Codice Civile art. 1510 - Luogo della consegna.

Cesare Taraschi

Luogo della consegna.

[I]. In mancanza di patto o di uso contrario, la consegna della cosa deve avvenire nel luogo dove questa si trovava al tempo della vendita, se le parti ne erano a conoscenza [1182 2], ovvero nel luogo dove il venditore aveva il suo domicilio o la sede dell'impresa.

[II]. Salvo patto o uso contrario, se la cosa venduta deve essere trasportata da un luogo all'altro, il venditore si libera dall'obbligo della consegna rimettendo la cosa al vettore [1678 ss.] o allo spedizioniere [1737 ss.]; le spese del trasporto sono a carico del compratore [1475].

Inquadramento

Il comma 1 della norma in esame costituisce un'applicazione concreta del principio normativo enunciato dall'art. 1182, comma 2 c.c. (Cass. III, n. 4536/1993).

Tale regola generale viene limitata alla sola ipotesi in cui il luogo era conosciuto da entrambe le parti (requisito non previsto, però, nel comma 2 dell'art. 1182 c.c.) (Mirabelli, 143). In mancanza, la consegna deve essere eseguita nel luogo dove il venditore aveva il domicilio se questi non esercita un'impresa o, altrimenti, nel luogo della sede di quest'ultima al tempo della vendita (e non al tempo della scadenza, come invece previsto dall'art. 1182, comma 4 c.c.) (Carpino, 279; Greco, Cottino, 358).

Il patto contrario non può essere ravvisato nella semplice indicazione, contenuta nel contratto, del domicilio del destinatario, dovendosi ritenere che la previsione di tale indicazione abbia il solo scopo di consentire al vettore l'adempimento della sua prestazione (Cass. II, n. 1912/1986).

La norma in esame si riferisce alla vendita di cose specifiche, ma l'assenza di una previsione normativa esplicita in questo senso induce a ritenere che il medesimo criterio sia applicabile alla vendita di magazzino (in cui l'alienante si impegna entro i limiti delle giacenze disponibili), di genere limitato (ossia di cose che devono essere scelte in una determinata massa) e di cose future, sempre che le parti siano a conoscenza del luogo dove si trovi la massa alla quale attingere o dove la cosa verrà ad esistenza (Carpino, 278). In particolare, nella vendita di cosa generica da trasportare, la consegna al vettore o allo spedizioniere vale come individuazione ex art. 1378 c.c. (Mirabelli, 143; Carpino, 279).

Nel caso di risoluzione consensuale di una vendita quando la cosa è già pervenuta nelle mani del compratore, il luogo di riconsegna al venditore è quello in cui la cosa si trova nel momento della risoluzione consensuale, cioè il luogo del domicilio del compratore (Cass. III, n. 4536/1993).

Vendita con spedizione

Nella vendita con spedizione, da considerarsi come ipotesi normale in base alla presunzione iuris tantum stabilita dal comma 2 della norma in esame, quando si tratti di vendita di cosa da trasportarsi da un luogo ad un altro, la consegna della cosa venduta si considera effettuata nel luogo in cui la cosa è rimessa al vettore o allo spedizioniere (Cass. III, n. 2817/1999), sicché, per configurare una «vendita con consegna all'arrivo», occorrono elementi, precisi e univoci, atti a dimostrare il patto di deroga; a tal fine, è insufficiente la stipulazione della clausola «porto franco», perché questa esonera l'acquirente dalle spese di trasporto, ma non lo solleva dai rischi del medesimo (Cass. II, n. 16961/2014). Spetta, però, al venditore provare la consegna della merce al trasportatore, che dev'essere perciò esattamente identificabile (Cass. II, n. 10343/2014). In ogni caso, la consegna al vettore presuppone l'avvenuta conclusione di un contratto di compravendita o, almeno, il ricevimento di una proposta (in questo caso, la consegna potrebbe valere come accettazione ex art. 1327 c.c.), mentre non è possibile presumere, sulla base della sola consegna della merce al trasportatore, l'esistenza di una proposta proveniente dal destinatario (Cass. II, n. 16182/2013).

Con la consegna della merce al vettore o allo spedizioniere, il venditore trasferisce all'acquirente — salvo patto contrario — la proprietà dei beni medesimi e, quindi, il rischio connesso al loro perimento (Cass. VI-I, n. 19719/2020). Ne consegue che la qualità di assicurato avente diritto all'indennizzo, nel contratto di assicurazione per conto di chi spetta (art. 1891 c.c.), è rivestita non dal venditore ma dall'acquirente (Cass. III, n. 13377/2018), e l'assicuratore del venditore, se indennizza il proprio assicurato per il fatto verificatosi dopo la consegna della merce al vettore, paga male, e non può agire in surrogazione nei confronti del responsabile del danno (Cass. III, n. 13957/1999).

Se la vendita ha per oggetto un genus, il compratore acquista la proprietà della cosa alienatagli e ne assume i rischi relativi attraverso l'individuazione fatta dal venditore con la consegna della merce al vettore o allo spedizioniere (sicché il compratore ha facoltà di agire contro il vettore in caso di perdita della merce durante il viaggio: Cass. III, n. 4344/2001), quando si tratta di spedizione destinata unicamente al compratore medesimo o quando si tratti di più spedizioni di lotti separati materialmente l'uno dall'altro, distinti per ciascun destinatario compratore. Quando invece la partita venduta sia stata spedita dal venditore alla rinfusa ai vari compratori, senza distinzione di lotti, il venditore non si libera con la consegna al vettore, ma con la specificazione da eseguirsi all'arrivo con la separazione delle singole partite, per la consegna al compratore (Cass. II, n. 8345/1990).

In generale, si ritiene che l'individuazione delle cose debba essere fatta in presenza e col concorso di entrambe le parti o di loro rappresentanti. Non è sufficiente, ai fini predetti, un'iniziativa unilaterale del venditore consistente nell'invio, per conoscenza, all'acquirente di disposizioni impartite dal venditore al depositario, atteso che la proposta di un accordo per l'individuazione della merce venduta, caricata alla rinfusa, insieme ad un maggior quantitativo destinato ad altri acquirenti, può ritenersi tacitamente accettata solo in presenza di un comportamento inequivoco del suo destinatario, che appaia incompatibile con una volontà contraria, e non invece in presenza di un comportamento inerte del medesimo destinatario (Cass. I, n. 8861/1996).

Nella vendita con spedizione, il contratto di trasporto si inserisce autonomamente nella vicenda contrattuale come modalità esecutiva di essa ed il venditore si fa sostituire nella prestazione di consegnare la cosa, con effetto liberatorio, dal vettore e dallo spedizioniere che assumono, così, la veste di ausiliari ex lege del compratore, a prescindere da una effettiva volontà di quest'ultimo in tal senso: pertanto, il venditore, salvo espresso patto contrario, non risponde dell'inadempimento del vettore, non trovando applicazione l'art. 1228 c.c. (Cass. III, n. 2084/2014).

Proprio in relazione ai rapporti tra vendita e trasporto si è, però, precisato che la previsione del comma 2 dell'articolo in esame - secondo cui, salvo patto o uso contrario, se la cosa venduta deve essere trasportata da un luogo all'altro, il venditore si libera dall'obbligo di consegna rimettendo la cosa al vettore o allo spedizioniere - costituisce una norma speciale applicabile solo in tema di vendita a distanza di cose mobili, rispetto alla quale il contratto di trasporto costituisce mera modalità esecutiva; ne consegue che, al di fuori di tale figura contrattuale, il vettore deve essere considerato terzo ausiliario del debitore-mittente, il quale, in caso di perdita o avaria (totale o parziale), risponde verso il creditore-destinatario del fatto doloso o colposo del vettore (Cass. II, n. 782/2020, in relazione ad un contratto di fornitura di gasolio).

Sul venditore grava, invece, la responsabilità per quanto attiene alla sua attività come mittente: ad es., per aver scelto un vettore o spedizioniere inidoneo, per aver dato istruzioni inesatte, per non aver curato diligentemente la consegna della cosa, per essersi avvalso di un vettore o spedizioniere diverso da quello indicato nel contratto (Cass. II, n. 1381/1994). In proposito, grava sul venditore l'onere della prova di aver consegnato tutta la merce pattuita al vettore (Cass. II, n. 1300/1998, secondo cui tale prova non può essere costituita dalla fattura di accompagnamento dei pacchi sottoscritta dal compratore e restituita al vettore o allo spedizioniere al momento della loro ricezione e prima della loro apertura, dato che tale fattura fornisce la prova dell'avvenuta ricezione dei pacchi stessi e, mancando una riserva, anche dell'integrità del loro imballaggio, ma non del loro contenuto).

Il comma 2 della norma in esame non trova applicazione neanche allorquando si faccia questione, non del valore liberatorio della consegna avvenuta mediante rimessione della cosa al vettore o allo spedizioniere, ma dell'adempimento o meno del venditore in relazione alla consegna della merce nella quantità pattuita (Cass. II, n. 1742/1987) ovvero, quando si controverta sull'obbligo del venditore di consegnare tutta la merce oggetto della vendita, nella quantità convenuta quando questa è contenuta in pacchi imballati (Cass. II, n. 1300/1998).

Con la clausola «franco partenza», il venditore non garantisce che la merce giunga integra a destinazione, ma risponde solamente della sua integrità al momento della consegna al vettore (Cass. II, n. 25423/2013); pertanto, il venditore con la consegna della merce al vettore si libera nei confronti dell'acquirente solo dell'obbligazione di consegna della cosa venduta, permanendo per contro a suo carico la garanzia per i vizi della stessa, non imputabili al trasporto, che gli vengano denunziati nei termini prescritti, senza che l'operatività di tale garanzia sia condizionata all'assolvimento da parte del destinatario della merce di un onere di preventiva denunzia al vettore di tali vizi, estranei alla responsabilità di quest'ultimo (Cass. II, n. 9883/1996).

Tuttavia, il venditore — mittente, anche dopo la rimessione delle cose al vettore, conserva la titolarità dei diritti nascenti dal contratto di trasporto, ivi compreso quello al risarcimento del danno da inadempimento, fino al momento in cui, arrivate le merci a destinazione (o scaduto il termine entro il quale esse sarebbero dovute arrivare), il destinatario non ne richieda la riconsegna al vettore ex art. 1689, comma 1 c.c. (Cass. III, n. 31067/2019; Cass. III, n. 553/2012; Cass. III, n. 24400/2010, secondo cui la legittimazione a domandare il risarcimento del danno per inesatto adempimento nei confronti del vettore spetta, alternativamente, al destinatario od al mittente, a seconda che i danni abbiano esplicato i loro effetti nella sfera patrimoniale dell'uno o dell'altro).

Il comma 2 dell'art. 1510 c.c. è applicabile anche ad altre figure negoziali da cui, comunque, scaturisca l'obbligo di consegna o restituzione della cosa: è comunque fatto salvo il patto contrario, come nel caso in cui, in virtù di accordo, la parte si sia obbligata non semplicemente alla restituzione della merce, ma alla riconsegna di essa al domicilio della controparte, nel qual caso l'obbligazione è da ritenere adempiuta se e nel momento in cui il vettore riconsegna le cose al destinatario, per cui, in mancanza, il mittente risponde del fatto colposo del vettore (Cass. III, n. 4331/1993).

Competenza territoriale

La determinazione del luogo di consegna è rilevante al fine di stabilire la competenza territoriale: trattandosi di compravendita di cosa che deve essere trasportata da un luogo ad un altro, questa viene individuata, come luogo di esecuzione dell'obbligazione del venditore ex art. 20 c.p.c. (forum destinatae solutionis), nel luogo in cui è avvenuta la consegna al vettore o allo spedizioniere (Cass. II, n. 2444/1994).

Se, invece, si agisce per l'inadempimento del vettore, competente è il giudice del luogo di arrivo (Carpino, 281).

Nelle vendite da piazza a piazza stipulate fra commercianti ed aventi per oggetto merce per sua natura destinata al commercio, ogni qual volta l'ordinazione venga fatta mediante moduli di commissione predisposti da parte venditrice, ai fini della conclusione del contratto, basta che ne sia data esecuzione, consegnando la merce al vettore e allo spedizioniere per l'inoltro all'acquirente. Ne consegue che, qualora non vi sia prova di una preventiva risposta di accettazione, luogo di conclusione del contratto, per la determinazione della competenza territoriale, è quello in cui è avvenuta la detta consegna (Cass. III, n. 453/2007), senza che rilevi, ai fini della determinazione della competenza per territorio, l'assunzione del rischio o delle spese di trasporto, oppure che sia fatta valere la garanzia per vizi della cosa (Cass. II, n. 1057/2005; Cass. II, n. 16338/2004).

In particolare, il luogo di adempimento dell'obbligo di consegnare un macchinario industriale da montare e collaudare va ravvisato nel domicilio del compratore nell'ipotesi in cui le parti abbiano previsto che il venditore compia il montaggio ed il collaudo nello stabilimento del compratore medesimo; tale luogo, invece, ai fini della competenza per territorio, coincide con il domicilio del venditore qualora sia provata la consegna della merce a vettori di volta in volta incaricati del trasporto (Cass. VI-II, n. 11811/2018) oppure qualora le parti abbiano pattuito che montaggio e collaudo debbano realizzarsi presso il domicilio del medesimo venditore, a nulla rilevando che dopo il collaudo il macchinario sia stato smontato per il trasferimento presso il compratore, ed ivi il venditore abbia prestato la propria assistenza per un nuovo e definitivo montaggio (Cass. III, n. 15019/2008).

Spese del trasporto

L'inciso finale del comma 2 della norma in esame pone a carico del compratore le spese del trasporto. Esse comprendono, oltre ai costi del viaggio, quelle relative all'imballaggio, ai dazi, dogane e pedaggi, al compenso dovuto al vettore, mentre non vi rientra il compenso spettante allo spedizioniere essendo questi ausiliario del venditore (Carpino, 281). Tali spese devono di regola essere rimborsate dal compratore anche qualora il venditore provveda al trasporto mediante la propria organizzazione (Bianca, 499).

La disciplina legale delle spese di trasporto può essere modificata attraverso clausole, come, ad es., quella «franco consegna», che addossa al venditore le spese del trasporto e della spedizione; se la clausola «franco» è abbinata ad un determinato luogo — es., «franco domicilio», «franco arrivo», «cif» («all'imbarco»), «fob» (“franco a bordo»: Cass. III, n. 15389/2002), «fas» (“franco banchina») — essa ha il significato di addossare all'alienante tutte le spese richieste per lo spostamento del bene fino al luogo indicato. Tali clausole, tuttavia, non incidono sulle modalità della consegna e sui rischi del trasporto, che continuano ad essere assoggettati alla disciplina comune. In particolare, la clausola «franco arrivo» non ha carattere derogatorio, non dimostrando, di per sé, alcuna effettiva intenzione delle parti di sottrarre il rapporto all'operatività della previsione normativa sull'adempimento dell'obbligazione del venditore, che si reputa comunque adempiuta con la rimessione della merce al vettore o allo spedizioniere (Cass. S.U., n. 892/1995); anche la pattuizione della clausola «cif» comporta l'assunzione da parte del venditore del costo del trasporto e degli oneri connessi, ma non implica di per sè lo spostamento convenzionale del luogo di consegna (Cass. III, n. 15905/2011); resta comunque salva la prova contraria, specie ove ricorrano elementi precisi e univoci atti a dimostrare una volontà derogatoria alle regole proprie della vendita con spedizione (Cass. II, n. 3719/1985).

Secondo una parte della dottrina (Bocchini, 595), invece, la pattuizione di un prezzo onnicomprensivo per la collocazione a destino della merce (clausola «franco destino») integra, di per sé, una volontà di deroga, tranne che elementi precisi e univoci non militino in senso contrario, e pertanto sarà onere del venditore fornire nel caso concreto la prova contraria.

Anche in dottrina si è sostenuto che quando è stipulata la clausola «consegna all'arrivo» (nel qual caso la consegna avrà luogo solo dopo l'esecuzione del trasporto), viene modificata la disciplina legale solo per quanto concerne il luogo ed il momento della consegna, ma senza derogare al principio dell'individuazione e del passaggio dei rischi (per il perimento fortuito della cosa) mediante la consegna al vettore (Carpino, 282; Greco, Cottino, 362; contra Bianca, 497, secondo cui, se si tratta di cose generiche, l'individuazione, e quindi l'effetto traslativo, si ha al luogo di arrivo, mentre, se si tratta di cose specifiche, la dilazione della consegna non incide sul trasferimento del rischio).

Il patto in base al quale le spese di trasporto della merce devono essere sopportate dal venditore non modifica, comunque, la posizione del compratore nei confronti del vettore, posto che il compratore rimane obbligato a pagare il corrispettivo a quest'ultimo, essendo a ciò obbligato ex lege, e non essendo il patto relativo alle spese di trasporto opponibile al vettore (Cass. III, n. 7634/2003).

Vendita internazionale

La vendita internazionale di beni mobili è regolata dalla Convenzione di Vienna dell'11 aprile 1980, ratificata con l. n. 765/1985. In precedenza, la materia era disciplinata da due Convenzioni dell'Aja del 1° luglio 1964.

La Convenzione ha introdotto norme uniformi dirette a disciplinare i contratti internazionali di compravendita di beni mobili, ossia quelli conclusi tra soggetti aventi la loro sede d'affari in Stati diversi, purché contraenti della Convenzione medesima; nel caso in cui una od entrambe le parti del contratto di vendita non abbiano la loro sede d'affari in uno Stato contraente, la Convenzione si applica comunque se, in base alle norme del diritto internazionale privato del foro (Trib. Vigevano 12 luglio 2000, in Giur. it., 2001, 280 ss.), al contratto di vendita risulta applicabile la legge di uno Stato contraente (art. 1). Di recente, si è precisato che la Convenzione si applica a prescindere dalle norme di diritto internazionale privato degli Stati contraenti, poiché il diritto materiale uniforme ha carattere di specialità, in quanto risolve direttamente il problema della regolamentazione della fattispecie, evitando il doppio passaggio consistente nell'individuazione del diritto applicabile e, quindi, nell'applicazione dello stesso, in conformità alle regole del diritto internazionale privato (Cass. II, n. 1867/2018).

La Convenzione non si applica se l'acquirente è un consumatore, a meno che il venditore provi di non essere stato in grado di conoscere che i beni venivano acquistati per uso personale, familiare o domestico (art. 2).

La Convenzione, inoltre, disciplina la formazione del contratto ed i diritti ed obblighi che da esso scaturiscono (art. 4), mentre non si occupa delle questioni inerenti alla validità del contratto ed alle regole di trasferimento della proprietà, che rimangono disciplinate dai singoli diritti nazionali applicabili. Nella nozione di «sale» (vendita) sono comprese anche le operazioni negoziali strumentali all'adempimento del contratto di vendita internazionale (come il trasporto), ma non i contratti di distribuzione o di intermediazione commerciale, quanto, semmai, le singole vendite attuative di questi ultimi contratti (Cass. II, n. 1888/2018).

L'obbligo più importante previsto dalla Convenzione in capo al venditore è quello di consegna dei beni (art. 31 ss.), al quale è ricollegato anche il passaggio del rischio del perimento del bene dal venditore al compratore. Ai fini dell'applicazione del foro competente ex art. 5 del Regolamento CE n. 44 del 2001, il luogo di consegna della merce deve essere individuato in base a criteri economici ed in relazione al recapito finale della merce, che ne segna l'acquisizione della disponibilità materiale, e non soltanto giuridica, da parte dell'acquirente (Cass. S.U., n. 3558/2017; nonché Cass. S.U., n. 24244/2015, secondo cui l'art. 5, comma 1, lett. b), del predetto Reg. CE, che devolve la giurisdizione al giudice del luogo in cui va eseguita l'obbligazione caratterizzante il negozio, si applica anche alle domande di nullità, annullabilità o accertamento negativo dell'esistenza del vincolo, in quanto le stesse, postulando l'originaria, effettiva o putativa, assunzione volontaria dell'obbligo che mirano a caducare, attengono alla «materia contrattuale»).

Si è, inoltre, precisato che il giudice chiamato a decidere sulla propria giurisdizione, rispetto a tutte le controversie nascenti dal contratto (comprese quelle relative al pagamento dei beni alienati, alla responsabilità del venditore per la non conformità al contratto dei prodotti forniti, alla risoluzione del contratto, alla restituzione del prezzo pagato, al risarcimento dei danni), deve applicare il criterio del luogo di esecuzione della prestazione di consegna, di cui all'art. 5, n. 1, lett. b) del Regolamento CE n. 44 del 2001 (oggi sostituito dal Regolamento UE n. 1215/2012, art. 7, n. 1, lett. b, applicabile dal 10 gennaio 2015), da intendersi come luogo di consegna materiale o di destinazione finale del bene, laddove una diversa convenzione stipulata dalle parti sul luogo di consegna dei beni, per assumere prevalenza, deve essere chiara ed esplicita, sì da risultare nitidamente dal contratto, con possibilità di far ricorso, ai fini dell'identificazione del luogo, ai termini e alle clausole generalmente riconosciute nel commercio internazionale, quali gli Incoterms (International Commercial Terms), purché da essi risulti con chiarezza la determinazione contrattuale (Cass. S.U., n. 17566/2019).

Se la vendita è con trasporto, il venditore, di regola, si libera dell'obbligazione di consegna rimettendo i beni al primo vettore (art. 31), ma deve concludere tutti i contratti necessari affinché il trasporto sia effettuato, con mezzi appropriati alle circostanze, fino al luogo fissato (art. 32).

Anche nella vendita internazionale di cose mobili da piazza a piazza, la giurisprudenza ha sostenuto che il contratto di trasporto si inserisce nella vicenda contrattuale come modalità esecutiva di essa ed il venditore si fa sostituire nella prestazione di consegnare la cosa, con effetto liberatorio, dal vettore e dallo spedizioniere che assumono, così, la veste di ausiliari ex lege del compratore, a prescindere da una effettiva volontà di quest'ultimo in tal senso, con la conseguenza che il venditore, salvo espresso patto contrario, non risponde dell'inadempimento del vettore, come dovrebbe secondo i principi generali dettati dall'art. 1228 c.c., e non ne risponde neppure in presenza della clausola C.F. o C.I.F., che attiene soltanto all'assunzione del costo del nolo da parte di esso venditore, salvo, beninteso, che sia provata una sua colpa per non aver scelto il vettore o lo spedizioniere secondo quanto contrattualmente convenuto ovvero secondo le modalità e le regole imposte dalla comune diligenza (Cass. II, n. 1381/1994; Cass. S.U., n. 1335/1987).

La Convenzione, inoltre, unifica le varie ipotesi di presenza di vizi, mancanza di qualità e aliud pro alio nella nozione onnicomprensiva di «difetto di conformità» (art. 35), in relazione al verificarsi della quale prevede una serie di possibili rimedi, compresi nella sezione terza (artt. 45-52), che includono, al verificarsi di certi presupposti, la sostituzione, riparazione, riduzione del prezzo, risoluzione contrattuale e risarcimento del danno. Inoltre, quanto al termine entro il quale presentare la denuncia, la Convenzione ha adottato un criterio elastico, prevedendo che questa possa effettuarsi «entro un tempo ragionevole» dal momento della scoperta, ma comunque non oltre due anni dalla consegna (art. 39).

L'art. 57 della Convenzione pone il principio generale secondo cui l'acquirente deve pagare il venditore presso la sede di affari di quest'ultimo (Cass. S.U., n. 11088/1998).

Bibliografia

Bianca, La vendita e la permuta, in Tr. Vas., 1993; Bocchini, La vendita di cose mobili, in Tr. Res., 2000; Bonfante, Il contratto di vendita, in Tr. Galgano, 1991; Carpino, La vendita, in Trattato Rescigno, 1984; Greco, Cottino, Vendita, in Comm. S.-B., 1981; Luminoso, I contratti tipici e atipici, Milano, 1995; Mirabelli, Della vendita, in Comm. UTET, 1991; Rubino, La compravendita, in Tr. Cicu-Messineo, 1971

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