Codice Civile art. 1433 - Errore nella dichiarazione o nella sua trasmissione.Errore nella dichiarazione o nella sua trasmissione. [I]. Le disposizioni degli articoli precedenti si applicano anche al caso in cui l'errore cade sulla dichiarazione, o in cui la dichiarazione è stata inesattamente trasmessa dalla persona o dall'ufficio che ne era stato incaricato [2706]. InquadramentoLa norma in commento estende la disciplina dettata in tema di errore quale vizio della volontà anche all'errore cd. ostativo che consiste nella difformità fra la volontà, come stato soggettivo interno, e la sua manifestazione, e postula che entrambe si riferiscano allo stesso soggetto, ossia all'autore dell'atto volitivo (Cass. sez. lav., n. 274/2018). Si tratta, quindi, di un errore che non riguarda la formazione della volontà bensì la manifestazione della stessa Profili generaliSecondo la S.C. l'errore ostativo, o errore sulla dichiarazione, consiste in una falsa rappresentazione, per cui la parte attribuisce alla propria dichiarazione un significato diverso da quello che ha oggettivamente. La falsa conoscenza della realtà fa credere all'autore di operare un certo regolamento di interessi, mentre oggettivamente ne dichiara ed opera un altro. Per essere rilevante l'errore deve cadere sopra un elemento essenziale, che sia tale non soltanto di fronte al tipo astratto del negozio considerato nella sua funzione economico-sociale, ma anche con riferimento al dato negozio concreto, inquadrato nelle circostanze di fatto che vanno apprezzate nel loro valore determinante alla stregua delle comuni concezioni sociali (Cass. n. 567/1963). La difformità fra la volontà, come stato soggettivo interno, e la sua manifestazione postula che entrambe si riferiscano allo stesso soggetto, cioè all'autore dell'atto volitivo, anche quando questi si serva per la comunicazione di esso dell'opera di terzi (Cass. n. 274/2018; Cass. n. 961/1988; Cass. n. 206/1973). Non ogni errore che cade sulla dichiarazione è ostativo, potendo accadere che, nonostante l'errore, la dichiarazione negoziale di una delle parti venga intesa e accettata dall'altro contraente nella sua effettiva e reale portata: ciò è quanto si verifica quando risulti che, a cagione di un errore nella redazione di un testo, il contenuto del contratto, così come appare stipulato, non corrisponde al comune volere delle parti, quale può desumersi dal contratto medesimo e da ogni altro elemento utile allo scopo, con la conseguenza che, escludendosi in tal caso ogni ipotesi di invalidità del negozio, tutto si riduce ad un problema di interpretazione, da risolversi accordando prevalenza alla volontà delle parti (App. Roma 21 aprile 1986). Per altro, come posto più volte in rilievo in sede di legittimità, l'esigenza di conservazione del contratto presuppone una verifica giudiziale (di mero fatto ed in applicazione dei criteri generali dell'ermeneutica contrattuale) sulla estensione dell'effettiva e reale volontà delle parti, alla quale dovrà riconoscersi prevalenza — senza che sia possibile addivenire all'annullamento del contratto per errore ostativo, pur in presenza di erronea formulazione, redazione o trascrizione di elementi di fatto nel documento contrattuale — ove si identifichi un accordo effettivo e reale su tutti gli elementi del contratto, in primo luogo il suo oggetto, mentre, per contro, ove il contenuto apparente di singole clausole risulti diverso da quello realmente voluto dalle parti, dovrà ritenersi mancante il requisito dell'in idem placitum consensus, indispensabile per la configurabilità, sul punto, di un accordo contrattuale (Cass. III, n. 6116/2013, in Giust. civ., 2013, I, 2036, con osservazione di Adilardi). Si tratta, in altri termini, di distinguere la fattispecie dell'errore ostativo da quella del mero errore materiale nel contratto. L'errore ostativo di cui all'art. 1427 c.c. implica una divergenza tra volontà e manifestazione e conduce all'annullamento del negozio, novità, questa, introdotta con il codice del 1942, postulando quello del 1865, per esso, la più radicale sanzione della nullità. L'errore materiale presuppone, invece, la sussistenza di una pacifica e concorde volontà delle parti, per mero errore materiale disattesa dalla formale dichiarazione. In tal caso si rende necessaria l'applicazione del principio interpretativo generale della materia contrattuale (art. 1363 c.c.) secondo il quale, sulla lettera del contratto, deve prevalere la reale, comune, volontà dei contraenti (in questo senso, tra le altre, Cass. n. 19558/2003; Cass. n. 9127/1993; Cass. n. 5277/1986; Cass. n. 3018/1980; Cass. n. 5056/1978). È stato infatti precisato che ove il contenuto del contratto, così come risulta materialmente redatto, non corrisponda, quanto alle espressioni usate, alla comune, reale volontà delle parti, per erronea formulazione, redazione o trascrizione di elementi di fatto ad esso afferenti, deve ritenersi, ancorché la discordanza non emerga prima facie dalle tavole negoziali, che tale situazione non integri alcuna delle fattispecie dell'errore ostativo e che, di conseguenza, non trovi applicazione la normativa dettata in materia di annullamento del contratto per detto vizio, vertendosi, piuttosto, in tema di mero errore materiale, ricostruibile con ogni mezzo di prova, al di là della forma di volta in volta richiesta per il contratto cui afferisce, onde consentire al giudice la formazione di un corretto convincimento circa la reale ed effettiva volontà dei contraenti (Cass. II, n. 24208/2018) CasisticaIn tema di successioni ereditarie, benché l'art. 526 c.c. escluda l'impugnazione per errore della rinuncia all'eredità, ciò non impedisce che tale impugnazione sia ammessa in presenza di errore ostativo; detta fattispecie, peraltro, non ricorre quando la rinuncia sia avvenuta in base all'erronea convinzione di essere stato chiamato alla successione in qualità di erede legittimo anziché di erede testamentario, rimanendo tale ipotesi estranea a quella dell'errore sulla dichiarazione (Cass. II, n. 13735/2009, in Riv. not., 2010, n. 2, 493, con nota di Musolino). L'istanza intesa ad ottenere la ricongiunzione di periodi assicurativi presso l'ente previdenziale di appartenenza, ancorché in essa sia stato erroneamente indicato, quale fondamento normativo, l'art. 1, anziché l'art. 2 l. n. 29/1979, deve essere interpretata nel senso effettivamente voluto dall'istante, dovendosi qualificare l'errore riscontrato come ostativo ai sensi dell'art. 1433 c.c. in quanto incidente non sul processo di formazione della volontà ma sulla dichiarazione con caratteristiche di essenzialità e riconoscibilità (Corte Conti Sardegna sez. giurisd., 17 ottobre 2001, n. 1100). L'errore ostativo, che consiste nella difformità fra la volontà, come stato soggettivo interno, e la sua manifestazione, e postula che entrambe si riferiscano allo stesso soggetto, cioè all'autore dell'atto volitivo, anche quando questi si serva, per la comunicazione di esso, dell'opera di terzi, non è configurabile con riguardo al riempimento di foglio, firmato in bianco, in modo difforme da quello concordato, in cui il completamento della scrittura si attua con un atto volitivo (del riempitore), avente ad oggetto anche il suo contenuto, rispetto al quale la dichiarazione non presenta alcuna difformità: pertanto, comportando il riempimento contra pacta (che non esige la proposizione della querela di falso) una violazione dei limiti del mandato, compiuta dal riempitore (mandatario del sottoscrittore), l'indagine del giudice, ove sia in discussione solo l'efficacia probatoria della scrittura che si assume infedelmente completata, deve limitarsi all'accertamento della sussistenza o meno della difformità fra accordo di riempimento (e quindi volontà del sottoscrittore) e dichiarazione scritta quale di fatto venuta ad esistenza, senza che all'uopo sia necessaria la deduzione — in via di azione o di eccezione — dell'annullabilità della scrittura stessa (Cass. sez. lav., n. 961/1988). È inapplicabile la disciplina dell'errore, causa di annullamento del contratto, all'ipotesi in cui il Ministero delle Finanze abbia messo in vendita biglietti della lotteria istantanea «Sette e vinci» contenenti un errore di stampa, in quanto recanti una combinazione vincente in mancanza del codice di validazione riportato negli elenchi depositati preventivamente ed atti ad identificare i biglietti vincenti, in quanto non è configurabile un errore-motivo, attinente al momento formativo della volontà, né un errore ostativo, attinente al momento dichiarativo della volontà, ma un mero errore di stampa, privo di rilevanza (Cass. III, n. 8855/2007).. BibliografiaBarcellona, voce Errore (dir. priv.), in Enc. dir., Milano, 1966; Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Diritto civile, 1.1. e 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; Fedele, L'invalidità del negozio giuridico di diritto privato, Torino, 1983; Messineo, voce Annullabilità e annullamento (dir. priv.), in Enc. dir., Milano, 1958; Pietrobon, voce Errore (dir. civ.), in Enc. giur., Roma, 1988; Prosperetti, Contributo alla teoria dell'annullabilità del negozio giuridico, Milano, 1983; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1989; Tommasini, voce Annullabilità e annullamento (dir. priv.), in Enc. giur., Roma, 1988. |