Codice Civile art. 1493 - Effetti della risoluzione del contratto.Effetti della risoluzione del contratto. [I]. In caso di risoluzione del contratto il venditore deve restituire il prezzo e rimborsare al compratore le spese e i pagamenti legittimamente fatti per la vendita [1475]. [II]. Il compratore deve restituire la cosa, se questa non è perita in conseguenza dei vizi. InquadramentoGli effetti restitutori previsti, nell'ambito della garanzia per vizi della cosa venduta, dalla norma in esame sono da regolare secondo le disposizioni sull'indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., e consistono nella restituzione della cosa e dei suoi frutti, nonché nell'accredito al possessore di determinati rimborsi, in relazione al suo stato soggettivo di buona o mala fede (artt. 2040, 821 e 1149 c.c.). Il giudice non può, però, emettere d'ufficio provvedimenti restitutori che non siano stati richiesti dalla parte interessata (Cass. III, n. 3533/1972). In senso contrario, si è, invece, ritenuto che l'accoglimento della domanda di risoluzione comporti comunque, per l'acquirente, l'obbligo ex lege, ai sensi della norma in esame, di restituzione della cosa eventualmente ricevuta, senza che sia, all'uopo, necessaria alcuna specifica pronuncia da parte del giudice di merito adito (Cass. II, n. 2566/2003). In termini generali, invece, si è affermato, più recentemente, che la risoluzione del contratto, pur comportando, per l'effetto retroattivo sancito dall'art. 1458 c.c., l'obbligo del contraente di restituire la prestazione ricevuta, non autorizza il giudice ad emettere il provvedimento restitutorio in assenza di domanda dell'altro contraente, atteso che rientra nell'autonomia delle parti disporre degli effetti della risoluzione, chiedendo, o meno, la restituzione della prestazione rimasta senza causa (Cass. III, n. 2075/2013; Cass. S.U., n. 14828/2012). Restituzione del prezzo e rimborso delle speseL'obbligo di restituzione non ha natura risarcitoria, ma è la conseguenza del venir meno o della riduzione del titolo in forza del quale era stata eseguita la prestazione del prezzo (Bianca, 974). Al compratore devono essere rimborsate tutte le spese e i pagamenti sostenuti per la vendita, nonché le spese necessarie ed utili fatte per la cosa restituita, pur se non menzionate nella norma in esame (vedi anche sub art. 1479 c.c., 2): la dottrina, invero, ne ammette il rimborso o invocando l'analogia con la garanzia per evizione ex art. 1483 c.c. (Rubino, 816) o applicando la regola del possesso di buona fede ex art. 1150 c.c. (Greco, Cottino, 269). Le spese voluttuarie si ritengono rimborsabili solo quando vi sia stato inadempimento doloso del venditore; mentre non sono rimborsabili i frutti separati fino al giorno della proposizione della domanda di risoluzione (Bianca, 975; Mirabelli, 107). Anche la giurisprudenza ha ritenuto che, per effetto della garanzia cui è tenuto il venditore, il compratore di cosa affetta da vizi, il quale si avvalga del rimedio risolutorio, è esonerato dalla restituzione dei frutti eventualmente percepiti prima della domanda nonché dal pagamento di un corrispettivo per il godimento diretto della cosa, anche qualora vi sia stato deterioramento per la marginale utilizzazione della cosa resasi in ipotesi possibile malgrado la sua inidoneità all'uso previsto (Cass. III, n. 1745/1969). Tuttavia, nel caso di risoluzione di un preliminare di vendita per inadempimento del promittente venditore, si è riconosciuto l'obbligo del promissario acquirente di corrispondere l'equivalente pecuniario dell'uso e del godimento del bene negoziato, che gli sia stato consegnato anticipatamente, per il tempo compreso tra la consegna e la restituzione del medesimo (Cass. II, n. 28381/2017). L'obbligo di restituzione del prezzo ha natura di debito di valuta, avente per oggetto l'originaria prestazione pecuniaria (del tutto distinto dal risarcimento del danno spettante in ogni caso all'adempiente: Cass. II, n. 725/1995), e deve essere quindi esclusa la sua automatica rivalutazione, trovando applicazione la disciplina di cui all'art. 1224 c.c. (Cass. S.U., n. 12942/1992). Sulla somma di denaro versata in esecuzione del contratto decorrono interessi, di natura compensativa, dalla data del pagamento (Cass. II, n. 447/1991). Anche di recente, partendo dal rilievo per cui la sentenza di risoluzione per inadempimento con riguardo alle prestazioni da eseguire produce un effetto liberatorio ex nunc e rispetto alle prestazioni già eseguite un effetto recuperatorio ex tunc, ad eccezione dei contratti ad esecuzione continuata e periodica, si è ribadito che, in caso di risoluzione di un contratto di vendita per inadempimento del venditore, questi è tenuto a restituire le somme ricevute con gli interessi legali a decorrere dal giorno in cui le stesse somme gli furono consegnate dall'acquirente (Cass. III, n. 19659/2014, in ordine al preliminare di vendita; Cass. III, n. 4604/2008). In senso contrario, invece, si è sostenuto, in termini generali, che se l'obbligo restitutorio ex art. 1458 c.c. ha per oggetto somme di denaro, il ricevente è tenuto a restituirle maggiorate degli interessi calcolati dal giorno della domanda di risoluzione e non da quello in cui la prestazione pecuniaria venne eseguita dall'altro contraente (Cass. I, n. 6911/2018). Anche secondo la dottrina gli interessi decorrono dal giorno in cui il compratore risolve o dichiara giudizialmente di risolvere il contratto (Bianca, 974; Rubino, 815 ss., secondo cui sono dovuti dal giorno della domanda giudiziale tanto gli interessi quanto, da parte del compratore, i frutti). L'obbligo di restituzione del prezzo grava esclusivamente sul compratore che tale prezzo abbia ricevuto, e che è tenuto a risponderne verso la controparte per l'intero, a nulla rilevando che parte di esso sia stata percepita da terzi, in ragione di rapporti intercorrenti tra i medesimi ed il contraente obbligato alla restituzione (Cass. II, n. 5309/1998). Inoltre, nella somma che il venditore è tenuto a restituire sono compresi gli interessi corrisposti dall'acquirente per il pagamento dilazionato del prezzo (Cass. II, n. 12759/1993). Quanto ai frutti della cosa venduta, se trattasi di frutti successivi alla domanda di risoluzione, questi non spettano all'acquirente, in quanto la domanda di risoluzione implica rinuncia definitiva alla prestazione del venditore (Cass. II, n. 5063/1993). Restituzione della cosaGrava sul compratore l'obbligo di restituire la cosa (regolato dalle norme sull'indebito oggettivo: Cass. II, n. 267/2013), salvo che questa sia perita in conseguenza dei vizi dai quali era affetta sia nel corso del giudizio di risoluzione, sia prima del suo inizio (Rubino, 816). Pertanto, qualora la compravendita venga risolta per i vizi della cosa venduta, il perimento della cosa e la conseguente impossibilità di restituzione della medesima restano a carico dell'alienante, il quale potrà pretendere unicamente la differenza tra i vantaggi ritratti eventualmente dall'acquirente in relazione al perimento stesso e il danno subito dall'acquirente medesimo per la risoluzione del contratto (Cass. II, n. 3724/1978, in relazione ad un caso in cui i giudici di merito, dopo aver risolta una compravendita di animali che erano risultati affetti da malattia, avevano compensato il credito dell'acquirente per i danni derivanti dalla risoluzione del contratto con le somme ricavate dalla macellazione degli animali acquistati). L'acquirente di un immobile, in caso di risoluzione del contratto di compravendita pronunciata per sua colpa, è tenuto al risarcimento del danno per la mancata disponibilità del bene fino alla restituzione, a nulla rilevando che il venditore abbia tardato a chiederne la riconsegna e che l'immobile restituito abbia medio tempore acquistato un maggior valore di mercato, giacché la compensatio lucri cum damno postula che il vantaggio patrimoniale conseguito dal soggetto danneggiato costituisca una conseguenza immediata dell'inadempimento o del comportamento illecito, mentre tale immediatezza manca quando l'incremento patrimoniale di cui si chieda la detrazione dal pregiudizio derivato al danneggiato sia riferibile ad una particolare condizione della cosa di cui ricorreva l'obbligo della riconsegna (Cass. II, n. 139/1993). BibliografiaAngelici, Consegna e proprietà nella vendita internazionale, Milano, 1979; Auricchio, La individuazione dei beni immobili, Napoli, 1960; Bianca, La vendita e la permuta, in Trattato Vas., 1993; Bonfante, Il contratto di vendita, in Trattato Galgano, 1991; De Tilla, La vendita, Milano, 1999; Greco, Cottino, Vendita in Comm. S.-B.,, 1981; Luminoso, I contratti tipici e atipici, in Tr. I.-Z., 1995; Macario, voce Vendita, Profili generali, in Enc. giur., 1994; Mengoni, Profili di una revisione della teoria sulla garanzia per i vizi nella vendita, in Studi in onore di De Gregorio, Città di Castello, 1955; Mirabelli, Della vendita, in Comm. UTET, 1991; Oliviero, La riduzione del prezzo nel contratto di compravendita; Romano, Vendita, in Trattato Grosso e Santoro-Passarelli, 1960; Rubino, La compravendita, in Trattato Cicu-Messineo, 1971; Terranova, voce Redibitoria (azione), in Enc. giur., 1991 |