenso da parte dei beneficiari, mentre l'offerta al pubblico è preordinata alla stipulazione di futuri contratti, che esigono il consenso delle controparti, ove contenga gli elementi del contratto alla cui conclusione è diretto, la quale è revocabile solo finché non sia intervenuta l'accettazione da parte degli interessati (Cass. L, n. 13273/2007). Ancora più chiaro è il menzionato criterio discretivo in Cass. S.U., n. 63/1986: un bando di concorso indetto per l'assunzione in regime privatistico, in esito a determinate prove, di lavoratori dipendenti non può essere inquadrato nella categoria delle promesse al pubblico in senso proprio, perché queste costituiscono atti unilaterali tipici (artt. 1987 e 1989 c.c.) in sé perfetti che generano obbligazioni di per sé senza necessità di alcuna integrazione negoziale; né può essere qualificato come mero invito, agli aspiranti al posto, a presentare una richiesta di assunzione, ove sia previsto che la selezione debba operare secondo criteri obiettivi e non già ampliamenti discrezionali. Il bando suddetto costituisce invece un'offerta al pubblico (art. 1336 c.c.), ossia una proposta, subordinata alla sussistenza di determinati presupposti, di uno o più contratti di lavoro (sia definitivi che meramente preliminari) rivolta ad una generalità indeterminata di soggetti di tal ché esso — ove contenga gli elementi essenziali del previsto contratto — è vincolante per il proponente nei confronti di coloro che, essendo in possesso dei requisiti richiesti e collocatisi utilmente nella graduatoria degli aspiranti, dichiarino di accettare la proposta, dovendo ritenersi rispettivamente concluso il contratto (ove la proposta abbia ad oggetto un contratto definitivo) ovvero (ove invece la proposta abbia ad oggetto un contratto preliminare) insorto l'obbligo per le parti di prestare un ulteriore consenso per l'instaurazione del rapporto definitivo. Secondo una diversa opinione (Sbisà, 117) l'offerta al pubblico presuppone sempre la conclusione del contratto e l'apporto del destinatario si presenta come adempimento dell'obbligazione assunta con la contropromessa, mentre la promessa al pubblico rappresenta un'anticipazione dell'esecuzione della controprestazione rispetto al perfezionamento del negozio. Per altri (Sacco, 39), la differenza andrebbe rinvenuta nella natura onerosa o meno dell'offerta: nel caso di proposta di contratto con obbligazioni a carico del solo proponente, la fattispecie andrebbe ricondotta alla promessa al pubblico di cui all'art. 1989 c.c., mentre la promessa al pubblico condizionata a una controprestazione corrisponderebbe ad una proposta di un affare a titolo oneroso, con l'unica particolarità che l'adesione dell'interessato dovrebbe manifestarsi direttamente con l'esecuzione della prestazione.. 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