Codice Civile art. 1424 - Conversione del contratto nullo.Conversione del contratto nullo. [I]. Il contratto nullo può produrre gli effetti di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma [607, 2701], qualora, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi che esse lo avrebbero voluto se avessero conosciuto la nullità [1367]. InquadramentoLa disposizione in esame sancisce il generale principio di conversione del contratto nullo, espressione del più generale principio di conservazione degli atti negoziali (Bianca, 594): in altri termini, il negozio nullo può convertirsi in un negozio valido del quale abbia i requisiti di sostanza e di forma, purché si accerti che ciò sarebbe stato conforme alla volontà delle parti ove fossero state consapevoli dell'invalidità Presupposti per la conversioneCome rilevato in dottrina, affinché la conversione possa operare devono ricorrere, cumulativamente, le seguenti condizioni, ossia che: a) il contratto nullo possieda i requisiti di sostanza e di forma di un altro negozio, con la conseguenza che non sarà mai possibile la conversione di un contratto non formale in uno che esige la forma solenne; b) alla luce dell'intento pratico delle parti, si possa ragionevolmente ritenere che esse avrebbero voluto il secondo negozio, se fossero state consapevoli della nullità del primo (Sacco, 865). La conversione del contratto nullo richiede — a norma dell'art. 1424 c.c. — che l'atto, nullo come negozio di un determinato tipo, contenga i requisiti di sostanza e di forma, compresa la manifestazione di volontà delle parti, di un negozio diverso. La S.C. ha chiarito che, di conseguenza, ai fini della conversione del contratto ex art. 1424 c.c. deve sussistere un duplice requisito, da un lato, il rapporto di continenza tra il contratto nullo e quello in cui quello affetto da invalidità totale dovrebbe esser convertito, dall'altro, il comune orientamento delle parti verso tale risultato (Cass. III, n. 23644/2017). L'art. 1424 c.c. sulla conversione dei contratti nulli si applica, in virtù del richiamo operato dall'art. 1324 c.c., anche ai negozi unilaterali, purché l'atto contenga i requisiti di sostanza e di forma dell'atto diverso e l'atto convertito risponda allo scopo perseguito con quello nullo (cfr. Cass. III, n. 263/2011, per la quale ne consegue che il diniego di rinnovazione della locazione ex art. 29 l. n. 392/1978, nullo in relazione alla prima scadenza, ben può convertirsi in una disdetta cosiddetta «semplice» o a regime «libero» valida per la seconda scadenza contrattuale, recando il contenuto inequivocabile della manifestazione di volontà contraria alla prosecuzione e alla rinnovazione del rapporto). Secondo la S.C., sebbene i poteri officiosi di rilevazione di una nullità negoziale non possono estendersi alla rilevazione di una possibile conversione del contratto, ostandovi il dettato dell'art. 1424 c.c., secondo il quale il contratto nullo può, non deve, produrre gli effetti di un contratto diverso, atteso che altrimenti si determinerebbe un'inammissibile rilevazione di una diversa efficacia, sia pur ridotta, di quella convenzione negoziale, è peraltro ammissibile l'istanza di conversione avanzata dalla parte nel primo momento utile successivo alla rilevazione della nullità (cfr. Cass. n. 22466/2018). Invero, l'accertamento dell'ipotetica volontà dei contraenti deve essere sollecitato dall'una o dall'altra parte, non potendo essere operato di ufficio dal giudice; inoltre, implicando un'indagine di fatto riservata al giudice di merito, non può essere compiuto in sede di legittimità (Cass. II, n. 17895/2018). Casistica In tema di successioni testamentarie, la condizione sospensiva illecita apposta ad una istituzione d'erede può convertirsi, ai sensi dell'art. 1424 c.c., in un onere o in un legato solo su richiesta di parte, non essendo consentito al giudice attribuire d'ufficio ad una disposizione "mortis causa" una qualificazione giuridica diversa da quella voluta dal testatore e risultante dalla scheda testamentaria (Cass. II, n. 8733/2023, la quale ha escluso che la donazione di un immobile del soggetto istituito erede, prevista come condizione sospensiva della disposizione testamentaria istitutiva d'erede, giudicata illecita per violazione del principio della libertà di autodeterminazione del donante, potesse convertirsi d'ufficio in un onere o in un legato a carico dell'erede.) In tema di richiesta di conversione del contratto nullo di mutuo fondiario in contratto di mutuo ipotecario ordinario, il potere del giudice di rilevare d'ufficio la nullità non può estendersi alla conversione del contratto nullo, ostandovi la previsione di cui all'art. 1424 c.c.; è tuttavia ammissibile l'istanza in tal senso avanzata dalla parte nel primo momento utile successivo alla rilevazione suddetta, poiché è consequenziale alla rilevata nullità dell'unico titolo posto a fondamento dell'originaria domanda (Cass. I, n. 13286/2018). In materia di rapporto di agenzia, il recesso dell'agente per giusta causa si converte, ove si accerti l'insussistenza di quest'ultima e salvo che non emerga una diversa volontà dell'agente medesimo, in un recesso senza preavviso, che determina la riespansione del diritto della controparte a percepire le previste indennità ed all'eventuale risarcimento del danno (Cass. II, n. 19579/2016). Il locatore per comunicare una valida disdetta, a norma dell'art. 3 l. n. 431/1998, deve indicare a pena di nullità il motivo sul quale la stessa è fondata, tra quelli tassativamente indicati dal comma 1 del medesimo articolo. Nel caso di specie la locatrice, oltre a fare un riferimento normativo errato, ha del tutto omesso di indicare i motivi della disdetta. Pertanto la stessa deve considerarsi nulla ed incapace di produrre alcun valido effetto. A tal proposito, sia per i contratti di locazione a uso abitativo che per quelli a uso diverso, alla luce della comminatoria di nullità prevista dalla legge, deve ritenersi l'invalidità della disdetta mancante dell'indicazione delle ragioni poste dal locatore a fondamento del diniego di rinnovo. Sempre a tal proposito, muovendo dalla natura negoziale dell'atto di disdetta, va estesa a quest'ultimo, per il tramite dell'art. 1324 c.c., la disciplina della conversione dell'atto nullo prevista dall'art. 1424 c.c., considerato che il diniego di rinnovazione della locazione in relazione alla prima scadenza, affetto da nullità, ben può convertirsi in una disdetta cosiddetta semplice od a regime libero valida per la seconda scadenza contrattuale, a condizione che l'atto contenga i requisiti di sostanza e di forma dell'atto diverso e che l'atto convertito risponda allo scopo perseguito con quello nullo (Trib. Bari III, 27 giugno 2012, n. 2201, in giurisprudenzabarese.it). Nell'ipotesi in cui il contratto di edizione a termine contenga solo l'indicazione del numero di copie per la prima edizione, e non anche per quelle successive, manca uno dei requisiti previsti a pena di nullità e deve quindi essere esclusa la conversione del predetto contratto, nel contratto di edizione per edizione, quando dal contratto originario risulti che le parti avevano inteso concludere un contratto per più edizioni e con la potenziale determinazione del numero di copie per le successive edizioni (Cass. I, n. 17279/2010). È nullo per contrasto con norme imperative di legge, ai sensi dell'art. 1418, comma 1, c.c. (cd. nullità «virtuale»), il contratto di deposito a risparmio concluso con soggetto professionalmente dedito all'attività di raccolta del risparmio tra il pubblico, ma privo dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività bancaria prescritta dall'art. 14 d.lgs. n. 385/1993, stante la rilevanza del requisito soggettivo nella struttura dei contratti bancari, nei quali una delle parti è individuata indefettibilmente in una banca, e degli interessi pubblici sottesi alla riserva dell'attività bancaria alle imprese autorizzate, la cui tutela non può restare affidata esclusivamente alle sanzioni penali di cui agli artt. 130 e 131 del citato decreto; tale nullità per carenza di un requisito della fattispecie legale non osta tuttavia, in linea di principio, alla conversione ex art. 1424 c.c. ove il negozio sia idoneo a produrre gli effetti di un'altra fattispecie e previo accertamento, riservato in via esclusiva al giudice di merito, della volontà delle parti (cfr. Cass. I, n. 4760/2018, la quale ha cassato la sentenza di rigetto della domanda di restituzione delle somme depositate, quale automatica conseguenza della nullità del deposito bancario, rinviando alla corte di appello per l'esame dell'eventuale conversione in comune contratto di mutuo o deposito irregolare, avendo il depositante dedotto, in alternativa alla tesi della validità del contratto bancario, la sussistenza dei requisiti di sostanza e di forma del contratto comune). In presenza di un trasferimento nullo, in quanto non sorretto da reali ragioni tecniche, organizzative e produttive, il lavoratore per conseguire oltre alla reintegrazione nella sede di provenienza, anche una condanna sul piano economico del datore di lavoro, deve dimostrare di aver subito un danno, patrimoniale o non patrimoniale, a causa del trasferimento illegittimo. In assenza di tale prova, il lavoratore non può ottenere tali somme assumendo che il trasferimento deve convertirsi in una trasferta ex art. 1424 c.c., poiché gli istituti del trasferimento e della trasferta, pur implicando entrambi uno spostamento di sede, non sono omogenei, in quanto la differenza tra stabilità e provvisorietà è strutturale e corrisponde a finalità diverse. In ogni caso, perché sia possibile la conversione ai sensi dell'art. 1424 c.c., è necessario dimostrare che il soggetto che ha disposto il trasferimento, qualora fosse stato consapevole della nullità dell'atto, avrebbe disposto la trasferta. In assenza di tale prova la conversione non può essere operata (Cass. sez. lav., n. 7350/2010). L'adozione speciale, ex art. 6 l. n. 431/1967, non ha natura negoziale, essendo disposta con provvedimento del giudice e non in virtù di un atto di autonomia privata: pertanto, eventuali ragioni di nullità del decreto non consentono, in attuazione del principio di conversione del contratto nullo ex art. 1424 c.c., la conversione dell'adozione speciale in adozione ordinaria, ed ove il decreto non sia stato impugnato nelle forme previste dalla legge, la loro rilevabilità resta preclusa per effetto del passaggio in giudicato del provvedimento (Cass. I, n. 24730/2018) Ipotesi nelle quali la conversione non è ammessaLa Corte di cassazione esclude, inoltre, la conversione quando si tratti di negozio illecito, giacché la nullità è inerente non già allo strumento scelto dalle parti, bensì all'intento pratico da queste avuto di mira, intento che rimane tale anche all'esito della conversione, pur mutando lo strumento, in quanto l'oggetto della valutazione di nullità è indisponibile e come tale non rimane influenzato dalle opinioni che i soggetti interessati possono avere avuto o manifestato in ordine ad esso (Cass. n. 2057/1990). La dottrina sulla questione non ha invece espresso posizioni univoche. Infatti, se alcuni hanno affermato un'impostazione analoga a quella della giurisprudenza (cfr., tra gli altri, Bigliazzi Geri, 236), per altri ove l'illiceità non investa gli elementi qualificabili in termini di scopo perseguito dalle parti, come lo specifico contenuto della prestazione, la convertibilità dell'atto sarebbe comunque possibile (De Nova, 2). Tuttavia, non può trascurarsi sulla questione che, nella giurisprudenza più recente, si è osservato che, in astratto, non esiste un limite alla possibilità di conversione del negozio nullo, anche in relazione a ipotesi di nullità per violazione dell'ordine pubblico, quando il negozio in cui si converte sia conforme ad un'altra fattispecie contrattuale conforme al modello normativo (Cass. I, n. 17279/2010). D'altra parte, è stato puntualizzato che, ai fini della corretta qualificazione di un contratto di cui le parti abbiano convenuto un determinato inquadramento (nomen iuris) con atto scritto, non rileva la disciplina dell'art. 1424 c.c., per la conversione del negozio nullo, poiché la questione dell'identificazione del reale tipo di rapporto deve essere affrontata in relazione alle effettive caratteristiche dello stesso, quali desumibili anche dalle modalità della sua attuazione, sì da apprezzarne l'aderenza ad una fattispecie astratta, tra quelle preventivamente delineate dal legislatore (Cass. II, n. 11176/2024). BibliografiaAlbanese, Non tutto ciò che è «virtuale» è razionale: riflessioni sulla nullità del contratto, in Europa e dir. priv., 2012, n. 2, 503; Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Diritto civile, 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; D'Amico, Nullità non testuale, in Enc. dir. (Annali), Milano, 2011, IV, 825; De Nova, Conversione del negozio nullo, in Enc. Giur., Roma, 1988; Irti, La nullità come sanzione civile, in Contr. e impr., 1987, 543; Mantovani, La nullità e il contratto nullo, in Tratt. contr., a cura di Roppo, IV, Rimedi - 1, a cura di Gentili, Milano, 2006; Passagnoli, Nullità speciali, Milano, 1995; Russo, Profili evolutivi della nullità contrattuale, Napoli, 2008; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1989; Scalisi, Il contratto in trasformazione. Invalidità e inefficacia nella transizione al diritto europeo, Milano, 2011; Tommasini, Nullità (dir. priv.), in Enc. dir., XXVIII (Milano, 1978), 509; Trimarchi, Appunti sull'invalidità del negozio giuridico, Temi, 1955, 200 ss.; Villa, Contratto e violazione di norme imperative, Milano, 1993 |