Codice Civile art. 1436 - Violenza diretta contro terzi.Violenza diretta contro terzi. [I]. La violenza è causa di annullamento del contratto anche quando il male minacciato riguarda la persona o i beni del coniuge del contraente o di un discendente o ascendente di lui. [II]. Se il male minacciato riguarda altre persone, l'annullamento del contratto è rimesso alla prudente valutazione delle circostanze da parte del giudice. InquadramentoLa norma in esame chiarisce che la violenza può incidere sulla determinazione della volontà a contrarre, al punto da determinare l'annullamento del negozio giuridico, anche ove rivolta a terzi. Occorre a riguardo distinguere a seconda che si tratti di soggetti legati da uno stretto rapporto di parentela con il contraente nel senso che, ove detto rapporto sussista, la violenza rivolta nei confronti del terzo è senz'altro rilevante per l'annullamento del contratto, mentre nelle altre ipotesi l'annullamento è rimesso alla prudente valutazione del giudice La violenza nei confronti dei terziPertanto la norma, riferendosi al coniuge, agli ascendenti ed ai discendenti, introduce una presunzione di efficacia causale della minaccia, che può essere superata da un'adeguata prova contraria. Invece, qualora la minaccia riguardi persone diverse, colui che chiede l'annullamento dovrà provare l'efficacia causale della minaccia, mentre il giudice dovrà essere particolarmente cauto prima di considerare conseguita tale prova (Zaccaria, 1346). Anche il male diretto a terzi ulteriori rispetto a quelli indicati dal comma 1 deve essere ingiusto, notevole e serio onde determinare l'annullamento del contratto (Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, 678). Secondo la S.C. la prudente valutazione delle circostanze, rimessa al giudice di merito in tema di annullamento del contratto per violenza esercitata contro i terzi, presuppone l'accertamento positivo dell'ingiustizia del male minacciato al terzo. Pertanto, esclusa tale ingiustizia, viene meno la possibilità di esercitare quel potere di valutazione (Cass. n. 894/1959). In ogni caso, anche ai fini della pronuncia dell'annullamento del contratto per violenza rivolta contro terzi occorre dimostrare il nesso di causalità tra le violenze e il consenso prestato (Cass. I, n. 2176/1963). Si è affermato, poi, che sussiste la legittimazione ad agire di una società regolarmente costituita per l'annullamento di un contratto di compravendita per violenza rivolta non solo contro i suoi legali rappresentanti ma anche e principalmente contro terzi, potendosi tale torma di violenza far valere in giudizio, a norma dell'art. 1436 c.c., anche dal contraente che non abbia subito direttamente la violenza invalidante, salva però, in tale ipotesi, la valutazione delle circostanze da parte del giudice in ordine all'annullamento del contratto richiesto per tale vizio (Cass. I, n. 2176/1963).. BibliografiaBianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Diritto civile, 1.1. e 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; Criscuoli, Violenza fisica e violenza morale, in Riv. dir. civ., 1970, I, 135; Fedele, L'invalidità del negozio giuridico di diritto privato, Torino, 1983 Messineo, voce Annullabilità e annullamento (dir. priv.), in Enc. dir., Milano, 1958; Prosperetti, Contributo alla teoria dell'annullabilità del negozio giuridico, Milano, 1983; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1989; Tommasini, voce Annullabilità e annullamento (dir. priv.), in Enc. giur., Roma, 1988 |