Codice Civile art. 1431 - Errore riconoscibile.

Rosaria Giordano

Errore riconoscibile.

[I]. L'errore si considera riconoscibile quando in relazione al contenuto, alle circostanze del contratto ovvero alla qualità dei contraenti, una persona di normale diligenza [1176 1] avrebbe potuto rilevarlo.

Inquadramento

Il codice civile vigente nel regolare la figura dell'errore essenziale, quale causa di annullamento del contratto, con l'introdurre il requisito della riconoscibilità ha espunto quello della scusabilità, che veniva considerato, sotto il vigore del precedente codice, come elemento necessario per integrare la detta figura di vizio del consenso, anche se non legislativamente previsto (sul punto v., in giurisprudenza, Cass. III, n. 1964/1974; Cass. sez. lav., n. 4240/1978, in Riv. not., 1979, n. 2, 527).

Ai fini dell'annullamento del contratto, l'errore, oltre ad essere essenziale, deve essere riconoscibile dall'altro contraente, situazione che ricorre quando, in relazione al contenuto, alle circostanze del contratto, alle qualità dei contraenti, una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo (Cass. III, n. 537/1969, in Riv. not., 1971, n. 2, 281)

La riconoscibilità dell'errore

È incontroverso che, ai fini dell'annullamento del contratto per errore, è necessario accertare — da un lato — se la parte caduta in errore si sia indotta alla stipula del contratto in base ad una distorta rappresentazione della realtà, determinante nell'indurlo a concludere il negozio, e — dall'altro — se con l'uso della normale diligenza l'altro contraente avrebbe potuto rendersi conto dell'altrui errore, non essendo in concreto richiesto che l'errore sia stato riconosciuto, bensì l'astratta possibilità di tale riconoscimento in una persona di media avvedutezza (v., tra le altre, Cass. n. 24738/2017).

La S.C. ha più di recente precisato che a tale riconoscibilità è legittimamente assimilabile, "quoad effectum", la concreta ed effettiva conoscenza dell'errore da parte dell'altro contraente, attesa la "ratio" della norma di cui all'art. 1431 c.c., volta a tutelare il solo affidamento incolpevole del destinatario della dichiarazione negoziale viziata nel processo formativo della sottostante determinazione volitiva, e la relativa valutazione del giudice di merito si risolve in un apprezzamento di fatto che, se adeguatamente e correttamente motivato, è incensurabile in sede di legittimità (Cass. III, n. 31078/2019).

In particolare, il requisito della riconoscibilità è posto dagli artt. 1431 e 1428 c.c. a tutela della buona fede dell'altro contraente, sicché l'indagine sulla ricorrenza di detto requisito si risolve in un'indagine sulla buona fede dell'altro contraente: pertanto il giudice del merito davanti al quale venga impugnato un contratto per errore non può limitarsi a stabilire se, con riguardo alla dichiarazione dell'errante, egli abbia realmente stipulato alla stregua di una falsa conoscenza della realtà, ma deve altresì accertare se il contraente cui è diretta la dichiarazione dell'errante avrebbe potuto, con l'uso della normale diligenza, riconoscere tale errore, con la conseguenza, in caso positivo di tale indagine, della sussistenza della riconoscibilità dell'errore, che unitamente alla sua essenzialità ne legittima la rilevanza e quindi l'annullamento del contratto (Cass. III, n. 980/1991).

Anche rispetto all'errore di diritto opera il principio per il quale l'annullabilità del contratto ricorre quando il consenso di una parte sia determinato da falsa rappresentazione circa l'esistenza, l'applicabilità o la portata di una norma giuridica, imperativa o dispositiva, e tale vizio sia rilevabile dall'altro contraente con l'uso della normale diligenza (Cass. II, n. 2340/1995). La presunzione di conoscenza delle norme giuridiche (ignorantia legis non excusat) non può essere invocata per escludere la configurabilità e la rilevanza, ai fini dell'annullamento del contratto, di un errore vizio della volontà determinato dall'ignoranza o dall'inesatta conoscenza di una norma, né per escludere la riconoscibilità di un errore siffatto, la quale — atteso che l'ordinamento vigente non esige più l'ulteriore requisito della scusabilità — deve essere accertata non in astratto ma in relazione alle concrete circostanze del singolo caso ed alla concreta situazione soggettiva delle parti dello specifico rapporto (Cass. n. 3892/1985, in Giust. civ., 1986, 3, I, 838, con nota di Costanza)

L'errore comune

L'errore comune sussiste quando la medesima falsa rappresentazione della realtà, in cui sia incorsa ciascuna delle parti per proprio conto, sia determinante in concreto per entrambe, sicché sia integrato il requisito dell'essenzialità. La ragione per la quale si esclude la rilevanza del requisito della riconoscibilità nell'errore comune discende dalla circostanza che in questa evenienza non vi è ragione di tutela dell'affidamento incolpevole. Infatti la comune conoscenza (o conoscibilità) dell'errore vuol dire conoscenza di quella (falsa) rappresentazione che ha essenzialmente indotto la controparte alla stipulazione; e pertanto nell'errore comune, riscontrabile quando entrambi i contraenti danno per vera una circostanza falsa, la parte è appunto a conoscenza della falsa rappresentazione dell'altra e la ragione dell'affidamento viene meno perché ciascuna parte sa che l'altra ha stipulato sulla base di quella rappresentazione e sul presupposto della sua rispondenza al vero (Bianca, 612).

Questa tesi è accolta in giurisprudenza.

Poiché il presupposto dell'esigenza della riconoscibilità dell'errore, come causa di annullamento del contratto, sta nell'unilateralità dell'errore medesimo, ossia nella contrapposizione di una volontà inficiata nella sua formazione ad un'altra immune da qualsiasi vizio, qualora, invece, vi siano due volontà veramente concordi ed entrambe viziate dal medesimo errore, non può trovare applicazione il principio dell'affidamento e, quindi, non opera il requisito della riconoscibilità dell'errore ai fini dell'annullamento, perché, in tal caso, ciascuno dei due contraenti ha dato causa all'invalidità del negozio indipendentemente dall'altro (v. già Cass. I, n. 1970/1962, in Giur. it., 1963, I, 1, 876). Questa giurisprudenza si è consolidata nel senso che, nell'ipotesi di errore bilaterale, che ricorre quando esso sia comune a entrambe le parti, il contratto è annullabile a prescindere dall'esistenza del requisito della riconoscibilità, poiché in tal caso non è applicabile il principio dell'affidamento, avendo ciascuno dei contraenti dato causa all'invalidità del negozio (cfr., tra le più recenti, Cass. n. 26974/2011).

Una parte della dottrina critica tale impostazione interpretativa rilevando che la stessa trascura un dato normativo indefettibilmente richiesto ovvero un requisito legale che ha riguardo ad un criterio astratto di diligenza, sul presupposto che, a fronte di un errore comune, sarebbe superfluo esigere la riconoscibilità, mentre ciò che è riconoscibile è non già la falsità della rappresentazione, bensì la rappresentazione stessa, che però è falsa (Sacco — De Nova, 157).

Sotto un distinto profilo, occorre considerare che, in ogni caso, l'errore bilaterale come vizio della volontà negoziale differisce dall'accordo simulatorio — con il quale i contraenti stabiliscono che il contratto non deve avere alcun effetto tra loro o deve avere effetti diversi — in quanto nell'errore bilaterale ciascuna parte cade autonomamente, al di fuori di qualsiasi convergenza, in una determinata rappresentazione del valore del precetto che si vuole adottare e della situazione di fatto che si vuole regolare (Cass. II, n. 5369/1978)..

Bibliografia

Barcellona, voce Errore (dir. priv.), in Enc. dir., Milano, 1966; Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Diritto civile, 1.1. e 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; Fedele, L'invalidità del negozio giuridico di diritto privato, Torino, 1983; Messineo, voce Annullabilità e annullamento (dir. priv.), in Enc. dir., Milano, 1958; Pietrobon, voce Errore (dir. civ.), in Enc. giur., Roma, 1988; Prosperetti, Contributo alla teoria dell'annullabilità del negozio giuridico, Milano, 1983; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1989; Tommasini, voce Annullabilità e annullamento (dir. priv.), in Enc. giur., Roma, 1988

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