Codice Civile art. 1872 - Modi di costituzione.

Caterina Costabile

Modi di costituzione.

[I]. La rendita vitalizia può essere costituita a titolo oneroso, mediante alienazione di un bene mobile o immobile [1862] o mediante cessione di capitale.

[II]. La rendita vitalizia può essere costituita anche per donazione [769 ss.] o per testamento [587 ss.], e in questo caso si osservano le norme stabilite dalla legge per tali atti.

Inquadramento

Il legislatore non fornisce la nozione della rendita vitalizia: l'art. 1872, infatti, ne individua solo i modi di costituzione (Dattilo, 853).

Nella sua accezione più ampia, con il negozio di rendita vitalizia un soggetto (vitaliziante) si obbliga ad effettuare a favore di un altro soggetto (vitaliziato) una prestazione periodica di dare avente ad oggetto denaro o altre cose fungibili, per tutta la durata della vita del beneficiario o di altro soggetto (cd. vita contemplata).

Anche la rendita vitalizia è riconducibile ai contratti di durata e, più specificamente, ai contratti ad esecuzione periodica.

La rendita vitalizia può essere costituita a titolo oneroso ovvero a titolo gratuito.

Il contratto di rendita vitalizia onerosa richiede la forma scritta ad substantiam sia nella forma della scrittura privata che in quella dell'atto pubblico (art. 1350 n. 10).

Se la rendita vitalizia è costituita a titolo gratuito, ovvero tramite donazione o testamento per la sua validità è necessaria l'osservanza delle forme previste dalla legge per tali atti.

Sia la dottrina che la giurisprudenza ritengono l'alea elemento essenziale del contratto oneroso di rendita vitalizia tant'è che il difetto di essa comporta la conseguente nullità del contratto.

Nella prassi si sono ampiamente sviluppate le figure del contratto di mantenimento e del vitalizio alimentare entrambi integranti contratti innominati ed atipici, distinti da quello nominato di rendita vitalizia.

Modalità di costituzione

La rendita vitalizia può essere costituita a titolo oneroso ovvero a titolo gratuito.

Nel primo caso, essa ha natura di contratto consensuale, a prestazioni corrispettive, aleatorio, postulando la necessità di una situazione di incertezza in ordine al vantaggio o svantaggio economico che potrà alternativamente realizzarsi nello svolgimento e nella durata del rapporto, con la conseguenza che la mancanza di alea (art. 1876 c.c.) rende nullo il contratto per difetto di causa (Cass. II, n. 19763/2005; Cass. II, n. 117/1999).

La rendita a titolo gratuito può essere costituita per testamento mediante lo strumento del legato con cui il testatore attribuisce al vitaliziato il diritto ad una determinata prestazione periodica nei confronti dell'onerato.

Viene all'uopo in rilievo l'art. 670 c.c. il quale, in tema di prestazioni periodiche dispone che il primo termine decorra dalla morte del testatore, che il legatario acquista il diritto a tutta la prestazione dovuta per il termine in corso e questo anche nell'ipotesi in cui fosse in vita soltanto al principio di esso. Il legato diviene tuttavia esigibile solo una volta scaduto il termine.

La rendita vitalizia a titolo gratuito inter vivos — a differenza di quella perpetua che si costituisce a mezzo donazione modale — si costituisce mediante donazione diretta.

Può essere, tuttavia, costituita anche mediante donazione indiretta, ovvero mediante un atto che pur non configurando una donazione tipica realizzi l'arricchimento di una persona senza suo sacrificio.

La rendita vitalizia trova titolo anche nella legge (assegno successorio a carattere vitalizio ex art. 548, comma 2, e assegno vitalizio ai figli nati fuori dal matrimonio ex artt. 580, e 594) e in provvedimenti giurisdizionali (art. 2057).

Oggetto e forma

Nella rendita vitalizia l'oggetto della prestazione può consistere nella cessione della proprietà di un immobile, di un diritto reale immobiliare (come l'usufrutto o la servitù), di un capitale o di un bene mobile.

Analogamente a quanto previsto in tema di rendita perpetua anche nella rendita vitalizia al trasferimento della proprietà si applicano le norme sulla vendita.

Il contratto, se si tratta di bene immobile o di mobile registrato, deve inoltre essere trascritto ai fini della pubblicità. Vale per il creditore la garanzia ipotecaria legale dell'alienante.

Quando, invece, la prestazione del vitalizio consiste nella trasmissione di una somma di denaro, non vi è ipoteca legale ma il debitore deve concedere ipoteca volontaria, pena la ripetibilità del capitale.

Il contratto di rendita vitalizia onerosa richiede la forma scritta ad substantiam sia nella forma della scrittura privata che in quella dell'atto pubblico (art. 1350 n. 10).

Se la rendita vitalizia è costituita a titolo gratuito, ovvero tramite donazione o testamento per la sua validità è necessaria l'osservanza delle forme previste dalla legge per tali atti.

Risulta, pertanto, necessario l'atto pubblico ad substantiam per la donazione diretta (art. 782), mentre quella indiretta non richiede l'atto pubblico ma solo il rispetto della forma scritta se attiene ad immobili.

Le rendite vitalizie costituite a titolo gratuito sono soggette alle disposizioni in tema di riduzione e collazione (artt. 555 e 737).

L'alea

Sia la dottrina che la giurisprudenza ritengono l'alea elemento essenziale del contratto oneroso di rendita vitalizia tant'è che il difetto di essa comporta la conseguente nullità del contratto.

Per giurisprudenza univoca e consolidata l'alea viene in evidenza sotto un duplice profilo: a) come entità economica la quale deve superare l'importo dei frutti e degli utili ricavabili dall'immobile ceduto; b) con riferimento alla persona del vitaliziante è da porre in relazione al carattere di obiettiva incertezza legato alla possibilità di sopravvivenza del medesimo, in mancanza il contratto è affetto da nullità (Cass. II, n. 117/1999).

In ordine all'accertamento dell'alea nella rendita vitalizia — la cui mancanza, trattandosi di elemento essenziale del contratto, ne determina la nullità — la S.C. ha ritenuto necessario verificare, sulla base delle pattuizioni negoziali, se sussisteva o meno tra le parti il requisito della «equivalenza del rischio», cioè se al momento della conclusione del contratto era configurabile per il vitaliziato ed il vitaliziante una uguale probabilità di guadagno o di perdita, dovendosi tenere conto, a tal fine, con riferimento alle prestazioni delle parti, sia dell'entità della rendita che della presumibile durata della stessa, in relazione alla possibilità di sopravvivenza del beneficiario. Ne consegue che l'alea deve ritenersi mancante e, per l'effetto, nullo il contratto se, per l'età e le condizioni di salute del vitaliziato, già al momento del contratto era prefigurabile, con ragionevole certezza, il tempo del suo decesso e quindi possibile calcolare, per entrambe le parti, guadagni e perdite (Cass. II, n. 19763/2005).

Il contratto di mantenimento

Secondo la definizione elaborata dalla dottrina con il contratto di mantenimento una parte conferisce all'altra il diritto di esigere vita natural durante di essere mantenuta quale corrispettivo della alienazione di un bene mobile o immobile o della cessione di un capitale (Calò, 1165).

Il contratto di mantenimento viene pacificamente qualificato come un contratto innominato ed atipico e non come species della rendita vitalizia.

La giurisprudenza ha evidenziato che l'aleatorietà costituisce elemento essenziale del contratto di mantenimento, denominato anche vitalizio assistenziale (Cass. II, n. 15904/2016; Cass. VI, n. 4533/2015; Cass. II, n. 7479/2013).

L'individuazione dell'aleatorietà postula la comparazione delle prestazioni sulla base di dati omogenei — quali la capitalizzazione della rendita reale del bene-capitale trasferito e la capitalizzazione delle rendite e delle utilità periodiche dovute nel complesso dal vitaliziante — secondo un giudizio di presumibile equivalenza o di palese sproporzione che va riferito al momento di conclusione del contratto ed al grado ed ai limiti di obiettiva incertezza, sussistenti a detta epoca, circa la durata della vita e le esigenze assistenziali del vitaliziato (Cass. II, n. 32439/2023; Cass. II, 3932/2016; Cass. II, n. 15848/2011).

L'alea va, difatti, valutata in funzione della incertezza obiettiva iniziale della vita contemplata e della conseguente uguale incertezza in ordine al rapporto tra il valore complessivo delle prestazioni dovute dal vitaliziante (dipendenti non soltanto dalla sopravvivenza del beneficiario, ma anche dalle sue condizioni di salute, il cui peggioramento implica un aggravio delle cure) ed il valore del cespite patrimoniale ceduto in corrispettivo del vitalizio (Cass. II, n. 19214/2016).

In particolare, la S.C. ha statuito che il contratto di vitalizio assistenziale deve reputarsi nullo per difetto di alea, con riferimento all'età e allo stato di salute, soltanto se, al momento della conclusione, il beneficiario era affetto da malattia che, per natura e gravità, rendeva estremamente probabile un rapido esito letale, la quale ne abbia in effetti provocato la morte dopo breve tempo, o se questi aveva un'età talmente avanzata da non poter certamente sopravvivere, anche secondo le previsioni più ottimistiche, oltre un arco di tempo determinabile (Cass. II, n. 25624/2017; Cass. II, n. 19214/2016).

La giurisprudenza reputa che, ai fini dell'accertamento della simulazione di un contratto atipico di mantenimento (denominato anche vitalizio assistenziale), in quanto dissimulante una donazione, l'elemento essenziale della aleatorietà va valutato in relazione al momento della conclusione del contratto, essendo lo stesso caratterizzato dalla incertezza obiettiva iniziale in ordine alla durata di vita del vitaliziato e dalla correlativa eguale incertezza del rapporto tra il valore complessivo delle prestazioni dovute dal vitaliziante, legate alle esigenze assistenziali del vitaliziato, e il valore del cespite patrimoniale ceduto in corrispettivo del vitalizio, potendosi, peraltro, ritenere presuntivamente provato lo spirito di liberalità, tipico della dissimulata donazione, proprio tramite la verifica della originaria sproporzione tra le prestazioni (Cass. II, n. 15904/2016; Cass. II, n. 3932/2016; Cass. II, n. 7479/2013).

Il vitalizio alimentare

Altra figura negoziale sviluppatasi nella prassi è quella del vitalizio alimentare, che è un contratto con cui un soggetto si obbliga nei confronti di un altro a corrispondergli vita natural durante gli alimenti (da intendersi comprensivi di vitto, alloggio e vestiario) avuto riguardo al tenore di vita del vitaliziato in relazione alla somministrazione del necessario per la vita del beneficiario e del suo stato di bisogno (in ciò distinguendosi dal mantenimento che si sostanzia in una prestazione quantitativamente e qualitativamente più ampia).

La giurisprudenza qualifica il vitalizio alimentare come un contratto innominato ed atipico, distinto da quello nominato di rendita vitalizia di cui all'art. 1872, sulla premessa che i due negozi, omogenei quanto al profilo della aleatorietà, si differenziano perché nella rendita alimentare, le obbligazioni dedotte nel rapporto hanno ad oggetto prestazioni assistenziali di dare prevalentemente fungibili (e quindi, assoggettabili, quanto alla relativa regolamentazione, alla disciplina degli obblighi alimentari dettata dall'art. 433), mentre nel vitalizio alimentare le obbligazioni contrattuali hanno come contenuto prestazioni (di fare e dare) di carattere accentuatamente spirituale e, in ragione di ciò, eseguibili unicamente da un vitaliziante specificatamente individuato (Cass. II, n. 27914/2017; Cass. II, n. 22009/2016).

Per tale ragione di ritiene applicabile al vitalizio alimentare il generale rimedio della risoluzione, espressamente esclusa, per converso, con riferimento alla rendita vitalizia dall'art. 1878 (Cass. II, 8209/2016; Cass. II, n. 10859/2010; Cass. III, n. 6395/2004).

Il contratto atipico di vitalizio improprio o assistenziale si differenzia dalla donazione per l'elemento dell'aleatorietà, essendo caratterizzato dall'incertezza obiettiva iniziale circa la durata di vita del beneficiario e il conseguente rapporto tra valore complessivo delle prestazioni dovute dall'obbligato e valore dei cespiti patrimoniali cedutigli in corrispettivo, per cui, quando non sia accertata un'obiettiva sproporzione tra valore e rendita, deve ritenersi validamente concluso un contratto di vitalizio, ancorché improprio (Cass. II, n, 5363/2022).

Ai fini della configurabilità del contratto atipico di vitalizio alimentare, i giudici di legittimità non hanno ritenuto d'ostacolo la previsione che l'assistenza possa essere fornita dagli eredi o aventi causa del contraente, atteso che l'infungibilità della prestazione, che caratterizza il detto contratto, va riferita alla sua insostituibilità con una prestazione in denaro ed alla correlata incoercibilità (Cass. VI, n. 9764/2012).

Risulta, inoltre, pacifico in giurisprudenza che il contratto di vitalizio alimentare è nullo per mancanza di alea ove, al momento della sua conclusione, il beneficiario sia affetto da malattia che, per natura e gravità, renda estremamente probabile un esito letale e ne provochi la morte dopo breve tempo o abbia un'età talmente avanzata da non poter certamente sopravvivere oltre un arco di tempo determinabile (Cass. II, n. 25624/2017; Cass. II, n. 19214/2016).

Prescrizione

Con riferimento al contratto di rendita vitalizia il legislatore ha stabilito una prescrizione ordinaria di dieci anni per il rapporto unitariamente considerato (art. 2946 c.c.) ed una prescrizione più breve di cinque anni per le singole prestazioni (art. 2948, comma 1, n. 1 c.c.).

Pertanto, l'inerzia decennale del creditore nel pretendere la prestazione produce l'estinzione per prescrizione del diritto ad ottenerla unicamente laddove essa concerna il diritto unitariamente inteso alla rendita stessa, mentre trova applicazione il termine breve di cinque anni allorché il diritto di cui sia omesso l'esercizio riguardi il pagamento di uno o più ratei scaduti (Cass. I, n. 1338/2012).

Bibliografia

Calò, Contratto di mantenimento e proprietà temporanea, in Foro it., 1989, I, 1, 1165; Dattilo, voce Rendita (dir. priv.), in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1988; Gardella Tedeschi, Vitalizio, in Dig. civ., Torino, 1999; Lener, voce Vitalizio, in Nss. D.I., Torino, XX, 1975.

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