Codice Civile art. 1518 - Normale determinazione del risarcimento.Normale determinazione del risarcimento. [I]. Se la vendita ha per oggetto una cosa che ha un prezzo corrente a norma del terzo comma dell'articolo 1515, e il contratto si risolve per l'inadempimento di una delle parti [1517], il risarcimento è costituito dalla differenza tra il prezzo convenuto e quello corrente nel luogo e nel giorno in cui si doveva fare la consegna, salva la prova di un maggior danno. [II]. Nella vendita a esecuzione periodica, la liquidazione del danno si determina sulla base dei prezzi correnti nel luogo e nel giorno fissati per le singole consegne. InquadramentoSecondo la tesi predominante, la norma in esame, in deroga alla regola generale della risarcibilità del danno effettivamente sofferto secondo i criteri di cui all'art. 1223 c.c., prevede una presunzione assoluta di danno, non superabile da alcuna prova contraria (Cass. III, n. 1210/1966). Trattasi di norma di carattere eccezionale, applicabile nella sola vendita di cose mobili aventi prezzo corrente stabilito per atto dell'autorità o risultante da listini di borsa o da mercuriali (Cass. II, n. 31308/2018; Cass. II, n. 3614/1994) e per la sola ipotesi di risoluzione del contratto. Per l'applicazione della stessa è sufficiente che si raggiunga la giudiziale certezza sull'esistenza delle mercuriali e sul loro contenuto, ma non occorre che vengano prodotti in giudizio questi documenti, potendo tali elementi di fatto desumersi anche da una certificazione della camera di commercio (Cass. III, n. 5986/1981). Spetta, comunque, alla parte non inadempiente provare gli elementi costitutivi della presunzione in esame (Cass. III, n. 1210/1966). Ricorrendo tale ipotesi, il pregiudizio economico è dalla legge presunto nella sua esistenza e nel suo ammontare (senza quindi che la parte adempiente debba provare di averlo subito), onde è evidente il fine specifico di tale norma, volta a favorire la parte adempiente nell'accertamento e nella liquidazione di quella che, nella pratica degli affari, è una delle voci più comuni di danno (Bocchini, La vendita di cose mobili, in Comm. Schlesinger, 223). I criteri in base ai quali, a sensi della norma in esame, è disciplinato il risarcimento del danno, proprio per il loro carattere eccezionale, debbono essere applicati rigorosamente (Cass. II, n. 2386/1998, secondo cui, qualora le parti abbiano previsto, in contratto, un termine espresso per la consegna, a tale data occorre attenersi ai fini della determinazione del danno da inadempimento, senza che sia consentito, al venditore, il differimento unilaterale del termine predetto, con relativa possibilità di lucrare la fluttuazione del prezzo in danno della controparte). Una parte minoritaria della dottrina ritiene, però, che la parte inadempiente possa provare che il danno non sussiste o sussiste in misura inferiore, ad es. perché la controparte abbia provveduto ad un rimpiazzo a condizioni particolarmente vantaggiose (Bianca, 979; Luminoso, 168; contra Bonfante, 103; Mirabelli, 161; Greco, Cottino, 401). Anche una parte della giurisprudenza di merito ha optato per la tesi della presunzione relativa, con conseguente ammissibilità della prova contraria (Trib. Cagliari 5 agosto 1986, in Rivista giuridica sarda, 1987, 459). Luogo e tempo della consegnaPer luogo della consegna, ove si tratti di vendita con spedizione (art. 1510 c.c.), si è ritenuto che debba intendersi non il luogo dell'affidamento al vettore, ma quello in cui la merce è destinata a pervenire effettivamente al compratore e dove egli avrebbe ricomperato la merce che non gli fosse stata fornita o avrebbe dovuto rivenderla se l'avesse ricevuta (Rubino, 990); da altri, invece, si postula l'adozione di una soluzione differenziata che tenga conto della parte che agisce in risoluzione: pertanto, se l'inadempienza è del compratore, il luogo della consegna ben può essere quello determinato ai sensi dell'art. 1510 c.c., luogo nel quale, tra l'altro, il venditore potrebbe rivendere a terzi la cosa di cui l'acquirente non ha pagato il prezzo (Greco, Cottino, 404). Se il luogo della consegna non è sede di mercato, occorre riferirsi al prezzo corrente nella piazza più vicina, in applicazione analogica di quanto previsto dall'art. 1474, comma 2, c.c. (Bianca, ibidem). Per tempo della consegna è da intendersi il momento previsto per l'adempimento del contratto (Carpino, 301; contra Rubino, 996, secondo cui la determinazione dell'ammontare del danno avviene con riguardo ai valori del giorno in cui si compie la liquidazione giudiziale). Essendo il danno (dato dalla differenza tra prezzo convenuto e prezzo corrente) debito di valore (Carpino, 302), incombe al giudice di merito il dovere di quantificare lo stesso, indipendentemente da qualsiasi prova della parte danneggiata, tenendo conto della svalutazione sopravvenuta fino alla data della liquidazione (Cass. II, n. 1429/1982; diversamente, la giurisprudenza di merito ha ritenuto che ove non venga richiesto il maggior danno, l'obbligazione risarcitoria gravante sulla parte inadempiente costituisce debito di valuta, dovendo l'ammontare del danno essere determinato in base ad un criterio preventivamente fissato dalla legge: App. Cagliari 14 aprile 1988, in Rivista giuridica sarda, 1990, 20; per la tesi secondo cui la differenza tra prezzo convenuto e prezzo corrente costituisce debito di valuta, cfr. anche Cass. n. 2432/1956). Pertanto, il maggior danno per mutamento del prezzo corrente successivo al giorno dell'esecuzione sarà risarcibile solo se il compratore dimostri che, avendo necessità della somma per adempiere ad obbligazioni precedentemente assunte, sia stato costretto a comprare la merce ad un prezzo corrente superiore, per essersi quest'ultima rarefatta sul mercato (Carpino, 302). Vendita a consegne ripartiteLa fattispecie di cui all'ultimo comma della norma in commento si riferisce, sia pure con non perfetta terminologia, alla vendita a consegne ripartite, caratterizzata da una prestazione complessivamente unica, che è suddivisa in più frazioni per volontà delle parti, e si differenzia dalla somministrazione di cui all'art. 1559 c.c. (Cass. II, n. 1281/1980). Per tale fattispecie, si veda sub art. 1477 c.c., 6. La risoluzione, avendo effetto ex tunc, colpisce il contratto anche per la parte già eseguita pur quando l'inadempimento si sia verificato rispetto ad una singola consegna, salvo che se ne possa ritenere la scarsa importanza ai sensi dell'art. 1455 c.c. In tal caso, le differenze di prezzo andrebbero accertate per ciascuna delle consegne pattuite (adempiute o non), effettuandosi la compensazione tra differenze favorevoli e sfavorevoli alla parte adempiente, e rimanendo la parte inadempiente tenuta per il solo eventuale residuo sfavorevole alla prima (Greco, Cottino, 406). Secondo altra tesi, invece, non potrebbe mai tenersi conto delle prestazioni già eseguite; per quanto attiene a quelle future, il criterio della differenza rispetto al prezzo corrente sarebbe inoperante, trattandosi di un dato evidentemente incerto; la compensazione tra differenze positive e negative dovrebbe perciò ammettersi nel solo caso di prestazioni scadute, ma ineseguite, in applicazione del principio della compensatio lucri cum damno (Bianca, ibidem). Se, invece, il compratore, a cui favore sia stata nel contratto prevista la consegna ripartita della merce a sua richiesta, non si avvalga della facoltà concessagli e chieda la consegna di tutta la merce in un'unica soluzione, si applica, per la determinazione del danno dal medesimo subito per l'inadempimento del venditore, la disposizione di cui al comma 1 della norma in esame (Cass. II, n. 1281/1980). BibliografiaBianca, La vendita e la permuta, in Tr. Vas., 1993; Bocchini, La vendita di cose mobili, in Tr. Res., 2000; Bonfante, Il contratto di vendita, in Trattato Galgano, 1991; Carpino, La vendita, in Tr. Res,, 1984; Greco, Cottino, Vendita, in Comm. Scialoja-Branca, 1981; Luminoso, I contratti tipici e atipici, Milano, 1995; Mirabelli, Della vendita, in Comm. UTET, 1991; Rubino, La compravendita, in Tr. Cicu-Messineo, 1971 |